Le Guide di Salehi Consulting -
Guida al Risparmio
Guida al Risparmio
Come Risparmiare e Vivere Meglio
First Published: Mon, 1 Nov 2004 10:00:00 GMT
ATTENZIONE! Il contenuto di questa
documentazione è !
La sua struttura e i suoi contenuti sono in corso di definizione.
Al momento viene utilizzata come contenitore di notizie, spunti, idee e
dati sul risparmio.
Tutte le fonti, quando presenti, vengono riportate in fondo, nei paragrafi: Link Esterni e Riferimenti.
La riduzione dei costi, il risparmio, le emissioni nocive,
il consumo energetico e la devastazione ambientale sono tematiche quanto mai
di attualità che accompagneranno noi e le generazioni future per tutta la
vita.
Dai motivi economici a quelli ambientali qualche consiglio per iniziare a
ridurre i costi e le emissioni.
Questa documentazione
è realizzata nell’interesse di chi vi accede con finalità di interesse
generale per il nostro Paese e per il mondo intero.
Le tesi svolte non si richiamano ad alcun partito politico, ma
forniscono solo contributi di tipo scientifico, culturale, economico e
sociale.
A chi è rivolta:
agli Operatori economici e culturali:
(Aziende in generale e PMI in particolare, Enti, Istituti,
Studi Professionali, Esercizi Commerciali, Pubblica Amministrazione,
ecc.)
alle Famiglie
ai giovani ed al loro futuro.
Come ci proponiamo:
con un linguaggio semplice, accessibile a
tutti
con l’obiettivo di creare una base di
informazioni, capace di attrarre un sano interesse da parte di tutti, senza
preconcetti o false illusioni
selezionando l’informazione da fonti
qualificate
aggiungendo del nostro, con modestia e
professionalità (è meglio mantenere un onesto grado di incertezza piuttosto che
urlare concetti ancora non acquisiti a livello
scientifico)
Alcune considerazioni di base:
le fonti energetiche fossili sono
destinate ad esaurirsi
sono diverse le teorie in materia,
spesso soggette ai diversi interessi, ma per ora la precedente riflessione è
ineludibile
sono enormi gli interessi in gioco e le
tensioni che provocano
l’Italia non dispone di significative
risorse in questo settore
la bilancia dei pagamenti del nostro
Paese in materia energetica è fortemente in rosso
malgrado ciò non abbiamo sviluppato una
sufficiente attività nel campo delle energie alternative come altri Paesi (ad
esempio, la Germania, che non è “o Pese do sole”, produce energia dal solare per
……….. Twattora, 50 (???) volte in più rispetto all’Italia)
risparmiare energia è conveniente
per:
tutto il Paese (importeremmo meno
energia e ciò costituirebbe una minore uscita, da ridistribuire ad esempio in
minori tasse o meglio in maggiori opportunità di lavoro in ambito
nazionale)
i singoli soggetti che effettuano il
risparmio
le comunità che subirebbero un minore
inquinamento (con vantaggi per la salute ed anche economici, stanti le normative
nazionale e internazionali in materia di crediti e debiti ambientali)
le fonti rinnovabili costituiscono una
valida alternativa, anche se con dei limiti
la ricerca scientifica è severamente
impegnata nel settore e potrebbe aprire nuove frontiere nel campo del nucleare,
delle nanotecnologie, ecc.
i nostri scienziati e molti giovani
ricercatori, come nella tradizione, potrebbero dare un importante contributo in
questo settore altamente strategico, facendo più attenzione alla ricerca
scientifica
COME RISPARMIARE E VIVERE MEGLIO
Campagne informative sul risparmio energetico.
Uso razionale dell’energia nelle abitazioni.
Risparmi nei consumi.
“Lo
Sviluppo Sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione
presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la capacità delle
future generazioni di soddisfare i loro propri bisogni.”
(Rapporto Brundtland 1987)
Lo sviluppo economico e l’aumento dei consumi che si sono avuti nel XX secolo,
se da una parte hanno portato benessere per larghi strati della popolazione,
dall’altra hanno creato e stanno creando pressioni sull’ambiente.
Il deterioramento delle risorse, la perdita della biodiversità, la produzione
di rifiuti, l’inquinamento prodotto dall’impiego dei combustibili fossili
portano la questione ambientale ad una dimensione planetaria.
È proprio per garantire la sopravvivenza del pianeta, assieme alla
necessità di assicurare un più equo sviluppo sociale ed economico, che gli
stati si devono impegnare a perseguire un modello di sviluppo
sostenibile.
l’attuale modello di sviluppo deve essere cambiato. Le diverse emergenze
ambientali chiedono più di un intervento. I governi ne devono essere
consapevoli e dovranno necessariamente andare in questa direzione.
Negli ultimi anni qualcosa è stata fatta o si è cominciato a fare per
fronteggiare i deiversi problemi ambientali. Dall’impegno a perseguire un
modello di sviluppo sostenibile alla ricerca degli strumenti più adeguati per
conciliare la crescente domanda di energia con la salvaguardia
dell’ambiente.
Perseguire un modello di sviluppo sostenibile non è solo compito dei governi,
è indispensabile il contributo di tutti.
Molte delle azioni che ognuno di noi, fortunatamente, ripete quotidianamente
come accendere le luci o l’impianto di riscaldamento, far funzionare gli
elettrodomestici, prendere la macchina o il motorino, gettare i rifiuti,
lavarsi, hanno delle ricadute ambientali che non possono più essere
trascurate.
Tutti possiamo e “dobbiamo” contribuire a migliorare la qualità della vita.
Lo dobbiamo fare per noi, per gli altri, per le generazioni future e per
tutto l’ambiente che ci circonda.
Le possibilità di risparmiare energia, tanto in casa che a lavoro, sono
tantissime e molte di queste sono semplici, convenienti e sotto gli occhi di
tutti.
Basta fare un po’ più d’attenzione tenendo presente che ridurre i consumi
irrazionali significa pensare tanto al presente quanto al futuro. Il
risparmio energetico è una risorsa indispensabile per ridurre l’impatto
ambientale e le spese. Infatti un uso più razionale delle risorse energetiche
ci permette di avere diversi risultati positivi. Si spende di meno, si
riducono i consumi di combustibili, si inquina di meno, si vive
meglio!
Oggi sul pianeta vivono circa 6 miliardi di persone e poco meno di 3 miliardi
di queste vivono in aree urbane quando, all’inizio del secolo, erano appena
il 3%. Un dato che è destinato ad aumentare con lo sviluppo dei paesi
emergenti ch stanno vivendo adesso quel fenomeno industriale e di sviluppo
che abbiamo vissuto noi sin dai primi dell’800. Questo comporterà un
progressivo abbandono delle campagne per le aree cittadine e industriali. Si
pensi a zone di sviluppo come la Cina, l’India o il Brasile, tutte nazioni
che hanno popolazioni formate da centinaia di milioni di persone e che stanno
vivendo crescite dell’ordine del 10% all’anno oppure all’intero continente
africano che, prima o poi, sperando e lavorando perché questo accada il prima
possibile, dovrà avere, anche esso, il suo sviluppo.
Già oggi poco meno della metà dell’umanità vive in città o nelle sue immediate
vicinanze. Anche se il tasso di crescita della popolazione mondiale
continua a rallentare, (in cifre assolute la popolazione umana aumenta in
media di 86 milioni di persone ogni anno), la popolazione urbana cresce più
rapidamente della popolazione globale e quasi tutta la crescita prevista
della popolazione urbana (il 92%) avverrà nei paesi in via di
sviluppo.
Nel 2050 si stimano 9.5 miliardi, di cui più di 8 nei paesi in via di
sviluppo.
Soddisfare le esigenze di tutti significa, necessariamente e allo stato
attuale, aumentare ulteriormente i consumi, non farlo è un reato.
Di seguito una notizia di agenzia dell’8 gennaio 2007. Il Papa….
Il Pontefice ha incontrato il corpo diplomatico accreditato presso la Santa
Sede
ADN Kronos - Lun 8 Gen 2007
Papa: ''Inaccettabile lo scandalo della fame''
Da Ratzinger l'invito a ''cambiare i nostri modi di vita'', ''eliminare le
cause strutturali delle disfunzioni dell'economia mondiale'' e ''correggere i
modelli di crescita''
Città del Vaticano, 8 gen. (Adnkronos/Ign) - E' inaccettabile lo scandalo
della fame che colpisce milioni di persone in tutto il mondo in un'epoca che
non manca di risorse. E' questa una sfida prioritaria che riguarda la
comunità internazionale. E' quanto ha detto questa mattina Benedetto XVI nel
discorso rivolto al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Come
ogni inizio di nuovo anno il Pontefice ha incontrato gli ambasciatori dei 175
Paesi che hanno una loro rappresentanza presso il Vaticano, nella Sala Regia
del Palazzo Apostolico.
''Tra le questioni essenziali - ha esordito il Pontefice - come non pensare ai
milioni di persone, specialmente alle donne e ai bambini, che mancano di
acqua, di cibo, di un tetto?''. ''Lo scandalo della fame - ha aggiunto - che
tende ad aggravarsi, è inaccettabile in un mondo che dispone dei beni, delle
conoscenze e dei mezzi per porvi fine''. ''Esso ci spinge a cambiare i nostri
modi di vita - ha spiegato ancora il Pontefice - ci richiama l'urgenza di
eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell'economia mondiale e di
correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il
rispetto dell'ambiente e uno sviluppo umano integrale per oggi e soprattutto
per domani''.
Povertà e corruzione - ''Un altro elemento importante nello sforzo comune per
l'eliminazione della miseria - ha spiegato il Pontefice - richiede non
solamente un'assistenza, della quale non si può non desiderare l'espansione,
ma anche la presa di coscienza dell'importanza della lotta alla corruzione e
la promozione del buon governo''.
L'Africa - ''Non dimentichiamo l'Africa e le sue numerose situazioni di guerra
e di tensione'', ha ammonito il Papa. ''La comunità internazionale - ha
aggiunto Ratzinger - sembra impotente da ormai quattro anni, malgrado le
iniziative destinate ad alleviare le popolazioni provate e a dare una
soluzione politica. E' solamente attraverso una collaborazione attiva tra le
Nazioni Unite, l'Unione Africana, i governi interessati e altri protagonisti
che questi mezzi potranno divenire efficaci. Invito tutti ad agire con
determinazione: non possiamo accettare che tanti innocenti continuino a
soffrire e a morire''.
Crescita dei Consumi
A partire dal XX secolo, il consumo mondiale è aumentato ad una velocità senza
precedenti. Nel 2003 il livello di spese e di consumo pubbliche e private
è stato di 28 mila miliardi di dollari. Una cifra con undici zeri, di sei
volte superiore a quella che si spendeva nel 1950. A partire dal 1970 la
spesa globale è cresciuta del 3% ogni anno.
l’impiego di combustibili fossili è pressoché quintuplicato dal 1950. Il
consumo di acqua è quasi raddoppiato dal 1960, e la pesca è quadruplicata. Il
consumo di legname come combustibile, sia per l’industria che in casa, è del
40% più elevato rispetto a 25 anni fa. Di conseguenza, negli ultimi 50 anni
sono quadruplicate le emissioni di anidride carbonica e, nei paesi
industrializzati, la produzione di rifiuti, sia tossici che non, è pressoché
triplicata negli ultimi 20 anni.
Consumi in Italia
Le famiglie
italiane consumano annualmente circa il 60% della ricchezza nazionale, e più
del 30% dei consumi energetici totali.
Una famiglia composta da 4 persone spende mediamente 1,700.00 euro al mese di
cui il 17.26% viene destinato ai consumi alimentari, l’8.65% all’acquisto di
vestiario e calzature, il 18% per le spese di manutenzione delle abitazioni e
per i consumi di combustibili e di energia, l’8.9% per l’acquisto di mobili e
arredamento, il 12.45% per i trasporti e le comunicazioni, il 6.65% per i
servizi sanitari e circa il 28% per spese riguardanti il tempo libero.
Le famiglie sono anche responsabili di circa il 27% delle emissioni nazionali
di gas inquinanti.
Il 10% di queste emissioni proviene dagli impianti di riscaldamento, il 9% dal
trasporto privato e il 3% dai rifiuti solidi urbani.
Se consideriamo che la popolazione italiana ha raggiunto circa i 60 milioni di
abitanti e che l’emissione pro-capite di anidride carbonica (CO2) annua è di 7.8 tonnellate, ci
rendiamo subito conto che il nostro contributo e il nostro impegno per
migliorare l’uso delle risorse diventa indispensabile ai fini dello sviluppo
sostenibile.
Il consumo di un solo chilowattora, che corrisponde a circa mezzora
d’accensione di uno scaldabagno o di una stufetta elettrici, richiede la
combustione di un minimo di 250 grammi d’olio combustibile (un quarto di
chilo di petrolio) e provoca l’immissione nella atmosfera di 750 grammi di
anidride carbonica (circa 400 litri di CO2).
Una famiglia di 4 persone consuma circa 7 chilowattora al giorno, bruciando 2
chili di petrolio e liberando quasi 2.800 litri di CO2. Inoltre produce ogni giorno quasi
6 chili di rifiuti e consuma circa 1.000 litri di acqua.
Dall’esigenza di disporre di grandi quantità di energia nascono alcuni dei
principali fenomeni che danneggiano l’ambiente. Oggi l’energia viene prodotta
essenzialmente bruciando combustibili fossili (petrolio, carbone e metano)
anche se negli ultimi anni si è registrato un aumento dell’utilizzo delle
fonti energetiche rinnovabili (Vedi Tabella 0X).
Un primo allarme sul conflitto in atto tra la crescita economica insieme a
quella demografica e l’ambiente, è stato descritto nel 1972 in uno studio
fatto dal Club di Roma dal titolo “I Limiti dello Sviluppo”
dove si sostiene che sia ormai impossibile continuare a perseguire il modello
di sviluppo attuale dei paesi industrializzati, con alti consumi di materiali
e di energia, con elevate emissioni inquinanti.
La nostra società vive le contrapposizione tra l’esigenza e l’abituduine ai
vantaggi che lo sviluppo ci assicura e il degrado ambientale provocato
dall’eccessivo sfruttamento delle risorse.
Lo sviluppo economico e l’aumento dei consumi che si sono avuti a partire dal
XX secolo, pur portando benessere per larghi strati della popolazione, hanno
aumentato le disuguaglianze sociali ed economiche, sia tra le varie nazioni
che tra gli strati di popolazione all’interno delle nazioni stesse.
Oggi circa il 20% della popolazione mondiale utilizza più dell’80% delle
risorse naturali disponibili, mentre oltre il 20% rimane in condizioni di
assoluta povertà. Non vi è perciò alcun dubbio che i paesi più poveri
dovranno accedere a una maggiore quota di risorse per arrivare a garantire ai
propri cittadini più salute, sviluppo e sicurezza sociale.
Le attività industriali e agricole necessarie a soddisfare i bisogni delle
popolazioni provocano effetti sull’ambiente che non devono e non possono più
essere trascurati.
La crescita nei consumi sta creando pressioni sull’ambiente che richiedono
immediati e drastici interventi. l’attenzione deve essere rivolta soprattutto
sul problema del deterioramento delle risorse naturali come l’acqua, la
terra e le foreste sulla perdita di biodiversità, sulla produzione di rifiuti
tossici e non, e sul problema dell’inquinamento prodotto dall’impiego dei
combustibili fossili.
l’acqua è una risorsa rinnovabile ma a causa del suo progressivo scadimento
non può più essere considerata una risorsa infinita.
Dal 1960 ad oggi il consumo di acqua è quasi raddoppiato. l’origine
dell’inquinamento delle acque è dovuto soprattutto alle attività industriali,
civili e agricole e, in misura minore, alle attività zootecniche, alle
discariche di rifiuti e al sovrasfruttamento delle sue falde.
Una forma di inquinamento alla quale sono soggetti soprattutto le acque dei
laghi è la eutrofizzazione.
Questo fenomeno è causato dal forte afflusso di alcune sostanze nutritive
presenti negli scarichi domestici e industriali e nei concimi agricoli nelle
acque. l’eccesso di apporto di sostanze nutrienti provoca un eccessivo
sviluppo di alghe e piante acquatiche che riducono la presenza di ossigeno
nell’acqua causando la morte della fauna presente. Inoltre le alghe, alla
fine del loro ciclo vitale, si decompongono compromettendo la qualità
dell’acqua stessa al punto tale da ridurne o precluderne totalmente l’uso.
Questo fenomeno si intensifica quando la temperatura aumenta in maniera
anomala.
Le foreste mondiali, che proteggono il suolo, prevengono l’erosione, regolano
le scorte d’acqua e aiutano a regolare il clima, si stanno riducendo
soprattutto per i tagli degli alberi e gli incendi .
La foresta più grande del mondo, l’Amazonia, la cui dimensione è di circa 6
milioni di chilometri quadrati, poco meno degli Stati Uniti d’America, e che
secondo recenti studi, contiene circa il 50% di tutta la biodiversità del
Pianeta, ogni minuto perde un’area pari a sei campi di calcio.
Dal 1970 ad oggi le aree boschive, ogni mille abitanti sono passate da 11.4
chilometri quadrati a 7.
Fra le cause principali della deforestazione ci sono i tagli per la
commercializzazione del legno, per l’urbanizzazione del territorio (strade,
ferrovie, centri abitati, …), per creare pascoli e per aumentare i terreni
ad uso agricolo. La deforestazione indiscriminata può provocare l’estinzione
di specie animali e vegetali e può compromettere la biodiversità di un luogo.
Inoltre, contribuisce ad aumentare l’effetto serra del pianeta, in quanto con
la distruzione delle foreste viene ridotta la quantità di anidride carbonica
utilizzata dalle piante come loro “alimento”.
Un sesto del suolo terrestre, circa 2 miliardi di ettari, risulta degradata a
causa di pratiche di coltivazione e dell’allevamento intensivo.
Il 33% della superficie dell’Europa è a rischio desertificazione, mentre il
10% delle terre italiane è a forte rischio di erosione, cioè di un lento
sgretolamento del terreno e delle rocce prodotto dagli agenti
atmosferici quali temperatura, vento e pioggia.
La desertificazione è un processo di progressiva riduzione della capacità
degli ecosistemi di sostenere la vita animale e vegetale. Può essere
innescato dalla riduzione delle risorse idriche e dall’aumento della siccità
conseguenti ai cambiamenti climatici, dall’eccessivo sfruttamento dei terreni
da pascolo e agricoli, che una volta esaurita la propria riserva di sostanze
nutritive vanno soggetti ad erosione, dall’indiscriminato abbattimento del
manto forestale per creare spazi da dedicare all’agricoltura, alla pastorizia
e per reperire legna da ardere, dalla cattiva gestione dei sistemi
d’irrigazione che può portare alla salinizzazione dei terreni.
Le specie animali e vegetali si stanno estinguendo 50-100 volte più
velocemente di quanto accadrebbe naturalmente, provocando interruzioni nella
catena della vita, compromettendo così la biodiversità degli ecosistemi
intendendo, per biodiversità, quella varietà di organismi viventi, sia
animali che vegetali, presenti in un particolare ambiente o
ecosistema.
Con le attività umane, con il prelievo di risorse e l’inquinamento stiamo
provocando perdite di biodiversità. Per conservare un’alta biodiversità è
necessario garantire la conservazione e il recupero del maggior numero
possibile degli ecosistemi esistenti.
Modello di Consumo Sostenibile
Il consumo è sostenibile quando i beni e i prodotti che
consumiamo quotidianamente vengono prodotti e utilizzati nel pieno rispetto
dell’ambiente e delle risorse.
Senza alcun sacrificio possiamo modificare il nostro stile di vita senza, per
questo, dover rinunciare ai comfort ai quali siamo abituati.
Utilizzando in modo corretto e sostenibile le risorse energetiche e
ambientali, contribuiremo alla riduzione delle emissioni di gas serra,
migliorando, di conseguenza, la qualità dell’ambiente che ci circonda e, nel
contempo, risparmiando anche molto denaro.
Clima e Cambiamenti Climatici
CLIMA O “TEMPO METEOROLOGICO”
Spesso la parola “clima” viene impropriamente utilizzata per parlare di “tempo
meteorologico”.
Prima di affrontare i meccanismi e le problematiche relative alle mutazioni
del clima, è opportuno chiarire la differenza tra questi due concetti:
• Il “tempo meteorologico” è lo stato dell’atmosfera in un dato luogo e
in un dato momento.
Varia da luogo a luogo e nel corso dei giorni in relazione ai movimenti delle
grandi masse d’aria e dei loro scambi con la superficie terrestre;
• Il “clima” è la combinazione delle condizioni meteorologiche
prevalenti in una regione, su lunghi periodi di tempo (25-30 anni).
l’osservazione prolungata nel tempo di parametri come la temperatura, le
precipitazioni, l’umidità consente di ottenere valori medi statisticamente
significativi che descrivono il clima di una determinata regione.
I principali tipi di clima: varietà e caratteristiche principali
Climi umidi tropicali (almeno 6 mesi di precipitazioni e temperatura
del mese più freddo superiore ai 15°C)
• clima equatoriale o della foresta pluviale;
• clima della savana.
Climi aridi (più di 6 mesi con scarse precipitazioni)
• clima arido caldo o desertico;
• clima steppico o arido con inverno freddo.
Climi mesotermici (temperatura del mese più freddo compresa tra 2°C e
15°C)
• clima umido temperato caldo con inverno secco o tropicale montano;
• clima umido temperato con estate secca o mediterraneo;
• clima temperato umido.
Climi microtermici (temperatura del mese più freddo superiore o uguale
a 2°C)
• clima boreale freddo con inverno secco;
• clima boreale freddo con inverno umido.
Climi nivali (temperatura del mese più caldo sempre inferiore a
10°C)
• clima nivale o delle tundre;
• clima del gelo perenne.
Alla base dei complessi meccanismi che regolano il clima sulla terra, c’è un
solo motore, l’energia del sole. Questa viene assorbita dal sistema terrestre
in modo diverso a seconda della latitudine, della conformazione geografica
dei continenti e degli oceani, dell’orografia, ecc.
l’energia solare si trasforma in altre forme di energia che danno origine ai
movimenti dell’atmosfera, dei mari, ecc. e in varie forme di energia
bio-chimica che sono alla base della evoluzione della vita sulla terra. Dopo
tutte queste trasformazioni l’energia solare, ormai “degradata”, ritorna
nello spazio. Tra l’energia che entra sulla terra e l’energia che esce, si
stabilisce un equilibrio complessivo rappresentato dal “clima”, a sua volta
composto da equilibri regionali e locali.
Pertanto, mentre nella pratica il clima è definito dalle condizioni
meteorologiche medie (temperatura, precipitazioni, vento, umidità) in un arco
di tempo di almeno trent’anni, nell’attività di ricerca scientifica è
definito come lo stato di equilibrio energetico tra flusso di energia solare
entrante sul nostro pianeta e flusso di energia uscente dal nostro
pianeta.
• l’atmosfera:
l’atmosfera trasferisce calore dall’equatore ai poli. Questo trasporto di
energia non avviene in maniera semplice; infatti la circolazione che riceve
una maggiore quantità di energia solare, generale delle masse d’aria che
dall’equatore si dirigono verso i poli -il sistema dei venti- è complicata
dalla rotazione della Terra che ne devia il percorso.
La circolazione generale delle masse d’aria risulta quindi composta dalla
combinazione di tre circolazioni minori:
1) la circolazione tropicale, detta cella di Hadley, che effettua lo scambio
di calore tra l’equatore e i tropici;
2) la circolazione delle latitudini medi,e che grazie al suo andamento
ondulato effettua lo scambio di calore tra i tropici e le latitudini medie
(60°);
3) la circolazione polare, che effettua lo scambio tra le latitudini medie ed
i poli.
Oltre ai movimenti delle masse d’aria al suo interno, anche la composizione
dell’atmosfera influenza il clima: la concentrazione di determinate sostanze,
come i “gas serra”, infatti, ne modifica la capacità di trattenere il
calore.
Le componenti dell’equilibrio energetico
Lo stato di equilibrio energetico della Terra è il risultato delle interazioni
fra le diverse componenti che incessantemente si scambiano flussi di calore,
di energia e di materia.
• La geosfera:
l’evoluzione del clima sulla terra è strettamente legata, sul lungo periodo,
alla storia dei continenti; infatti i climi dipendono strettamente dalla
posizione delle terre emerse.
Possiamo dire che, ad ogni stadio della deriva dei continenti, corrisponde un
clima particolare. Ma il clima è anche influenzato, sul breve periodo,
dall’attività vulcanica; forti eruzioni immettono nell’atmosfera quantità
considerevoli di polveri e di gas (aerosol) che hanno l’effetto di riflettere
l’energia solare e quindi provocano un raffreddamento della superficie
terrestre.
Ad esempio, quando ai poli non c’erano delle terre emerse, il clima era
globalmente più caldo poiché l’oceano poteva trasportare calore verso i poli
in maniera più efficace.
• Gli oceani:
anche gli oceani trasportano calore dall’equatore ai poli, aiutando così a
equilibrare la disparità termica tra le due regioni. Ciò avviene grazie alla
corrente calda che si forma nelle regioni equatoriali e sale fino
all’Islanda, dove incontra i venti gelidi provenienti dal Canada. Qui
l’acqua del mare si raffredda, cedendo calore all’aria e mitigando quindi
l’effetto che tali venti avrebbero sul Nord Europa.
Evaporando l’acqua diventa più densa e tende a scendere generando una corrente
profonda: in pratica si tratta di un grande nastro trasportatore di acqua
fredda e salata che nasce nei mari del nord e visita tutti gli oceani in un
viaggio che dura all’incirca 1.000 anni. La portata di tale corrente è
equivalente a 100 volte la portata del Rio delle Amazzoni.
IL “NASTRO TRASPORTATORE”
• l’orbita terrestre:
trasferimento di calore all’aria
• La biosfera: boschi, foreste, organismi vegetali marini, il fitoplancton,
attraverso i processi di fotosintesi, sottraggono anidride carbonica (CO2)
all’atmosfera e la trasformano in biomassa e quindi costituiscono, di fatto,
la principale fonte di assorbimento e di riciclo della CO2 atmosferica.
• l’energia solare:
l’intensità dell’energia solare varia con una ciclicità di circa undici anni
anche se tale variazione non sembra avere un’influenza notevole sul clima
terrestre.
le variazioni dell’eccentricità dell’orbita terrestre,
la precessione degli equinozi, la variazione
dell’inclinazione dell’asse di rotazione della
Terra, influenzano il clima terrestre.
In generale si può dire che i periodi più freddi
sono quelli nei quali l’obliquità dell’asse terrestre
è minore, l’eccentricità maggiore e la precessione
degli equinozi tale che la Terra è lontana
dal Sole e con l’asse di rotazione inclinato
in verso opposto al Sole durante l’inverno nell’emisfero
Nord.
LE OSCILLAZIONI STORICHE DEL CLIMA
l’età della Terra viene oggi stimata in circa 5 miliardi di anni, ed è ormai
accertato che, sin dalle sue origini, il pianeta ha subito un alternarsi di
periodi freddi, culminati in diversi episodi di glaciazione durati anche
milioni di anni, e periodi di clima temperato o caldo, lunghi centinaia di
milioni di anni.
Continue oscillazioni sono sempre state la norma, come dimostrato dalle
piccole glaciazioni, d’intensità minore e di breve durata, che avrebbero a
loro volta interrotto i lunghissimi periodi caldi.
Ovviamente le ricostruzioni dei climi del passato sono approssimative e basate
su esami geologici e sullo studio di reperti paleontologici.
Il clima ha modificato la superficie della Terra, ma soprattutto ha
condizionato la vita degli organismi che la abitano.
Ad ogni sua variazione piante, animali e uomini hanno dovuto trovare nuove
forme di adattamento, spesso migrando in cerca di ambienti più ospitali.
l’abilità dei primi esseri umani di adattarsi a condizioni climatiche anche
estreme è stata una delle chiavi della sopravvivenza della specie.
I dati disponibili permettono di dare informazioni più dettagliate sul clima
dell’ultimo milione e mezzo di anni, quella che viene chiamata dai geologi
l’Era Quaternaria.
Questo periodo è caratterizzato da quattro glaciazioni maggiori e tre fasi
interglaciali; durante questa Era i continenti presero la posizione attuale e
apparve l’uomo moderno.
l’ultima glaciazione ha permesso la diffusione dell’uomo su tutto il pianeta,
facilitata dai corridoi di terre emerse sorti a causa dell’abbassamento del
livello del mare.
Finita l’era glaciale, circa 18-20 mila anni fa, il clima tornò, con diverse
oscillazioni, ad essere più caldo e umido.
Avvicinandosi ai giorni nostri, le informazioni a disposizione diventano
sempre più precise; attorno al 6000 a.C. sulla regione del Sahara si
rovesciarono grandi quantità di pioggia che andarono a formare i grandi fiumi
i cui letti sono ancora oggi visibili.
Finito l’ultimo breve episodio glaciale, verso l’8000 a.C., la Terra torna
a scaldarsi. Una fase che culmina negli anni dal 5500 al 2600 a.C., quando
vengono raggiunte le temperature più alte degli ultimi diecimila anni.
Attorno al 4000 a.C., il Sahara ha un clima molto umido ed è coperto da vaste
praterie che ospitano civiltà evolute.
Poi, intorno al 3000 a.C., le precipitazioni diminuirono e il Sahara tornò ad
essere una regione arida e inospitale.
Al culmine dell’optimum postglaciale, il clima è più arido. Il deserto
guadagna terreno, mentre i ghiacciai si sciolgono. La civiltà sahariana si
restringe alle coste e alla Valle del Nilo. Appaiono le prime grandi civiltà
storiche (siriano-mesopotamica ed egiziana).
Nel Pacifico, intanto, è emerso El Niño.
Verso il XII secolo a.C., una crisi (di origine climatica?) sconvolge
il mondo antico, con la decadenza di imperi come quello egiziano e
minoico-miceneo.
Dal 900 a.C. in poi il clima è fresco e umido. È un momento di prosperità
agricola, con lo sviluppo della civiltà greca, etrusca e romana.
In epoca greco-romana, le oscillazioni tra caldo e freddo si fecero più
frequenti e meno ampie.
Il periodo a cavallo della nascita di Cristo appare abbastanza mite. È
difficile ricostruire una tendenza precisa, ma il clima non deve essere molto
differente da quello attuale.
Durante i primi secoli dell’era cristiana sembra accentuarsi l’aridità, che
alcuni storici hanno messo in relazione con la decadenza
dell’Impero Romano.
I primi secoli dell’era cristiana sembrano essere caratterizzati da un clima
mite ma arido.
Attorno al VI secolo d.C. una serie di eventi sconvolge il mondo antico:
popoli asiatici invadono l’Occidente, cadono le prime dinastie cinesi, le
civiltà sudamericane raggiungono gli altipiani. Una recente teoria (tutta
da discutere) ne fa risalire la causa a un disastro naturale, dagli
spaventosi effetti climatici, avvenuto nel
Il medioevo appare come un periodo caldo ben definito e ciò è confermato dal
fatto che in Inghilterra si produceva vino, 500 chilometri più a Nord
rispetto a oggi.
Un lungo periodo caldo si estende più o meno dal IX al XII secolo.
In Inghilterra si coltiva la vite, mentre i monasteri irlandesi ottengono un
livello di prosperità e cultura senza precedenti. I Vichinghi colonizzano la
Groenlandia e raggiungono l’America.
Fervono le attività anche lungo la “via della seta”.
Terminato quello che viene chiamato l’optimum climatico medievale, attorno al
1200 il clima tende a raffreddarsi, inizia quella che viene chiamata dai
climatologi la “Piccola età glaciale” che culmina nel 1816, passato alla
storia come “l’anno senza estate”.
Dal XV secolo fino a metà ottocento, una lunga fase fredda interessa il
pianeta e in particolare l’Europa. I Vichinghi lasciano la Groenlandia, i cui
porti sono bloccati dal gelo. I ghiacciai avanzano e molte valli alpine
vengono abbandonate. Il 1816 passa alla storia come
“l’anno senza estate”.
A metà ottocento le temperature tornano ad aumentare, inaugurando un periodo
caldo che dura ancora oggi.
Finita la Piccola età glaciale, dal 1850 a oggi la temperatura media terrestre
è aumentata di 0,5-1 gradi.
I ghiacciai di tutto il mondo sono in regresso, mentre il livello dei mari
cresce di un paio di millimetri l’anno.
È il riscaldamento globale, forse provocato dalle attività umane.
Storia dello studio del clima
Le attività umane sono sempre state influenzate dagli eventi meteorologici e
per questo motivo gli uomini, fin dall’antichità, scrutavano il cielo,
osservavano il comportamento degli animali e si affidavano a saperi e
credenze varie per cercare di rispondere alla domanda “che tempo farà
domani?”.
I primi ad effettuare osservazioni meteorologiche regolari sono i cinesi, nel
1300 a.C..
Nello stesso periodo i Babilonesi formulano vere e proprie regole climatiche
poste sotto gli auspici del dio Marduk, dio del cosmo.
I Greci si interessano molto alla meteorologia e Aristotele, con il testo
“Meteorologia”, servirà da riferimento a tutto il mondo occidentale per molti
secoli. Con l’impulso dato dai pensatori greci e poi romani, la meteorologia
diviene una scienza vera e propria che però, durante il medioevo non fa passi
in avanti.
Come per la maggior parte delle scienze è durante il Rinascimento, tra il XVII
e il XVIII secolo, che vengono costruiti numerosi strumenti di misura quali
il termometro a mercurio, il barometro ed infine un importante strumento che
servirà a Fourier per misurare l’effetto serra: l’eliotermometro.
Infatti, nel 1824, lo scienziato francese definisce l’atmosfera come una serra
compressa tra la superficie della Terra e lo spazio interstellare: “È così
che la temperatura della Terra viene aumentata dall’interposizione
dell’atmosfera, perché il calore nello stato di luce trova meno resistenza
nel penetrare l’aria, che nel ripassare quando viene convertita in calore non
luminoso”.
Nel 1895 Arrhenius presenta la sua memoria “Sull’influenza dell’anidride
carbonica atmosferica sopra le temperature terrestri” nella quale la
descrizione dell’effetto serra fatta da Fourier si arricchisce di nuovi
particolari individuando gli elementi dell’atmosfera che sono causa di tale
effetto.
Le ricerche sull’influenza dell’anidride carbonica sul clima proseguono per
tutta la prima metà del 1900 e culminano nel 1958, con la costruzione alle
Hawaii di un osservatorio per monitorare la concentrazione della CO2 in
atmosfera.
Le conoscenze sul clima sono molto progredite dai tempi di Fourier, sono
cambiati gli strumenti e i metodi di ricerca, nonché il numero di persone
coinvolte; ogni anno le riviste scientifiche pubblicano migliaia di articoli
che riportano i risultati di ricerche sul clima, le misurazioni dei
principali parametri, le statistiche degli eventi meteorologici estremi,
ecc.
È anche per vagliare i risultati di tali ricerche e per sintetizzarli che,
alla fine degli anni &lsquo,80, viene istituito l’IPCC (Intergovernemental Panel on
Climate Change), il comitato di esperti delle Nazioni Unite incaricato di
studiare i cambiamenti climatici.
LE ATTIVITÀ UMANE COME CAUSA DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI
l’EFFETTO SERRA NATURALE
l’effetto serra è il fenomeno naturale determinato dalla capacità
dell’atmosfera di trattenere sotto forma di calore parte dell’energia che
proviene dal Sole.
Come aveva intuito Fourier, il fenomeno è dovuto alla presenza nell’atmosfera
di alcuni gas, detti “gas serra”, che “intrappolano” la radiazione termica
che viene emessa dalla superficie terrestre riscaldata dal Sole.
Proprio come i vetri di una serra, infatti, l’atmosfera è “trasparente” alla
radiazione solare che proviene dal Sole, mentre è parzialmente “opaca” a
quella termica emessa dalla superficie terrestre.
Grazie a questo fenomeno, la temperatura media della terra si mantiene intorno
ai 15°C, contro i -19°C che si avrebbero in assenza dei “gas serra”.
Effetto serra su base 100
Dalle radiazioni solari entranti solo il 45% viene assorbito dalla terra:
infatti il 25% viene riflesso dall’atmosfera, il 5% dalle superfici
riflettenti della Terra (ghiacciai, oceani), mentre il 25% viene assorbito
dall’atmosfera che lo rimette sotto forma di radiazione infrarossa (calore).
Anche la Terra emette energia come radiazione infrarossa, di questa il 4%
viene irradiata direttamente nello spazio, il 100% viene invece assorbita dai
gas serra e viene poi re-radiata dall’atmosfera terrestre (88%). Quest’ultimo
valore rappresenta l’effetto serra. La superficie della Terra emette energia
anche attraverso l’evaporazione 24% e le correnti termiche 5%; questa energia
viene assorbita dall’atmosfera e poi rimessa sottoforma di radiazione
infrarossa.
I gas maggiormente responsabili di questo fenomeno, oltre il vapore acqueo,
che è il principale gas serra naturale, sono la CO2, il metano, l’NO2
(protossido di azoto). l’anidride carbonica (CO2), uno dei principali
composti del carbonio, è presente in natura in quattro grandi
“serbatoi”:
• La biosfera, nella quale il carbonio è presente nelle molecole organiche
(lipidi, glucidi, ecc.) (3.100 miliardi di tonnellate o
gigatonnellate);
• Gli oceani, nei quali il carbonio è disciolto sotto forma di carbonati e
bicarbonati (40.000 gigatonnellate);
• La geosfera, dove il carbonio si presenta essenzialmente sotto forma di
calcare e di combustibili fossili (rispettivamente 40.000 e 12.000
gigatonnellate);
• l’atmosfera, dove il carbonio è presente sotto forma di CO2 (600
gigatonnellate).
Questi serbatoi sono legati tra loro da importanti scambi che nel loro insieme
costituiscono il “ciclo del carbonio”:
• Gli organismi vegetali utilizzano la CO2 atmosferica per produrre materia
organica attraverso la fotosintesi clorofilliana; la quantità di carbonio
così fissata ogni anno è notevole (100 gigatonnellate per anno); il carbonio
è poi riemesso dagli ecosistemi attraverso la respirazione di piante e
animali;
• La CO2 atmosferica entra negli oceani per diffusione e viene convertita in
forme diverse; ad esempio viene fissata da alcuni organismi che la utilizzano
per costruire i propri gusci che, alla morte dell’animale, si depositano sul
fondo degli oceani a formare vasti depositi di materiale calcareo;
In breve, la fotosintesi sottrae anidride carbonica all’atmosfera facendo
passare il carbonio dall’ambiente abiotico agli organismi viventi. Da questi
ultimi ritorna all’acqua od all’atmosfera attraverso la respirazione
cellulare, la combustione e l’erosione. Il bilancio naturale del ciclo del
carbonio, in assenza di attività dell’uomo, è pressoché in pareggio.
Il metano (CH4) si produce dalla degradazione di materiale organico in assenza
di ossigeno (anossia). Esso viene naturalmente emesso da mangrovie e paludi,
mentre le emissioni dovute alle attività umane provengono essenzialmente
dalle perdite di gas naturale e di altri combustibili fossili durante
l’estrazione e il trasporto, dalla combustione di biomasse, dall’agricoltura
e dalla zootecnica, ed infine dalle discariche.
Il protossido di azoto (NO2) è un gas serra molto potente e con un tempo di
permanenza in atmosfera piuttosto elevato (120 anni), ma con una bassa
concentrazione; le principali fonti antropiche di emissione derivano dai
fertilizzanti azotati usati in agricoltura e in alcune produzioni
industriali.
• Gli organismi vegetali ed animali decomponendosi in condizioni anaerobiche
hanno formato grandi depositi di combustibili fossili. Il carbone, il
petrolio e il gas naturale sono infatti essenzialmente formati da composti
del carbonio.
CFC, HFC, CF4, sono dei composti chimici a base di carbonio che contengono
cloro, fluoro, iodio o bromo. Con il Protocollo di Montreal (1987) è stato
vietato l’uso di una serie di sostanze tra le quali i clorofluoro - CFC -
carburi (responsabili del buco nell’ozono) e quindi si è arrivati ad una
diminuzione della loro concentrazione; ma anche i prodotti sostitutivi (HFL e
CF4) sono potenti gas serra.
l’EFFETTO SERRA ANTROPOGENICO
Con le emissioni in atmosfera di grandi quantità di gas serra, le attività
umane stanno generando un effetto serra aggiuntivo a quello naturale, che
tende ad alterare tutti gli equilibri del sistema climatico.
l’uomo, infatti, modifica costantemente la composizione dell’atmosfera,
introducendo nuove sorgenti di gas serra ed interferendo con i serbatoi
naturali;
Le emissioni derivano per la maggior parte dal consumo e dalla combustione di
fonti fossili, altre vengono da alcune produzioni industriali,
dall’agricoltura, dall’allevamento e dalla gestione dei rifiuti.
La diminuzione degli assorbitori di gas serra dipende invece dalla riduzione,
per distruzione o per cambiamento d’uso, delle superfici forestali che hanno
la proprietà di assorbire la CO2.
LE EMISSIONI DI GAS SERRA
Nel 1995 l’82% delle emissioni di gas serra sono state di CO2. Seguono il
metano 12%, l’NO2 4%; il rimanente 2% è dato dalla somma delle emissioni dei
HCFC e PCF.
Tabella 0X:
Contributo alle Emissioni dei Differenti Gas Serra
CO2
82%
CH4
12%
NO2
4%
HCFC e PCF
2%
Dati 1995
Per valutare il contributo all’effetto serra dei differenti gas, bisogna
prendere in considerazione tre parametri:
• La loro concentrazione in atmosfera;
• Il forcing radiattivo di ciascun gas, ovvero la diversa capacità di
intrappolare l’energia che va dalla Terra verso lo spazio;
• Il tempo medio per il quale un certo gas rimane in atmosfera, ovvero la
persistenza (ovviamente se un gas serra rimane in atmosfera per poco tempo
avrà un effetto minore di un gas serra che rimane in atmosfera molto a
lungo).
Per poter rendere possibile il confronto tra gas con differenti
caratteristiche è stato sviluppato un metodo che permette di valutare i
diversi gas evidenziando il loro potenziale di riscaldamento globale (GWP),
tenendo dunque conto del tempo di permanenza in atmosfera, della
concentrazione e del forcing radiattivo; il GWP è una misura dell’effetto
serra relativo di un gas utilizzando come gas di riferimento l’anidride
carbonica.
Il Segretariato delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) svolge
un’importante funzione di raccolta e di omogeneizzazione dei dati relativi
alle emissioni di gas serra offrendo in questo modo una visione di insieme
delle emissioni dei paesi industrializzati, oltreché paese per paese.
Secondo l’UNFCCC, nel 1998 la maggior fonte di emissione proviene dall’uso di
fonti di energia fossile (96,7%). All’interno di questa categoria sono le
industrie energetiche ad occupare la quota più importante (39,1%), segue poi
il settore dei trasporti (26,7%).
l’anidride carbonica è dunque il principale gas ad effetto serra di origine
antropogenica, ed il principale responsabile delle emissioni di gas serra è
il settore energetico.
Le emissioni di CO2 legate al settore energetico dipendono sia dal livello
della domanda di energia, che dalle fonti utilizzate. Infatti, non tutti i
combustibili emettono la stessa quantità di CO2 (ad esempio a parità di
energia termica prodotta, il gas naturale emette quasi la metà del
carbone).
Il grafico qui sotto mostra la crescita costante della concentrazione di CO2
in atmosfera: negli ultimi 40 anni, del 16%; con un incremento annuo dello
0,5%.
AUMENTO DELLA CONCENTRAZIONE DI CO2 IN ATMOSFERA NEGLI ULTIMI 50 ANNI
Ogni anno l’uomo immette in atmosfera 7 gigatonnellate di carbonio;
confrontando questo dato con l’entità dei flussi che legano l’atmosfera e la
biosfera (100 gigatonnellate di carbonio all’anno) si nota che pur essendo
molto piccole rispetto alle emissioni totali, le emissioni antropiche sono
sufficienti a spostare l’equilibrio del ciclo e a provocare un aumento delle
concentrazioni di CO2 in atmosfera.
EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI A LIVELLO GLOBALE
Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche e sulla base dei più recenti
studi dell’IPCC (Intergovernemental Panel on Climate Change) la maggior parte
degli esperti concorda nel ritenere che, a causa dell’aumento delle
concentrazioni di gas serra in atmosfera, nel prossimo futuro potremmo
aspettarci i seguenti fenomeni:
• Aumento della temperatura del pianeta. Dal 1860, data a partire dalla quale
sono disponibili dati attendibili, la temperatura media della Terra è
aumentata di 0.6°C. In termini di durata e di ampiezza del fenomeno, il
riscaldamento durante il 1900 sembra essere stato il più importante negli
ultimi mille anni;
VARIAZIONI DELLA TEMPERATURA MEDIA DELLA TERRA DAL 1860 (RISPETTO ALLA MEDIA
1961-1990)
• Aumento nella frequenza e nell’intensità di eventi climatici estremi come alluvioni, tempeste,
ondate di caldo o freddo eccessivo;
• Aumento del rischio di desertificazione in alcune zone;
• Diminuzione dei ghiacciai presenti nelle principale catene montuose
mondiali;
• Crescita del livello del mare. Negli ultimi 100 anni si è già verificato un
innalzamento di circa 10/25 cm.
GLI SCENARI FUTURI
Negli ultimi venti anni, gli scienziati hanno sviluppato modelli di calcolo
che cercano di prevedere i cambiamenti climatici. I modelli utilizzati,
chiamati GCM (General Circulation Models, modelli di circolazione generale),
funzionano su calcolatori molto potenti che utilizzano tutte le conoscenze
sul clima per ottenere tali previsioni.
Alcuni studi dell’IPCC prendono in considerazione diverse ipotesi di
evoluzione per alcuni parametri fondamentali: crescita demografica, sviluppo
economico, risorse disponibili (fonti primarie di energia) e tecnologia. Le
diverse ipotesi di evoluzione vengono dette “famiglie di scenari”.
• Aumento delle precipitazioni, soprattutto nell’emisfero Nord, e
particolarmente alle medie e alte latitudini. Diminuzione delle piogge nelle
regioni tropicali e subtropicali;
Per ognuna di queste famiglie di scenari, sono stati calcolati diversi livelli
di emissione di CO2, per il
periodo 1990-2100.
• Medie latitudini (fascia temperata)
EMISSIONI PER LE DIVERSE FAMIGLIE DI SCENARI (IPCC)
I principali cambiamenti individuati dai modelli, a seguito dell’aumento della
concentrazione di gas di serra nell’atmosfera, sono essenzialmente
tre:
• il riscaldamento globale della bassa atmosfera e della superficie terrestre,
• l’accelerazione del ciclo dell’acqua nell’atmosfera e nel suolo,
• l’aumento del livello dei mari.
RISCALDAMENTO GLOBALE
Tutti i modelli matematici attualmente disponibili prevedono un generale
riscaldamento dei bassi strati dell’atmosfera e della superficie terrestre in
un intervallo compreso fra 1,5 e 5,8°C e contemporaneamente un raffreddamento
degli strati più alti dell’atmosfera.
Il tasso medio di incremento della temperatura è stimato in circa 0,3°C ogni
10 anni. I tempi in cui tale cambiamento avverrà sono ancora incerti ed
incerta è anche la distribuzione che tale aumento assumerà a scala
subcontinentale.
Tuttavia, analisi e valutazioni condotte su vari scenari permettono di dire
che la distribuzione del riscaldamento climatico alle diverse latitudini avrà
le seguenti caratteristiche:
• Alte latitudini (fascia polare e subpolare)
In inverno l’aumento di temperatura previsto alle alte latitudini sarà
maggiore dell’aumento medio globale ed interesserà più le terre emerse che la
superficie marina. Sui mari polari, in particolare, vi sarà una riduzione
dell’estensione del ghiaccio marino; poiché il ghiaccio influenza gli scambi
di calore oceanici, il riscaldamento climatico nelle aree artiche ed alle
alte latitudini sarà ancora più vistoso. In estate, viceversa, il
riscaldamento previsto alle alte latitudini sarà inferiore a quello medio
globale a causa della grande capacità termica dell’oceano che distribuisce al
suo interno la maggiore parte dell’energia assorbita.
Il riscaldamento estivo delle zone continentali alle medie latitudini
dell’emisfero nord, sarà maggiore della media globale, mentre quello
invernale sarà quasi uguale a quello medio globale.
Tale effetto è particolarmente evidente alle medie latitudini dell’emisfero
nord dove esiste la più alta percentuale di superfici emerse e dove, proprio
per l’elevata presenza dei continenti, l’azione raffreddante della
evaporazione marina è limitata. Infatti, alle medie latitudini dell’emisfero
sud, il riscaldamento climatico non presenterà apprezzabili variazioni
stagionali e sarà più vicino al valor medio globale.
• Basse latitudini (fascia subtropicale ed equatoriale)
Il riscaldamento delle zone intertropicali sarà minimo ed inferiore al
riscaldamento medio globale. Inoltre, a differenza delle alte latitudini, si
distribuirà pressoché uniformemente su tutte le stagioni. l’area
intertropicale è occupata in gran parte dal mare e quindi il riscaldamento
superficiale si tradurrà principalmente in un aumento dell’evaporazione
oceanica più che della temperatura dell’aria.
CICLO DELl’ACQUA NELl’ATMOSFERA E AL SUOLO
Le precipitazioni atmosferiche aumenteranno a livello globale in conseguenza
dell’aumento della temperatura. Questo perché sarà maggiore l’evaporazione (e
quindi la quantità di vapor d’acqua contenuta nell’atmosfera) e perché il
ciclo dell’acqua nel sistema climatico verrà accelerato ed
intensificato.
Tuttavia, l’aumento delle precipitazioni non sarà uniformemente distribuito
sulla superficie terrestre.
Infatti, si prevede che le precipitazioni aumenteranno apprezzabilmente alle
alte latitudini e nella fascia intertropicale, sia nei mesi estivi che in
quelli invernali. Alle medie latitudini, invece, l’aumento delle
precipitazioni riguarderà solo il semestre più freddo.
l’atmosfera complessivamente più calda e più umida porterà ad una variabilità
di situazioni a livello regionale maggiore di quella attuale: in particolare,
eventi di siccità e/o di alluvioni si aggraveranno in alcune zone, mentre in
altre diventeranno meno gravi.
Inoltre, poiché aumenterà l’intensità delle precipitazioni, le piogge a
carattere alluvionale saranno più numerose.
Le conoscenze scientifiche attuali non sono sufficienti per affermare che
l’aumento della frequenza di certi fenomeni meteorologici estremi, come
alluvioni ed inondazioni (alle medie latitudini), rovesci e tempeste di neve
(alle alte latitudini), uragani e cicloni tropicali (alle basse latitudini),
aumenteranno di numero o se, invece, avranno solo una diversa distribuzione
geografica.
LIVELLO DEL MARE
Il livello medio del mare si innalzerà, come conseguenza dell’espansione
termica degli oceani e dello scioglimento dei ghiacciai e delle banchise.
Negli scenari più sfavorevoli il livello del mare potrebbe crescere fino a
quasi un metro di altezza rispetto all’attuale livello mentre in quelli più
favorevoli sarebbe contenuto entro 10-20 centimetri.
Negli scenari intermedi dei cambiamenti climatici, i modelli prevedono che il
livello del mare salirà di circa 50 cm da qui al 2100.
Le incertezze scientifiche sono però ancora molte, ed esistono attualmente
parecchi problemi, non solo scientifici, ma anche tecnologici, che limitano
la nostra capacità di prevedere il clima futuro e di definire i futuri
cambiamenti climatici.
Variazioni future inaspettate, consistenti e rapide del sistema climatico
(come già altre volte è accaduto nel passato) sono possibili e per la loro
stessa natura difficili da prevedere.
GLI EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI
La salute umana, i sistemi ecologici terrestri ed acquatici, i sistemi
socioeconomici sono tutti sensibili sia all’entità che alla velocità dei
cambiamenti climatici.
È probabile che molte regioni subiranno conseguenze negative, anche
irreversibili, dai cambiamenti climatici, ma è anche probabile che alcuni
degli effetti siano positivi e benefici. Questo dipenderà molto dalla
floridezza economica e dall’organizzazione istituzionale delle singole
nazioni. Infatti, di norma, sono più vulnerabili i paesi in via di sviluppo,
dove le condizioni economiche e gli assetti istituzionali sono meno
favorevoli.
Le più rilevanti conseguenze dei cambiamenti climatici riguardano i sistemi
naturali ed in particolare gli ecosistemi terrestri ed acquatici ed i sistemi
antropici come l’agricoltura, le risorse idriche, l’ambiente marino-costiero,
la salute umana.
SUI SISTEMI NATURALI
Gli ecosistemi contengono tutto il patrimonio terrestre di biodiversità
genetica e delle specie e costituiscono la fonte primaria della vita sulla
terra e della sua evoluzione. Nei processi ambientali, gli ecosistemi giocano
un ruolo fondamentale nel ciclo del carbonio, riciclano i rifiuti, depurano
le acque, controllano le inondazioni, i fenomeni di degrado del suolo e i
processi di erosione delle coste.
La composizione e la distribuzione geografica di molti ecosistemi (foreste,
praterie, deserti, sistemi montani, laghi, zone umide, oceani, ecc.)
tenderanno a trasformarsi a seconda di come le singole specie risponderanno
ai cambiamenti climatici.
Nella fase di trasformazione e di adattamento, probabilmente si perderà molta
della diversità biologica attualmente esistente. Alcuni ecosistemi potrebbero
non raggiungere un nuovo equilibrio, se non parecchie centinaia di anni dopo
lo stabilizzarsi del nuovo assetto climatico.
Ecosistemi forestali:
si ritiene probabile che una notevole frazione dell’attuale superficie
forestale della Terra (un terzo come valore medio globale) subirebbe
consistenti variazioni delle principali tipologie di vegetazione. Queste
variazioni saranno più pronunciate alle alte latitudini e più blande nella
fascia intertropicale. I sistemi forestali potranno subire cambiamenti nella
composizione delle specie, e cioè potrebbero scomparire interi tipi di
foresta ed insediarsi nuove associazioni di specie vegetali, e dunque nuovi
ecosistemi.
Ecosistemi montani e di alta quota:
la vegetazione collinare e montana tenderebbe a spostarsi verso quote più
elevate; alcune specie che non hanno possibilità di spostarsi più in alto,
perché già in vetta alle montagne, potrebbero estinguersi a causa della
scomparsa del loro habitat.
Ecosistemi desertici della fascia subtropicale:
tenderanno ad essere probabilmente più estremi; gli aumenti di temperatura
potrebbero rappresentare una minaccia per organismi che vivono quasi al
limite della tolleranza al calore. Si innescherebbero, invece, processi di
desertificazione nelle zone temperate del pianeta dove attualmente sussistono
condizioni di siccità ed il suolo è già in fase di degrado.
Ecosistemi acquatici lacustri e fluviali:
il riscaldamento del clima produrrebbe effetti sia alle alte latitudini, dove
aumenterebbe la produttività biologica, sia alle basse latitudini, al confine
degli ambienti di vita delle specie di acqua fredda, dove, invece,
aumenterebbe l’estinzione delle specie.
Ecosistemi marini:
a causa della variazione del livello del mare, sono questi i sistemi che
subirebbero maggiori conseguenze, soprattutto in termini di perdita della
biodiversità. I rischi maggiori saranno corsi da quelli marino-costieri come
le paludi salmastre, dagli ecosistemi a mangrovie, dalle zone umide costiere,
delle spiagge sabbiose, dalle scogliere coralline, gli atolli, ed i delta
fluviali.
SULl’AGRICOLTURA
I cambiamenti climatici indurranno, con ogni probabilità, variazioni
consistenti nelle rese agricole e nella produttività, modificando pertanto
l’attuale quadro mondiale di produzione alimentare.
La produttività agricola dovrebbe aumentare in alcune aree, soprattutto alle
alte latitudini, dove le condizioni climatiche sono attualmente sfavorevoli,
e diminuire in altre, specialmente alle basse latitudini della fascia
tropicale e subtropicale.
Tenuto conto della distribuzione mondiale dei Paesi ricchi e dei Paesi poveri,
i cambiamenti climatici favorirebbero i primi per quello che riguarda la
produzione agricola e agroalimentare.
Gli studi finora condotti mostrano che, in totale, la produzione agricola
mondiale potrebbe rimanere la stessa di quella attuale, nonostante i
cambiamenti climatici previsti. A questa conclusione si è giunti però senza
tener conto degli effetti derivanti eventuali da variazioni delle
infestazioni di parassiti o di altre conseguenze negative sull’agricoltura
collegate con i cambiamenti climatici, effetti estremamente difficili da
valutare.
SULLA SALUTE UMANA
Anche se prevedere le conseguenze sanitarie dei cambiamenti climatici è molto
difficile, perché l’eventuale incremento delle affezioni indotte dal
riscaldamento terrestre dipende da numerosi fattori, che coesistono ed
interagiscono tra loro, molti studiosi concordano che i cambiamenti climatici
potrebbero produrre effetti indiretti sulla salute umana.
In particolare è prevedibile un aumento della diffusione di malattie infettive
trasmesse direttamente da microrganismi, insetti o altri ospiti intermedi
(malaria, tenia, febbre gialla, alcuni encefaliti virali, ecc.), a causa di
una maggiore distribuzione geografica e di migliori condizioni di
sopravvivenza per questi organismi.
Secondo alcune valutazioni, la malaria si diffonderebbe anche nelle zone
temperate delle medie latitudini con una incidenza maggiore del 10-15% per
anno (circa 50-80 milioni di casi in più ogni anno).
Temperature elevate ed una maggiore frequenza di precipitazioni alluvionali
potrebbero favorire anche la maggior diffusione di malattie infettive
trasmesse per contagio come la salmonellosi, il colera ed altre.
IN ITALIA
SULLA RISORSA ACQUA
Secondo le previsioni, una quantità compresa fra un terzo e la metà
dell’attuale massa glaciale potrebbe scomparire nei prossimi cento anni. La
riduzione dell’estensione dei ghiacciai e dello spessore della copertura
nevosa influirebbe anche sulla distribuzione stagionale dei flussi idrici e
quindi sulla disponibilità di acqua per gli usi civili, industriali, per la
produzione idroelettrica e per l’agricoltura.
Poiché i cambiamenti climatici produrranno una accelerazione ed una
intensificazione del ciclo globale dell’acqua, le conseguenze sulle risorse
idriche regionali potrebbero essere assai rilevanti.
Variazioni della quantità totale, frequenza ed intensità delle precipitazioni
influiranno direttamente sull’entità e sui tempi di deflusso delle acque
pluviali, nonché sui fenomeni di siccità e sulle alluvioni. Paradossalmente
ci sarebbe maggior quantità d’acqua nelle zone dove attualmente le risorse
idriche sono già abbondanti e minor quantità d’acqua dove attualmente la
carenza di risorse idriche è già un grave problema.
SULLE ZONE COSTIERE
Poiché il livello medio del mare tenderà a crescere in conseguenza dei
cambiamenti climatici, alcune popolazioni costiere potrebbero subire impatti
particolarmente significativi a seguito delle inondazioni e delle perdite di
territorio dovute all’erosione. Secondo le valutazioni esistenti, attualmente
circa 46 milioni di persone corrono ogni anno il rischio di
inondazioni.
Se non saranno avviate idonee azioni per adattarsi ai cambiamenti, già nella
situazione demografica attuale, l’innalzamento medio previsto di 50 cm del
livello del mare metterebbe a rischio circa 100 milioni di persone. Il
rischio è particolarmente elevato per le piccole isole e per i delta fluviali
e le perdite di territorio stimate oscillerebbero da 0,05% per l’Uruguay, 1%
per l’Egitto e 6% per l’Olanda, fino al 17,5% per il Bangladesh e addirittura
fino all’80% circa per l’atollo Majuro nelle Isole Marshall.
AREE E POPOLAZIONI COSTIERE A RISCHIO NEL 2080 PER l’INNALZAMENTO DEL LIVELLO
DEL MARE
Il Ministero dell’Ambiente in collaborazione con la Columbia University di New
York e il Goddard Space Institute della Nasa ha elaborato gli scenari dei
futuri impatti dei cambiamenti climatici nell’area mediterranea:
l’innalzamento del livello del mare è uno degli effetti più critici e
sensibili per l’Italia. Le stime più affidabili prevedono un aumento del
livello del mare tra i 25/30 cm entro il 2050.
A questo aumento del livello del mare è legato il rischio di inondazione per
almeno 4.500 km2 di aree costiere e pianure. Venezia, in particolare, è
considerata una delle aree urbane più esposte a tale rischio.
Questo fenomeno dovrebbe produrre effetti differenziati in quanto il
territorio italiano è, dal punto di vista geologico, “giovane” e quindi
ancora in movimento. Il Sud Italia, infatti, ha tendenza a sollevarsi, e
quindi gli eventuali effetti dell’innalzamento del livello del mare sarebbero
mitigati. Per quello che riguarda il Nord Italia, invece, vi è una tendenza
opposta e quindi si avrebbero maggiori rischi di inondazione, in particolare
per la Pianura Padano-Veneta, la Versilia e la pianura di Fondi e
Pontina.
LA PRODUZIONE DI RIFIUTI
La produzione di crescenti quantità di rifiuti è uno dei segni distintivi
della società contemporanea.
Alla crescita dello sviluppo produttivo, e quindi dei consumi, è associata una
crescita dei rifiuti prodotti. Oltre ad aumentare in termini quantitativi, i
rifiuti sono cambiati anche in qualità e, con essa, ne è aumentata anche la
pericolosità per l’ambiente.
Nei paesi industrializzati tale produzione è pressoché triplicata negli ultimi
20 anni.
Ogni europeo produce quasi 1,5 kg di rifiuti al giorno, un americano tre volte
di più, un abitante dei paesi in via di sviluppo cinque volte di meno.
Una non corretta gestione dei rifiuti determina gravi fenomeni di inquinamento
e di compromissione delle risorse (aria, acqua e suolo), rendendole non più
fruibili da parte dell’uomo se non a prezzo di interventi di ripristino molto
costosi.
Una corretta gestione dei rifiuti, oltre a contribuire a ridurre le emissioni
di gas serra, in particolare di metano, può contribuire a recuperare energia,
sia attraverso il riuso dei materiali che attraverso un loro utilizzo come
combustibile.
Esse comprendono l’energia solare che investe la terra e quelle che da essa
derivano: l’energia idraulica, del vento, delle biomasse, delle onde e delle
correnti. Sono inoltre considerate come tali l’energia geotermica, presente
in modo concentrato in alcuni sistemi profondi nella crosta terrestre e
l’energia dissipata sulle coste dalle maree, dovute all’influenza della
luna.
Infine, anche i rifiuti, in parte per la loro composizione, in parte perché la
loro produzione inevitabilmente accompagna la vita e le attività dell’uomo,
vengono considerati fonte di energia rinnovabile.
Opportune tecnologie consentono di convertire la fonte rinnovabile di energia
in energia secondaria utile, che può essere termica, elettrica, meccanica e
chimica.
l’impatto sull’ambiente varia significativamente a seconda della fonte e della
tecnologia, ma in ogni caso è nettamente inferiore a quello delle fonti
fossili. In particolare, le emissioni di gas serra sono molto contenute e
limitate solo ad alcune fonti.
Nel futuro sarà necessario, oltre che auspicabile, aumentare la produzione di
energia da fonti rinnovabili sia per far fronte ai problemi del degrado
dell’ambiente che per fronteggiare l’esauribilità delle fonti fossili.
In Italia, nel 2001, le fonti rinnovabili hanno coperto circa il 10,5% del
fabbisogno energetico nazionale, pari a 17,6Mtep. Si intende raddoppiare il
contributo delle rinnovabili al 2010, portandolo a 24 Mtep.
I gas inquinanti che una volta immessi nell’atmosfera danneggiano l’ambiente,
vengono prodotti soprattutto dagli autoveicoli, dagli impianti di
riscaldamento, dalle centrali termoelettriche, dagli inceneritori e dalle
industrie.
Queste attività sono tipicamente concentrate nelle città e in alcune zone
industriali, dove di conseguenza si generano aree fortemente
inquinate.
Oltre a provocare questa forma di “inquinamento locale”, elevate quantità di
gas inquinanti emesse nell’atmosfera, possono far sentire i loro effetti
negativi anche a distanza di centinaia e migliaia di chilometri dal punto di
emissione. Si ha, in questo caso, il cosiddetto “inquinamento regionale o
transfrontaliero” che si manifesta con fenomeni quali le piogge acide e lo
smog fotochimico.
Si hanno effetti anche su “scala globale”, con fenomeni quali lo
assottigliamento dello strato di ozono stratosferico, l’aumento dell’effetto
serra e i possibili cambiamenti climatici.
Lo smog fotochimico
l’INQUINAMENTO ATMOSFERICO
Negli impianti che utilizzano combustibili fossili non si genera solo energia,
ma vengono liberati nell’aria anche vapor acqueo e anidride carbonica.
Inoltre, dato che il combustibile non brucia mai completamente, oltre
all’anidride carbonica vengono emessi gas che sono inquinanti, quali l’ossido
di carbonio, il metano e altri idrocarburi, oltre che ossidi di azoto e di
zolfo. Una elevata concentrazione di questi gas nell’atmosfera causa la
formazione dello smog fotochimico, delle piogge acide ed è responsabile
dell’aumento del naturale effetto serra del pianeta.
Ulteriori sostanze nocive, sono emesse dai motori delle automobili. Tra queste
i composti organici volatili COV, le particelle sospese, solide e liquide,
che possono trasportare anche piombo, e gli idrocarburi aromatici quali il
benzene. Questi inquinanti soprattutto nelle città sono responsabili di gravi
fenomeni di inquinamento localizzato e possono provocare danni alla salute
dell’uomo.
Altre forme di inquinamento atmosferico sono provocate da vari processi
industriali oppure dall’uso di particolari sostanze, per esempio i
clorofluorocarburi (CFC), presenti ancora nei circuiti di vecchi frigoriferi
e di vecchi impianti di condizionamento. Queste sostanze, una volta liberate
nell’atmosfera, raggiungono lo strato di ozono stratosferico e, attraverso
reazioni chimiche distruggono le molecole di ozono che schermano la Terra dai
raggi ultravioletti nocivi emessi dal Sole.
Le piogge acide
l’impiego di combustibili fossili provoca l’emissione di diversi gas che, pur
non essendo gas ad effetto serra, hanno effetti negativi sull’ambiente.
Infatti, sottoprodotti tipici delle centrali termoelettriche, di alcune
attività industriali, degli scarichi dei motori delle automobili e degli
impianti di riscaldamento domestico, sono l’anidride solforosa e gli ossidi
di azoto. Questi gas una volta raggiunta l’atmosfera reagiscono con l’umidità
dell’aria dando origine a composti acidi che vengono portati a terra dalla
pioggia. Queste “piogge acide”, oltre ad avere effetti negativi sulla salute
dell’uomo, danneggiano la vegetazione, gli edifici, i monumenti e avvelenano
le acque dei laghi e dei fiumi con gravi conseguenze anche sulla
fauna.
Per smog fotochimico si intende la presenza nell’aria di alte concentrazioni
di ozono e altre sostanze inquinanti. La formazione dello smog fotochimico è
dovuta a reazioni chimiche che avvengono per azione delle radiazioni solari
(da cui il termine fotochimico) sulle molecole degli ossidi di azoto e
carbonio, e sui composti organici volatili.
Gli inquinanti fotochimici e l’ozono in particolare producono danni alla
vegetazione, sono all’origine del deterioramento dei monumenti, di libri e
documenti cartacei, e sono nocivi alla salute umana.
I danni alla salute dell’uomo l’effetto serra
La Terra è circondata da un involucro gassoso, l’atmosfera, costituita da una
miscela di gas (azoto 76%, ossigeno 22%, argon 1,3%, anidride carbonica 0,03%
e vapor acqueo in quantità variabili ma inferiori allo 0,3%). Grazie alla
presenza di questi gas è stato possibile l’origine e lo sviluppo delle forme
viventi sul pianeta.
l’effetto serra è quel fenomeno che garantisce che sulla superficie della
Terra la temperatura mantenga i valori ottimali per l’evoluzione della
vita.
La terra assorbe i raggi del Sole e li riemette verso l’alto sottoforma di
energia termica.
Una parte di questa energia termica è assorbita dalle molecole di vapore
acqueo e anidride carbonica, che intrappolano in questo modo, come i vetri di
una serra, il calore proveniente dal sole. Questi gas, detti appunto gas
serra, garantiscono un equilibrio termico tale da consentire la vita sulla
Terra. Senza l’effetto serra la Terra sarebbe molto più fredda (avrebbe una
temperatura media di circa 30 gradi centigradi inferiore a quella attuale che
è di 15°C). l’anidride carbonica, oltre ad intervenire in numerosi processi
biologici quali la fotosintesi clorofilliana, attraverso la quale viene
utilizzata dalle piante verdi come “alimento”, contribuisce a regolare il
naturale effetto serra del pianeta. La quantità di anidride carbonica
ottimale è garantita dalla presenza di piante verdi, in particolare dalle
grandi foreste, e attraverso l’assorbimento da parte degli oceani.
Un aumento di anidride carbonica nell’atmosfera, causato soprattutto dagli
impianti di produzione di energia e dalla deforestazione incontrollata,
provoca un graduale aumento dell’effetto serra con conseguente riscaldamento
del pianeta e possibili mutamenti del clima, con effetti quali la
desertificazione, lo scioglimento dei ghiacciai e l’aumento del livello del
mare.
Oltre all’anidride carbonica esistono altri gas serra quali il metano (CH2O),
i clorofluorocarburi (CFC) e gli halons che non sono direttamente imputabili
alla produzione di energia ma ad alcune produzioni industriali, agli
allevamenti, alle coltivazioni, alle discariche ecc..
Dall’epoca della rivoluzione industriale in poi, il contenuto di anidride
carbonica nell’atmosfera è del 30% più elevato, il metano del 145%.
l’EFFETTO SERRA
l’inquinamento atmosferico provoca danni alla salute dell’uomo e delle altre
specie viventi. Gli ossidi di zolfo e azoto inalati in quantità elevate
possono provocare danni all’apparato respiratorio.
l’ossido di carbonio una volta inalato raggiunge gli alveoli polmonari e passa
così nel sangue riducendone la capacità di portare ossigeno ai tessuti.
Questo può provocare danni sul sistema nervoso, cardiovascolare e
muscolare.
Il piombo, una volta assorbito per inalazione, entra nel circolo sanguigno e
si distribuisce in quantità decrescenti nelle ossa, nel fegato, nei reni, nei
muscoli, e nel cervello. Questo può causare principalmente anemie e danni al
sistema nervoso.
Tra i composti organici volatili i più tossici sono quelli aromatici tra cui
il benzene che può procurare danni al sistema nervoso e di cui è stato
accertato il potere cancerogeno sull’uomo.
l’ozono
l’ozono è un gas normalmente presente nell’atmosfera, sia in prossimità del
suolo (troposfera) che negli strati più alti tra i 15 e i 60 chilometri di
quota (stratosfera).
Nella troposfera l’ozono si forma per effetto delle radiazioni solari sulle
molecole di ossigeno.
Nella stratosfera, invece, l’ozono si forma continuamente, per effetto delle
radiazioni ultraviolette solari sulle molecole di ossigeno. Qui va a
costituire un vasto strato gassoso che, agendo da schermo, assorbe le
radiazioni ultraviolette nocive provenienti dal sole.
Le attività umane possono alterare questi equilibri. Infatti, attraverso
complesse reazioni fotochimiche in cui intervengono gli ossidi di azoto e gli
idrocarburi provenienti dagli scarichi delle automobili, si produce un
aumento della concentrazione dell’ozono troposferico. l’ozono dunque non
viene emesso come tale dalle attività umane, ma è un inquinante secondario le
cui concentrazioni tendono ad aumentare durante i periodi caldi e soleggiati
dell’anno.
Un eccesso di ozono al suolo danneggia la vegetazione, ma anche manufatti
quali tessuti e gomme, e contribuisce alla formazione delle piogge acide e
delle foschie calde che determinano la formazione di cappe di smog sulle
grandi città.
Mentre l’ozono stratosferico viene danneggiato dagli ossidi di azoto e da
alcuni composti del cloro (CFC), contenuti nelle bombolette spray e nei
vecchi modelli di frigorifero.
Questi gas, una volta raggiunta la stratosfera, distruggono le molecole di
ozono provocando un preoccupante assottigliamento dello strato protettivo,
soprattutto in corrispondenza dei poli terrestri. È il fenomeno comunemente
chiamato “buco nell’ozono”.
l’assottigliamento dello strato di ozono fa sì che aumenti l’intensità al
suolo delle radiazioni ultraviolette emesse dal sole che possono essere
nocive per la salute umana. Questo fenomeno crea allarmi soprattutto nel
periodo estivo e durante le ore centrali della giornata, quando più ci si
espone ai raggi solari e più intensa è la radiazione emessa.
LE ATTIVITÀ UMANE POSSONO CAMBIARE IL CLIMA DEL PIANETA
La conseguenza ambientale più preoccupante dell’aumento dell’effetto serra è
la possibilità che si verifichino cambiamenti globali di clima. È infatti
accertato che a partire dalla rivoluzione industriale, intorno al 1800, si è
verificato un aumento del naturale effetto serra del pianeta. Questa
alterazione sembra influire sull’equilibrio climatico della Terra. La
preoccupazione maggiore non riguarda tanto il fatto che il clima possa
cambiare a causa delle attività umane, quanto invece i tempi entro i cui i
temuti cambiamenti climatici possono avvenire: tempi troppo ristretti perché
gli ecosistemi viventi e l’ambiente possano naturalmente adattarsi a tali
cambiamenti.
Per valutare le informazioni scientifiche disponibili sui cambiamenti
climatici, nel 1988 fu istituita una Commissione Scientifica Intergovernativa
sui Cambiamenti Climatici, IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change),
costituita da alcune centinaia di scienziati.
COSA SI PREVEDE PER LA TERRA?
Pur segnalando un largo margine di incertezza l’IPCC ha comunque ipotizzato
che, senza specifiche politiche e misure per mitigare i cambiamenti
climatici, la temperatura media della Terra aumenterà di circa 3 gradi entro
il 2100. Questo aumento non sarà uniforme, sarà più alto ai poli e meno
marcato nelle zone equatoriali e potrà modificare il regime delle
piogge.
Questo significherebbe per alcune regioni la riduzione delle risorse idriche e
l’aumento della siccità, con conseguente rischio di desertificazione, mentre
per altre significherebbe il fenomeno opposto, crescita delle piogge, degli
uragani e delle inondazioni.
È previsto anche un innalzamento del livello del mare valutato tra i 50 e i
100 centimetri entro il 2100, con l’allagamento e l’erosione di vaste aree
costiere oggi intensamente popolate.
l’aumento delle temperature avrà anche effetti sulla salute, il più
preoccupante è il rischio di diffusione, anche nelle zone temperate, di
malattie infettive tipiche delle zone tropicali.
E IN ITALIA?
I cambiamenti climatici comportano anche per l’Italia conseguenze
negative.
Potrebbe, infatti, verificarsi una aridificazione delle regioni
centromeridionali, l’infiltrazione salina di alcune falde con conseguente
modificazione della produttività agricola. È previsto un aumento delle
precipitazioni soprattutto nelle regioni centrosettentrionali, con crescite
delle portate dei fiumi e la possibilità di eventi alluvionali. l’aumento
della frequenza delle inondazioni e dell’erosione delle coste avrà
conseguenze soprattutto per il Delta del Po e per la laguna di Venezia, che
potrebbe essere soggetta molto più spesso al fenomeno dell’acqua alta.
Nell’ultimo secolo, il Mediterraneo si è innalzato di circa 15 centimetri,
mentre a Venezia il livello dell’acqua si è alzato di oltre 23 centimetri,
anche a causa del lento abbassarsi della città. l’innalzamento del livello
del mare, tra i 25-30 centimetri entro il 2050, è destinato a produrre
effetti soprattutto sulla fascia costiera: oltre alla riduzione delle
spiagge, si prevede la riduzione dei terreni agricoli e la perdita di zone
umide di acqua dolce che hanno notevole importanza per la pesca.
UNO SGUARDO AL FUTURO VERSO LO SVILUPPO SOSTENIBILE
Negli anni ’70 con “I limiti dello sviluppo” del Club di Roma si iniziò a
parlare del conflitto tendenziale tra crescita economica e demografica e
ambiente. Negli stessi anni aumenta la consapevolezza della dimensione
planetaria della questione ambientale che ha portato allo sviluppo delle
iniziative per la difesa dell’ambiente globale e locale, e alla nascita delle
associazioni ambientaliste e delle NGO (Non Governmental Organizations). Per
molto tempo la contrapposizione tra ambiente e sviluppo è sembrata non avere
possibili soluzioni. Ma negli anni ’80 cominciò a farsi strada un’idea,
quella dello “sviluppo sostenibile”, che individua una sintesi possibile del
conflitto ambientale.
Nel 1987 il concetto di “sviluppo sostenibile” trovò una adeguata espressione
e diffusione con il “rapporto Brundtland”, della Commissione Mondiale per
l’Ambiente e lo Sviluppo, che lo definì come lo sviluppo “capace di
soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle
future generazioni di soddisfare i loro propri bisogni”.
Questa non è l’unica definizione accreditata, ma è stato il punto di partenza
di un intenso percorso che ha portato a un fiorire di studi, promossi
soprattutto dalle associazioni ambientaliste e dagli ambienti della ricerca,
volti a dimostrare che gli attuali problemi ambientali sono la conseguenza di
un uso eccessivo e inappropriato delle risorse naturali. Vi è stata anche una
presa di coscienza a livello politico che si è tradotta in una serie di
accordi presi a livello internazionale.
COSA SI FA A LIVELLO MONDIALE E NAZIONALE
LA CONVENZIONE QUADRO, IL PROTOCOLLO DI KYOTO,
LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Nel giugno 1992 a Rio de Janeiro, nel corso della Conferenza Mondiale
sull’Ambiente e lo Sviluppo, i paesi aderenti alle Nazioni Unite hanno
sottoscritto diversi documenti relativi ad impegni finalizzati allo “Sviluppo
Sostenibile” e tra questi la “Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui
Cambiamenti Climatici”. Firmando questa convenzione gli stati si sono
impegnati ad adottare programmi e misure finalizzate alla prevenzione,
controllo e mitigazione degli effetti delle attività umane sul
pianeta.
In particolare, l’obiettivo della Convenzione è quello di (art. 2)
“stabilizzare le concentrazioni nell’atmosfera dei gas ad effetto serra ad un
livello tale da impedire pericolose interferenze di origine umana con il
sistema climatico”.
Nella Convenzione Quadro è stato istituito un organo definito “Conferenza
delle Parti (COP)”, al quale viene demandato il compito fondamentale di dare
attuazione agli impegni generali contenuti nella Convenzione stessa.
Nel dicembre 1997, a Kyoto, è stato concordato un Protocollo attuativo della
Convenzione che impegna i Paesi industrializzati e quelli in economia di
transizione (i Paesi dell’est europeo), responsabili di oltre il 70% delle
emissioni mondiali di gas serra, a ridurre complessivamente, del 5,2%
rispetto ai livelli del 1990, le emissioni entro il 2012.
La riduzione complessiva 5,2% viene ripartita in maniera diversa: per i Paesi
dell’Unione Europea nel loro insieme, la riduzione deve essere dell’8%, per
gli Stati Uniti dell’7% e per il Giappone del 6%. Nessuna riduzione, ma la
stabilizzazione è prevista per la Russia, la Nuova Zelanda e
l’Ucraina.
Il Protocollo consente invece di aumentare le loro emissioni fino all’1% alla
Norvegia, all’Austria fino all’8% e all’Islanda fino al 10%.
Non sono previste limitazioni alle emissioni di gas ad effetto serra per i
Paesi in via di sviluppo, perché tale limite rallenterebbe o comunque
condizionerebbe il loro sviluppo. Le limitazioni alle emissioni, infatti, si
ripercuoterebbero sulla produzione e sui consumi di energia,
sull’agricoltura, sull’industria comportando costi aggiuntivi che i Paesi in
via di sviluppo non sono in grado di sostenere.
Il Protocollo indica inoltre le politiche e le misure che dovranno essere
adottate per la riduzione delle emissioni:
• Promozione dell’efficienza energetica;
• Sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e delle tecnologie innovative
per la riduzione dell’anidride carbonica;
• Protezione ed estensione delle foreste per incrementare la capacità del
pianeta di assorbire le emissioni;
• Promozione dell’agricoltura sostenibile;
• Limitazione e riduzione della produzione di metano nelle discariche di
rifiuti e in altri settori energetici;
• Misure fiscali appropriate per disincentivare le emissioni di gas
serra.
ZONE COSTIERE ITALIANE CON AREE DEPRESSE
Altri effetti del cambiamento climatico per l’Italia riguardano l’aumento di
temperatura e quindi il rischio di desertificazione per alcune zone del
paese, e la diminuzione, già in atto, dell’estensione dei ghiacciai
nazionali.
Il Protocollo di Kyoto prevede che le misure nazionali siano integrate da
strumenti di cooperazione tra paesi in modo da ottenere il massimo risultato
di riduzione con il minimo costo.
Gli strumenti di cooperazione tra paesi vengono chiamati “meccanismi
flessibili”:
• Joint implementation, per la realizzazione, tra paesi industrializzati, di
programmi comuni in qualsiasi settore dell’economia, finalizzati alla
riduzione delle emissioni mediante la diffusione e l’impiego di tecnologie
più efficienti, con accreditamento ad entrambe le parti dei risultati
ottenuti;
• Clean Development Mechanism, per la realizzazione di programmi finalizzati a
progetti di sviluppo sostenibile nei paesi in via di sviluppo, che prevedano
anche industrializzazione ad alta efficienza tecnologica e energetica,
attuati dai paesi industrializzati in cambio di quote certificate di
riduzione delle emissioni;
• Emission Trading, che permette ad ogni Paese, nell’esecuzione dei propri
obblighi, di trasferire i propri diritti di emissione o acquisire i diritti
di emissione di un altro Paese.
Non tutti questi meccanismi sono ancora operativi e le prossime “Conferenze
delle Parti” dovranno definire le linee-guida, i regolamenti, le modalità di
accesso e di utilizzazione necessari ad un corretto utilizzo di tali
strumenti. Il protocollo di Kyoto, nonostante siano trascorsi diversi anni
dalla sua stesura, non è ancora stato ratificato da tutti gli stati che lo
proposero, ma ha già prodotto rilevanti conseguenze economiche ed
organizzative in particolare nel settore energetico.
LE MISURE NAZIONALI DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI GAS SERRA
Con la delibera del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione
Economica) del 19/11/1998 l’Italia ha adottato le “Linee Guida per le
politiche e le misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”
che individuano gli obiettivi e le misure settoriali per la riduzione entro
il 2008-2012 e rispetto ai livelli del 1990, del 6% delle emissioni.
Le “Linee Guida” prevedono la realizzazione di sei azioni nazionali:
AZIONE 1: aumento dell’efficienza nelle centrali termoelettriche;
AZIONE 2: riduzione dei consumi energetici nel settore dei trasporti;
AZIONE 3: produzione di energia da fonti rinnovabili;
AZIONE 4: riduzione dei consumi energetici nei settori abitativo/terziario ed
industriale;
AZIONE 5: riduzione delle emissioni nei settori non energetici;
AZIONE 6: assorbimento delle emissioni di carbonio da parte delle
foreste.
Sono inoltre previsti programmi di riduzione delle emissioni da promuovere
nell’ambito dei meccanismi di “Joint Implementation” e “Clean Development
Mechanism”, che dovranno coprire circa il 25-30% dell’impegno di riduzione
nazionale previsto nel Protocollo di Kyoto.
Infine è stato approvato il Programma Nazionale di Ricerca sul clima con la
finalità di coordinare e sviluppare le iniziative di ricerca in collegamento
con gli organismi di ricerca internazionali.
LA RICERCA E LE NUOVE TECNOLOGIE
La protezione dell’ambiente globale richiede l’adozione di nuove tecnologie in
grado di ridurre le emissioni di gas serra, in particolare nella produzione
di energia.
È questo, infatti, il settore dal quale dipende oltre il 90% delle emissioni
di CO2. l’obiettivo è quello di ridurre il consumo di combustibili fossili o,
in alternativa, utilizzare fonti di energia pulite ovvero “emission
free”.
Purtroppo anche in Italia, come nella maggior parte degli altri Paesi
industrializzati, si è assistito ad una riduzione degli stanziamenti per la
ricerca energetica sia nel settore pubblico sia in quello privato.
In Italia le spese per la ricerca rappresentano l’1% del PIL, percentuale tra
le più basse dei Paese industrializzati: ogni cittadino italiano spende 200
dollari all’anno per le attività di ricerca contro i 500 dollari di un
tedesco e i 700 dollari di un americano. Ciò nonostante, grandi passi avanti
sono stati fatti e si può ragionevolmente contare che, in futuro, una
significativa quota di combustibili fossili potrà essere sostituita con lo
sfruttamento delle energie rinnovabili e con l’idrogeno.
COSA SI PUÒ FARE?
Ma quali sono le azioni che individualmente e collettivamente dobbiamo
intraprendere per arrivare, se non ad una riduzione delle emissioni di CO2,
almeno ad una stabilizzazione della concentrazione di questo gas in
atmosfera?
IN CASA
Le famiglie italiane sono responsabili annualmente, di più del 30% dei consumi
energetici totali.
Le famiglie producono quindi circa il 27% delle emissioni nazionali di gas
serra, di queste il 18% per usi negli edifici e il 9% per usi di
trasporto.
È quindi modificando il proprio stile di vita e utilizzando in modo corretto e
sostenibile le risorse energetiche e ambientali, senza sacrifici e senza
rinunciare ai confort, che si può contribuire al raggiungimento degli impegni
nazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra.
Il riscaldamento è dopo il traffico la maggior causa di inquinamento delle
città italiane. Ogni famiglia italiana spende ogni anno quasi un milione e
mezzo per riscaldarsi. Per contenere i consumi di energia negli impianti
molte sono le indicazioni da seguire, e tra queste:
• Mantenere la temperatura del termostato durante il giorno a 20°C e durante
la notte a 16°C;
• Isolare le tubazioni che dalla caldaia portano ai radiatori;
• Far pulire la canna fumaria ogni 4/5 anni;
• Far effettuare la manutenzione della caldaia una volta all’anno e
periodicamente far effettuare il controllo e l’analisi dei fumi di
scarico;
• Installare valvole termostatiche per regolare la temperatura dei singoli
radiatori.
Il consumo degli elettrodomestici in Italia assorbe, insieme con
l’illuminazione, il 23% dei consumi elettrici nazionali.
Per contenere i consumi di energia per l’illuminazione:
• Illuminare correttamente un ambiente e quindi non aumentare la potenza delle
lampadine ma scegliere il tipo di lampada giusta e la posizione più
opportuna;
• Utilizzare, dove possibile, le lampade a basso consumo energetico; le
lampade che si trovano in commercio sono essenzialmente di due tipi: a
incandescenza e a scarica elettrica in gas.
Le prime, le comuni lampadine, sia normali che alogene, sono molto economiche
al momento dell’acquisto, ma più costose per quello che riguarda i consumi.
Le lampade a scarica elettrica in gas, dette lampade ad alta efficienza,
hanno prezzi iniziali elevati ma consentono di ridurre fortemente i consumi
di energia elettrica di circa il 70% rispetto alle lampade ad
incandescenza.
Gli elettrodomestici ormai sono presenti nelle case degli italiani in grande
quantità: frigoriferi, televisori, videoregistratori, radio, ecc. sono
strumenti dei quali non siamo più in grado di fare a meno.
È però possibile utilizzarli in modo più efficiente in modo da ridurre i
consumi di energia e quindi anche l’emissione di gas serra.
• Preferire i modelli di più recente produzione, controllando, dove già
presente, “l’etichetta energetica”: l’adesivo colorato che si trova su alcuni
elettrodomestici e che permette di conoscere le caratteristiche e i consumi
di ciascun modello e di valutarne i costi di esercizio.
Sull’etichetta sono riportate le classi di efficienza energetica e si
evidenzia a quale classe appartiene l’elettrodomestico in esame. Sono infatti
presenti una serie di frecce di diverso colore e di lunghezza crescente, ad
ogni freccia è associata una lettera dell’alfabeto dalla A alla G. La
lunghezza delle frecce è legata ai consumi: a parità di prestazioni, gli
apparecchi con consumi più bassi hanno la freccia più corta, quelli con
consumi più alti hanno la freccia più lunga.
NEI TRASPORTI
l’attuale sistema di mobilità, basato sulla gomma e sul trasporto individuale
di persone e merci, è responsabile di circa il 23% delle emissioni nazionali
di gas serra.
Per ridurre i consumi energetici e l’impatto inquinante del settore trasporti
si può intervenire in diversi modi:
• Aumentando l’efficienza dei veicoli;
• Sviluppando i trasporti intermodali in cui i vari sistemi di trasporto si
integrano l’uno con l’altro in modo fluido per fornire servizi porta a
porta;
• Incentivando il trasporto pubblico, rendendo la rete dei trasporti pubblici
competitiva rispetto all’utilizzo del mezzo privato;
• Promuovendo l’uso multiplo delle auto con il pagamento di una quota
proporzionale al tempo d’uso e ai chilometri percorsi (taxi collettivi, car
sharing, car pooling).
l’INDUSTRIA
Dai processi industriali deriva il 19% delle emissioni di CO2. l’industria nel
suo complesso ha già ridotto in maniera significativa le emissioni, sia di
origine energetica che di processo.
tuttavia c’è ancora molto spazio per una riduzione dei consumi di energia:
• Modificare o sostituire gli impianti più energivori, ad esempio con la
cogenerazione e con il recupero di calore;
• Riciclare i rifiuti;
• Ottimizzare i processi mediante un maggior ricorso al monitoraggio, al
controllo, alla lavorazione in linea e a una maggiore diffusione di
tecnologie avanzate, come le pompe di calore, i motori ad alto
rendimento.
COSA PROPONGONO LE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE
Negli ultimi anni diverse sono state le ricerche e gli studi intorno alla tesi
che l’umanità sta usando le risorse del pianeta al di sopra delle sue
capacità di carico. E attraverso la definizione di concetti quali lo Spazio
Ambientale e l’Impronta Ecologica cercano anche di stabilire qual è il
livello di consumo di beni che può essere considerato sostenibile per un
ecosistema.
La capacità di carico, “Carring Capacity”, è un concetto sviluppato per
valutare qual è la massima popolazione che può sopportare un determinato
ambiente o ecosistema senza che venga compromesso. Si esprime come numero di
individui per unità di superficie.
La Carring capacity dell’ecosistema globale stabilisce i limiti allo sviluppo.
Ci dice che se vogliamo vivere in modo sostenibile dobbiamo essere sicuri che
il nostro utilizzo di prodotti e processi della natura non sia più rapido del
tempo che è loro necessario per rinnovarsi, e che il carico inquinante non
deve essere superiore alla capacità di assorbimento e di adattamento del
sistema.
Lo Spazio Ambientale è definito come il quantitativo di risorse, energia,
acqua, territorio, materie prime non rinnovabili e legname che può essere
consumato da ogni persona rispettando l’ambiente e i diritti degli altri
esseri umani.
Questa metodologia introduce il “principio di equità”, secondo cui ogni
abitante della Terra ha diritto di accesso ad uno stesso quantitativo di
spazio ambientale, o quota di risorse. Questo significa che l’uso di risorse
fatto dai paesi più industrializzati deve ridursi drasticamente per
consentire una crescita equa ai paesi in via di sviluppo senza ulteriormente
superare la capacità del pianeta di rigenerarsi e di assorbire
l’inquinamento. La teoria dello spazio ambientale viene anche utilizzata per
valutare la sostenibilità delle politiche nel campo ambientale ed
energetico.
Il concetto di Impronta Ecologica consente di misurare la superficie del
territorio necessaria a supportare a lungo termine i consumi di un individuo,
di un gruppo o di un determinato sistema socio-economico, come una città, una
regione, uno stato o un continente.
I calcoli dimostrano che l’attuale consumo di prodotti agricoli, fibra di
legno e combustibili fossili comporta una impronta ecologica che eccede la
quantità di terra ecologicamente produttiva di quasi il 30%. In altre parole,
avremmo bisogno di un pianeta Terra del 30% più grande (o ecologicamente
produttivo) per sopportare gli attuali consumi senza impoverire gli
ecosistemi.
Per un italiano medio l’Impronta ecologica è di 3,11 ettari, di cui 2,21
ettari di sistemi ecologici terrestri, e 0,9 ettari di sistemi produttivi
marini. I 2,21 ettari sono una superficie produttiva oltre cinque volte
quella disponibile entro il territorio nazionale, che ammonta a 0,44 ettari
pro capite. Questo è un modo di dire che l’Italia dipende largamente dalle
risorse di altri paesi.
Altri studi hanno messo a punto i concetti di Zaino ecologico e di MIPS
(Intensità di Materiale per Unità di Servizio) per dare un’idea del
quantitativo di risorse impiegato per realizzare una unità di servizio. Per
far fronte agli eccessivi consumi di beni ed energia si sta riesaminando il
modello di sviluppo dei paesi avanzati in favore di una maggiore
Eco-Efficienza, di un maggior uso di tecnologie ambientalmente vantaggiose e
di tecnologie pulite. Viene anche promosso lo sviluppo di processi favorevoli
alla Dematerializzazione del ciclo produzione-consumo.
In ambienti della Unione Europea si studiano modelli di eco-efficienza con
l’obiettivo del Fattore 10 per migliorare l’uso di energia, territorio e
risorse per ogni unità di prodotto.
GLI IMPEGNI INTERNAZIONALI
La consapevolezza della necessità di dover affrontare i problemi dell’ambiente
unitamente, alla necessità di dover garantire un più equo sviluppo sociale ed
economico, si è tradotta in impegno politico anche a livello
internazionale.
I percorsi dello sviluppo sostenibile
1979 A Ginevra viene firmata la convenzione sull’inquinamento atmosferico
regionale o transfrontaliero, varata per affrontare i problemi legati
all’acidificazione, eutrofizzazione e smog fotochimico.
1987 Protocollo di Montreal. Ampliato nel 1996 impegna i paesi firmatari ad
eliminare gradualmente l’utilizzo e la produzione delle sostanze che riducono
lo strato di ozono stratosferico.
1989 Convenzione di Basilea per controllare internazionalmente i movimenti
transfrontalieri ed eliminare i rifiuti pericolosi per la salute umana e
l’ambiente.
1991 Inizia la campagna dell’ICLEI (Consiglio Internazionale per le Iniziative
Ambientali Locali) “Città per la protezione del clima”, che offre sovvenzioni
e assistenza tecnica alle città e ai paesi che aderiscono, per sostenere
programmi e politiche che migliorano l’efficienza energetica e che si
traducono in riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra.
1992 A Rio de Janeiro si è tenuta la Conferenza Mondiale sull’Ambiente e lo
Sviluppo. In quell’occasione è stata approvata la “Dichiarazione di Rio
sull’Ambiente e lo Sviluppo, l’Agenda 21 e sono state firmate le Convenzioni
sui Cambiamenti Climatici, sulla Biodiversità e gettate le premesse per
quella contro la Desertificazione.
1993 Entra in vigore la Convezione sulla Diversità Biologica che obbliga i
paesi a proteggere le specie animali e vegetali.
1995 Entra in vigore l’Accordo sugli Stock Ittici che regola la pesca in
mare.
1996 Entra in vigore la Convenzione per la Lotta alla Desertificazione.
1997 Alla conferenza di Kyoto i paesi firmatari della Convenzione di Rio sui
Cambiamenti Climatici definiscono un protocollo che stabilisce tempi ed
entità della riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2012 e individua
esplicitamente le politiche e le azioni operative che si dovranno
sviluppare.
1997 Viene istituito un Forum Intergovernativo sulle Foreste.
2001 Convenzione di Stoccolma per l’eliminazione degli inquinanti organici non
degradabili.
2001 Gotborg. Il consiglio d’Europa adotta una strategia coesiva per uno
sviluppo economicamente, socialmente ed ecologicamente sostenibile.
2002 New York. l’Unione Europea ratifica il Protocollo di Kyoto.
2002 Nairobi. l’Unione Europea ratifica il Protocollo sulla
Biosicurezza.
2002 Johannesburg. A 10 da Rio si è tenuto il Summit Mondiale sullo Sviluppo
Sostenibile.
Vengono messi in risalto i problemi sociali ed economici mentre scendono in
secondo piano quelli ambientali.
La tappa fondamentale è stata il “Vertice della Terra” tenutosi a Rio de
Janeiro nel 1992, dove il programma dello sviluppo sostenibile viene assunto,
anche a livello governativo, come percorso obbligato per la sopravvivenza del
pianeta.
La conferenza di Rio
Nel giugno del 1992 a Rio de Janeiro si è tenuta la Conferenza Mondiale
sull’Ambiente e lo Sviluppo a cui hanno partecipato i rappresentanti dei
governi dei paesi di tutto il mondo e delle Organizzazioni Non Governative
(ONG). A Rio si sono discussi i problemi ambientali del pianeta e i loro
legami con i problemi dello sviluppo sociale ed economico.
La Conferenza ha approvato la “Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo
Sviluppo”, con cui gli Stati si sono impegnati a tutelare l’ambiente e a
perseguire lo sviluppo sostenibile.
A Rio sono state firmate le Convenzioni sui Cambiamenti Climatici e sulla
Biodiversità, e gettate le premesse per quella contro la Desertificazione.
Firmando queste Convenzioni gli stati si sono impegnati ad adottare programmi
e misure finalizzate alla prevenzione, controllo e mitigazione degli effetti
delle attività umane sul pianeta.
Tra i documenti prodotti a Rio, particolare importanza ha l’“Agenda 21”, un
ampio e articolato programma di azioni per lo sviluppo sostenibile del
pianeta da qui al 21° secolo.
Le Agende 21 locali: il ruolo delle città
Una agenda 21 locale può essere descritta come uno sforzo comune, all’interno
di una città, per raggiungere il massimo del consenso tra tutti gli attori
sociali, riguardo la definizione e l’attuazione di un Piano di azione
ambientale che guardi al 21° secolo.
l’ambiente urbano è un territorio particolarmente critico per quanto riguarda
l’inquinamento legato al sistema energetico. Oltre i 2/3 della popolazione
umana vive nelle città ed è qui esposta a miscele di agenti fisici e chimici
dannosi alla salute.
Inoltre la città consuma spesso in modo inefficiente, grandi quantità di
materie prime, energia e acqua che preleva in territori esterni, a volte
anche molto lontani. E proprio perché è una consumatrice inefficiente, la
città produce emissioni e rifiuti che non è in grado di contenere o
riutilizzare, ma che esporta in aree esterne ai suoi confini.
Il ruolo della città è stato l’oggetto della Conferenza Internazionale sugli
Insediamenti Urbani, “Habitat II”, organizzata dalle Nazioni Unite a Istanbul
nel giugno 1996, a cui hanno partecipato 10.000 delegati dei governi,
affiancati da un forum di Organizzazioni Non Governative.
Dalla Conferenza di Istanbul è emerso che le città possono assumere un ruolo
chiave nella transizione verso uno sviluppo sostenibile, poiché sono il luogo
dove va ripensato in modo realistico e concreto un diverso rapporto fra
sviluppo e ambiente.
In particolare è stato sottolineato che bisogna partire dalle esigenze dei
cittadini e che bisogna favorire la loro partecipazione nelle scelte di
politica ambientale locale, per poter formulare le migliori strategie per
riqualificare da un punto di vista ambientale e sociale le aree urbane. In
quest’ottica le “Agende 21 locali” diventano l’occasione per lanciare
programmi di rinnovo edilizio nei centri e nelle periferie urbane, miranti a
risparmiare e riciclare risorse naturali, garantire l’accessibilità con mezzi
pubblici non inquinanti, migliorare la convivenza sociale e la qualità della
vita di tutti. Vedono così la luce programmi innovativi di gestione dei
rifiuti, utilizzo di energie rinnovabili, integrazione tra aree urbane e aree
naturali.
La conferenza di Kyoto
I Paesi firmatari della Convenzione di Rio sui Cambiamenti Climatici si sono
riuniti più volte. Un appuntamento importante è stata la Conferenza di Kyoto
nel dicembre 1997, in cui è stato definito un protocollo, che impegna i paesi
firmatari a ridurre complessivamente entro il 2012, del 5,2% rispetto ai
livelli del 1990, le principali emissioni di gas capaci di alterare il
naturale effetto serra del pianeta. Nessun tipo di limitazione di gas serra
viene previsto per i paesi in via di sviluppo, perché tale vincolo
rallenterebbe o condizionerebbe la loro crescita. Il protocollo ribadisce,
comunque, la necessità di trasferire tecnologie e di costruire capacità anche
in questi paesi. Inoltre impegna i paesi firmatari alla protezione ed
estensione delle foreste per favorire l’assorbimento delle emissioni di
anidride carbonica.
Autoveicoli, impianti di riscaldamento, centrali termoelettriche, inceneritori
e industrie, emettono nell’atmosfera elevate quantità di gas inquinanti. Si
generano così fenomeni come lo smog fotochimico e le piogge acide che
interessano le città e le zone industriali, e fenomeni che invece si
ripercuotono su tutto il pianeta come l’aumento dell’effetto serra e i
possibili cambiamenti climatici.
Per fronteggiare i possibili cambiamenti climatici dovuti all’aumento
dell’effetto serra, nel 1997, i paesi industrializzati responsabili di oltre
il 70% delle emissioni di gas serra, hanno definito un protocollo, il
protocollo di Kyoto, che stabilisce tempi ed entità della riduzione delle
emissioni di gas serra e individua esplicitamente le politiche e le azioni
operative che si dovranno sviluppare.
Percentuale di riduzione di gas serra entro il 2012 rispetto ai livelli del
1990
Mondo 5,2%
Unione Europea 8%
Stati Uniti 7%
Italia 6,5%
Giappone 6%
Russia 0%
Paesi in via di sviluppo nessuna limitazione
I gas di cui bisogna ridurre le emissioni
• l’anidride carbonica, prodotta dall’impiego dei combustibili fossili in
tutte le attività generiche industriali, oltreché nei trasporti;
• il protossido di azoto, gli idrofluorocarburi, i perfluorocarburi e
l’esafloruro di zolfo impiegati nelle industrie chimiche
manifatturiere;
• il metano, prodotto dalle discariche dei rifiuti, dagli allevamenti
zootecnici e dalle coltivazioni di riso.
Le politiche e le azioni operative che si dovranno sviluppare per ridurre le
emissioni sono:
• migliorare l’efficienza tecnologica e ridurre i consumi energetici nel
settore termoelettrico, nel settore dei trasporti e in quello abitativo e
industriale;
• promuovere azioni di riforestazione per incrementare le capacità del pianeta
di assorbimento dei gas serra;
• promuovere forme di gestione sostenibile di produzione agricola;
• incentivare la ricerca, lo sviluppo e l’uso di nuove fonti di energie
rinnovabili;
• limitare e ridurre le emissioni di metano dalle discariche di rifiuti e
dagli altri settori energetici;
• applicare misure fiscali appropriate per disincentivare le emissioni di gas
serra.
Uno degli strumenti individuati per realizzare questo obiettivo è l’uso più
esteso delle fonti rinnovabili di energia, in quanto sono in grado di
garantire un impatto ambientale più contenuto di quello prodotto dalle fonti
fossili.
Tra le fonti rinnovabili, l’impiego dell’energia eolica per la produzione di
energia elettrica è ormai una realtà consolidata, e rappresenta un caso di
successo tra le nuove fonti rinnovabili.
Ad oggi il protocollo di Kyoto non è ancora stato ratificato da tutti gli
stati che lo proposero nonostante le varie modifiche apportate per farlo
diventare uno strumento economicamente conveniente.
Infatti le misure nazionali sono state integrate da strumenti di cooperazione
tra paesi. I “meccanismi di flessibilità” dovrebbero agevolare la diffusione
di tecnologie ad alta efficienza nei paesi in via di sviluppo, consentendo ai
paesi industrializzati di acquisire crediti di emissione commerciabili o
iscrivibili nei propri registri di contabilità nazionale delle emissioni. Ad
oggi, Stati Uniti e Autralia hanno abbandonato i negoziati, mentre l’adesione
ancora incerta della Russia ne determinerebbe l’entrata in vigore. Comunque
il solo fatto di essere arrivati ad un testo di accordo ha prodotto rilevanti
conseguenze economiche e organizzative nel settore dell’energia. In
particolare l’Unione Europea e quindi anche l’Italia, ha da subito recepito
le indicazioni del protocollo.
2002 Johannesburg: a 10 anni da Rio
A 10 anni da Rio nel 2002 si è tenuto a Johannesburg il Summit Mondiale sullo
Sviluppo Sostenibile.
In tale occasione è emerso che nonostante i progressi riscontrabili. Un
bilancio degli ultimi 10 anni), l’effettivo grado di attuazione degli impegni
di Rio è insoddisfacente.
Gli obietivi dell’Agenda 21 non sono stati pienamente realizzati, le
condizioni dell’ambiente risultano peggiorate e non vi è stata l’auspicata
inversione di tendenza sui modelli di produzione e consumo.
A Johannesburg il tema centrale non è stato l’ambiente ma le problematiche
sociali ed economiche legate allo sviluppo, in particolare la riduzione della
povertà.
Il summit di Johannesburg si è concluso con l’adozione di tre importanti
documenti: la Dichiarazione sullo sviluppo sostenibile, una dichiarazione
politica con nuovi impegni per lo sviluppo sostenibile; un Piano di
implementazione dell’agenda 21; e una Lista di iniziative per azioni
specifiche.
Un bilancio degli ultimi 10 anni:
• più di 6000 città hanno creato la loro “Agenda 21 locale”;
• numerosi Paesi hanno preparato le agende 21 nazionali;
• numerose imprese hanno adottato i principi dello sviluppo Sostenibile
prendendo in considerazione fattori di ordine economico, sociale ed
ambientale;
• La Conferenza su Popolazione e Sviluppo (Cairo 1994), Il Vertice sullo
Sviluppo Sociale (Copenhagen 1995), la Conferenza Internazionale sulla Donna
(Pechino 1995), la Conferenza sugli Insediamenti Urbani, habitat II (Istanbul
1996), hanno consolidato l’impegno alla lotta per la diminuzione delle
povertà e per lo sviluppo sociale;
• La struttura Globale per l’Ambiente è diventata la principale fonte di
prestiti per i pae-
• Le Convenzioni sui Cambiamenti Climatici, sulla Biodiversità e sui rifiuti
nocivi, l’acsi in via di sviluppo e in transizione per sostenere progetti
globali sull’ambiente;
cordo sugli stock ittici, l’istituzione di un forum sulle foreste,
l’ampliamento del protocollo di Montreal per la protezione dello strato
dell’ozono stratosferico, mostrano l’impegno internazionale per la difesa
dell’ambiente.
GLI IMPEGNI DELl’ITALIA
l’Italia ha dato il via all’attuazione dell’Agenda 21 approvando il Piano
Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile con la delibera CIPE (Comitato
Interministeriale per la Programmazione Economica) del 28 dicembre 1993.
Questo ha comportato una evoluzione del quadro legislativo e normativo in
materia energetico-ambientale, anche perché l’Italia, in quanto membro
dell’Unione Europea, è vincolata a recepire le direttive comunitarie.
Il quadro legislativo energetico ambientale in Italia
• A livello europeo il “VI programma quadro di ricerca e sviluppo” fissa gli
obiettivi e le priorità che fanno parte della strategia comunitaria per lo
sviluppo sostenibile e per le politiche ambientali.
• La Commissione Mediterranea per lo Sviluppo Sostenibile istituita nel 1995
ha il mandato
• Il Programma stralcio di tutela ambientale, approvato con decreto del
Ministero dell’Ambiente il di avviare attività connesse alla promozione dello
sviluppo sostenibile nella regione.
28 maggio 1998, individua gli strumenti per promuovere lo sviluppo
sostenibile, far fronte ai cambiamenti climatici, riformare la gestione dei
rifiuti, risanare il territorio, le aree urbane e le acque, conservare e
valorizzare il patrimonio naturale e la biodiversità, il mare, le coste e le
isole minori.
• La delibera CIPE 2 del 19-11-1998 “Linee guida per le politiche e misure
nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra” definisce le politiche
e le misure nazionali per rispondere agli impegni assunti firmando il
protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni dei gas serra.
• Con la legge 344/97 il governo si impegna a sviluppare e adottare misure per
favorire la sostenibilità ambientale. La legge fornisce supporto tecnico e
organizzativo allo sviluppo di tecnologie pulite e alla sostenibilità urbana.
Definisce misure per il miglioramento della progettazione ambientale e per la
formazione di nuove figure di tecnici e operatori per l’ambiente.
Istituisce un marchio per la qualità ecologica per favorire le produzioni
sostenibili. Prevede inoltre il rafforzamento dell’informazione e
dell’educazione ambientale.
Risparmiare energia e proteggere l’ambiente
• Nel 2002 l’Italia ratifica come membro dell’Unione Europea il protocollo di
Kyoto.
Oltre a definire un quadro legislativo entro cui operare, il governo italiano
ha promosso diverse iniziative, come le politiche fiscali e tariffarie e gli
incentivi economico/finanziari, finalizzate a promuovere lo sviluppo
sostenibile e nuovi modelli di consumo presso istituzioni, operatori pubblici
e privati e i singoli cittadini.
Ne citiamo alcune a completamento di quelle riportate nella prima parte
dell’opuscolo. Per promuovere una “Città sostenibile” ricordiamo la legge 344
del 1997 che prevede l’istituzione, da parte del Ministero dell’Ambiente, di
premi e incentivi alle città che danno attuazione alle politiche ambientali
nella direzione della sostenibilità.
I “Contratti di quartiere”, con cui lo Stato, attraverso il Ministero dei
Lavori Pubblici, ha messo a disposizione dei comuni fondi per la
realizzazione di interventi di recupero urbano nelle aree periferiche
degradate.
I “Piani di riqualificazione urbana”, con cui il Ministero dei Lavori Pubblici
finanzierà un numero considerevole di Comuni per operare interventi di
riqualificazione urbana.
Ricordiamo anche i finanziamenti messi a disposizione con il V e VI Programma
quadro di Ricerca e sviluppo dell’Unione Europea, per progetti che hanno come
obiettivo lo sviluppo sostenibile.
Per disincentivare l’uso dei combustibili tradizionali l’Italia ha adottato,
tra i primi in Europa, la cosiddetta “Carbon Tax” (DPCM n. 11 del 15 gennaio
1999) che tassa i consumi dei prodotti derivanti dai combustibili fossili in
proporzione al loro contenuto di carbonio. Le entrate verranno impiegate
anche per progetti diretti al risparmio energetico.
Finalizzato invece ad informare l’utente, oltre l’etichetta energetica
di cui abbiamo già parlato, è il marchio “Ecolabel” (ecoetichetta): un
marchio europeo che indica un prodotto compatibile con l’ambiente. Ha per
simbolo una margherita con le stelle come petali e la “E” di Europa al
centro.
Inoltre, per far fronte alle cresciute esigenze di salvaguardia ambientale, il
governo ha individuato nuovi profili professionali, come:
• l’Energy manager, responsabile per l’uso razionale dell’energia nei settori
dell’industria, della pubblica amministrazione, dei trasporti e del
terziario;
• il Mobility Manager, responsabile della mobilità aziendale per ottimizzare
gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti in modo da ridurre l’uso dell’auto
privata, contribuendo così al miglioramento dei fenomeni di congestione del
traffico.
Perseguire un modello di sviluppo che sia sostenibile non è sicuramente una
cosa semplice. Ma certamente uno sforzo congiunto tra cittadini e istituzioni
potrà rendere meno difficile il cammino.
Climate change to make one billion refugees-agency
Reuters - 14/05/2007 01:01:06
By Jeremy Lovell
LONDON, May 14 (Reuters) - Global warming will create at least one billion refugees by 2050 as water shortages and crop failures force people to leave their homes, sparking local wars over access to resources, a leading aid agency said on Monday.
In its report "Human tide: The real migration crisis", Christian Aid said that as the developed world was responsible for most of the climate-changing pollution, it should bear the brunt of the cost of helping those worst hit by it -- the poor.
"We believe that forced migration is now the most urgent threat facing poor people in the developing world," said lead author John Davison.
Scientists predict that average temperatures will rise by between 1.8 and 3.0 degrees Celsius this century because of greenhouse gas emissions, mainly from burning fossil fuels, causing floods and famines and putting million of lives at risk.
The Intergovernmental Panel on Climate Change says that by 2080 up to 3.2 billion people -- one third of the planet's population -- will be short of water, up to 600 million will be short of food and up to 7 million will face coastal flooding.
"We estimate that, unless strong preventative action is taken, between now and 2050 climate change will push the number of displaced people globally to at least one billion," the Christian Aid report said.
Security experts fear that the tidal wave of forced migration will not only fuel existing conflicts but create new ones in some of the poorest and most deprived parts of the world, those least equipped to deal with them, it said.
"A world of many more Darfurs is the increasingly likely nightmare scenario," the report said, citing the conflict in the western Sudan where the United Nations says at least 200,000 people have been killed and 2 million forced out of their homes.
While many climate refugees would cross national borders -- becoming an international problem -- many millions more would be unable to leave their countries and would remain largely invisible to outsiders, it said.
"These internally displaced persons, or IDPs, have no rights under international law and no official voice," the report said. "Their living conditions are likely to be desperate and in many cases their lives will be in danger."
Christian Aid said Colombia was second only to Sudan in the number of IDPs. Many displaced Colombians had been forced to flee by civil war but their number was now being swelled by those evicted from land destined for huge palm oil plantations.
People in Myanmar are also being displaced to make way for palm oil plantations and dams, it said.
Palm oil is in increasing demand to make biofuel as a substitute for petrol in the battle against global warming.
In Mali, Christian Aid said that farmers were already having to leave their land to find work because erratic rains and falling crop yields were making their lives untenable.
Global warming: people to blame, but can be fixed
Reuters - 04/05/2007 10:57:08
By Alister Doyle, Environment Correspondent
OSLO, May 4 (Reuters) - Global warming is already happening and people are
very likely to blame. Impacts will range from disruptions to catastrophes,
but the problem can still be fixed without derailing the world
economy.
Those are likely to be the conclusions in a five-page U.N. summary in
November boiling down more than 3,000 pages of science in three authoritative
reports about global warming already issued this year, say experts
involved.
The last report, on costs, was issued in Bangkok on Friday.
"It's difficult to put it all into one crisp sentence," said Coleen Vogel of
the University of Witwatersrand in South Africa, one of 32 authors of the
synthesis report to be issued in Valencia, Spain.
"Almost nobody will have read all three volumes," said Bettina Menne of the
World Health Organisation, another author.
"So this is really where you put everything on the table," she said of a
summary meant to tie together knowledge about how burning fossil fuels
releases heat-trapping gases, feared impacts such as floods or droughts and
costs of action.
The five-page report, and a longer 30-page summary, is likely to be the most
read by government policy makers trying to work out ways to step up a fight
against climate change beyond 2012 when a first period of the U.N.'s Kyoto
Protocol runs out.
But deciding what stays and what gets cut out of the concise versions will be
tough.
"The synthesis is meant to be the most policy-relevant document," said Carola
Traverso Saibante, spokeswoman of the U.N.'s Intergovernmental Panel on
Climate Change (IPCC).
TRICKY
"Integrating the three reports with the aim of giving a
policy maker a good tool to act can be tricky," she said.
"Governments have asked for everything to be boiled down to a short summary of
the main conclusions," said Peter Stott, of the British Meteorological
Office's Hadley Centre and among
authors.
The IPCC report issued in Bangkok on Friday said sweeping cuts in greenhouse
gases are needed in the next 50 years to keep global warming in check. But it
said it need cost only a fraction of world output.
And it said governments have a wide range of technologies available for
braking global warming, ranging from solar energy to more controversial
nuclear power. The IPCC reports are the first update of science since
2001.
The first report, in February, said it was at least 90 percent probable, or
"very likely", that human activities are to blame for global warming, up from
at least 66 percent or "likely" in the 2001 report.
The February report also said warming was under way and that temperatures
were, at a best estimate, likely to rise by between 1.8 and 4.0 Celsius (3.2
and 7.2 Fahrenheit) this century.
A second report in April outlined impacts such as more hunger and water
shortages in Africa and Asia, heatwaves in the United States and a rise in
sea levels that could go on for centuries and drown coastal cities.
Menne, a doctor of medicine, said there would be many hard choices in a
five-page document. She noted that global warming could have damaging impacts
on health.
"For me a sentence like 'children, the aging, the socially deprived will be
most at risk' is important. But the same might not be interesting for people
looking at long-term trends in ecosystems, energy or economic perspectives,"
she said.
EU challenges world with climate change plan Reuters - 09/03/2007 16:39:09 (Adds lighting regulations, Blair)
By Ingrid Melander and Jeff Mason
BRUSSELS, March 9 (Reuters) - European Union leaders resolved on Friday to slash greenhouse gas emissions and switch to renewable fuels, challenging the world to follow its lead in fighting climate change.
German Chancellor Angela Merkel, who chaired a two-day summit, said the "ambitious and credible" decisions taken by the 27-nation bloc, including a binding target for renewable energy sources, put Europe in the vanguard of fighting global warming.
"We can avoid what could well be a human calamity," she told a news conference, underlining that the EU had opened a new area of cooperation unthinkable a couple of years ago.
European Commission President Jose Manuel Barroso said: "We can say to the rest of the world, Europe is taking the lead. You should join us fighting climate change."
The EU package set targets for slashing greenhouse gas emissions blamed for global warming, developing renewable energy sources, boosting energy efficiency and using biofuels.
In a move that will affect all of the bloc's 490 million citizens, the leaders called for energy-saving lighting to be required in homes, offices and streets by the end of the decade.
Barroso argues Europe can gain a "first mover" economic advantage by investing in green technology but businesses are concerned they could foot a huge bill and lose competitiveness to dirtier but cheaper foreign rivals.
While the deal laid down Europe-wide goals for cutting carbon dioxide (CO2) emissions and developing renewable sources, separate national targets will have to be set with the consent of member states, presaging years of wrangling between Brussels and governments.
Merkel scored a diplomatic victory by securing agreement to set a legally binding target for renewable fuels such as solar, wind and hydro-electric power -- the most contentious issue.
Leaders accepted the target of 20 percent of renewable sources in EU energy consumption by 2020 in return for flexibility on each country's contribution to the common goal.
"GROUNDBREAKING"
"These are a set of groundbreaking, bold, ambitious targets for the European Union," British Prime Minister Tony Blair said.
"They require an immense amount of work for Europe to secure this but … it gives Europe a very clear leadership position on this crucial issue facing the world," he told reporters.
By pledging to respect national energy mixes and potentials, the summit statement satisfied countries reliant on nuclear energy, such as France, or coal, such as Poland, and small countries with few energy resources, such as Cyprus and Malta.
The leaders committed themselves to a target of reducing EU greenhouse gas emissions by 20 percent by 2020 and offered to go to 30 percent if major nations such as the United States, Russia, China and India follow suit.
The statement also set a 10 percent target for biofuels in transport by 2020 to be implemented in a cost-efficient way.
But they did not endorse the executive European Commission's proposal to force big utility groups to sell or spin off their generation businesses and distribution grids in a process known as "ownership unbundling".
Instead they agreed on the need for "effective separation of supply and production activities from network operations" but made no reference to breaking up energy giants such as Germany's E.ON.
Renewables now account for less than 7 percent of the EU energy mix and the bloc is falling short of its existing targets both for renewable energy and cutting carbon dioxide emissions.
French President Jacques Chirac insisted at his last formal EU summit that the bloc recognise that nuclear power, which provides 70 percent of France's electricity, must also play a role in Europe's drive to cut greenhouse gas emissions.
But several EU states are fundamentally opposed to atomic power or, like Germany, in the process of phasing it out.
Poland won a commitment to "a spirit of solidarity amongst member states" -- code for western Europe helping former Soviet bloc states if Russia cuts off energy supplies.
Several other new ex-communist member states in central Europe were among the most reluctant to accept the renewables target, fearing huge costs from the green energy revolution.
As chair of the Group of Eight industrialised powers, Merkel wants the EU to set the environmental agenda. The summit outcome will form the basis of the EU's position in international talks to replace the U.N. Kyoto Protocol, which expires in 2012.
Environmentalists, often critical of EU efforts, hailed the agreement as a breakthrough.
EU to put climate change at heart of energy policy
Reuters - 10/01/2007 00:03:33
By Jeff Mason BRUSSELS, Jan 10 (Reuters) - The European Union will put
climate change at the heart of a broad new energy policy on Wednesday as it
moves to boost renewable fuels, cut consumption and curb its dependence on
foreign suppliers of oil and gas.
With oil imports hit by the latest energy dispute involving Russia, Brussels
will lay out a vision of a common energy policy for the 27-nation bloc with
proposals including scaling back the dominance of energy companies and
strengthening regulators.
"The world has changed and now it's high time for Europe to have an energy
policy to fight climate change, reduce the risk of our external dependency,
and increase the competitiveness of the European economy," said Ferran
Tarradellas Espuny, a spokesman for Energy Commissioner Andris Piebalgs.
This week's dispute between Russia and Belarus, which has hit oil exports to
several EU nations, highlighted the bloc's vulnerability to foreign producers
of fuel.
The fight against global warming takes top billing in the wide-ranging set of
reports which will be debated by EU governments after adoption by the
executive body on Wednesday.
The commissioners are expected to endorse a plan that calls on developed
nations around the world to cut emissions of greenhouse gases by 30 percent
by 2020 compared to 1990 levels.
At the same time, the Commission is set to propose the 27-nation EU set a
target to cut its own emissions by 20 percent in that time period, with the
possibility of increasing that goal if the international community agrees to
a broader cut.
The EU has repeatedly said the United States -- the world's biggest polluter
-- and other major economies will have to chip in to make the fight against
climate change successful.
Environmentalists criticised the Commission for setting an internal target
below the one it seeks for the world as a whole.
"We think that this is a political and scientific blunder," said Mahi
Sideridou, climate policy director at Greenpeace in Brussels, on Tuesday.
The Commission's proposals set a target for the use of biofuels and a
mandatory overall target for how much EU energy consumption should come from
renewable sources such as wind.
Officials said the commissioners would deal with the most contentious issues
on Wednesday.
The choice of language for recommending a split-up of major power companies
like Germany's E.ON (EOA.FRA) generation and distribution businesses was
among the ideas on which consensus had not yet been reached, an official said
late on Tuesday.
Given German and French opposition to the idea, the Commission is set to
recommend the option of utilities handing over management of grid businesses
while retaining ownership.
Brussels will also look at strengthening the role of regulators to promote the
development of a well-connected internal EU market for electricity and gas.
Britain welcomes tougher EU energy stance
Reuters - 10/01/2007 17:36:02
(Recasts with comments from energy companies, background)
By Daniel Fineren LONDON, Jan 10 (Reuters) - Britain welcomed European
Commission calls for more energy competition but said on Wednesday that tough
talk from Brussels must be backed by decisive action.
As part of a wide-ranging energy policy announced on Wednesday, the European
Union said producers should sell their distribution assets to improve
competition.
"The EC's tough proposals today are good news for Britain's energy consumers
who, for too long, have paid the price for a lack of real competition in
continental Europe," the chief executive of UK energy regulator Ofgem,
Alistair Buchanan, said.
"And they're bad news for the dominant energy giants who must relinquish their
stranglehold on their national energy markets and compete in the new European
energy market."
Britain, which prides itself in having one of the most competitive energy
markets in Europe, said talk had to be backed by firm action against
countries stalling on market opening.
"Now the Commission must move forward against the inevitable opposition and
prove that, when it comes to liberalisation, it will not back down," Buchanan
said in a statement.
"It's time for European governments to stand with the Commission and to
protect European energy customers and not the interests of national energy
champions… This will require the full ownership unbundling of all gas and
electricity transmission businesses across the EU," he said.
Britain opened its energy markets to competition in the 1990s. Since then, its
biggest energy supplier, Centrica (CNA.L), has seen its market share nibbled
away by some of Europe's largest energy companies.
Meanwhile, British calls for true market opening across mainland Europe have
been met with national resistance.
"The UK has long argued for Europe's energy markets to be opened up to the
sort of fair competition that we take for granted here in the UK," UK Trade
and Industry Secretary Alistair Darling said.
Centrica's CEO Sam Laidlaw reiterated calls for Brussels to effectively
enforce a competitive market through unbundling.
"The key lies in achieving a fully competitive market, he said. "A critical
element must be effective separation of Europe's gas and power networks from
the supply businesses who currently operate them, policed by tough
regulation."
France's EDF (EDF.PAR) and Germany's E.ON (EOA.FRA) and RWE.DE have already
rejected the Commission's proposals for network sell offs.
The Association of Electricity Producers, which represents most of Britain's
big generators, welcomed the EC energy blueprint but warned Brussels against
heavy regulation. "The Commission must be careful to find the right balance
between imposing new regulation and letting the market work," AEP's CEO David
Porter said.
BRITISH MODEL
Britain's National Grid now runs the country's power and gas networks but has
no role in power generation or gas production, a model that both Ofgem and UK
energy companies would like to see across the rest of Europe.
"We believe ownership unbundling in Europe is the best solution and provides
free and open access to the energy market," National Grid's transmission
director, Nick Winser, said.
"Ownership unbundling ensures there is absolutely no possibility of anyone
having vested interests and allows the market to operate in the most
effective and efficient way."
Scottish Power (SPW.L), which still owns part of the Scottish electricity
grid, said ownership of networks and generation is not a problem, so long as
those assets are managed by someone else. National Grid runs its transmission
lines.
"The key is control and access to markets, not ownership," a spokesman for the
company told Reuters.
Main points of new EU energy strategy
Reuters - 10/01/2007 15:34:35
BRUSSELS, Jan 10 (Reuters) - The European Commission launched an overhaul of
Europe's energy policy on Wednesday, ranging from plans to cut carbon
emissions to recommendations for breaking up energy giants.
Following are some of the main points of the strategy proposal which must now
be approved by European Union countries: To see a related story, please click
on (news)
GREENHOUSE GAS EMISSIONS
The Commission proposed a unilateral target of
cutting EU greenhouse gas emissions by at least 20 percent by 2020 from 1990
levels, rising to 30 percent if other developed nations join in under an
international agreement.
That compares with an existing target for an 8 percent cut from 1990 levels in
the 2008-2012 period which was adopted by the 15 members of the EU before its
2004 enlargement but which several countries are struggling to meet.
RENEWABLE ENERGY SOURCES
The plan puts forward a binding target of producing 20 percent of EU energy
needs -- including power generation and biofuels -- from renewable sources by
2020, up from about 7 percent now.
BIOFUELS
Biofuels, produced largely from crops and which produce few emissions, should
account for at least 10 percent of vehicle fuel in the EU by 2020.
ENERGY EFFICIENCY
Brussels reiterated a previous target of improving energy efficiency by 20
percent by 2020.
COMPETITION
The Commission stated its preference for requiring utilities that generate
power to sell off distribution assets as the most effective way to making the
sector more competitive and help drive down prices.
But, faced with opposition to that idea from France and Germany, it also
proposed a second option of allowing utilities to retain ownership of their
grids while turning over management to an independent system operator.
ENERGY DIPLOMACY
The EU should speak with one voice when negotiating with energy producers such
as Russia, Norway, Algeria in central Asia as competition for resources
intensifies.
NUCLEAR POWER
The plan says the choice of whether to use nuclear power should remain up to
individual governments but moves to cut nuclear output should be accompanied
by introduction of supplementary low-carbon energy sources.
The Commission also suggested creating an EU-wide high-level group of experts
to eventually propose European rules on standards and safety.
REGULATORY CONTROL
The Commission proposed a mechanism giving it the chance
to review some decisions of national regulators which affect the internal
market. It also suggested creating a body at EU-level to ensure cross-border
energy trading works in practice.
INTERCONNECTIONS
Among other measures, Brussels proposed four co-ordinators to advance the most
important projects:
- links between Germany, Poland and Lithuania
- links to off-shore wind power sites in Northern Europe
- electricity interconnections between France and Spain
- the Nabucco pipeline between the Caspian region and central Europe.
CARBON CAPTURE AND STORAGE
The Commission said it wanted to expand the use of
carbon capture and storage (CCS) technology to help curb emissions. Brussels
envisages the creation of 12 large-scale CCS demonstration plants by 2015. By
2020, all new coal-fired power plants should be fitted with CCS, the
Commission said.
((Reporting by William Schomberg and Stuart Penson; editing by
Anthony Barker. +44-7990-560-872))
Ansa 2007-01-06 09:58
CLIMA: L'UE LANCIA L'ALLARME, EUROPA A RISCHIO DISASTRO
ROMA - Il riscaldamento globale potrebbe costare all' Europa migliaia di vite
e miliardi di euro entro i prossimi 70 anni. E' impietoso lo studio sulla
situazione climatica e ambientale elaborato dalla Commissione europea e
pubblicato oggi dal Financial Times. Tanto impietoso da lasciare pochi
margini al dubbio, tra cifre e prospetti che delineano un quadro da film del
terrore. Se non saranno presi provvedimenti sulle emissioni dannose,
ammonisce Bruxelles, l'effetto serra e il relativo surriscaldamento del
pianeta andranno avanti a passi veloci. Le prime avvisaglie del clima
bizzarro, d'altra parte, sono sotto gli occhi di tutti. Le possibili
conseguenze per l'Europa, secondo il rapporto, investono un po' ogni settore
e andrebbero a colpire in particolare le aree meridionali del continente, con
l'Italia in prima fila. Mentre il Nord Europa avrebbe un clima più mite e la
possibilità di un' agricoltura più generosa, altrove si avrebbero siccità,
gran caldo, inondazioni e colture depresse. Sulla base dello studio
ambientale, elaborato anche con sistemi satellitari, il rapporto Ue evidenzia
due possibili scenari di riferimento. Il primo prevede un innalzamento della
temperatura di 2,2 gradi; il secondo, più tragico, prevede un innalzamento di
3 gradi. In entrambi i casi, entro un decennio, circa 11.000 persone in più
potrebbero morire ogni anno a causa del caldo, mentre l'innalzamento del
livello del mare causerebbe danni per un valore di miliardi di euro.
Successivamente, nel caso del primo scenario (+2,2 gradi), quasi 29.000
persone in più potrebbero morire ogni anno nel Sud Europa dal 2071. Il quadro
più grave riguarda proprio l' Italia che, insieme alla Spagna, potrebbe
essere destinata a soffrire maggiormente questa situazione catastrofica a
causa, si legge nel rapporto, di "siccità, riduzione della fertilità del
suolo, incendi e altri fattori dovuti al cambiamento di clima". Ma lo studio
non risparmia flora e fauna: "piante e animali tipici di certe aree
geografiche moriranno o si sposteranno verso altre zone". Il riscaldamento
porterà ovviamente anche all' innalzamento del livello del mare che, secondo
lo studio della Commissione europea, potrebbe crescere fino a un metro con
costi ingenti per far fronte al fenomeno. Già nel 2020, in caso di
innalzamento della temperatura di 2,2 gradi, la spesa per far fronte al
disastro delle coste potrebbe essere di 4,4 miliardi di euro; nel caso del
secondo scenario (+3 gradi) la spesa aumenterebbe a 5,9 miliardi e potrebbe
crescere a 42,5 miliardi nel 2080. Ma il riscaldamento globale non
risparmierà, secondo lo studio, neppure altri settori come la pesca. Dal
rapporto emerge infatti una tendenza alla migrazione degli stock di pesce
verso le aree più a Nord. E c'é poi il problema delle inondazioni, sempre più
intense un po' in tutta Europa. In proposito l' allarme riguarda soprattutto
i grandi bacini fluviali, come il Danubio che già negli ultimi anni ha fatto
sentire i suoi effetti interessando con gravi danni circa 240.000 persone. E
il turismo? Nota dolente ancora una volta per l'Italia e per gli altri Paesi
del Mediterraneo. Il rapporto Ue non fa mistero sulle conseguenze drammatiche
del cambiamento climatico. Sono circa 100 milioni le persone che ogni anno
trascorrono le vacanze nel Sud Europa, per un giro d'affari di circa 130
miliardi di euro. Se non si porrà fine all' effetto serra, ammonisce lo
studio, entro i prossimi 70 anni quel turismo mediterraneo non ci sarà più,
per il Sud sarà soltanto desertificazione e la nuova riviera europea si
sposterà inevitabilmente molto più a Nord.
l’acqua è la risorsa principale del nostro mondo.
Fonte di vita…. l’acqua costituisce circa il % della massa della
Terra, 1l 70% dell corpo umano, tra il % e il % dei cibi….
Circa il 60% dei consumi d’acqua italiani vengono impiegati in agricoltura, il
25% nell’industria e il 15% in campo civile.
l’uso nel settore civile è quantitativamente meno rilevante rispetto al
consumo globale di acqua, ma è qui che si consuma la maggior parte di acqua
potabile, che viene prodotta a partire dalle risorse di migliore qualità.
Purtroppo, la cattiva condizione della nostra rete idrica fa sì che quasi
un terzo dell’acqua immessa nei nostri acquedotti viene persa strada
facendo.
Dei 250 litri che ognuno di noi consuma al giorno per gli usi domestici, solo
una parte viene utilizzata per il consumo diretto, per cucinare o per
l’igiene personale, usi che richiedono la più alta qualità. Mentre la parte
prevalente viene impiegata per usi non privilegiati come per gli sciacquoni,
le macchine per lavare, il lavaggio dei pavimenti, l’irrigazione di pinate e
giardini, o persa per banale incuria.
l’acqua, prima di uscire dal rubinetto, deve essere pompata, depurata,
canalizzata e, per alcuni usi, anche riscaldata. Sprecare acqua significa
anche sprecare energia.
Le nostre abitudini quotidiane possono tradursi in sprechi o in notevoli
risparmi di una fonte preziosa come l’acqua e dell’energia che serve per
portarla nelle nostre case.
Esistono in commercio alcuni erogatori di acqua che riducono la portata del
flusso, e che permettono così di risparmiare sulle spese di acqua e di
energia. Questi dispositivi, miscelano l’acqua aumentandone la pressione e
arricchendola d’ossigeno. l’acqua esce così in quantità minore, ma con
maggior potenza lavante.
Nella tabella seguente vengono riportati i dati relativi al consumo medio di
aqua di una persona in un anno.
Tabella 01: I costi energetici dell’acqua
(consumi per persona e per anno)
Litri di Petrolio
Litri d’Acqua
Bagno
620
50,000
Doccia
320
25,000
Rubinetto Tradizionale
240
44,000
Rubinetto a Risparmio d’Acqua
150
23,400
Lavastoviglie Tradizionale
250
7,300
Lavastoviglie a Basso Consumo
160
3,650
Lavatrice Tradizionale
55
4,700
Lavatrice a Basso Consumo
40
2,600
Energia
Un’area interamente dedicata al mondo dell’energia con
consigli utili per comprendere meglio il contesto dei mercati energetici, le
opportunità offerte dalla liberalizzazione e quelle che si apriranno in
futuro. Le informazioni sull’andamento dei mercati e sugli scenari che si
stanno aprendo per le imprese, per i professionisti, per le famiglie e per
gli italiani in generale. Per essere aggiornati al meglio sulle proprie
forniture energetiche.
Oggi, oltre l’80% dell’energia utilizzata nel mondo viene prodotta bruciando
combustibili fossili, quali petrolio, carbone e metano. È ormai accertato che
proprio negli impianti in cui si utilizzano combustibili fossili si generano
quei gas inquinanti che, una volta immessi nell’atmosfera, danneggiano
l’ambiente.
Elettricità
l’energia elettrica viene prodotta e
consumata….
Le economie “mature” a cui si stanno aggiungendo anche quelle emergenti
spingono sempre più i consumi del petrolio, questo inevitabilmente porta
ad un aumento dei prezzi del combustibile e alle devastazioni
ambientali.
In questo contesto nasce più o meno spontaneamente la riflessione
sull’utilizzazione di fonti alternative.
Secondo il rapporto annuale “World Energy Book” dell’Agenzia
Internazionale dell’Energia (IEA), la domanda mondiale di energia nei
prossimi 30 anni aumenterà oltre il 50% rispetto ai livelli attuali,
prevalentemente per la crescita dei mercati emergenti.
I fattori strutturali che spingono in alto i prezzi sono la forte domanda di
petrolio di Cina e India. Le importazioni di petrolio greggio della Cina
hanno raggiunto un totale di 120 milioni di tonnellate nel 2004, un record
per il grande paese asiatico, con un incremento di ben il 34.8% rispetto al
2003, sale la domanda e quindi, inevitabilmente, aumentano i prezzi,
soprattutto per un bene che da sempre è stato una risorsa scarsa.
C’è dunque un’economia che ne richiede sempre di più. La Cina ha infatti ritmi
di crescita frenetici e ha necessità sia di energia che di materie prime, di
cui è estremamente povera. La domanda di petrolio della Cina è salita nel
2004 al 15% dell’intera richiesta globale.
Non troppo diverso è il caso degli Stati Uniti d’America che restano di gran
lunga i maggiori consumatori ed emettitori di gas nocivi del mondo.
IRAQ….
IRAN….
Arabia Saudita….
Russia….
Venezuela/Colombia….
Nigeria….
Investimenti che si erano fermati quando il prezzo del petrolio, dopo la
prima guerra del golfo, è sceso anche sotto i 20 $ al barile….
Il prezzo del petrolio ha raggiunto e supperato i 60 dollari al barile a
causa delle problematiche di cui abbiamo appena parlato. Svincolarsi dal
petrolio per rendersi indipendenti dalle oscillazioni del mercato è una
esigenza sempre più viva. Ogni volta che il prezzo del petrolio sale, ci si
chiede quali siano le soluzioni alternative all’oro nero. Periodicamente
quando il prezzo del barile ritorna a livelli “normali” la ricerca delle
alternative viene puntualmente abbandonata.
IL CONTRIBUTO DELLE DIVERSE FONTI ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA NEL
MONDO
Carbone 40%
Petrolio 10%
Gas naturale 15%
Nucleare 18%
Fonti rinnovabili 17%
Le fonti di Energia Non Rinnovabili
I combustibili fossili sono presenti in natura e si sono originati dalla
decomposizione di sostanze organiche avvenuta milioni di anni fa. Vengono
dette “Fonti Energetiche Non Rinnovabili” in quanto si trovano in
natura in quantità limitata e hanno bisogno di tempi estremamente lunghi,
intere ere geologiche, per riformarsi.
Oggi, petrolio, carbone e gas naturale soddisfano oltre l’80% del fabbisogno
energetico mondiale.
Considerando che la domanda globale di energia sta aumentando a un ritmo di
circa il 2% l’anno, si pone il problema di far fronte ad una loro eventuale
scarsità.
Le previsioni sulla consistenza delle riserve sulle quali potremo contare nel
futuro sono abbastanza varie. Comunque, un loro esaurimento fisico non è
imminente, si parla di una disponibilità per almeno alcuni decenni ancora,
sia perché negli ultimi vent’anni le riserve accertate sono gradualmente
aumentate grazie al ritrovamento di nuovi giacimenti, e sia perché nuove
tecnologie hanno permesso di sfruttare maggiormente i giacimenti
esistenti o di raggiungere quelli che prima non lo erano.
I conflitti locali e internazionali che coinvolgono i paesi produttori rendono
incerta la disponibilità di greggio e la stabilità del prezzo (nel 2002 è
aumentato del 50% rispetto del 2001 raggiungendo il valore di 30 dollari al
barile, nel 2006 ha raggiunto un picco superiore ai 70 dollari al barile per
poi attestarsi, attualmente a circa 60 dollari). Per questo i paesi
acquirenti più lungimiranti si stanno da tempo orientando verso una politica
di diversificazione delle zone di approvvigionamento e di diversificazione
delle fonti energetiche.
CARBONE
Il carbone è ritornato prepotentemente sulla scena in questo contesto.
Negli Stati Uniti il coke già oggi fornisce il 50% dell’energia. Le
dinamiche del carbone sono diverse da quelle dal petrolio. Sul petrolio pesa
la sua relativa scarsità, al contrario, di carbone ce n’è troppo, a tal punto
che molti paesi hanno chiuso miniere per renderlo più remunerativo. Sempre
negli Stati Uniti è concentrato oltre il 25% della riserva. In Italia il
carbone è stato estratto in Sardegna fino agli anni novanta, anno in cui è
stato dismesso perché non considerato remunerativo. La grande incognita resta
l’inquinamento. Da un lato però le nuove tecnologie hanno ampliato il
contenimento delle emissioni. Se le centrali a carbone vengono realizzate
con queste tecnologie le emissioni di … vengono ridotte a percentuali
accettabili dell’ordine dei ….
Le Fonti Rinnovabili
Si definiscono fonti
“rinnovabili” di energia quelle fonti che, a differenza dei
combustibili fossili e nucleari, destinati ad esaurirsi in un tempo finito,
possono essere considerate virtualmente inesauribili e che hanno un impatto
sull’ambiente trascurabile.
Sono fonti rinnovabili di energia l’energia solare e quelle che da essa
derivano: l’energia idraulica, del vento, delle biomasse, delle onde e delle
correnti, ma anche l’energia geotermica, l’energia dissipata sulle coste
dalle maree e i rifiuti industriali e urbani.
Con opportune tecnologie le fonti rinnovabili di energia possono essere
convertite in energia secondaria utile che può essere termica, elettrica,
meccanica e chimica.
Le fonti rinnovabili di energia sono uno degli strumenti individuati a livello
internazionale sia per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni
di gas serra previsto dal Protocollo di Kyoto che per ridurre la dipendenza
economica dai paesi produttori di petrolio.
Per promuoverne la diffusione, l’Unione Europea ha fissato l’obiettivo, da
raggiungere entro il 2010, di una produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili pari al 22% del consumo totale.
l’Italia, come Stato membro, ha adottato le direttive europee e a partire
dagli anni &lsquo,90 promuove sistemi di incentivazione economica.
l’impennata dei prezzi del barile spinge a cercare altri modi per produrre
elettricità e alimentare le auto. Dal pannello solare alle biomasse legnose,
dai biocarburanti al fotovoltaico, al biogas, dall’idrogeno al geotermico,
tutto questo può rappresentare una soluzione per uscire dalla morsa del
petrolio.Ci sono risorse come l’acqua, il sole, il vento, e i rifiuti che, a
differenza del petrolio, sono considerabili come inesauribili.
LE CARATTERISTICHE
Le fonti rinnovabili di energia possiedono due caratteristiche fondamentali
che rendono auspicabile un loro maggior impiego.
La prima consiste nel fatto che esse rinnovano la loro disponibilità in tempi estremamente brevi:
si va dalla disponibilità continua nel caso dell’uso dell’energia solare, ad alcuni anni nel caso
delle biomasse.
l’altra è che, a differenza dei combustibili fossili, il loro utilizzo produce un inquinamento ambientale
del tutto trascurabile.
Esistono comunque alcuni limiti che ne ostacolano il pieno impiego.
Le fonti rinnovabili, e tra esse soprattutto l’eolico e il solare, forniscono energia in modo intermittente.
Questo significa che il loro utilizzo può contribuire a ridurre i consumi di combustibile
nelle centrali convenzionali, ma non può sostituirle completamente.
Inoltre, per produrre quantità significative di energia, spesso è necessario impegnare rilevanti
estensioni di territorio. Tuttavia va ricordato che ciò non provoca effetti irreversibili sull’ambiente
e che il ripristino delle aree utilizzate non ha costi eccessivi.
PERCHÉ LE FONTI RINNOVABILI
Il bisogno di trovare rapidamente fonti di energia alternative ai combustibili
fossili nasque in seguito alla crisi economica del 1973, quando i Paesi arabi
produttori di petrolio aumentarono improvvisamente il suo prezzo. Di
conseguenza aumentò il prezzo della benzina, dei combustibili per il
riscaldamento e dell’energia elettrica.
Contemporaneamente nel mondo della ricerca crebbe la consapevolezza della
esauribilità dei combustibili fossili.
Fu allora che per la prima volta si diffusero i termini di risorse “alternative” e “rinnovabili”;
alternative all’idea che l’energia potesse prodursi solo facendo bruciare qualcosa, e rinnovabi-
Oggi, l’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia è ormai una realtà consolidata e il loro impiego
per la produzione di energia è in continuo aumento.
Questo è reso possibile non solo dal continuo sviluppo tecnologico, ma soprattutto perché gli
Stati hanno attribuito a tali fonti un ruolo sempre più strategico nelle scelte di politica energetica,
sia nel tentativo di ridurre la dipendenza economica e politica dai paesi fornitori di combustibili
fossili, sia per far fronte alla loro esauribilità e alle diverse emergenze ambientali.
Un ulteriore incentivo all’impiego delle fonti rinnovabili viene dalle ricadute occupazionali, soprattutto
a livello locale, legate alla produzione di energia con fonti disponibili sul territorio nazionale.
li nel senso che, almeno virtualmente, non si potessero mai esaurire.
IL CONTRIBUTO DELLE FONTI RINNOVABILI NEL MONDO
Nel 1996 le fonti rinnovabili hanno contribuito per circa il 17% al soddisfacimento del fabbisogno
di energia elettrica mondiale; nell’Unione Europea il dato scende a circa il 6%, mentre
in Italia se si includono i grandi impianti idroelettrici è di circa il 20%.
IL CONTRIBUTO DELLE FONTI RINNOVABILI IN ITALIA
Il fabbisogno energetico nazionale è di circa 173 Mtep/anno. Di questo, oltre l’80% viene soddisfatto
con fonti fossili importate.
Il contributo delle fonti rinnovabili, se si escludono i grandi impianti idroelettrici, è del 7,4%,
pari a circa 12,8 Mtep di cui: 9,5 Mtep sono prodotti dai piccoli impianti idroelettrici, 1 Mtep
da impianti geotermici e circa 2,15 Mtep dall’uso domestico delle biomasse per la produzione
di calore, mentre, rispetto al potenziale sfruttabile e allo stato dell’arte a livello internazionale,
è ancora trascurabile il ricorso alle altre fonti rinnovabili (solare, eolico, biocombustibili, rifiuti,
ecc.).
IL CONTRIBUTO DELLE FONTI RINNOVABILI IN ITALIA
Grande idroelettrico 21,6 Mtep
Piccolo idroelettrico 9,5 Mtep
Geotermia 1 Mtep
Biomasse 2,15 Mtep
20%=34,3 Mtep
LE POLITICHE A SOSTEGNO DELLO SVILUPPO E DIFFUSIONE DELLE FONTI
RINNOVABILI
Ricordiamo di seguito le iniziative e i provvedimenti presi negli ultimi anni, sia a livello nazionale
che internazionale, che mirano a incentivare lo sviluppo e la diffusione delle fonti rinnovabili:
• Il Libro Bianco “Una Politica Energetica per l’Unione Europea” (gennaio 1996), che identifica
come obiettivi chiave del settore energetico la competitività, la sicurezza dell’approvvigionamento
e la protezione dell’ambiente, e che indica come un importante fattore per conseguire
tali scopi la promozione delle fonti rinnovabili di energia.
• La delibera CIPE3 (3 dicembre 1997), con cui l’Italia ha ratificato gli impegni di Kyoto assegnando un significativo ruolo alle fonti rinnovabili per ridurre le emissioni di gas serra, e
impegnandosi a raddoppiare, entro il 2010, il contributo delle fonti rinnovabili di energia per
il soddisfacimento dei fabbisogni energetici nazionali.
LE FONTI DI ENERGIA RINNOVABILI
Le fonti “rinnovabili” di energia sono quelle fonti che, a differenza dei combustibili fossili e
nucleari destinati ad esaurirsi in un tempo definito, possono considerarsi inesauribili. Le fonti
rinnovabili possiedono due caratteristiche fondamentali, che rendono auspicabile un loro maggior
impiego: la prima consiste nel fatto che esse rinnovano la loro disponibilità in tempi brevi;
l’altra è che, a differenza dei combustibili fossili, il loro utilizzo produce un inquinamento
ambientale del tutto trascurabile.
Esistono comunque alcuni limiti che ne ostacolano il pieno impiego.
Le fonti rinnovabili forniscono energia in modo intermittente. Questo significa che il loro utilizzo
può contribuire a ridurre i consumi di combustibile nelle centrali convenzionali, ma non
può sostituirle completamente. Inoltre, per produrre quantità significative di energia, spesso è
necessario impegnare rilevanti estensioni di territorio.
Sono fonti rinnovabili di energia:
• Energia solare fotovoltaica: produzione di energia elettrica direttamente dalla radiazione solare
attraverso l’utilizzo di materiali “semiconduttori”;
• Energia solare termica: produzione di acqua o aria calda attraverso sistemi che utilizzano
il calore del sole, può essere utilizzata in piccoli impianti per usi domestici, oppure concentrata
attraverso specchi in grandi centrali per produrre elettricità
• Energia eolica: conversione dell’energia del vento in energia meccanica attraverso l’utilizzo
di aerogeneratori;
• Energia da biomasse: energia derivante da processi di combustione di materiale organico;
ad esempio biocarburanti derivati da prodotti agricoli (colza, mais, ecc.) che consentono un
abbattimento significativo delle emissioni inquinanti e di anidride carbonica;
• Energia geotermica: energia proveniente dalla struttura terrestre, sfruttata per la produzione
di energia elettrica;
• Energia dal mare: produzione di energia mediante lo sfruttamento del moto ondoso, delle
maree, delle correnti e dei gradienti termici;
• Energia idroelettrica: l’energia cinetica dell’acqua viene trasformata in energia meccanica
da una turbina idraulica accoppiata ad un generatore elettrico.
Idrogeno
l’idrogeno non può essere considerato una fonte primaria di energia in quanto non esistono
giacimenti di idrogeno, ma è un “vettore energetico”, ovvero è un buon sistema per accumulare
o trasportare energia.
l’idrogeno è un vettore ideale per un sistema energetico “sostenibile”, in quanto:
• Può essere prodotto da una pluralità di fonti, sia fossili che rinnovabili, tra loro intercambiabili
e disponibili su larga scala per le generazioni future;
• Può essere impiegato per applicazioni diversificate, dal trasporto alla generazione di energia elettrica,
con un impatto ambientale nullo o estremamente ridotto sia a livello locale che globale.
UN FUTURO A IDROGENO, SENZA CO2
Accanto ai vantaggi, l’introduzione dell’idrogeno presenta ancora numerosi problemi connessi
allo sviluppo delle tecnologie necessarie per rendere il suo impiego economico ed affidabile.
Lo sviluppo di tali tecnologie è oggi al centro dei programmi di ricerca di numerosi paesi.
Uno dei problemi più critici è sicuramente quello della produzione; in prospettiva l’idrogeno
si potrà ottenere dall’acqua a emissioni zero utilizzando le energie rinnovabili; oggi la soluzione
più vicina è rappresentata dai combustibili fossili (estrazione dell’idrogeno a partire da carbone,
petrolio e gas naturale tramite il “reforming”) ma il problema da risolvere, in questo caso,
è quello della separazione e del sequestro della CO2 prodotta insieme all’idrogeno.
Nei motori a combustione interna. l’idrogeno è un eccellente combustibile e può essere bruciato
in un normale motore a combustione interna come accade in alcuni modelli di auto già
commercializzati. I rendimenti sono elevati e le emissioni si riducono a vapore acqueo e pochissimi
ossidi di azoto (NOx).
Nelle celle a combustibile che sono sistemi elettrochimici capaci di convertire l’energia chimica
di un combustibile direttamente in energia elettrica con un rendimento nettamente superiore
a quello degli impianti convenzionali e senza
emissioni di CO2. Le celle a combustibile sono
una soluzione già adottata da molte case automobilistiche per la costruzione di prototipi elettrici
alimentati ad idrogeno. Un’automobile a celle a
combustibile produce a bordo l’elettricità necessaria
al suo funzionamento, senza emissioni nocive.
Nelle centrali termoelettriche a idrogeno. I programmi
di ricerca e lo sviluppo della tecnologia consentiranno
di costruire impianti che utilizzeranno
l’idrogeno per la generazione centralizzata di energia
elettrica.
Questi impianti, abbinati ad un sistema di separazione
e confinamento della CO2, ad esempio in
giacimenti esauriti di petrolio o metano, permetteranno
la produzione di elettricità con un alto rendimento
e senza rilascio di anidride carbonica.
Ma come sarà il futuro a idrogeno?
l’idrogeno verrà prodotto da fonti rinnovabili oppure
dai combustibili fossili.
In questo secondo caso la CO2 prodotta verrà confinata
in giacimenti esausti o in acquiferi salini.
l’idrogeno verrà utilizzato come combustibile per
la generazione elettrica in celle a combustibile e
per alimentare i nostri mezzi di trasporto.
l’idrogeno può essere utilizzato:
l’acqua, adottata da più di un secolo, è la soluzione più semplice e
non richiede tecnologie che producono emissioni inquinanti. l’Italia è uno
dei leader nel settore idroelettrico, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2004
l’Italia ha prodotto 48,7 TWh di idroelettrico. (fonte GRTN)
La tecnologia del solare permette di soddisfare il fabbisogno
energetico a costo zero, anzi guadagnandoci. La tecnologia del solare termico
è disponibile sul mercato per poche migliaia di euro e permette di produrre
acqua calda con la forza del sole, risparmiando così sui costi del
gas.
Il solare fotovoltaico è destinato alla sola produzione di energia
elettrica. Una tecnologia costosa ma foriera di vantaggi. Con un investimento
di 20 mila euro si può arrivare ad una potenza di 3 KW, che è la taglia media
del contatore domestico, con la possibilità di rivendere l’eventuale energia
in eccesso a prezzi privilegiati. Che sia un buon affare lo dimostra anche
l’esperienza tedesca, dove si affittano anche i tetti dei capannoni per
piazzare i pannelli e darsi al commercio dell’elettricità prodotta.
Gli impianti fotovoltaici consentono di trasformare, direttamente e
istantaneamente, l’energia solare in energia elettrica senza l’uso di alcun
combustibile.
Producono elettricità là dove serve, non richiedono praticamente manutenzione,
non danneggiano l’ambiente e offrono il vantaggio di essere costruiti
“su misura”, secondo le reali necessità dell’utente.
Energia Fotovoltaica (FV) significa letteralmente “elettricità prodotta dalla
luce”; “foto” deriva dal greco “phos” che significa “luce”, e “Volt” dallo
scienziato italiano Alessandro Volta inventore della pila.
Il costo per la realizzazione di un impianto è ancora piuttosto elevato, ma
installare un impianto fotovoltaico diventa economicamente conveniente quando
intervengono forme di incentivazione finanziaria da parte dello Stato come è
avvenuto negli anni passati con il programma “Tetti fotovoltaici” e come sta
avvenendo adesso con il “Conto energia”.
La tecnologia fotovoltaica consente di trasformare, direttamente e
istantaneamente, l’energia solare in energia elettrica senza l’uso di alcun
combustibile.
Essa sfrutta il cosiddetto “effetto fotoelettrico”, cioè la capacità che hanno
alcuni semiconduttori opportunamente trattati, “drogati”, di generare
elettricità se esposti alla radiazione luminosa.
Conosciuto fin dalla prima metà del XIX secolo, l’effetto fotoelettrico ha
visto la sua prima applicazione commerciale nel 1954 quando, nei laboratori
della BELL, fu realizzata la prima cella fotovoltaica in silicio
monocristallino.
QUANTA ENERGIA CI ARRIVA DAL SOLE?
Una parte di questa energia, dopo aver attraversato l’atmosfera, arriva al
suolo con un’intensità di circa 1.000W/m2 (irraggiamento al suolo in
condizioni di giornata serena e Sole a mezzogiorno).
Questo enorme flusso di energia che arriva sulla Terra è pari a circa 15.000
volte l’attuale consumo energetico mondiale.
Di questa energia, però, solo una parte può essere utilizzata dagli impianti
fotovoltaici.
l’ENERGIA UTILE
La quantità di energia solare che arriva sulla superficie terrestre e che può
essere utilmente “raccolta” da un dispositivo fotovoltaico dipende
dall’irraggiamento del luogo.
l’irraggiamento è, infatti, la quantità di energia solare incidente su una
superficie unitaria in un determinato intervallo di tempo, tipicamente un
giorno (kWh/m2/giorno).
Il valore istantaneo della radiazione solare incidente sull’unità di
superficie viene invece denominato radianza (kW/m2).
l’irraggiamento è influenzato dalle condizioni climatiche locali (nuvolosità,
foschia ecc..) e dipende dalla latitudine del luogo, cresce cioè quanto più
ci si avvicina all’equatore.
In Italia, l’irraggiamento medio annuale varia dai 3,6kWh/m2/giorno della
pianura padana ai 4,7kWh/m2/giorno del centro Sud e ai 5,4kWh/m2/giorno della
Sicilia.
All’interno del sole, a temperature di alcuni milioni di gradi centigradi,
avvengono incessantemente reazioni termonucleari di fusione che liberano
enormi quantità di energia sottoforma di radiazioni elettromagnetiche.
Nel nostro paese, quindi, le regioni ideali per lo sviluppo del fotovoltaico
sono quelle meridionali e insulari anche se, per la capacità che hanno di
sfruttare anche la radiazione diffusa, gli impianti fotovoltaici possono
essere installati anche in zone meno soleggiate.
In località favorevoli è possibile raccogliere annualmente circa 2.000kWh da
ogni metro quadrato di superficie, il che è l’equivalente energetico di 1.5
barili di petrolio per metro quadrato.
IL GENERATORE FOTOVOLTAICO
Il componente elementare di un generatore fotovoltaico è la cella. È lì che
avviene la conversione della radiazione solare in corrente elettrica.
Essa è costituita da una sottile fetta di un materiale semiconduttore, quasi
sempre silicio opportunamente trattato, dello spessore di circa 0,3mm. Può
essere rotonda o quadrata e può avere una superficie compresa tra i 100 e i
225cm2.
Un impianto fotovoltaico è essenzialmente costituito da un “generatore”, da un
“sistema di condizionamento e controllo della potenza” e da un eventuale
“accumulatore” di energia, la batteria, e naturalmente dalla struttura di
sostegno.
La cella si comporta come una minuscola batteria e nelle condizioni di
soleggiamento tipiche dell’Italia (1kW/m2), alla temperatura di 25°C fornisce
una corrente di 3A, con una tensione di 0,5V e una potenza pari a
1,5-1,7Wp
In commercio troviamo i moduli fotovoltaici che sono costituiti da un insieme
di celle.
I più diffusi sono costituiti da 36 celle disposte su 4 file parallele
collegate in serie. Hanno superfici che variano da 0,5 a 1m2 e permettono
l’accoppiamento con gli accumulatori da 12Vcc nominali.
Più moduli collegati in serie formano un pannello, ovvero una struttura comune
ancorabile al suolo o ad un edificio.
Più stringhe, collegate generalmente in parallelo per fornire la potenza
richiesta, costituiscono il generatore fotovoltaico.
Dal punto di vista elettrico non ci sono praticamente limiti alla produzione
di potenza da sistemi fotovoltaici, perché il collegamento in parallelo di
più file di moduli, le “stringhe”, consente di ottenere potenze elettriche di
qualunque valore. Il trasferimento dell’energia dal sistema fotovoltaico
all’utenza avviene attraverso ulteriori dispositivi necessari a trasformare
la corrente continua prodotta in corrente alterna, adattandola alle esigenze
dell’utenza finale.
La cella
La cella fotovoltaica è il componente elementare del sistema ed è costituita
da una sottile “fetta” di un materiale semiconduttore, quasi sempre silicio,
(l’elemento più diffuso in natura dopo l’ossigeno) di spessore pari a circa
0,3mm. Può essere rotonda o quadrata e può avere una superficie compresa tra
i 100 e i 225cm2.
Il silicio che costituisce la fetta viene “drogato” mediante l’inserimento su
una “faccia” di atomi di boro (drogaggio p) e sull’altra faccia con piccole
quantità di fosforo (drogaggio n).
Nella zona di contatto tra i due strati a diverso drogaggio si determina un
campo elettrico; quando la cella è esposta alla luce, per effetto
fotovoltaico, si generano delle cariche elettriche e, se le due facce della
cella sono collegate ad un utilizzatore, si avrà un flusso di elettroni sotto
forma di corrente elettrica continua.
Attualmente il silicio, mono e policristallino, impiegato nella costruzione
delle celle è lo stesso utilizzato dall’industria elettronica, che richiede
materiali molto puri e quindi costosi.
Tra i due tipi il silicio policristallino è il meno costoso, ma ha rendimenti
leggermente inferiori del monocristallino.
Per ridurre il costo della cella sono in studio nuove tecnologie che
utilizzano il silicio amorfo e altri materiali policristallini, quali il
Seleniuro di Indio e Rame e il Tellurio di Cadmio.
Una cella fotovoltaica di dimensioni 10x10 cm si comporta come una minuscola
batteria, e nelle condizioni di soleggiamento tipiche dell’Italia (1kW/m2),
alla temperatura di 25°C fornisce una corrente di 3A, con una tensione di
0,5V e una potenza pari a 1,5-1,7Watt di picco. l’energia elettrica prodotta
sarà, ovviamente, proporzionale all’energia solare incidente, che come
sappiamo varia nel corso della giornata, al variare della stagioni, e al
variare delle condizioni atmosferiche, ecc.
SISTEMA DI CONDIZIONAMENTO E CONTROLLO DELLA POTENZA
È costituito da un inverter, che trasforma la corrente continua prodotta dai
moduli in corrente alternata; da un trasformatore e da un sistema di
rifasamento e filtraggio che garantisce la qualità della potenza in
uscita. Trasformatore e sistema di filtraggio sono normalmente inseriti
all’interno dell’inverter.
È chiaro che il generatore fotovoltaico funziona solo in presenza di luce
solare.
l’alternanza giorno/notte, il ciclo delle stagioni, le variazioni delle
condizioni meteorologiche fanno sì che la quantità di energia elettrica
prodotta da un sistema fotovoltaico non sia costante né al variare delle ore
del giorno, né ne al variare dei mesi dell’anno. Ciò significa che, nel caso
in cui si voglia dare la completa autonomia all’utenza, occorrerà o collegare
gli impianti alla rete elettrica di distribuzione nazionale o utilizzare dei
sistemi di accumulo dell’energia elettrica che la rendano disponibile nelle
ore di soleggiamento insufficiente.
LE APPLICAZIONI DEGLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI
Gli impianti fotovoltaici sono dunque sistemi che convertono l’energia solare
direttamente in energia elettrica.
Le potenze generate da questi dispositivi variano da pochi a diverse decine di
Watt, a seconda delle dimensioni e delle tecnologie adottate.
Secondo il tipo di applicazione a cui l’impianto è destinato, le condizioni di
installazione, le scelte impiantistiche, il grado di integrazione nella
struttura edilizia con cui si interfaccia, si distinguono varie tipologie di
impianto.
CASA ENERGETICAMENTE AUTOSUFFICIENTE PENSILINA FOTOVOLTAICA E LAMPIONE
ALIMENTATO CON ENERGIA FOTOVOLTAICA
In Italia sono stati realizzati alcuni impianti fotovoltaici di
elettrificazione rurale e montana soprattutto nel Sud, nelle isole e
sull’arco alpino.
Attualmente le applicazioni più diffuse servono ad alimentare:
• apparecchiature per il pompaggio dell’acqua, soprattutto in
agricoltura;
• ripetitori radio, stazioni di rilevamento e trasmissione dati (meteorologici
e sismici), apparecchi telefonici;
• apparecchi di refrigerazione, specie per il trasporto medicinali;
• sistemi di illuminazione.
Questi impianti risultano tecnicamente ed economicamente vantaggiosi nei casi
in cui la rete elettrica è assente o difficilmente raggiungibile. Infatti,
spesso sostituiscono i gruppi elettrogeni.
IMPIANTI ISOLATI (STAND-ALONE)
Sono impianti non collegati alla rete elettrica e sono costituiti dai moduli
fotovoltaici, dal regolatore di carica e da un sistema di batterie che
garantisce l’erogazione di corrente anche nelle ore di minore illuminazione o
di buio. La corrente generata dall’impianto fotovoltaico è una corrente
continua.
Se l’utenza è costituita da apparecchiature che prevedono una alimentazione in
corrente alternata è necessario anche un convertitore, l’inverter.
IMPIANTI COLLEGATI ALLA RETE (GRID-CONNECTED)
Sono impianti stabilmente collegati alla rete elettrica. Nelle ore in cui il
generatore fotovoltaico non è in grado di produrre l’energia necessaria a
coprire la domanda di elettricità, la rete fornisce l’energia
richiesta. Viceversa, se il sistema fotovoltaico produce energia elettrica in
più, il surplus può essere trasferito alla rete o accumulato. Un inverter
trasforma la corrente continua prodotta dal sistema fotovoltaico in corrente
alternata.
I sistemi connessi alla rete, ovviamente, non hanno bisogno di batterie perché
la rete di distribuzione sopperisce alla fornitura di energia elettrica nei
momenti di indisponibilità della radiazione solare.
Utenze
• impianti pubblicitari, ecc.
• segnaletica sulle strade, nei porti e negli aeroporti;
• alimentazione dei servizi nei camper.
Rete a bassa tensione
Anche se sono stati realizzati impianti centralizzati di produzione di energia
elettrica fotovoltaica di grande potenza (multimegawatt), come quello
dell’ENEA a Monte Aquilone (Foggia), attualmente si vanno sempre più
diffondendo, grazie anche agli incentivi pubblici, piccoli sistemi
distribuiti sul territorio con potenza non superiore a 20kWp. Gli impianti
più diffusi hanno potenze tra 1,5 e 3kWp. Questi impianti vengono installati
sui tetti o sulle facciate degli edifici, e contribuiscono a soddisfare la
domanda di energia elettrica degli utenti.
GLI IMPIANTI INTEGRATI NEGLI EDIFICI
Essi costituiscono una delle più promettenti applicazioni del fotovoltaico. Si
tratta di sistemi che vengono installati su costruzioni civili o industriali
per essere collegati alla rete elettrica di distribuzione in bassa
tensione.
La corrente continua generata istantaneamente dai moduli viene trasformata in
corrente alternata e immessa nella rete interna dell’edificio utilizzatore,
in parallelo alla rete di distribuzione pubblica.
In questo modo può essere, a seconda dei casi, consumata dall’utenza locale
oppure ceduta, per la quota eccedente al fabbisogno, alla rete stessa.
I moduli fotovoltaici possono essere utilizzati come elementi di rivestimento
degli edifici anche in sostituzione di componenti tradizionali.
A questo scopo l’industria fotovoltaica e quella del settore edile hanno messo
a punto moduli architettonici integrabili nella struttura dell’edificio che
trovano sempre maggiore applicazione nelle facciate e nelle coperture delle
costruzioni.
La possibilità di integrare i moduli fotovoltaici nelle architetture e di
trasformarli in componenti edili ha notevolmente ampliato gli orizzonti di
applicazione del fotovoltaico e quelli dell’architettura che sfrutta questa
forma di energia.
Un impiego di particolare interesse è rappresentato, infatti, dalle “facciate
fotovoltaiche”.
I moduli per facciata sono composti da due lastre di vetro fra le quali sono
interposte celle di silicio tenute insieme da fogli di resina. La dimensione
di questi moduli può variare da 50x50cm a 210x350cm.
Inoltre, dal momento che tanto più bassa è la temperatura dei moduli
fotovoltaici durante l’irraggiamento solare, maggiore è il loro rendimento
energetico, le facciate fotovoltaiche trovano la loro migliore applicazione
nelle zone “fredde” delle facciate (parapetti, corpi ascensore e altre
superfici opache) sempre che siano orientati verso Sud-Est o Sud-Ovest e non
si trovino in una zona ombreggiata.
l’impiego di tali moduli fotovoltaici può essere di grande utilità come
schermi frangisole o per ombreggiare ampie zone nel caso delle
coperture.
ENERGIA PRODOTTA DA UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO
La quantità di energia prodotta da un generatore fotovoltaico varia nel corso
dell’anno e dipende da una serie di fattori come la latitudine e l’altitudine
del sito, l’orientamento e l’inclinazione della superficie dei moduli, e le
caratteristiche di assorbimento e riflessività del territorio
circostante.
A titolo indicativo alle latitudini dell’Italia centro-meridionale un metro
quadrato di moduli può produrre in media 0,3-0,4kWh al giorno nel periodo
invernale, e 0,6-0,8kWh in quello estivo.
DOVE E COME POSIZIONARE UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO
Per ottenere la massima produzione di energia, in fase di progettazione di un
impianto, bisogna studiare l’irraggiamento e l’insolazione del sito. Questo
consente di decidere l’inclinazione e l’orientamento della superficie del
dispositivo captante.
Per la latitudine del nostro Paese, la posizione ottimale della superficie del
pannello risulta quella a copertura dell’edificio con esposizione a Sud e con
un angolo di inclinazione di circa 20-30° rispetto al piano orizzontale. Ma
anche la disposizione sul piano verticale del palazzo, cioè in facciata,
riesce a conseguire ottimi risultati. l’importante è, naturalmente,
posizionare il pannello in modo da evitare zone d’ombra.
La dimensione dell’impianto sarà funzione dell’energia richiesta. Questa
determinerà, la potenza da installare, il numero di moduli necessari, il
costo del sistema e il costo del kilowattora elettrico generato. Per
confrontare i costi tra l’energia prodotta tra la fonte solare e quella
tradizionale, bisognerebbe parlare di “valore” dell’energia piuttosto che di
costo: il kWh prodotto con la fonte fotovoltaica non ha la stessa qualità di
quello prodotto con le fonti convenzionali. La produzione di elettricità da
impianti termoelettrici tradizionali, infatti, è gravata da un costo nascosto
che viene pagato, spesso inconsapevolmente, dalla collettività. Bisogna
infatti tener conto dei danni sociali e ambientali che le forme tradizionali
di generazione energetica comportano, che sono difficilmente monetizzabili,
ma che meritano una più adeguata considerazione.
I costi di un impianto fotovoltaico sono anche fortemente dipendenti dal tipo
di applicazione e di installazione, e sono in continua evoluzione.
Ad esempio, il costo di realizzazione, chiavi in mano, di un impianto
fotovoltaico connesso alla rete può essere stimato nell’ordine dei
7.000€/kWp, dove il valore superiore si riferisce ad impianti di piccola
taglia e quello inferiore a quelli di taglia elevata.
IMPIANTO STAND-ALONE ITALIA CENTRALE COSTI E PRESTAZIONI
Un kWp fotovoltaico installato ha un costo di circa 10.000€, IVA
esclusa.
Un kWh di energia elettrica prodotto da un impianto di questo tipo, in una
località dell’Italia centrale, costa circa 0,6€, IVA esclusa.
Tale valore si abbassa sensibilmente se si considerano eventuali forme di
incentivazione
IMPIANTO GRID-CONNECTED ITALIA CENTRALE COSTI E PRESTAZIONI
Un kWp fotovoltaico installato ha un costo di circa 7.000€, IVA
esclusa.
Un kWh di energia elettrica prodotto da un impianto di questo tipo, in una
località dell’Italia centrale, costa circa 0,34€, IVA esclusa.
Tale valore si abbassa sensibilmente se si considerano eventuali forme di
incentivazione.
FACCIAMO UN ESEMPIO
Prendiamo in considerazione una famiglia di 4 persone che vive
nell’Italia centrale.
Il consumo elettrico medio annuo è di circa 2.500kWh. Per far fronte a tale
domanda di energia si può utilizzare un impianto fotovoltaico con moduli in
silicio policristallino che sono i più economici.
CHE DIMENSIONI DOVRÀ AVERE l’IMPIANTO?
Tenendo conto che, come si può notare dalla tabella precedente, un metro
quadrato di moduli in silicio policristallino installato in Italia centrale
produce 160kWh all’anno, bisognerà installare una superficie di 16 metri
quadrati di moduli.
Considerando che ogni modulo occupa 0,5m2, saranno dunque necessari 32
moduli.
Ai costi di mercato attuali, il costo di questo impianto può essere stimato in
circa 15.000€, IVA esclusa.
QUANTO COSTA IL CHILOWATTORA?
Per questo impianto il costo del chilowattora è di circa 0,34€, IVA
esclusa. Questo valore è calcolato tenendo conto del costo dell’investimento,
del costo di manutenzione annuo dell’impianto, del numero di chilowattora
prodotti in un anno e della durata dell’impianto, di solito considerata
superiore ai 30 anni.
Il costo di produzione dell’energia elettrica prodotta con un impianto
fotovoltaico è quindi ancora troppo elevato per competere con quello da fonti
fossili, che è di circa 0,18€ a kWh.
Però, installare un impianto fotovoltaico diventa economicamente conveniente
quando intervengono forme di incentivazione finanziaria da parte dello
Stato.
Per riassumere possiamo dire che l’energia fotovoltaica richiede un forte
impegno di capitale iniziale e basse spese di mantenimento: si può dire che
“è come se si comprasse in anticipo l’energia che verrà consumata nei
prossimi anni”.
Una volta il recuperato l’investimento, per il resto della vita utile
dell’impianto si dispone di energia praticamente a costo zero”. Quindi,
dotare la propria casa, azienda, ufficio od altro di un impianto di questo
genere, usufruendo dei contributi pubblici, può rivelarsi un buon
investimento.
I BENEFICI AMBIENTALI
l’energia elettrica prodotta con il fotovoltaico ha un costo nullo per
combustibile: per ogni kWh prodotto si risparmiano circa 250 grammi di olio
combustibile e si evita l’emissione di circa 700 grammi di CO2, nonché di
altri gas responsabili dell’effetto serra, con un sicuro vantaggio economico
e soprattutto ambientale per la collettività.
Si può valutare in 30 anni la vita utile di un impianto (ma molto
probabilmente essi dureranno molto di più); il che significa che un piccolo
impianto da 1,5kWp, in grado di coprire i due terzi del fabbisogno annuo di
energia elettrica di una famiglia media italiana (2.500kWh), produrrà,
nell’arco della sua vita efficace, quasi 60.000kWh, con un risparmio di circa
14 tonnellate di combustibili fossili, evitando l’emissione di circa 40
tonnellate di CO2.
ALCUNE RACCOMANDAZIONI
Realizzare un impianto fotovoltaico non è troppo complesso, ma è un lavoro che
va affidato a degli specialisti. È utile comunque conoscere alcune
prescrizioni e raccomandazioni a cui attenersi nelle fasi di progettazione e
poi di messa in opera.
Le strutture di supporto devono essere realizzate in modo da durare almeno
quanto l’impianto, cioè 25-30 anni, e devono essere montate in modo da
permettere un facile accesso ai moduli per la sostituzione e la pulizia, e
alle scatole di giunzione elettrica, per l’ispezione e la
manutenzione.
Esse devono, altresì, garantire la resistenza alla corrosione ed al
vento.
I generatori fotovoltaici collocati sui tetti e sulle coperture non devono
interferire con la impermeabilizzazione e la coibentazione delle superfici e
in alcuni casi possono richiedere la creazione di passerelle fisse o
mobili.
Fra i moduli è necessario interporre uno spazio vuoto, da un minimo di 5mm,
per i generatori posti parallelamente e a poca distanza da altre superfici
fisse, fino a 5cm, per i generatori sui quali la pressione del vento può
raggiungere valori elevati.
In caso di montaggio dei moduli su tetti o su facciate, è indispensabile che
fra i moduli e la superficie rimanga uno spazio (4-6cm) tale da assicurare
una buona circolazione d’aria e quindi un buon raffreddamento della
superficie del modulo.
I cavi elettrici e le scatole di derivazione e di interconnessione devono
essere di dimensione idonea, rispondenti alle norme elettriche e assicurare
il prescritto grado di isolamento, di protezione e di impermeabilizzazione
richiesto.
LA MANUTENZIONE
La manutenzione di un impianto fotovoltaico è riconducibile a quella di un
impianto elettrico.
Infatti i moduli, che rappresentano la parte attiva dell’impianto che converte
la radiazione solare in energia elettrica sono costituiti da materiali
praticamente inattaccabili dagli agenti atmosferici, come è dimostrato da
esperienze in campo ed in laboratorio.
È consigliabile effettuare con cadenza annuale una ispezione visiva, volta a
verificare l’integrità del vetro che incapsula le celle fotovoltaiche
costituenti il modulo.
Per la parte elettrica è necessario effettuare una verifica, con cadenza
annuale, dell’isolamento dell’impianto verso terra, della continuità
elettrica dei circuiti di stringa e del corretto funzionamento
dell’inverter.
GLI INCENTIVI STATALI
Già da qualche anno il governo italiano promuove la diffusione della
tecnologia fotovoltaica attraverso un sistema di incentivi finanziari.
Ricordiamo il Programma Tetti Fotovoltaici (2001-2003) che ha erogato
contributi in conto capitale per la costruzione di impianti fotovoltaici di
piccola potenza (da 1 a 50kWp) collegati alla rete elettrica.
Dal 19 settembre 2005 è in vigore il Conto Energia che prevede non più un
contributo per la costruzione dell’impianto fotovoltaico ma la remunerazione
dei kWh prodotti ad un prezzo superiore a quello di mercato per un periodo di
20 anni. Quindi, chi autoproduce energia con impianti fotovoltaici non solo
non dovrà più pagare le bollette all’azienda locale distributrice (salvo le
spese fisse pari a circa 30€ l’anno) ma incasserà addirittura, per ben 20
anni, un contributo proporzionale alla quantità di energia prodotta.
Il Conto Energia
Il Conto Energia recepisce la Direttiva Europea 2001/77/CE per le fonti
rinnovabili. La delibera fissa al 2010 l’obiettivo di una generazione
elettrica da fonti rinnovabili pari al 22% del consumo interno lordo.
Il Conto Energia è in vigore già da qualche anno in Germania, Spagna e Austria
dove ha portato ad un sviluppo del mercato fotovoltaico sopra ogni
aspettativa. Lo stesso si spera accadrà in Italia.
In Italia il Conto Energia è stato elaborato dal Ministero delle Attività
Produttive di concerto con il Ministero dell’Ambiente con il parere
favorevole della Conferenza Unificata.
È stato attivato con il DM del 28 luglio 2005 e con la delibera 188/05
dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas che ha nominato il Gestore del
Sistema Elettrico quale soggetto attuatore ed erogatore degli incentivi. Il
decreto è stato poi modificato e integrato con il DM del 6 febbraio 2006 e
con la delibera 40/06 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas.
PRODUZIONE DI ELETTRICITÀ DA FOTOVOLTAICO NEI PRINCIPALI STATI EUROPEI (APRILE
2005) (MW)
Germania 794.000
Paesi Bassi 47.740
Spagna 38.696
Italia 30.300
Lussemburgo 26.000
Francia 20.119
Austria 19.833
Regno unito 7.803
Portogallo 2.275
Totale 1,004.063
COSA È IL CONTO ENERGIA?
Il Conto Energia un particolare incentivo per l’installazione degli impianti
fotovoltaici grid connected (connessi alla rete) da 1kWp a 1MWp. Prevede la
remunerazione per 20 anni, da parte del Gestore della Rete di trasmissione
Nazionale (GRTN), dei kWh prodotti dall’impianto fotovoltaico ad un prezzo
superiore a quello di mercato.
Il meccanismo italiano del Conto Energia può essere considerato una sorta di
“sistema di incentivazione misto o ibrido”. Infatti, l’energia elettrica
prodotta dall’impianto fotovoltaico beneficerà della tariffa incentivante sia
se autoconsumata sia se immessa nella rete pubblica locale.
CHI PUÒ BENEFICIARE DELLA TARIFFA INCENTIVANTE?
Possono presentare domanda le persone fisiche e giuridiche quindi privati,
aziende, enti pubblici e condomini.
Le tariffe incentivanti saranno riconosciute fino a quando la potenza
cumulativa di tutti gli impianti che le ottengono raggiungerà la quota di
500MW, 360MW per gli impianti fino a 50kWp e 140MW per gli impianti da 50kWp
a 1MWp.
È fissato anche un limite totale annuo che dal 2006 al 2012 sarà di 85MW, 60MW
per impianti con potenza inferiore a 50kW e 25MW per impianti con potenza
superiore a 50kW.
QUANTO È l’INCENTIVO E PER QUANTO TEMPO?
Le tariffe per kWh sono definite in base alla taglia dell’impianto e verranno
erogate per 20 anni.
Impianti fino ai 20kW di potenza
Gli impianti con potenza non superiore a 20kW possono optare per il servizio
di scambio sul posto o per la cessione in rete dell’energia prodotta.
Nel primo caso la tariffa incentivante è pagata solo per l’energia prodotta e
consumata in loco (pari a 0,445€ per kWh), mentre i kWh prodotti in eccesso
rispetto ai consumi, entrambi riferiti a fine anno, non saranno retribuiti,
ma sarà possibile accumularli per un successivo autoconsumo.
Nel secondo caso viene incentivata tutta la produzione FV, anche se superiore
ai consumi, ad una tariffa di 0,46€ per kWh e per tutti i kWh ceduti alla
rete verrà pagata una tariffa aggiuntiva di 0,095€ per kWh.
Impianti tra 20kW e 50kW di potenza
Oltre all’incentivo ventennale proveniente dalla produzione moltiplicato per
la tariffa incentivante (0,46€/kWh), si potranno aggiungere i benefici
derivanti dalla vendita delle eccedenze alla rete locale con una tariffa
aggiuntiva di 0,095€/kWh (fino a 500mila kWh/anno ceduti alla rete).
Impianti tra 50kW e 1.000kW di potenza
In questo caso l’incentivo ventennale proveniente dalla produzione è
moltiplicato per una tariffa incentivante che dovrà essere proposta dal
richiedente e il cui valore massimo è stabilito in 0,49€/kWh; questa tariffa
è sottoposta ad un meccanismo di gara. Anche per queste taglie di impianto si
potrà aggiungere il ricavato derivante dalla vendita delle eccedenze alla rete
locale con una tariffa aggiuntiva di 0,095€/kWh fino a 500mila kWh/anno
ceduti alla rete, di 0,080€/kWh da 500mila a 1 milione di kWh/anno e di
0,070€/kWh da 1 milione a 2 milioni di kWh/anno.
Per le domande pervenute entro il 2006 la tariffa iniziale comunicata dal GRTN
rimane costante per tutti i 20 anni.
Mentre dal 2007 la tariffa decrescerà del 5% ogni anno ma avrà la
rivalutazione dell’indice ISTAT.
TARIFFE INCENTIVANTI, FISSE PER 20 ANNI, PER LE DOMANDE CONSEGNATE NEGLI ANNI
2005-…
Impianti da 1 a 20kW (con scambio sul posto)
0,445€/kWh
0,460€/kWh
+ 0,095€/kWh ceduto alla rete
Impianti da 1 a 20kW (senza scambio sul posto)
0,460€/kWh
+ 0,095€/kWh ceduto alla rete (fino a 500.000kWh/anno)
Impianti da 20kW a 50kW
0,490€/kWh (valore massimo della tariffa soggetto a gara)
Impianti da 50kW a 1.000kW
+ 0,095€/kWh fino a 500.000kWh/anno ceduti alla rete
+ 0,080€/kWh da 500.000 a 1.000.000 di kWh/anno ceduti alla rete
+ 0,070€/kWh da 1.000 a 2.000.000 di kWh/anno
La tariffa incentivante sarà aumentata del 10% rispetto a quella stabilita se
gli impianti sono integrati negli edifici, sia di nuova costruzione o oggetto
di ristrutturazione. Queste tariffe rimangono costanti fino al 2012 incluso e
non subiscono la variazione Istat.
l’aggiornamento delle tariffe incentivanti sarà a cura del GRTN e potranno
essere consultate sul sito internet www.grtn.it
Ma se chi realizza l’impianto beneficia della detrazione fiscale IRPEF del 41%
(Iva inclusa), le tariffe incentivanti verranno ridotte del 30%.
Se gli impianti hanno ricevuto incentivi pubblici in conto capitale superiori
al 20% del costo di investimento o se usufruiscono dei certificati verdi, le
tariffe incentivanti non verranno erogate.
COME E QUANDO PRESENTARE LA DOMANDA?
Le domande dovranno essere inviate direttamente al GRTN secondo lo schema
predisposto dall’Autorità nell’allegato “A” della delibera 40/06 nei giorni
dell’ultimo mese di ciascuno trimestre, 1-31 marzo, 1-30 giugno,
1-30 settembre, 1-31 dicembre di ogni anno.
La domanda dovrà contenere il progetto preliminare dell’impianto fotovoltaico
comprendente la scheda tecnica firmata da un tecnico abilitato o da un
professionista iscritto agli albi professionali.
Il GRTN dovrà quindi valutare l’ammissibilità tecnica delle richieste
pervenute e entro 90 giorni dalla presentazione delle domande informare i
richiedenti in merito all’accettazione della domanda inoltrata.
Per gli impianti fino a 50kWp verrà dato l’incentivo in base alla tempistica
delle domande, mentre per quelli superiori ai 50kWp dipenderà dall’incentivo
richiesto, più basso è l’incentivo maggiori saranno le possibilità di
riceverlo.
COME VENGONO PAGATI GLI INCENTIVI?
Il pagamento delle “tariffe incentivanti” in Conto Energia è erogato dal GRTN
su base mensile a partire dal mese successivo a quello in cui l’ammontare
cumulato di detto corrispettivo supera il valore di 250€ per impianti fino a
20kW e di 500€ per impianti con potenza superiore ai 20kW.
CHI PAGA IL CONTO ENERGIA?
I costi dell’incentivazione degli impianti fotovoltaici non sono a carico
dello Stato, ma saranno coperti con un prelievo sulle tariffe elettriche di
tutti i consumatori (componente tariffaria A3).
A regime l’aggravio sulla bolletta elettrica, per la produzione di
impianti FV pari a 1000MW di potenza, si stima sia di circa 0,0017€ per ogni
kWh, pari a circa 4€ in più all’anno per famiglia.
ESEMPIO DI CALCOLO SEMPLIFICATO DI COSTO E TEMPO DI RIENTRO ECONOMICO PER IL
CONTO ENERGIA CON SERVIZIO DI SCAMBIO SUL POSTO
Consideriamo un impianto FV residenziale da 2kWp (16m2 di superficie)
installato in Italia centrale, il cui proprietario consuma 3.000kWh/anno
Il costo dell’impianto chiavi in mano è di circa 14.000€ + IVA 10% =
15.400€
Produzione dell’impianto = 2.600kWh all’anno
Guadagno dalla vendita dei kWh prodotti = 2.600kWh x 0,445€ =
1.157€ all’anno
Costo evitato dell’energia consumata, pari ai kWh prodotti dall’impianto per
il costo medio del kWh = 2.600 x 0,18€ = 468€ all’anno
In questo caso verranno pagati alla società elettrica solo 400kWh (pari alla
differenza tra l’energia consumata e l’energia prodotta dall’impianto) =
400 x 0,18 = 72€ all’anno più 31€ di spese fisse
Tempo di ritorno dell’investimento = 15.400 : 1.522 = ~ 10 anni
Considerando che la vita media di un impianto fotovoltaico è superiore ai 30
anni, e che dopo 10 anni si rientra dell’investimento, avremo vantaggi
economici per oltre 20 anni.
Fotovoltaico a Concentrazione
Il progetto
PhoCUS (Photovoltaic Concentrators to Utility Scale) ha lo scopo di
dimostrare la fattibilità tecnica del fotovoltaico a concentrazione e la sua
maggiore potenzialità rispetto al fotovoltaico convenzionale (piano), ai fini
del conseguimento della competitività economica con le altre fonti di
energia.
A livello internazionale il fotovoltaico a concentrazione è considerato
un’interessante opzione per ridurre in maniera significativa l’incidenza
dei costi del componente fotovoltaico (il costo di investimento di un
sistema fotovoltaico piano, che si aggira intorno ai 7 €/W, è
per il 50% dovuto al componente fotovoltaico e per il 30-35% alle sole
celle solari), che viene sostituito con materiali semi-convenzionali meno
costosi.
Negli impianti fotovoltaici a concentrazione la radiazione solare non va ad
incidere direttamente sulle celle ma viene concentrata da opportune lenti; è
come se le celle fossero investite non dalla radiazione proveniente da un
unico sole ma da 100, 200 o più soli (in funzione del tipo di lente
utilizzata) con una proporzionale riduzione dell’area effettiva delle celle
solari da utilizzare.
La diffusione di tale applicazione, parallelamente allo sviluppo di componenti
non fotovoltaici a basso costo, fa intravedere la possibilità di
raggiungere, nel mediolungo termine, un costo di sistema inferiore
a 2 €/W.
Fasi
Nell’ambito del
progetto PhoCUS sono previste attività sia di Ricerca & Sviluppo sia di
dimostrazione e sperimentazione sul campo.
Le prime, da svolgere presso i laboratori dei Centri di Ricerca di Portici e
Casaccia, sono relative ai principali componenti dell’impianto, quali la
cella, il dispositivo ottico, il modulo, la struttura ad inseguimento ed il
sistema di condizionamento della potenza.
Le seconde prevedono l’installazione di impianti sperimentali presso il Centro
Ricerche Portici e la realizzazione di un impianto pilota da 25 kW nell’Area
Sperimentale Monte Aquilone presso Manfredonia.
Le attività di R&S e quelle di dimostrazione e sperimentazione sul campo
sono state avviate in parallelo in modo tale che, con la progettazione e
realizzazione dei componenti prototipali dell’impianto pilota, vengano
individuate le azioni specifiche finalizzate all’ottimizzazione dei singoli
componenti.
Lo sviluppo e la messa a punto delle tecnologie relative ai principali
componenti, quali i concentratori ottici, il modulo, l’inseguitore solare,
fino alla realizzazione dei prototipi da utilizzare nell’impianto pilota,
saranno oggetto di specifiche collaborazioni con operatori nazionali.
Si intende progettare e realizzare una unità standard da 5 kW, che possa
costituire un sistema autonomo o un elemento modulare di un impianto di
maggiori dimensioni. l’impianto pilota sarà costituito da 5 unità base da 5
kW.
l’installazione dell’impianto avverrà per fasi successive, in modo che possano
essere apportati tutti i miglioramenti che, sulla base delle prime prove
sperimentali, risulteranno necessari.
La messa in funzione della prima unità da 5 kW nell’Area Sperimentale Monte
Aquilone è prevista entro il 2003; il completamento dell’impianto (con
l’installazione degli ultimi 10 kW) è previsto entro il 2004??????.
Aspetti tecnologici e ricadute industriali
La progettazione
di un sistema fotovoltaico a concentrazione è più complessa rispetto al
fotovoltaico piano, soprattutto se si vuole assicurare un alto grado di
affidabilità, mantenere bassa l’incidenza della manutenzione e cogliere tutti
i vantaggi tecnici ed operativi legati alla concentrazione della radiazione
solare. In particolare: il modulo presenta una maggiore complessità, dovuta
alla numerosità dei componenti da assemblare; risulta necessario far uso di
un sistema di supporto dei moduli capace di "inseguire" il sole
durante la giornata in modo da massimizzare la radiazione incidente; la
struttura di cella deve essere più sofisticata per poter ottenere alti valori
di efficienza in presenza di una maggiore radiazione solare incidente.
Si riportano nel seguito alcune delle principali caratteristiche del sistema
in fase di progetto.
Ogni unità da 5 kW sarà costituita da un generatore fotovoltaico formato da 24
moduli per una superficie complessiva dell’ordine dei 32 m² installato su una
singola struttura ad inseguimento (eliostato).
Il sistema di condizionamento della potenza della singola unità si basa
sull’uso di inverter di tipo multistringa da connettere ad una rete in bassa
tensione.
Il modulo fotovoltaico avrà dimensioni dell’ordine di 1x1,3 m2 ed un’altezza
di 20-25 cm. l’efficienza nominale sarà dipendente dall’efficienza delle
celle che saranno utilizzate. Nel caso di celle con efficienza dell’ordine
del 23,5% a 200 soli, una buona progettazione del componente potrà assicurare
una efficienza di modulo del 20%. Il dispositivo ottico, che sarà integrato
nei moduli (uno per ogni cella) sarà un concentratore rifrattivo prismatico,
sviluppato da ENEA ed in corso di brevetto. Esso garantirà sulla cella, di
dimensioni dell’ordine di 1 cm², un fattore di concentrazione di 200.
La struttura ad inseguimento sui due assi (alt-azimutale) dovrà coniugare
bassi costi con soluzioni progettuali semplici che nello stesso tempo
garantiscano affidabilità e correttezza di funzionamento. Ciò richiede una
particolare attenzione nel sistema di movimentazione e nel relativo sistema
di controllo.
Il prodotto, in termini di unità standard da 5 kW o di impianto di maggiore
potenza, è indirizzato al mercato della green electricity (energia elettrica
da fonti rinnovabili), a livello di generazione sia diffusa (piccoli
impianti, 5÷20 kW) che centralizzata (impianti di potenza).
Infatti il fotovoltaico a concentrazione, per le sue caratteristiche
operative, consente di ottenere un profilo di produzione costante ed un
maggiore fattore di utilizzo annuo (capacity factor).
Il coinvolgimento di un sistema industriale già consolidato per lo sviluppo
dei componenti di un impianto fotovoltaico a concentrazione potrà validamente
contribuire alla diffusione di tale tipo di applicazione.
Biomasse per produzione di energia e nuovi vettori energetici
Obiettivi
Il progetto
integrato, che vede coinvolti, oltre all’ENEA, diversi partner industriali
(Ansaldo, Fiat, Peugeot, Renault), università italiane e straniere (l’Aquila,
Vienna, Londra, Belfast, Patrasso) ed enti di ricerca europei (VTT, ECN), si
propone di:
• sviluppare processi e tecnologie per la produzione di biocarburanti liquidi (etanolo) da destinare alla produzione di H2 per autotrazione on board;
• sviluppare processi e tecnologie per la produzione di idrogeno mediante reforming catalitico di oli di pirolisi;
• sviluppare, mettere a punto e caratterizzare un processo di gassificazione a vapore di biomasse per la produzione di syngas ad alto contenuto di idrogeno per la generazione distribuita di energia elettrica mediante celle a combustibile;
• sviluppare e caratterizzare un processo di gassificazione con ossigeno per la produzione di un syngas ad alto contenuto di idrogeno da utilizzare in combustori di turbine a gas e in caldaie di post combustione;
• sviluppare processi e tecnologie di separazione dell’idrogeno dal gas prodotto da impianti di gassificazione che sfruttano differenti tecnologie.
Fasi
Le attività ENEA previste, svolte presso il Centro Ricerche Trisaia, sono così articolate:
• ottimizzazione dei processi di pretrattamento delle biomasse, dell’idrolisi enzimatica e della fermentazione per rendere competitiva la produzione di etanolo mediante processi biologici;
• upgrading degli oli ottenuti dalla pirolisi delle biomasse mediante stabilizzazione del prodotto;
• messa a punto di differenti tecnologie per la gassificazione da biomasse con produzione di syngas ad alto tenore di idrogeno;
• sviluppo di tecnologie innovative per il cleaning e l’arricchimento in idrogeno del syngas prodotto;
• sperimentazione dell’integrazione dell’impianto di gassificazione con cella combustibile a carbonati fusi (MCFC).
Aspetti tecnologici e ricadute industriali
l’utilizzo di biocarburanti liquidi, in alternativa ai derivati del petrolio, sarà
praticabile solo se ne sarà aumentata la disponibilità ed
abbassato il costo.
Una delle possibilità più concrete per ridurre i costi è l’utilizzo delle parti lignocellulosiche delle piante (fusto, foglie ecc.) che spesso costituiscono un residuo delle coltivazioni e processi industriali. l’etanolo prodotto può a sua volta essere utilizzato in motori a combustione interna, miscelato con la benzina o sotto forma di ETBE.
Un’altra possibilità consiste nella produzione on board di
idrogeno e utilizzazione in celle a combustibile, eliminando quindi tutti
i problemi connessi allo stoccaggio dell’idrogeno.
La produzione di biocombustibili gassosi rende molto più versatile
l’impiego delle biomasse e permette di utilizzarle direttamente in
motori a combustione interna e in cicli combinati, con sensibili incrementi
dei rendimenti energetici di conversione e con possibilità di produrre
direttamente energia elettrica per potenze e richieste specifiche.
In particolare la gassificazione con ossigeno e/o vapore permette di produrre gas ad alto tenore di idrogeno che si presta ad essere utilizzato anche in celle a combustibile e/o per la produzione diretta di idrogeno.
Trasferimento di calore e di massa in microscale
Obiettivi
Gli
obiettivi del progetto, finanziato da UE, ASI ed ESA, si riferiscono alla
caratterizzazione termofluidodinamica di microtubi, ovvero tubazioni caratterizzate
da un diametro interno inferiore ai 500 micron per deflussi monofase,
e 1-2 mm per deflussi bifase.
I microtubi utilizzano come fluidi di processo generalmente fluidi refrigeranti
(quali FC-72 e R-134a) ed acqua. La caratterizzazione termofluidodinamica
è relativa ad alcuni aspetti specifici, quali: caratteristiche
idrauliche, scambio termico in monofase, ebollizione, visualizzazione
del flow pattern, verifica delle correlazioni termofluidodinamiche note
in geometrie tradizionali e sviluppo di eventuali nuove correlazioni e/o
modelli.
I vantaggi offerti dall’utilizzo di questi componenti avanzati sono
legati al miglioramento delle prestazioni termiche che consente una notevole
riduzione (miniaturizzazione) delle apparecchiature di scambio termico,
con conseguente riduzione dei volumi e dei pesi, quando questi parametri
rappresentano una limitazione alla progettazione (come ad esempio nelle
applicazioni spaziali), e della carica di fluido refrigerante, con conseguente
riduzione dell’impatto ambientale, quando sia richiesto l’uso
specifico di questi fluidi (come ad esempio nel settore del condizionamento
ambientale e del raffreddamento dei componenti elettronici).
Fasi
• Prove sperimentali per la caratterizzazione termofluidodinamica
di microtubi di acciaio inossidabile, silice fusa e di materiale polimerico,
per l’utilizzo in microscambiatori compatti, mediante l’impianto
sperimentale MISHTRA (MIcroScale Heat TRAnsfer), disponibile presso i
laboratori dell’Istituto di Termofluidodinamica Energetica nel Centro
Ricerche Casaccia.
• Caratterizzazione in condizioni di gravità ridotta,
utilizzando l’impianto MICROBO (MICROgravity BOiling) nel contesto
di campagne sperimentali su volo parabolico, previa caratterizzazione
a terra per le condizioni di riferimento.
Aspetti tecnologici e ricadute industriali
La potenzialità offerta dall’utilizzo di microtubi in scambiatori
di calore di dimensioni notevolmente ridotte rende questi componenti particolarmente
attraenti per le applicazioni spaziali oltre che per numerose altre possibili
applicazioni. l’applicazione spaziale introduce un’altra variabile
che rende lo studio e la ricerca ulteriormente complicati, ovvero la condizione
di microgravità, particolarmente importante nel caso in cui il
trasferimento del calore avvenga con cambiamento di fase del fluido di
processo.
l’impianto sperimentale MISHTRA, in funzione presso l’Istituto
di Termofluidodinamica Energetica, è caratterizzato da componenti
e strumentazione particolarmente avanzati al fine di consentire l’esecuzione
di prove accurate e ripetibili. l’utilizzo di microgeometrie richiede
una sperimentazione caratterizzata da una precisione ed un’accuratezza
nelle misure particolarmente spinte, onde evitare di incorrere in errori
inaccettabili che possono rendere aleatoria e casuale ogni conclusione
derivante dai risultati di ricerca ottenuti. Particolarmente critiche
risultano le misure di caduta di pressione e di temperatura locale, per
la difficoltà di realizzare prese di pressione e di fissare termocoppie
in tubi di diametro così piccolo, ed il riscaldamento del tubo,
specie quando si usano tubi di silice fusa. Questi ultimi sono fondamentali
per la visualizzazione interna dell’ebollizione, che viene effettuata
con tecniche di microcinematografia ultrarapida.
l’impianto sperimentale MICROBO, in fase di realizzazione
presso l’Istituto di Termofluidodinamica Energetica, sarà
montato, per ottenere condizioni di microgravità ridotta (fino
a 10-3 g), a bordo di un aereo Airbus A-300 che eseguirà voli parabolici,
con campagne sperimentali di tre giorni per ogni semestre. La sperimentazione
è decisamente challenging per le severe problematiche tecnologiche
connesse con le microgeometrie, come già descritto per l’impianto
MISHTRA, oltre alle condizioni al contorno di microgravità (vincoli
ingombro, pesi, potenze termiche disponibili particolarmente spinti).
Le ricadute industriali riguardano il settore spaziale,
i microscambiatori per il condizionamento ambientale, il raffreddamento
di componenti elettronici di potenza, di computer portatili, di diodi
laser ad alta potenza, la bioingegneria (applicazioni medicali).
Combustione dell’idrogeno e cicli energetici ad emissione zero
Obiettivi
Il
progetto è rivolto principalmente allo studio ed allo sviluppo
di processi innovativi di combustione di idrogeno per la generazione di
energia in impianti turbogas e a ciclo combinato.
Verrà anche studiato l’impiego di syngas ricco di idrogeno,
ottenuto da gassificazione di sottoprodotti di processi industriali, biomasse
ecc., e verranno messi a punto cicli termodinamici innovativi con utilizzo
di combustibili idrogenati - fino a H2 puro - in grado di garantire
elevata efficienza di conversione energetica ed emissioni nulle.
Fasi
Le attività, condotte presso il Centro Ricerche Casaccia, si articolano
nelle seguenti fasi:
• caratterizzazione di differenti tecnologie di combustione
di H2 in turbina a gas, in configurazioni combustive del
tipo a diffusione o premiscelata, diluita a stadi o senza fiamma (mild),
con iniezione di acqua (in forma liquida o vapore), catalitica;
• sviluppo di modelli di simulazione sia di cinetica chimica,
sia di termofluidodinamica, facendo ricorso anche a metodologie di calcolo
ad alte prestazioni e a metodologie di Large Eddy Simulation (LES);
• sperimentazione delle possibili opzioni realizzative di
combustione e individuazione delle migliori soluzioni;
• studio e sviluppo di cicli per la produzione di energia
basati sull’impiego di idrogeno, con comburente aria oppure O2,
caratterizzati da elevata efficienza di conversione energetica;
• realizzazione di un apparato sperimentale per lo studio
dei cicli idrogeno-ossigeno di scala significativa (potenza termica
1-2 MW), per prove sperimentali di cicli innovativi per impianti di
generazione di potenza;
• sviluppo di un simulatore s/w dedicato ad impianti operanti
con cicli idrogeno-aria e idrogeno-ossigeno;
• campagne di prova per lo studio e l’ottimizzazione
di cicli idrogeno/ossigeno, testando differenti opzioni di sistema e
modalità operative, condotte presso il Centro Ricerche Casaccia
e presso le installazioni sperimentali di Ansaldo Caldaie.
Verranno individuati e caratterizzati due cicli ottimali da prendere
a riferimento per ulteriori studi ed attività di ricerca pre-competitiva,
di medio e lungo periodo.
Aspetti tecnologici e ricadute industriali
I combustibili tradizionali per turbine a gas a ciclo aperto, e in cicli
combinati, sono olio distillato leggero e gas naturale; utilizzando questi
combustibili pregiati si riesce ad ottenere livelli di emissioni di ossidi
di azoto molto bassi. Tuttavia, il rilascio in atmosfera di CO2
non è limitato dalla natura nobile di tali fonti energetiche che,
anzi, costituisce una misura della completezza di reazione.
Il ricorso all’idrogeno, o a miscele gassose ad alto contenuto di
idrogeno, permette di ridurre la quantità di ossidi di carbonio
immessa in atmosfera.
Vi sono, tuttavia, importanti problemi di tipo tecnologico da superare
per offrire sul mercato un prodotto affidabile, in grado di avere una
vita media comparabile con i sistemi a combustibili tradizionali; per
raggiungere tale scopo è fondamentale una fase di ricerca industriale.
Dal punto di vista tecnologico, l’orientamento attuale del mercato
energetico è quello di individuare e sfruttare fonti cosiddette
alternative, cioè che possono essere utilizzate in dispositivi
già esistenti effettuando solo accettabili modifiche hardware.
Dal punto di vista dei cicli, quelli di Rankine e Brigton, legati alla
soluzione di problemi tecnologici sui materiali, rappresentano lo stato
dell’arte per quanto attiene lo sfruttamento di combustibili convenzionali.
l’introduzione di nuovi cicli, basati sulla iniezione di vapore
in camera di combustione di una turbina a gas, avranno il vantaggio di:
• controllare la temperatura massima;
• aumentare la potenza del ciclo;
• sfruttare il riscaldamento diretto del vapore.
l’impiego dell’idrogeno e della tecnologia di combustione
mild realizzeranno, inoltre, un forte abbattimento di inquinanti e di
gas serra (CO2).
Dal punto di vista delle ricadute economiche, occorre osservare che il
mercato dei turbogas e del repowering di impianti esistenti sta vivendo
un periodo di grande espansione. La domanda è trainata da Stati
Uniti e, a livello europeo, con le dovute proporzioni, da Italia e Spagna.
Tutti gli analisti concordano nel prevedere un mantenimento della domanda
sugli attuali livelli nel medio e lungo periodo, attendendo una crescita
di richieste in Europa, conseguentemente alle privatizzazioni in corso
e future, ed un risveglio dell’Estremo Oriente.
Il progetto ENEA, rafforzando la capacità competitiva dell’industria
nazionale, contribuirà ad assicurare i volumi di ordini previsti
e, di conseguenza, la redditività complessiva.
Il progetto prevede la realizzazione di infrastrutture ad hoc
a partire da impianti esistenti per l’effettuazione di campagne
di prova fino a 10 bar.
I componenti principali del sistema sperimentale per lo studio dei cicli
idrogenoossigeno da realizzare sono: un generatore di idrogeno e
ossigeno per elettrolisi dell’acqua, una camera di combustione in
scala ridotta operante a pressione atmosferica, una turbina a gas ed,
in parallelo, sistemi valvolari di perdita di pressione e laminazione.
Il simulatore s/w sarà caratterizzato da un’elevata flessibililità
relativamente alle possibili configurazioni d’impianto (cicli combinati,
rigenerazione e recupero del calore da svariate sezioni ecc.), nonché
alla capacità di simulare con estrema accuratezza i componenti
critici; esso verrà messo a punto mediante i dati sperimentali
e, allo stesso tempo, sarà di ausilio nella fase di ottimizzazione
dei cicli più complessi.
Artificial Brother
Obiettivi
"Artificial
Brother" è un progetto di ricerca congiunto tra ENEA e UCSD
(University of California San Diego) che punta allo sviluppo di una metodologia
fortemente innovativa per la gestione e ottimizzazione di processi complessi,
come ad esempio quelli relativi ad impianti per la produzione di energia,
ispirandosi alle capacità di adattamento delle specie biologiche.
L'idea chiave è quella di un nuovo approccio dell’Intelligenza
Artificiale: anziché trasferire l’intelligenza di un esperto ad
una macchina che controlla e guida il processo, si vuole fare in modo
che la macchina sviluppi autonomamente intelligenza per risolvere lo specifico
problema.
Fasi
Il progetto si articola in tre fasi.
La prima fase è stata quella
della ideazione del progetto e dello studio di fattibilità. Questa
fase, condotta insieme alla UCSD (University of California San Diego)
dove risiede uno dei più importanti gruppi di ricerca sulla teoria
del Caos, si è conclusa con successo e con una serie di riconoscimenti
internazionali che hanno stimolato l’avvio della seconda fase: quella
della dimostrazione industriale prototipale del sistema.
La seconda fase ha riguardato il lancio
e l’approvazione di un progetto europeo, il progetto ECOTHERM (Evolutionary
Control of Thermal Sustainable Processes), che mira alla ottimizzazione
e al controllo in linea di un processo energetico, al fine di massimizzare
l’efficienza energetica e contenere quanto più possibile le emissioni
inquinanti. Il progetto si concluderà con la dimostrazione su due
impianti a piena scala per la termovalorizzazione dei rifiuti solidi urbani
(impianto AGEA di Ferrara ed impianto AVR di Rotterdam).
La terza fase consiste nella estensione
della metodologia a diversi altri settori, dato il carattere assolutamente
generale del principio di ottimizzazione evolutiva. In questo senso sono
già stati realizzati un apparato per il controllo adattivo ottimale
di un circuito elettronico (circuito di Chua), uno studio di fattibilità
per la ottimizzazione di una rete internet (rete MPLS) e di una rete di
distribuzione dell’energia (vapore), un sistema per la predizione
dei flussi di traffico al fine di prevenire le emergenze (progetto MERLINO).
Aspetti tecnologici e ricadute industriali
Il cuore di questo approccio metodologico è "una società
di individui artificiali" che vive in un computer e riceve continuamente
informazioni dal processo (misure, regolazioni, prestazioni).
Queste informazioni vengono codificate nel patrimonio genetico di "esseri"
che vengono immessi nella società artificiale.
Gli "individui" possono muoversi ed interagire in questo ambiente,
competere, riprodursi ed evolvere attraverso mutazioni genetiche e meccanismi
di intercomunicazione producendo nuove configurazioni di regolazione del
processo.
Una sorta di meccanismo competitivo porta a selezionare progressivamente
quegli individui che corrispondono a prestazioni ottimali (ad esempio:
basso inquinamento, alta efficienza energetica).
In sostanza il sistema sviluppa adattamento che corrisponde alla ricerca
di una soluzione ottimale del problema del controllo.
In virtù di questa capacità intrinseca la società
artificiale non ha bisogno della definizione di modelli a priori o di
strategie di controllo predefinite, ma è in grado di svilupparle
in modo autonomo e progressivo.
All’inizio "artificial brother" deve apprendere le diverse condizioni
operative assunte dal processo, ma progressivamente sviluppa una capacità
di selezione delle migliori condizioni operative e diventa in grado di
guidare esso stesso il processo adattandosi continuamente ai cambiamenti
(invecchiamento, cambiamenti strutturali), modificando di volta in volta
le strategie di controllo ed ottimizzazione.
Il metodo, che permette di ricostruire autonomamente la modellizzazione
del fenomeno in studio, può consentire notevoli ricadute industriali:
• in primo luogo, relativamente alla definizione di una serie
di prodotti commerciabili per gli impianti di termovalorizzazione di
rifiuti solidi urbani (sistema FDD per la analisi dinamica delle fiamme,
sistema di supervisione remotizzato, sistema di controllo);
• in secondo luogo, riguardo alla disponibilità di piattaforme
software ingegnerizzate per affrontare le problematiche di ottimizzazione,
diagnostica precoce, controllo, predizione, modellazione di processi
complessi, quali regolazione del traffico, sistemi estremamente compatti
(chips) per l’industria elettronica di massa e sistemi di smistamento
per le reti energetiche ed informative.
Tetti fotovoltaici
OBIETTIVI
Le attività di
ricerca e sviluppo della cosiddetta "generazione distribuita" per
via fotovoltaica (FV) e la diffusione di questa tecnologia, costituiscono il
cuore del "Programma Tetti Fotovoltaici".
Nato da una collaborazione tra ENEA e Ministero Ambiente e Tutela del Territorio
che lo promuove e finanzia, persegue i seguenti obiettivi:
• diffusione della
tecnologia fotovoltaica per applicazioni nella edilizia;
• indirizzamento del costo degli impianti (che si prevede decresca
nel corso del programma, per raggiungere al suo termine gli stessi obiettivi
di costo assunti a livello internazionale);
• instaurazione di un mercato certo e duraturo;
• rafforzamento della competitività dell’industria italiana;
• miglioramento della qualità delle installazioni;
• disseminazione delle conoscenze sul territorio nazionale
e creazione di un clima favorevole di stimolo per gli investimenti di
settore e per l’imprenditorialità locale.
FASI
l’ENEA,
che è responsabile delle attività tecnico-scientifiche del
programma, cura la predisposizione delle specifiche tecniche (criteri
di progettazione, requisiti tecnici e funzionali degli impianti, valutazione
dei progetti, modalità di verifica tecnico-funzionale degli impianti
ecc.), effettua il monitoraggio e l’analisi del funzionamento di
un campione di impianti, assicura il monitoraggio e il reporting dell’iniziativa
e svolge campagne informative e attività formativa di settore.
l’ENEA svolge anche attività di ricerca, sviluppo e sperimentazione di componenti e sistemi fotovoltaici dedicati alla generazione distribuita in connessione alla rete elettrica.
Si prevede lo sviluppo di competenze e procedure di prova e l’allestimento di infrastrutture per:
• l’esecuzione di prove di moduli fotovoltaici, con particolare riferimento a quelli dedicati all’integrazione nelle strutture edilizie;
• la caratterizzazione di inverter, prioritariamente di piccola taglia, che dovrà includere anche l’esecuzione di prove di tipo, eventualmente fino a pervenire alla qualificazione di prodotto;
• la definizione delle modalità di connessione alla rete e la sperimentazione dei dispositivi di protezione, alla luce delle norme di riferimento in vigore, analizzando le problematiche e le possibili soluzioni anche sulla base delle esperienze maturate all’estero e delle caratteristiche dei componenti oggi in commercio;
• il monitoraggio e l’analisi delle prestazioni funzionali ed
energetiche degli impianti fotovoltaici realizzati nell’ambito
del programma strumentando opportunamente un campione significativo
di tali impianti; l’analisi includerà sia la valutazione
di produzione di impianti tipo (efficienze, analisi delle perdite ecc.),
sia l’esame delle anomalie di guasto, dei guasti e dei problemi
di esercizio degli stessi impianti.
Aspetti tecnologici e ricadute industriali
Il
programma si propone di diffondere le applicazioni fotovoltaiche integrate
negli edifici e connesse alla rete elettrica, al fine di creare condizioni
favorevoli all’abbattimento dei costi e alla messa a punto da parte
dell’industria nazionale di prodotti e componenti più affidabili.
Gli
incentivi pubblici offerti potranno creare condizioni economicamente accettabili
(soprattutto per la piccola utenza), tali da determinare, nell’arco
di alcuni anni, la creazione di un vero mercato, sempre meno assistito
dal contributo pubblico.
La più importante ricaduta del progetto riguarda, quindi, lo stimolo
alla creazione in Italia di una domanda di fotovoltaico stabile e duratura
nel tempo, costituendo così un sostegno al rafforzamento dell’industria
nazionale del settore, che vede importanti sbocchi e prospettive di sviluppo
anche nei mercati internazionali, in fortissima crescita negli ultimi
anni.
Qualificazione pannelli solari
Servizi offerti
Il Laboratorio per la qualificazione di pannelli solari termici, ubicato
presso il Centro
Ricerche Trisaia e in fase di accreditamento presso il SINAL, esegue:
• prove su pannelli solari sia vetrati che scoperti secondo
normative internazionali ed europee (ISO 9806 ed EN 12975) per quanto
attiene:
- la determinazione di: curva di efficienza istantanea in condizioni
stazionarie e resa energetica in condizioni transitorie; perdite di
carico; costante di tempo; capacità termica; modificatore dell’angolo
di incidenza;
- la qualificazione in senso stretto, mediante prove atte a verificarne
le capacità di resistenza a condizioni di funzionamento anomale,
agli agenti atmosferici ed all’invecchiamento.
• prove di caratterizzazione delle prestazioni termiche giornaliere
ed annuali di sistemi solari per la produzione di acqua calda per uso
igienico-sanitario, per varie tipologie climatiche e in diverse condizioni
operative, secondo le metodologie riportate nelle normative ISO 94592
ed EN 129762.
Utenti
Produttori di pannelli e sistemi solari.
Attrezzature, laboratori e impianti
Il laboratorio è dotato di:
• impianti per la caratterizzazione termica dei collettori solari dotati di piattaforme ad inseguimento
• impianti per la caratterizzazione termica di sistemi solari per la produzione di acqua calda sanitaria
• un sistema di verifica della tenuta del collettore a pressioni elevate
• un sistema per la verifica della resistenza a brusche variazioni di temperatura a seguito di shock termici interni ed esterni
• una stazione di prova per la verifica degli effetti di invecchiamento del collettore dovuti all’assenza di fluido per lunghi periodi
• un impianto per la simulazione della caduta di pioggia sul collettore e il rilevamento delle eventuali infiltrazioni
• un impianto per la simulazione di carichi positivi (neve) e negativi (vento) sulla copertura del collettore e sul sistema di fissaggio
• un sistema di verifica della resistenza della copertura del collettore agli impatti (grandine).
Il laboratorio utilizza, inoltre, avanzati software di simulazione numerica ed elabora codici di calcolo relativi alla simulazione di impianti solari temici a basse temperature.
l’eolico, 40 mila MW installati in tutto il mondo. Una
tecnologia già oggi conveniente dal punto di vista economico che però
incontra forti resistenze dal fronte ambientalista per l’impatto visivo degli
areogeneratori. La Danimarca ha uno dei sistemi all’avanguardia….
l’energia eolica è l’energia posseduta dal vento.
l’uomo ha impiegato la sua forza sin dall’antichità, per navigare e per
muovere le pale dei mulini utilizzati per macinare i cereali, per spremere
olive o per pompare l’acqua.
Solo da pochi decenni l’energia eolica viene impiegata per produrre
elettricità. I moderni mulini a vento sono chiamati aerogeneratori.
GLI AEROGENERATORI
Esistono aerogeneratori diversi per forma e dimensione. Possono, infatti,
avere una, due o tre pale di varie lunghezze: quelli con pale lunghe 50
centimetri vengono utilizzati come caricabatterie, quelli con pale lunghe
circa 30 metri, sono in grado di erogare una potenza di 1,500 kW, riuscendo a
soddisfare il fabbisogno elettrico giornaliero di circa 1,000
famiglie.
Il tipo più diffuso è l’aerogeneratore di taglia media, alto oltre 50 metri,
con due o tre pale lunghe circa 20 metri. Questo tipo di aerogeneratore è in
grado di erogare una potenza di 500-600 kW e soddisfa il fabbisogno elettrico
giornaliero di circa 500 famiglie.
Il principio di funzionamento degli aerogeneratori è lo stesso dei mulini a
vento: il vento che spinge le pale. Ma nel caso degli aerogeneratori il
movimento di rotazione delle pale viene trasmesso ad un generatore che
produce elettricità.
AEROGENERATORE
Il rotore
Il rotore è costituito da un mozzo su cui sono fissate le pale. Le pale più
utilizzate sono realizzate in fibra di vetro.
I rotori a due pale sono meno costosi e girano a velocità più elevate. Sono
però più rumorosi e vibrano di più di quelli a tre pale. Tra i due la resa
energetica è quasi equivalente.
Sono stati realizzati anche rotori con una sola pala, equilibrata da un
contrappeso.
A parità di condizioni, questi rotori sono ancor più veloci dei bipala, ma
hanno rese energetiche leggermente inferiori.
Ci sono anche rotori con numerose pale, di solito 24, che vengono impiegati
per l’azionamento diretto di macchine, come le pompe.
Sono stati messi a punto dei rotori con pale “mobili”.
Variando l’inclinazione delle pale al variare della velocità del vento è
possibile mantenere costante la quantità di elettricità prodotta
dall’aerogeneratore.
Il sistema frenante
È costituito da due sistemi indipendenti di arresto delle pale: un sistema di
frenaggio aerodinamico e uno meccanico.
Il primo viene utilizzato per controllare la potenza dell’aerogeneratore, come
freno di emergenza in caso si sovravelocità del vento e per arrestare il
rotore.
Il secondo viene utilizzato per completare l’arresto del rotore e come freno
di stazionamento.
La torre e le fondamenta
La torre sostiene la navicella e il rotore, può essere a forma tubolare o a
traliccio. In genere è costruita in legno, in cemento armato, in acciaio o
con fibre sintetiche.
La struttura dell’aerogeneratore per poter resistere alle oscillazioni ed alle
vibrazioni causate dalla pressione del vento deve essere ancorata al terreno
mediante fondamenta.
Le fondamenta molto spesso sono completamente interrate e costruite con
cemento armato.
Il moltiplicatore di giri
Il moltiplicatore di giri serve per trasformare la rotazione lenta delle pale
in una rotazione più veloce in grado di far funzionare il generatore di
elettricità.
Il generatore
Il generatore trasforma l’energia meccanica in energia elettrica. La potenza
del generatore viene indicata in chilowatt (kW).
Il sistema di controllo
Il funzionamento di un aerogeneratore è gestito da un sistema di controllo che
svolge due diverse funzioni.
Gestisce, automaticamente e non, l’aerogeneratore nelle diverse operazioni di
lavoro e aziona il dispositivo di sicurezza che blocca il funzionamento
dell’aerogeneratore in caso di malfunzionamento e di sovraccarico dovuto ad
eccessiva velocità del vento.
La navicella e il sistema di imbardata
La navicella è una cabina in cui sono ubicati tutti i componenti di un
aerogeneratore, ad eccezione, naturalmente, del rotore e del mozzo.
La navicella è posizionata sulla cima della torre e può girare di 180° sul
proprio asse.
Per assicurare sempre il massimo rendimento dell’aerogeneratore è importante
mantenere un allineamento più continuo possibile tra l’asse del rotore e la
direzione del vento.
Negli aerogeneratori di media e grossa taglia, l’allineamento è garantito da
un servomeccanismo, detto sistema di imbardata, mentre nei piccoli
aerogeneratori è sufficiente l’impiego di una pinna direzionale.
Nel sistema di imbardata un sensore, la banderuola, indica lo scostamento
dell’asse della direzione del vento e aziona un motore che riallinea la
navicella.
LE WIND-FARM
Più aerogeneratori collegati insieme formano le wind-farm, “fattorie del
vento”, che sono delle vere e proprie centrali elettriche.
Nelle wind-farm la distanza tra gli aerogeneratori non è casuale, ma viene
calcolata per evitare interferenze reciproche che potrebbero causare cadute
di produzione.
Di regola gli aerogeneratori vengono situati ad una distanza di almeno
cinque-dieci volte il diametro delle pale.
Nel caso di un aerogeneratore medio, con pale lunghe circa 20 metri, questo
significa istallarne uno ogni 200 metri circa.
DOVE INSTALLARE UN IMPIANTO EOLICO
Una fattoria del vento, ad esempio, costituita da 30 aerogeneratori da 300 kW
l’uno in una zona con venti dalla velocità media di 25 chilometri orari, può
produrre 20 milioni di kWh all’anno. Vale a dire quanto basterebbe a
soddisfare le esigenze di circa 7.000 famiglie.
Per raggiungere lo stesso risultato con una centrale a carbone si
libererebbero nell’aria ben 22 mila tonnellate di anidride carbonica, 125
tonnellate di anidride solforosa e 43 tonnellate di ossido di azoto.
GLI IMPIANTI OFFSHORE
Sono le wind-farm costruite in mare. Rappresentano un’utile soluzione per quei
paesi densamente popolati e con forte impegno del territorio che si trovano
vicino al mare.
IMPIANTO OFFSHORE
La tecnologia degli aerogeneratori da utilizzare in siti offshore è in pieno
sviluppo: a livello commerciale esistono macchine da 1 MW ed esistono
prototipi da circa 3 MW.
Secondo alcune stime, gli impianti eolici nei mari europei protrebbero fornire
oltre il 20% del fabbisogno elettrico dei paesi costieri.
Attualmente in Europa sono operative 5 centrali costruite in Olanda, Svezia e
Danimarca con una potenza totale di 30 MW. In Italia non esiste ancora alcun
impianto offshore, ma è stato calcolato un potenziale sfruttabile di 3,000
MW, pari a quello sulla terraferma, in grado di soddisfare il 4% degli
attuali consumi di elettricità.
Per produrre energia elettrica in quantità sufficiente è necessario che il
luogo dove si installa l’aerogeneratore sia molto ventoso.
Per determinare l’energia eolica potenzialmente sfruttabile in una data zona
bisogna conoscere la conformazione del terreno e l’andamento nel tempo della
direzione e della velocità del vento.
Come si forma il vento
La terra cede all’atmosfera il calore ricevuto dal sole, ma non lo fa in modo
uniforme.
Nelle zone in cui viene ceduto meno calore la pressione dei gas atmosferici
aumenta, mentre dove viene ceduto più calore, l’aria diventa calda e la
pressione dei gas diminuisce. Si formano così aree di alta pressione e aree
di bassa pressione, influenzate anche dalla rotazione della terra.
Quando diverse masse d’aria vengono a contatto, la zona dove la pressione è
maggiore tende a trasferire aria dove la pressione è minore. Succede la
stessa cosa quando lasciamo sgonfiare un palloncino. l’alta pressione
all’interno del palloncino tende a trasferire l’aria verso l’esterno, dove la
pressione è più bassa, dando luogo a un piccolo flusso.
Il vento è dunque lo spostamento d’aria, più o meno veloce, tra zone di
diversa pressione.
E tanto più alta è la differenza di pressione, tanto più veloce sarà lo
spostamento d’aria, tanto più forte sarà il vento.
LA CONFORMAZIONE DEL TERRENO
La conformazione di un terreno influenza la velocità del vento. Infatti, il
suo valore dipende, oltre che dai parametri atmosferici, anche dalla
conformazione del terreno.
Più un terreno è rugoso, cioè presenta variazioni brusche di pendenza, boschi,
edifici e montagne, più il vento incontrerà ostacoli che ridurranno la sua
velocità.
Le classi di rugosità
Per definire la conformazione di un terreno sono state individuate quattro
classi di rugosità:
Classe di rugosità 0: suolo piatto come il mare, la spiaggia e le distese
nevose.
Classe di rugosità 1: suolo aperto come terreni non coltivati con vegetazione
bassa e aeroporti.
Classe di rugosità 2: aree agricole con rari edifici e pochi alberi.
Classe di rugosità 3: suolo rugoso in cui vi sono molte variazioni di pendenza
del terreno, boschi e paesi.
In generale la posizione ideale di un aerogeneratore è in un terreno
appartenente ad una bassa classe di rugosità e che presenta una pendenza
compresa tra i 6 e i 16 gradi.
Il vento deve superare la velocità di almeno 5,5 metri al secondo e deve
soffiare in modo costante per gran parte dell’anno. Mentre i migliori siti
eolici offshore sono quelli con venti che superano la velocità di 7-8 metri
al secondo, che hanno bassi fondali (da 5 a 40 metri) e che sono situati ad
oltre 3 chilometri dalla costa.
COME SI MISURA IL VENTO
Tutti abbiamo potuto sperimentare che il vento non è costante, cambia di forza
e di direzione.
Per classificare il vento in base alla sua direzione si usa definirlo col
luogo da cui proviene. A volte si prende spunto dalla provenienza geografica
- Greco, Libeccio se viene dalla Libia, Scirocco se viene dalla Siria -,
altre, come nella “Rosa dei venti”, viene indicato con i punti cardinali -
vento di Nord-Est, vento di Sud-Ovest -.
La forza del vento può essere indicata o con la misura della sua velocità, e
cioè in nodi, che corrispondono alle miglia orarie (1 nodo = 1 miglio orario
= 1,85 chilometri orari), o attraverso la scala proposta da Francis
Beaufort.
La scala “Beaufort”
Francis Beaufort fu un ammiraglio inglese vissuto nei primi anni
dell’ottocento.
Egli per classificare la forza del vento ideò una scala da zero a dodici,
crescente a seconda della velocità del vento, dell’altezza delle onde marine
e degli effetti prodotti.
Un vento di forza zero, viene definito da Beaufort “Calma”, e corrisponde alla
descrizione di questi effetti: “il vento non sposta il fumo che esce dai
camini; mare calmo”.
Il vento di forza dodici, il massimo grado della scala, è invece chiamato
“Uragano” e definito così: “Provoca devastazioni gravissime; case seriamente
danneggiate o distrutte; onde alte fino a 14 metri”.
LE WIND-FARM E l’AMBIENTE
l’energia eolica è una fonte rinnovabile e pulita. I possibili effetti
indesiderati degli impianti hanno luogo solo su scala locale e sono:
l’occupazione del territorio, l’impatto visivo, il rumore, gli effetti sulla
flora e la fauna e le interferenze sulle telecomunicazioni.
l’ENERGIA EOLICA NEL MONDO
Nel 1981 la produzione di energia eolica mondiale era ancora praticamente
nulla. Oggi la potenza eolica installata ha superato i 13,000 MW.
Di questi circa 9.000 MW sono prodotti in Europa, soprattutto in Germania e
Danimarca, i paesi europei che per primi hanno creduto alle opportunità
economiche e ambientali offerte dallo sfruttamento di questa forma di
energia.
In questi due paesi, così come in Spagna, Olanda e Gran Bretagna,
l’occupazione associata allo sviluppo e alla diffusione di tale tecnologia è
in continua espansione, anche grazie agli strumenti di sostegno finanziario
messi a disposizione dallo Stato.
Un andamento analogo a quello dell’Europa è stato registrato in Asia,
soprattutto in India, anche se con uno scarto temporale di circa dieci
anni.
POTENZA EOLICA INSTALLATA NEL MONDO A FINE 1999
OCCUPAZIONE DEL TERRITORIO
Gli aerogeneratori e le opere a supporto (cabine elettriche, strade) occupano
solamente il 2-3% del territorio necessario per la costruzione di un
impianto. È importante notare che nelle windfarm, a differenza delle centrali
elettriche convenzionali, la parte del territorio non occupata dalle macchine
può essere impiegata per l’agricoltura e la pastorizia.
IMPATTO VISIVO
Gli aerogeneratori per la loro configurazione sono visibili in ogni contesto
ove vengono inseriti.
Ma una scelta accurata della forma e del colore dei componenti, per evitare
che le parti metalliche riflettano i raggi solari, consente di armonizzare la
presenza degli impianti eolici nel paesaggio.
RUMORE
Il rumore che emette un aerogeneratore viene causato dall’attrito delle pale
con l’aria e dal moltiplicatore di giri. Questo rumore può essere smorzato
migliorando l’inclinazione delle pale e la loro conformazione, e la struttura
e l’isolamento acustico della navicella. Il rumore proveniente da un
aerogeneratore deve essere inferiore ai 45 decibel in prossimità delle vicine
abitazioni.
Tale valore corrisponde ad una conversazione a bassa voce.
I moderni aerogeneratori soddisfano questa richiesta a partire da distanze di
150/180 metri.
EFFETTI SU FLORA E FAUNA
I soli effetti riscontrati riguardano il possibile impatto degli uccelli con
il rotore delle macchine.
Il numero di uccelli che muoiono è comunque inferiore a quello dovuto al
traffico automobilistico, ai pali della luce o del telefono.
INTERFERENZE SULLE TELECOMUNICAZIONI ED EFFETTI ELETTROMAGNETICI
Per evitare possibili interferenze sulle telecomunicazioni e la formazione di
campi elettromagnetici basta stabilire e mantenere la distanza minima fra
l’aerogeneratore e, ad esempio, stazioni terminali di ponti radio, apparati
di assistenza alla navigazione aerea e televisori.
EMISSIONI EVITATE
l’utilizzo dell’energia eolica consente di evitare l’immissione nell’atmosfera
delle sostanze inquinanti e dei gas serra prodotti dalle centrali
convenzionali. Facciamo il conto delle emissioni evitate per kWh
prodotto:
Una centrale elettrica convenzionale emette mediamente
1.000 g/kWh di CO2 (anidride carbonica)
1,4 g/kWh di SO2 (anidride solforosa)
1,9 g/kWh di NOX (ossidi di azoto)
Prendiamo ora in considerazione i 700 MW di impianti eolici, che dovranno
essere realizzati in Italia nei prossimi anni.
Nell’ipotesi che l’energia annua prodotta sia pari a 1,4 TWh, pari a poco più
dello 0,5% del fabbisogno elettrico nazionale, le emissioni annue evitate
sono del seguente ordine:
1,4 milioni di tonnellate di CO2
1.960 tonnellate di SO2
2.660 tonnellate di NOX
l’ENERGIA EOLICA IN ITALIA
In Italia le attività sull’eolico sono iniziate nei primi anni ’80, e furono
svolte principalmente dell’ENEA, dall’ENEL e da alcuni operatori privati, con
l’obiettivo di sviluppare tecnologie e di individuare il potenziale eolico
sfruttabile a livello nazionale.
l’ENEA ha svolto essenzialmente il compito di sostenere lo sviluppo, la
sperimentazione e la dimostrazione di aerogeneratori di tecnologia
nazionale. Oggi continua a studiare i siti per individuarne le potenziali
risorse eoliche, collabora con le pubbliche amministrazioni fornendo supporto
tecnico e svolge campagne di informazione rivolte agli amministratori e alla
popolazione per favorire l’accettazione sociale di nuovi impianti.
Un po’ di storia
In Italia le prime macchine eoliche sono state installate nel 1990 ma solo dal
1996 si è avuto un significativo numero di impianti collegati alla rete di
distribuzione elettrica.
Il primo prototipo di aerogeneratore fu installato nel 1989 ad Alta Nurra in
Sardegna, dove è stata condotta una campagna sperimentale. Oggi a distanza di
oltre 10 anni esistono delle vere centrali eoliche, alcune delle quali sono
costituite da più di 50 aerogeneratori di media taglia (600 kW l’uno).
A dicembre 1999, in Italia risultavano installate circa 583 macchine,
distribuite in 40 impianti, per una potenza complessiva di 282 MW. Alcuni di
questi impianti sono stati costruiti a scopo dimostrativo dall’ENEL, mentre
la maggioranza producono energia elettrica e sono gestiti da operatori
privati che vendono l’energia alla rete elettrica di distribuzione
nazionale.
PARCO EOLICO DI FROSOLONE
LA RISORSA EOLICA IN ITALIA
La posizione geografica dell’Italia, unita alla presenza di catene montuose e
di masse d’acqua, determina un diverso andamento dei venti sia nel corso
dell’anno che da regione a regione.
l’Italia può comunque contare, specie nelle zone mediterranee meridionali e
nelle isole, su venti di buona intensità, quali il maestrale, la tramontana,
lo scirocco e il libeccio.
• Il Piano Energetico Nazionale del 1988, che stabiliva un obiettivo
di 300-600 MW di eolico
I risultati di un’indagine, cui anche l’ENEA ha partecipato, hanno
evidenziato che i siti più idonei allo sfruttamento dell’eolico si trovano
lungo il crinale appenninico, al di sopra dei 600 m slm e, in misura minore,
nelle zone costiere. Le regioni più interessanti sono quelle del Sud, in
particolare Campania, Puglia, Molise, Sicilia e Sardegna, e il territorio
compreso tra le province di Trapani, Foggia, Benevento, Avellino e Potenza è
il principale polo eolico nazionale.
Tuttavia la quantità di energia prodotta da fonte eolica è ancora trascurabile
rispetto al potenziale sfruttabile stimato in circa 3.000 MW sulla terraferma
e altrettanti in offshore.
IL QUADRO NORMATIVO E GLI INCENTIVI
Gli strumenti governativi a sostegno delle fonti rinnovabili in generale, e
dell’eolico in particolare, sono:
• Le leggi 9/91 e 10/91, il provvedimento Cip 6/92 che per la prima volta ha
introdotto tariffe incentivanti per la cessione all’ENEL di energia elettrica
prodotta con impianti da fonti rinnovabili.
• I fondi strutturali europei utilizzati dalle regioni Puglia, Campania,
Umbria e Sicilia per realizzare impianti eolici.
• Il decreto Bersani (79/99) che ha introdotto un nuovo concetto di
incentivazione delle fonti rinnovabili. Questo decreto obbliga i produttori
di energia elettrica da fonti convenzionali a immettere annualmente, nella
rete di distribuzione nazionale, una quota di energia prodotta da fonti
rinnovabili pari al 2% della loro produzione annua. Tale quota di energia può
essere prodotta all’interno stesso dell’impianto o acquistata da
altri.
• La legge 394/91, in particolare l’art. 7 - comma 1 nel quale sono previste
misure d’incentivazione alle amministrazioni comprese nelle aree protette che
promuovano interventi volti a favorire l’uso di tali forme di energia.
Esiste inoltre una legislazione generale che disciplina la pianificazione e la
localizzazione degli impianti eolici, anche in termini di tutela del
paesaggio, dell’ambiente e della salute, nonché di uso del suolo.
Oltre a elettricità, il petrolio vuol dire benzina. Sarà mai possibile
affrancarsi dalla dipendenza del petrolio?
l’elevato prezzo del petrolio dà slancio non solo alle fonti rinnovabili ma
anche alla tecnologia dell’idrogeno. l’idrogeno, che sembra annunciarsi fra
qualche decennio come il combustibile sostitutivo del greggio, è l’elemento
più disponibile in natura.
Non va dimenticato però che l’idrogeno stesso si produce ricorrendo al
petrolio. Il Ministero dell’Ambiente italiano ha stanziato per lo sviluppo
delle tecnologie dell’idrogeno, a cominciare dalle celle a combustibile, un
cofinanziamento di 89.8 milioni di euro per quattordici progetti, pari ad un
investimento di 128 milioni di euro.
La continua crescita della popolazione mondiale e la naturale aspirazione dei
paesi in via di sviluppo a raggiungere standard economici e di qualità della
vita vicini a quelli dei paesi industrializzati sono le principali cause
della crescita inarrestabile della domanda di energia e del contemporaneo
aumento delle emissioni di gas serra, prima fra tutte l’anidride carbonica.
Soddisfare tale domanda, mantenendo questi gas a livelli non pericolosi per
l’ambiente e riducendo così il rischio di cambiamenti climatici nel medio
termine (oltre che, naturalmente, garantire l’approvvigionamento energetico)
rappresenta la sfida tecnologica del nuovo secolo.
Una sfida che può essere vinta solo con l’aumento dell’efficienza dei sistemi
e la contemporanea riduzione del consumo di idrocarburi; con l’espansione
dell’impiego di fonti a basso o nullo contenuto di carbonio quali gas
naturale, rinnovabili, nucleare; con la separazione della CO2, prodotta nella
trasformazione dei combustibili fossili e il confinamento della stessa; con
l’aumento, infine, del potenziale di assorbimento della stessa CO2
Il problema delle emissioni di gas serra
Il principale responsabile dell’effetto serra è l’anidride carbonica, prodotto
finale dell’uso dei combustibili fossili nella generazione di energia
termica, meccanica ed elettrica.
2 nell’aria era pari a 300 parti All’inizio del secolo scorso la concentrazione della CO per milione (ppm). Ora è circa 380 ppm.
La combustione è il maggior responsabile delle emissioni di gas serra (quasi
l’80% in Italia).
A livello globale circa il 30% delle emissioni di CO2 in atmosfera è causato
dai trasporti.
Le previsioni dei consumi di energia per il prossimo secolo fanno prevedere un
continuo aumento delle emissioni di CO e della sua concentrazione in
atmosfera, a meno di sostanziali cambiamenti del sistema energetico;
l’andamento sotto riportato è stato stimato dall’IPCC in uno scenario senza
particolari correttivi e con pieno sviluppo tecnologico ed economico.
Tuttavia, in particolare per i trasporti, oltre a ridurre drasticamente l’uso
dell’automobile, si può cercare di intervenire sull’efficienza dei veicoli o
introducendo combustibili più puliti.
LA CONCENTRAZIONE DI CO2 IN ATMOSFERA - TREND DI CRESCITA
L'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha valutato la possibile
evoluzione della concentrazione di CO2 senza interventi specifici
l’idrogeno è un vettore in grado di soddisfare i requisiti precedentemente
indicati; infatti:
• è un gas che brucia nell’aria secondo la semplice reazione: idrogeno più
ossigeno uguale acqua e calore 2 + 1/2 O2 = H2O + calore H dando quindi come
unico prodotto di reazione acqua pura;
• può essere prodotto sia da fonti fossili, sia da fonti rinnovabili, sia da
fonte nucleare;
• può essere distribuito in rete abbastanza agevolmente compatibilmente con
gli usi finali e con lo sviluppo delle tecnologie di trasporto e di
stoccaggio;
• può essere impiegato in diverse applicazioni (produzione di energia
elettrica centralizzata o distribuita, generazione di calore, trazione) con
un impatto locale nullo o estremamente ridotto.
Come vedremo meglio in seguito, sono indubbi i vantaggi energetici e
soprattutto ambientali che conseguirebbero dall’uso esteso dell’idrogeno in
particolari sistemi elettrochimici denominati “celle a combustibile” che
permettono la trasformazione diretta dell’energia chimica contenuta nel gas
in energia elettrica, senza altre emissioni dannose.
Si può dire, quindi, che l’idrogeno rappresenta in prospettiva un componente
ideale di un futuro sistema energetico sostenibile, costituendo un incentivo
verso l’impiego diffuso delle fonti rinnovabili (e di un “nuovo nucleare”),
ma già nel breve-medio termine può rendere i combustibili fossili compatibili
con le esigenze ambientali.
Lo sviluppo come vettore energetico richiede però la predisposizione anche di
una vasta gamma di infrastrutture integrate, se non altro per rendere
l’impiego economico e affidabile in tutte le varie fasi della catena
tecnologica (produzione, confinamento dell’anidride carbonica generata nel
processo, trasporto, accumulo, usi finali). Ad esempio, si pensi solo che
nell’applicazione all’autotrazione occorre sviluppare non solo le celle a
combustibile più adatte, ma anche serbatoi per equipaggiare i veicoli,
sistemi di trasporto e reti di distribuzione paragonabili a quelli dei
carburanti tradizionali.
Tutto ciò, ovviamente, costituisce una grossa sfida per i prossimi anni che
tuttavia non potrà non avere benefiche ricadute - in termini economici e
occupazionali - immediatamente nel comparto della ricerca e sviluppo e a
seguire sull’intera industria manifatturiera di ogni Paese.
COS’È E COME SI PRODUCE
l’idrogeno, l’elemento più leggero e abbondante dell’universo, è assai raro
sulla Terra allo stato elementare a causa della sua estrema volatilità - si
trova, ad esempio, nelle emanazioni vulcaniche, nelle sorgenti petrolifere,
nelle fumarole - ma viceversa è molto diffuso sotto forma di composti (acqua,
idrocarburi, sostanze minerali, organismi animali e vegetali) e può quindi
essere prodotto a partire da diverse fonti. l’interesse per il suo impiego
come combustibile, sia per applicazioni stazionarie che per la trazione,
deriva dal fatto che l’inquinamento prodotto è quasi nullo; infatti, come già
accennato, se usato in sistemi a combustione produce vapor d’acqua e tracce
di ossidi di azoto, oppure solo vapor d’acqua se utilizzato con sistemi
elettrochimici con celle a combustibile.
Rispetto agli altri combustibili, l’idrogeno è un gas incolore, inodore, non
velenoso, estremamente volatile e leggero: presenta quindi un ridotto
contenuto energetico per unità di volume, mentre ha il più alto contenuto di
energia per unità di massa. Per fare un confronto con un altro combustibile,
ad esempio il gasolio, possiamo dire che un litro di gasolio, come contenuto
energetico, equivale a:
• 3,12 m3 di idrogeno gassoso (in condizioni normali);
• 4,13 litri di idrogeno liquido dove però la combustione dell’idrogeno può
essere realizzata con un’efficienza più alta.
A fronte di queste qualità energetiche e soprattutto ambientali, tuttavia
l’introduzione dell’idrogeno come combustibile - e più in generale come
vettore energetico - richiede che siano messe a punto le tecnologie
necessarie per agevolare la produzione, il trasporto, l’accumulo e
l’utilizzo. A titolo di esempio, solo per la liquefazione a -253 °C occorrono
particolari tecnologie oltre che la predisposizione di speciali container per
il trasporto.
Per quanto riguarda la produzione, ricordiamo che le fonti primarie di
partenza possono essere sia fossili che rinnovabili in modo da contribuire
alla diversificazione ed all’integrazione tra i diversi tipi di energia. In
figura 3 sono schematizzati alcuni metodi di produzione dell’idrogeno.
PRODUZIONE DA FONTI FOSSILI
Le tecnologie di produzione dell’idrogeno a partire dai combustibili fossili
sono mature e ampiamente utilizzate, anche se vanno ottimizzate da un punto
di vista economico, energetico e di impatto ambientale. Dei circa 500
miliardi di Nm3 di idrogeno prodotti annualmente a livello mondiale, circa
190 miliardi rappresentano un sottoprodotto dell’industria chimica (ad es.
dagli impianti cloro-soda), mentre la maggior frazione deriva da combustibili
fossili, gas naturale ed olio pesante, attraverso processi di reforming e di
ossidazione parziale.
Tali processi prevedono la produzione del gas attraverso successivi stadi di
raffinazione e di frazionamento delle molecole degli idrocarburi fino alla
completa eliminazione del carbonio. Con questa linea oggi viene prodotta una
grandissima quantità di idrogeno, tutta quella consumata sul mercato della
chimica dei fertilizzanti di sintesi e nella metallurgia dell’acciaio. Il
processo più diffuso, “steam reforming”, reazione a caldo del metano con
vapore a 800 °C in modo da ossidare il carbonio e liberare idrogeno dalla
molecola con emissione di anidride carbonica secondo la reazione
CH4 + 2H2O + calore = 4H2 + CO2 è tecnicamente molto ben sperimentato e viene
realizzato industrialmente con reattori di grosse capacità dell’ordine, di
100.000 Nm3/h. Unità molto più piccole, realizzate specificamente per l’uso
sui veicoli o per impianti di generazione distribuita di piccola taglia, sono
attualmente in via di sviluppo soprattutto per l’utilizzo in sistemi con
celle a combustibile.
La produzione da fonti fossili, però, ha l’inconveniente di dar luogo - come
prodotto di scarto - alla emissione di grandi quantità di CO , cosicché
l’idrogeno - pur utilizzabile in modo pulito - non è comunque incolpevole a
causa dell’inquinamento prodotto nel ciclo di lavorazione.
Per ovviare a ciò occorrerebbe raccogliere e confinare(2) la CO prodotta nei
grossi impianti, sfruttando l’esperienza in materia delle compagnie
petrolifere. Per queste si può anche ipotizzare una parziale riconversione
che consenta di produrre idrogeno dagli idrocarburi, idrogeno che verrebbe
poi utilizzato negli autoveicoli (conservando ovviamente il profitto per le
compagnie).
Dal punto di vista ambientale, questa soluzione ha il vantaggio di evitare le
emissioni di CO2 di una miriade di veicoli sparsi sul territorio,
concentrandole negli impianti petrolchimici da dove però potrebbero essere
catturate con opportuni filtri, trasformate in forma liquida o solida e poi
immagazzinate in giacimenti geologici profondi e di caratteristiche adeguate
che ne dovrebbero impedire la reimmissione in atmosfera. Nel nostro Paese,
come in altri, le opzioni principali sono due:
• pompaggio nei giacimenti esauriti di gas e petrolio;
• immissione nei cosiddetti acquiferi salini(3), formazioni stabili
sotterranee non altrimenti utilizzabili, e in fondali oceanici situati a
grande profondità (oltre 1.000 m sotto il livello del masi manterrebbe allo
stato liquido indefinitamente a causa dell’enorme pressione ivi
esistente.
Dal punto di vista tecnico, queste proposte - il cui sviluppo già costituisce
di per sé un programma di ampie dimensioni - sono già oggi realizzabili con
qualche aggiustamento e modifica di tecnologie esistenti in modo da
consentire uno sviluppo graduale delle infrastrutture del settore energetico
e quindi una riduzione degli inquinanti nel breve-medio termine. È tuttavia
da tener presente che la produzione di idrogeno da combustibili fossili deve
essere considerata come una sorta di “ponte tecnologico” verso la produzione
da fonti rinnovabili - soluzione più promettente nel lungo termine - in
quanto lascerebbe irrisolti in particolare i problemi economici a causa
dell’inevitabile progressivo esaurimento delle riserve di combustibili
fossili e del costo aggiuntivo del confinamento della CO2.
PRODUZIONE DA FONTI RINNOVABILI
Per quanto riguarda la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili - modo
sostanzialmente pulito e per questo ben più interessante - i processi possono
essere sommariamente distinti in:
• produzione da biomasse;
• produzione dall’acqua.
Nella produzione di idrogeno a partire da biomasse nessuno dei processi
proposti ha ancora raggiunto la maturità industriale. Le diverse alternative
(gassificazione; pirolisi e successivo reforming della frazione liquida
prodotta; produzione di etanolo e reforming dello stesso; produzione
biologica attraverso processi basati su fenomeni di fotosintesi o di
fermentazione) richiedono tutte un impegno notevole di ricerca, sviluppo e
dimostrazione, anche se a livelli diversi. Le premesse sono comunque buone,
tenuto anche conto dei diversi materiali utilizzabili.
(2) Immagazzinare in giacimenti geologici per impedire la reimmissione in
atmosfera.
(3) Ammassi di rocce sedimentarie porose permeabili e saturate di acqua.
l’idrogeno può anche essere prodotto dall’acqua scindendo la stessa nei suoi
componenti (idrogeno e ossigeno) attraverso diversi processi, tra i quali
quello più consolidato è l’elettrolisi. Schematicamente questa è
rappresentata dalla seguente reazione: acqua più energia elettrica uguale
idrogeno più ossigeno:
Si può notare subito che la reazione di elettrolisi risulta esattamente
inversa a quella che avviene nelle celle a combustibile. Pertanto,
l’intero processo di produzione e consumo è ambientalmente sostenibile purché
sia disponibile una corrispondente quantità di energia elettrica pulita in
grado di alimentare il processo di elettrolisi. È immediato pensare al sole
come sorgente di questa energia, sfruttabile attraverso l’utilizzo di
impianti di conversione fotovoltaica, la cui tecnologia già oggi può essere
considerata tecnicamente affidabile e adeguata, anche se non ancora
competitiva.
Infatti, mediante l’uso di energia solare fotovoltaica si può produrre
idrogeno elettrolitico e ossigeno che poi possono essere fatti ricombinare
nelle celle a combustibile per produrre l’energia elettrica di cui abbiamo
bisogno. Come prodotto finale di scarto si genera una quantità di acqua pura
pressappoco uguale a quella di partenza, chiudendo in tal modo il ciclo senza
emissioni inquinanti. Infine, è evidente che le grandi distese oceaniche
altro non sono che enormi riserve di idrogeno: ogni kg di acqua pura contiene
111 g di idrogeno che, una volta bruciato, potrebbe produrre 3,200
chilocalorie di energia termica. Pertanto dall’acqua, in linea di principio,
sarebbe possibile estrarre tutto l’idrogeno necessario a soddisfare in modo
pulito le esigenze energetiche dell’umanità.
Il problema attualmente è il costo. Con l’elettrolisi dell’acqua, infatti, è
vero che si può ottenere idrogeno praticamente puro, ma solo a un prezzo che
può diventare economicamente accettabile in una prospettiva ancora lontana,
allorquando le innovazioni tecnologiche potrebbero consentire un costo
estremamente basso dell’energia elettrica, prodotta da fonti rinnovabili (o
da nucleare).
Pertanto tale scelta non appare, allo stato attuale delle conoscenze,
economicamente ed energeticamente perseguibile, se non per applicazioni
particolari (ad esempio aree remote).
La dissociazione dell’acqua può essere effettuata anche facendo uso di
processi termochimici che utilizzano calore ad alta temperatura (800-1000 °C)
ottenuto da fonti diverse (prima fra tutte l’energia solare termica); sono in
corso, anche in Italia, attività di ricerca e sviluppo tese a dimostrare la
fattibilità industriale di tali processi ed il potenziale nel lungo termine
sembra esse-
Altri processi, ancora allo stato di laboratorio, sono la fotoconversione che
scinde l’acqua usando organismi biologici o materiali sintetici, e i processi
fotoelettrochimici, che usano per lo stesso scopo una corrente elettrica
generata da semiconduttori.
STOCCAGGIO E DISTRIBUZIONE
Nella figura 4 è riportato uno schema dei possibili metodi di produzione e di
utilizzazione dell’idrogeno.
A sinistra, notiamo un impianto di produzione tradizionale tipo “steam
reforming” alimentato da gas naturale trasportato da un metanodotto. La CO2
coprodotta (linea gialla) viene separata e confinata in giacimenti esauriti
di idrocarburi o in acquiferi salini a grande profondità (come si vede in
basso).
Nella parte superiore sono indicate le altre tecnologie di produzione da fonti
rinnovabili (linea arancione): solare termico, impianti eolici, fotovoltaici,
biomasse. l’idrogeno prodotto sarà poi utilizzato in centrali termoelettriche
tradizionali, in impianti a celle a combustibile o nei trasporti, sfruttando
veicoli a combustione interna o a celle (parte destra della figura).
l’energia elettrica così prodotta potrà essere dedicata all’alimentazione
delle utenze diffuse (linea nera).
l’idrogeno può essere trasportato e accumulato in forma gassosa, liquida
oppure adsorbito su materiali speciali; ogni forma presenta aspetti
favorevoli e svantaggi e tutte, se pur in gran parte già utilizzate,
richiedono significativi sforzi di ricerca e sviluppo per un impiego su larga
scala affidabile e economicamente competitivo, come nel caso di una rete
adeguata per il rifornimento degli autoveicoli.
Un ampio uso dell’idrogeno come vettore energetico richiede una sua
disponibilità su larga scala, per le diverse applicazioni e in prossimità del
punto d’uso
UTILIZZO
Sono allo studio diverse soluzioni per il sequestro della CO come il
confinamento geologico in acquiferi salini e giacimenti esauriti di metano o
petrolio.
Per il trasporto dell’idrogeno gassoso si può pensare a idrogenodotti ed
esistono esperienze significative in tal senso ma vanno migliorate le
tecnologie per i materiali da impiegare e per la compressione del gas (minore
potere calorifico e quindi maggiori portate per la stessa quantità di
energia). Il trasporto in forma liquida in bombole utilizzando autocarri
presenta problematiche ancora più complesse e sembra, in prospettiva,
conveniente solo per quantità limitate e percorrenze elevate.
I metodi di stoccaggio dipendono dalle applicazioni considerate e sono critici
soprattutto per l’impiego a bordo di veicoli, richiedendo una elevata densità
di energia. Esistono diverse tecnologie di accumulo dell’idrogeno, le quali
comunque devono rispondere a requisiti di efficienza, praticità ed
economicità. Nessuna di queste è ad oggi pienamente soddisfacente; tuttavia
nel seguito vengono descritte brevemente quelle più promettenti, facendo
riferimento - per semplicità - all’uso come combustibile per automobili,
certamente una delle applicazioni più appetibili. Qui le soluzioni possibili
prevedono la compressione del gas, la sua liquefazione e infine
l’accumulazione su idruri metallici.
COMPRESSIONE
Il modo più semplice ed economico per accumulare idrogeno è di utilizzarlo
sotto forma di gas compresso a pressione di 200-250 bar (ed oltre). La
tecnologia risulta tuttavia non facilmente proponibile per l’uso a bordo di
auto tradizionali, a causa del peso ed ingombro dei serbatoi attualmente
utilizzati, che rappresentano un limite all’autonomia e capacità di carico
del veicolo.
Di recente, notevoli progressi sono stati fatti con l’introduzione di serbatoi
con struttura metallica o termoplastica rinforzata con fibre di carbonio, di
vetro ed arammidiche(4), che presentano un peso 3-4 volte inferiore a quello
dei comuni serbatoi e che consentono di superare in parte gli inconvenienti
dell’uso delle bombole tradizionali. Questi serbatoi sono in grado di operare
a pressioni fino a 350 bar (potenzialmente fino a 700 bar) e consentono
quindi di ottenere densità di accumulo di idrogeno adeguate all’uso a bordo
di veicoli. Le caratteristiche di sicurezza sono solitamente molto elevate,
grazie alla robustezza dei serbatoi ed all’introduzione di fusibili
antiscoppio in caso di incendio, e di valvole di interruzione del circuito in
caso di urto.
Per quanto riguarda normative di sicurezza e licenze per usi a bordo di
veicoli, le bombole di idrogeno sono soggette a restrizioni analoghe a quelle
adottate nel caso del gas naturale.
LIQUEFAZIONE
l’idrogeno può essere immagazzinato anche in forma liquida ad una temperatura
di -253 °C. Per mantenere queste temperature sono stati messi a punto
serbatoi criogenici a doppia parete, con un’intercapedine, dove viene fatto
il vuoto (serbatoi tipo “dewar”). Questa tecnologia è ormai consolidata in
Germania, dove la BMW la utilizza da oltre 15 anni su auto ad idrogeno
alimentate con motori a combustione interna.
l’accumulo in forma liquida è forse la tecnologia che oggi meglio soddisfa, da
un punto di vista teorico, le esigenze specifiche dell’autotrazione; tuttavia
anch’essa presenta dei limiti. A sfavore dell’idrogeno liquido giocano la
maggiore complessità del sistema, non solo a bordo del veicolo ma anche a
terra, per la distribuzione ed il rifornimento, ed i maggiori costi ad esso
associati.
Anche il costo energetico della liquefazione è considerevole, corrispondendo a
circa il 30% del contenuto energetico del combustibile, contro un valore
compreso tra il 4% ed il 7% per l’idrogeno compresso.
ACCUMULO CHIMICO
l’idrogeno può legarsi chimicamente con diversi metalli e leghe metalliche
formando idruri, composti in grado di intrappolare idrogeno a pressioni
relativamente basse. Il gas penetra all’interno del reticolo cristallino del
metallo, andando ad occupare i siti interstiziali. Tale tecnologia permette
di raggiungere densità energetiche potenzialmente maggiori dell’idrogeno
compresso e paragonabili con quelle dell’idrogeno liquido. Il volume di
stoccaggio si potrebbe ridurre di 3-4 volte, rendendo possibile l’uso nelle
autovetture, mentre l’energia specifica dipende dal peso specifico del
metallo di base. Le percentuali in peso dell’idrogeno sul peso del metallo
variano dall’1 al 12,7% (idruro di litio) mentre per le comuni bombole tale
percentuale è di poco superiore all’1%.
A fronte di tali caratteristiche positive, esistono ancora numerosi problemi
da superare per la realizzazione di sistemi di accumulo veramente
competitivi. Ad esempio, occorre lavorare ancora per migliorare la stabilità
strutturale e termica del materiale, per depurarlo dalle impurità presenti
nell’idrogeno, per rendere compatibili temperatura e pressione con le
applicazioni previste, ecc.
Comunque, allo stato attuale, i materiali disponibili portano a sistemi di
accumulo troppo pesanti:
a parità di peso, il veicolo presenta un’autonomia tre volte inferiore a
quella ottenibile con idrogeno liquido o compresso con serbatoi di tipo
avanzato. Sono invece indubbi i vantaggi in termini di convenienza,
compattezza, stabilità dello stoccaggio, sicurezza.
Una tecnologia recentissima e ancora sperimentale riguarda l’utilizzo di
nanostrutture di carbonio (nanotubi e nanofibre di carbonio), scoperte
all’inizio degli anni 90, che stanno dimostrando buone capacità di
adsorbimento dell’idrogeno, con risultati in alcuni casi sorprendenti. Su
questi materiali sono in corso ricerche da parte di numerosi gruppi di
lavoro, ma i risultati ottenuti, spesso in contrasto tra di loro, sono per il
momento difficilmente confrontabili in quanto le esperienze sono state
effettuate su campioni di materiali di diverso tipo, provati in condizioni di
pressione e temperatura molto diverse tra loro. Il campo di variazione della
pressione va da pochi bar ad alcune centinaia di bar, la temperatura da 80 °K
a 800 °K, le percentuali di adsorbimento in peso variano da valori inferiori
all’1% ad un incredibile 60%.
DISTRIBUZIONE
A seconda delle quantità interessate, l’idrogeno può essere trasportato per
mezzo di autocisterne o con idrogenodotti. Fra le due opzioni, entrambe
praticabili con le tecnologie attuali, esistono grosse differenze di costo e
quindi solo specifiche analisi tecnico-economiche per le singole applicazioni
possono determinare quale sia di volta in volta la soluzione migliore.
Tubazioni di grosse dimensioni in acciaio standard (e quindi senza requisiti
specifici) hanno trasportato idrogeno in Germania, nel distretto della Ruhr,
dai produttori ai consumatori sin dal 1938, senza particolari problemi di
sicurezza (le tubazioni erano provviste di sensori per possibili fughe ed
erano previste periodiche ispezioni di controllo).
D’altra parte è utile ricordare come anche in Italia, per più di 70 anni, si è
distribuito nelle città senza problemi particolari il cosiddetto “gas di
città”, costituito da miscele di idrogeno (50%) e monossido di carbonio
(50%), dove l’elemento di maggiore pericolosità era il monossido di carbonio,
in quanto altamente tossico. Attualmente anche città a densità di popolazione
estremamente elevate, come Pechino, sono servite da reti di distribuzione di
questo tipo di gas. Idrogenodotti di dimensioni significative sono
attualmente presenti in diverse nazioni: esiste una rete di circa 170 km
nella Francia del Nord, per un totale nell’intera Europa di più di 1,500 km.
Il Nord America, poi, possiede più di 700 km di condutture per il trasporto
dell’idrogeno.
l’esperienza accumulata nel settore della distribuzione gas può quindi essere
utilizzata in maniera molto diretta anche per la realizzazione e l’esercizio
di reti di distribuzione dell’idrogeno, grosso modo simili alle attuali reti
per il gas naturale; le maggiori differenze potrebbero risiedere nei
materiali utilizzati (alcuni acciai, tipo quelli al cromo e al molibdeno,
hanno migliore compatibilità con l’idrogeno) e nei criteri di progetto delle
stazioni di pompaggio. In particolare, sebbene abbia una densità energetica
volumetrica minore di quella del gas naturale, l’idrogeno è meno viscoso, per
cui, con un’adatta progettazione, l’energia necessaria per il suo pompaggio
diventa paragonabile a quella richiesta per la stessa quantità di energia
trasportata con il gas naturale.
Reti di distribuzione per idrogeno liquido, risultando particolarmente
costose e di difficile gestione, sono state realizzate solo per applicazioni
particolarmente specializzate, come il rifornimento di veicoli
spaziali.
UTILIZZO
Le due principali utilizzazioni previste in futuro per l’idrogeno e per cui si
sta lavorando attualmente nei laboratori di ricerca applicata riguardano
l’impiego come combustibile per la generazione di energia elettrica e per il
trasporto. Impianti per la produzione centralizzata di energia elettrica e
motori a combustione interna alimentati a idrogeno sono già fattibili sulla
base delle tecnologie esistenti e anche con emissioni sensibilmente ridotte
rispetto a quelle degli impianti convenzionali.
Deve tuttavia essere ulteriormente migliorato il rendimento e abbassati i
costi; per questo sono in corso di sperimentazione materiali e soluzioni
innovative che dovrebbero arrivare a maturazione nel giro di alcuni
anni.
Ma lo strumento principale il cui sviluppo condizionerà pesantemente la reale
affermazione dell’idrogeno come vettore energetico pulito è senza dubbio la
cella a combustibile. Diamo qui un cenno sul suo funzionamento e alcune
indicazioni sullo sviluppo della tecnologia.
LA CELLA A COMBUSTIBILE
Una cella a combustibile è un dispositivo elettrochimico che converte
direttamente l’energia di un combustibile in elettricità e calore senza
passare attraverso cicli termici e quindi senza risentire delle limitazioni
imposte a questi ultimi dalla termodinamica. In sostanza funziona in modo
analogo ad una batteria, in quanto produce energia elettrica attraverso un
processo elettrochimico; a differenza di quest’ultima, tuttavia, consuma
sostanze provenienti dall’esterno ed è quindi in grado di funzionare senza
interruzioni, finché al sistema viene fornito combustibile ed
ossidante.
Come funziona una cella a combustibile
Una cella a combustibile e un dispositivo elettrochimico che converte
direttamente l’energia di un combustibile in elettricita e calore, senza
passare attraverso cicli termici.
Una cella e composta da due elettrodi separati da un elettrolita.
Le reazioni che avvengono agli elettrodi consumano fondamentalmente idrogeno e
ossigeno e producono acqua, attivando un passaggio di corrente elettrica nel
circuito esterno.
l’elettrolita, che ha la funzione di condurre gli ioni prodotti da una
reazione e consumati dall’altra, chiude il circuito elettrico all’interno
della cella.
La trasformazione elettrochimica e accompagnata da produzione di calore.
Elettrolita Anodo
La cella e composta da due elettrodi in materiale poroso, separati da un
elettrolita.
Gli elettrodi fungono da siti catalitici per le reazioni di cella che
consumano fondamentalmente idrogeno ed ossigeno, con produzione di acqua e
passaggio di corrente elettrica nel circuito esterno. l’elettrolita ha la
funzione di condurre gli ioni prodotti da una reazione e consumati
dall’altra, chiudendo il circuito elettrico all’interno della cella. La
trasformazione elettrochimica e accompagnata da produzione di calore, che e
necessario estrarre per mantenere costante la temperatura di funzionamento
della cella.
ACQUA
Costruttivamente le celle sono disposte in serie, a mezzo di piatti bipolari a
formare il cosiddetto “stack”. Gli stack a loro volta sono assemblati in
moduli per ottenere generatori della potenza richiesta. Si ottiene in questo
modo un dispositivo ad elevata efficienza di conversione energetica, di
rendimento quasi indipendente dal carico e dalla taglia dell’impianto,
flessibile nell’uso dei combustibili di partenza, di impatto ambientale assai
ridotto con emissioni trascurabili e bassa rumorosita.
Comunque, nonostante i notevoli progressi compiuti a livello mondiale per
affinare la tecnologia e le caratteristiche delle celle, c’e da fare ancora
molto lavoro per migliorare le prestazioni dei materiali; per incrementare le
prestazioni energetiche e ambientali; per aumentare l’affidabilita e la
durata; per semplificare i sistemi e ridurre i costi; per creare una rete di
distribuzione del combustibile; e infine per consentire l’emissione di
standard e normative.
Esistono ancora molte perplessità per agli aspetti di sicurezza a causa della
poca familiarità con questo vettore, il che porta ad applicare condizioni
particolarmente restrittive per la sua utilizzazione.
Tuttavia, al di là della soggettiva “percezione di rischio”, un’analisi
attenta ridimensiona il concetto di pericolosità dell’idrogeno.
Questo gas è meno infiammabile della benzina. Infatti la sua temperatura di
autoaccensione è di circa 550 °C, contro i 230-500 °C (a seconda dei tipi)
della benzina.
l’idrogeno è il più leggero degli elementi (quindici volte meno dell’aria), e
perciò si diluisce molto rapidamente in spazi aperti.
È praticamente impossibile farlo detonare, se non in spazi confinati. Per
individuare concentrazioni potenzialmente pericolose (> 4% in aria) si
utilizzano sensori che possono facilmente comandare adeguati sistemi di
sicurezza.
I veicoli prototipo della BMW, ad esempio, hanno vetri e tettuccio che, in
caso di presenza del gas, si aprono automaticamente.
Quando brucia, l’idrogeno si consuma molto rapidamente, sempre con fiamme
dirette verso l’alto e caratterizzate da una radiazione termica a lunghezza
d’onda molto bassa, quindi facilmente assorbibile dall’atmosfera.
Per contro materiali come la benzina, il gasolio, il GPL od il gas naturale
sono più pesanti dell’aria e, non disperdendosi, rimangono una fonte di
pericolo per tempi molto più lunghi. È stato calcolato, facendo uso di dati
sperimentali, che l’incendio di un veicolo a benzina si protrae per 20-30
minuti, mentre per un veicolo ad idrogeno non dura più di 1-2 minuti.
La bassa radiazione termica, propria delle fiamme da idrogeno, fa sì che
esistano poche possibilità (al di là dell’esposizione diretta alla fiamma)
che materiali vicini possano essere a loro volta incendiati, riducendo così,
oltre alla durata dell’incendio, anche il pericolo di emissioni
tossiche.
l’idrogeno, al contrario dei combustibili fossili, non è tossico, né corrosivo
ed eventuali perdite dai serbatoi non causano problemi di inquinamento del
terreno o di falde idriche sotterranee.
RICERCA E SVILUPPO ALl’ESTERO
I principali Paesi industrializzati nel mondo, in particolare Stati Uniti,
Giappone, Unione Europea hanno tutti programmi di ricerca e sviluppo in
corso, sia a breve che a medio termine, finalizzati a perfezionare la
tecnologia delle celle e ad introdurre lo sfruttamento dell’idrogeno nella
produzione di energia nel giro di alcuni anni.
A livello europeo, nell’ottobre 2002, è stato costituito un gruppo di esperti
composto da rappresentanti di grandi industrie del settore automobilistico ed
energetico, dei servizi pubblici, di istituti di ricerca, con il compito di
definire un programma e le priorità per promuovere la diffusione e l’utilizzo
dell’idrogeno.
Nel giugno 2003 a Bruxelles è stato da questi presentato un documento sulla
“Visione Europea” che, di pari passo con lo sviluppo delle celle a
combustibile e delle tecnologie correlate, prevede che intorno al 2050
l’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili rivestirà un ruolo importante nella
produzione di energia.
IN ITALIA
In Italia, da un punto di vista energetico, la disponibilità di un vettore
flessibile e pulito prodotto a partire da fonti diversificate, sia fossili
che rinnovabili, è di estremo interesse per il nostro Paese, vista la sua
dipendenza dalle importazioni di gas e di petrolio e l’estrema vulnerabilità
del sistema elettrico in caso di aumento dei consumi o di difficoltà di
importazione dell’energia.
Analogo interesse rivestono i risvolti ambientali connessi con tale scelta che
potranno favorire il conseguimento degli obiettivi previsti dal Protocollo di
Kyoto(5) e dare un contributo significativo alla riduzione dell’inquinamento
locale.
In particolare l’impiego dell’idrogeno nei trasporti contribuirebbe a
migliorare la qualità dell’aria nei centri urbani che, nonostante i grandi
progressi realizzati e attesi nei veicoli convenzionali e nei relativi
sistemi di abbattimento, ancora presenta delle criticità (smog fotochimico,
particolato, poliaromatici, ecc.).
Infine, per ultimo ma non ultimo, tutti questi benefici si combinano anche con
gli interessi dell’industria nazionale: l’essere presenti nel mercato che si
aprirà di qui a pochi anni è indispensabile per aspirare a una posizione
competitiva in questo business.
D’altra parte, gli ingenti investimenti necessari richiedono il coinvolgimento
attivo e convinto dei principali attori nazionali interessati (governo,
società energetiche, industrie, utenti, strutture di ricerca); inoltre le
numerose competenze necessarie e i diversi interessi coinvolti devono essere
gestite in un quadro organico e unitario, che persegua in maniera coordinata
obiettivi di interesse strategico per il Paese, avvalendosi anche di
collaborazioni internazionali.
l’ENEA, per il suo ruolo e le sue competenze, intende contribuire allo
sviluppo di tale programma in collaborazione con tutti i soggetti nazionali
interessati.
Nel sono illustrati, a titolo di esempio, alcuni sistemi di celle a
elettrolita polimerico a cui sta lavorando attualmente l’Ente.
(5) Il Protocollo di Kyoto del 1998 prevede che tutti i Paesi industrializzati
si impegnino a ridurre, per il periodo 2008-2012, il totale delle emissioni
di gas ad effetto serra almeno del 5% rispetto ai livelli del 1990. l’Italia
si è impegnata per il 6,5%.
I VEICOLI A IDROGENO
A livello globale circa il 30% delle emissioni di CO2
in atmosfera è causato dai trasporti, del resto responsabili anche per altri
tipi di inquinamento. Oltre ad agire sull’efficienza dei veicoli tradizionali
e a cercare di utilizzare combustibili più puliti, per cercare di limitare
l’effetto serra appare opportuno sviluppare la tecnologia del veicolo
elettrico e, fra le varie soluzioni, quella più promettente a medio-lungo
termine è basata sull’uso dell’idrogeno in veicoli equipaggiati con celle a
combustibile. È per questi motivi che si dedicherà un po’ di attenzione
all’approfondimento di questa opportunità.
l’UTILIZZO DELLE CELLE A COMBUSTIBILE NELLA TRAZIONE
l’intervento in questo settore è orientato allo sviluppo sia di motori a
combustione interna, sia di motori con celle a combustibile, questi ultimi
essenziali per un sistema di trasporto a minimo impatto ambientale. l’uso
delle celle a combustibile per la trazione presenta infatti numerosi vantaggi
ma comporta un grosso cambiamento rispetto alla filosofia attuale dei
veicoli.
Grazie alle caratteristiche delle celle il consumo del veicolo é meno della
metà di un veicolo tradizionale alimentato a idrogeno
I veicoli con motori a celle a combustibile hanno tutte le caratteristiche di
un veicolo elettrico, in quanto il sistema di generazione produce corrente
continua. Su questi si troveranno quindi tutti i sistemi di regolazione e
controllo della trazione propri dei veicoli a batteria.
Inoltre la presenza di un motore elettrico e di un sistema di accumulo
consente il “recupero in frenata”, opzione che, soprattutto in cicli
caratterizzati da molte accelerazioni e frenate, come quelli urbani, può
portare a notevoli risparmi di combustibile.
Le prestazioni sono paragonabili a quelle dei veicoli tradizionali e
l’autonomia dipende ancora una volta dalla tecnologia utilizzata per lo
stoccaggio dell’idrogeno ma la maggior efficienza delle celle a combustibile
(circa il doppio dell’equivalente motore convenzionale su cicli urbani, in
quanto le celle non sono penalizzate nel funzionamento a potenza ridotta)
semplifica un poco questo problema.
La guidabilità è quella dei veicoli elettrici che, come detto, ben si presta
soprattutto a cicli urbani caratterizzati da accelerazioni a bassa
velocità.
l’impatto ambientale di un veicolo a celle alimentato ad idrogeno è
praticamente nullo, con i gas di scarico che contengono solamente aria e
vapor d’acqua. Le caratteristiche delle celle (modularità, rendimenti elevati
anche per dimensioni medio-piccole e per carichi parziali) permettono inoltre
la realizzazione di veicoli con taglie anche molto diverse (dalla bici
all’auto, all’autobus, alle motrici ferroviarie) con la stessa tecnologia e
con caratteristiche di prestazioni, consumi ed impatto ambientale
equivalenti.
Nel campo della trazione, dopo i primi prototipi realizzati con tecnologie
diverse, il tipo di cella su cui si sono concentrati tutti i costruttori di
veicoli è quello ad elettrolita polimerico, che meglio soddisfa i requisiti
specifici dell’uso sui veicoli stradali (v. riquadro sotto). Anche il grado
di maturità tecnologica sta crescendo, avendo le maggiori case
automobilistiche già realizzato i primi prototipi marcianti, sia di
autovetture che di autobus, anche se resta ancora molta strada da fare per
iniziare una produzione di serie.
Celle a elettrolita polimerico
Rappresentano la tecnologia su cui sono focalizzate le attività di sviluppo
dei principali costruttori automobilistici.
Vantaggi
Funzionamento a bassa temperatura
Elevata densità di potenza dello stack (~ 1,7 kW/l, ~ 1,3 kW/kg)
Assenza di problemi di corrosione tipici di altri tipi di celle con
elettrolita liquido
Relativa semplicità costruttiva
Rapidità di partenza a freddo (circa un minuto)
Con idrogeno come combustibile il veicolo è a “zero emissioni”
Il fattore chiave su cui occorre focalizzare l’attenzione è rappresentato
dalla riduzione dei costi.
Il target per un sistema con celle a combustibile, fissato dai costruttori di
veicoli, è dello stesso ordine di grandezza di quello degli odierni motori
(50-100 $/kW) ma attualmente il costo di questi ultimi è di gran lunga
inferiore a quello degli attuali prototipi di sistemi con celle (5,000-10,000
$/kW).
Data la semplicità costruttiva di queste è facile ipotizzare che, in presenza
di produzioni di massa, tali costi potranno essere drasticamente ridotti,
almeno per quanto riguarda la manodopera e le lavorazioni meccaniche, ma
attualmente il costo dei materiali (particolarmente catalizzatore, elettrodi
e membrana) è ancora troppo alto per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Comunque tutti i principali costruttori automobilistici hanno in corso
ricerche per tentare di abbattere i costi di questi componenti.
QUANDO IL VEICOLO A IDROGENO?
Vi sono diversi impedimenti che si oppongono alla penetrazione del veicolo a
idrogeno e che richiedono uno sforzo notevole per la loro rimozione da parte
di tutti i soggetti coinvolti (ed in particolare da parte delle autorità
pubbliche) per far sì che la tecnologia si affermi definitivamente su larga
scala nel giro di qualche decennio. Le principali barriere sono tecnologiche,
strutturali, economiche, normative, di accettazione sociale.
Tra i problemi tecnologici, il sistema d’accumulo dell’idrogeno a bordo è uno
dei più critici in quanto condiziona pesantemente l’autonomia del veicolo
rispetto ai concorrenti convenzionali a causa dell’eccessivo peso e ingombro
dei serbatoi attuali. Vanno pertanto intensificati gli sforzi in ricerca,
sviluppo e dimostrazione sulle opzioni di stoccaggio praticabili, con
l’obiettivo di aumentare la densità energetica sia in volume sia in peso.
Inoltre, il costo di una cella ad elettrolita polimerico, in un sistema di
produzione ottimizzato di scala industriale, risulterà molto influenzato dal
contenuto di metalli preziosi nel catalizzatore. È pertanto necessario
operare una riduzione del contenuto di platino nei catalizzatori e, in
prospettiva, l’utilizzo di nuovi materiali sostitutivi di costo
inferiore.
Fra gli ostacoli strutturali si può includere la mancanza di una rete di
stazioni di rifornimento: l’avvio della realizzazione delle infrastrutture di
distribuzione è un’operazione complessa da attuarsi con i produttori di
autoveicoli, sia per l’incertezza sulla redditività dell’investimento, in
mancanza di una domanda ben quantificabile, sia per quanto riguarda la scelta
delle tecnologie di produzione dell’idrogeno, la fonte da usare, la modalità
d’approvvigionamento, la scelta dei siti. Dovranno essere previste almeno due
fasi: una prima, sperimentale, durante la quale l’idrogeno potrà essere
fornito da strutture ad hoc predisposte presso i gestori delle flotte ed
aperte all’utenza esterna; una seconda, accompagnata necessariamente da
incentivi pubblici per coprire le perdite iniziali, in cui la
commercializzazione dovrà essere accompagnata, se non preceduta, dal
la realizzazione di un numero adeguato di strutture di rifornimento
distribuite sul territorio, in modo da non pregiudicarne il successo.
I costi di un veicolo a idrogeno rappresentano un altro handicap con cui
confrontarsi. Dopo la fase prototipale in cui tali mezzi sono comunque fuori
mercato, le valutazioni, dopo circa 15 anni dall’avvio della fase di
commercializzazione e una volta che siano subentrate economie di scala,
oscillano intorno al prezzo di 20.000 US$ per autovettura, superiore di circa
2.000 US$ rispetto alla stima del prezzo di un’autovettura convenzionale
equivalente.
Si rendono poi necessari interventi tempestivi mirati all’adeguamento della
normativa, strutturata ora sulla tecnologia dei mezzi convenzionali di
trasporto, così come sarebbero utili norme incentivanti, che privilegino la
circolazione degli autoveicoli a idrogeno nei centri urbani, in quanto a
basso impatto ambientale, o che sopperiscano ad alcune difficoltà di ordine
pratico dovute, per esempio, all’incertezza di poter disporre di un
conveniente mercato dell’usato per il veicolo, alla difficoltà in alcuni casi
di assicurarlo e/o di avere premi di assicurazione confrontabili a quelli dei
veicoli convenzionali, ecc.
Infine, a livello psicologico, i cittadini tendono mediamente a privilegiare
l’uso delle tecnologie consolidate perché più familiari e quindi percepite
più sicure e più vantaggiose. La penetrazione di una nuova tecnologia quindi
dovrà essere accompagnata da una campagna di informazione tendente a ridurre
la barriera di accettabilità sociale, attraverso una evidenziazione dei
vantaggi connessi alla tecnologia e delle modalità per superare i possibili
inconvenienti.
Dovrà rendersi noto, pertanto, che sia la sicurezza sia le prestazioni degli
impianti e della tecnologia dell’idrogeno non hanno niente da invidiare
rispetto a quelli tradizionali; in particolare anzi, i vantaggi ambientali si
presentano indubbiamente superiori. l’utente, quindi, dovrà sviluppare una
sensibilità ecologica più spinta e considerarsi sempre più protagonista nella
realizzazione di una società compatibile con la salvaguardia dell’ambiente.
Solo in questo caso l’idrogeno ci potrà realmente dare una mano a mantenere
l’aria più pulita e a migliorare la vivibilità del pianeta.
Le possibilità di diversificare le fonti di approvvigionamento dunque non
mancano, ma tutte hanno bisogno di sostegno politico e sociale, per il loro
effettivo affermarsi. Poi sarà un’ovvietà ma la prima vera fonte rinnovabile
resta il risparmio e l’ottimizzazione dei consumi.
Geotermia
La Geotermia - l’energia pulita
La risorsa geotermica
è una fonte naturale di energia pulita. Il calore della terra, insieme al
vento, all’acqua e al sole costituisce una delle fonti di energia
rinnovabile.
Si tratta quindi di energia inesauribile nel tempo e in grado di contribuire
ai nostri crescenti bisogni energetici senza compromettere l’ambiente e le
risorse per le generazioni future.
Genesi
Durante lo sviluppo
del nostro pianeta, particolari fenomeni magmatici fecero risalire i magmi
fusi in superficie, in determinate zone della Terra. Oggi, in questi luoghi
la crosta terrestre è più sottile ed il calore delle rocce del sottosuolo è
dieci volte superiore alla media terrestre. A circa 2Km di profondità, si
possono incontrare temperature di 300°C, che solitamente si trovano a 7-8Km.
È questa l’energia geotermica, contenuta sotto forma di calore nelle
rocce del sottosuolo.
Per poter utilizzare questo calore del sottosuolo, è necessario un mezzo
“di trasporto” che solitamente è l’acqua che circola sotto
terra. A contatto con il calore delle rocce, l’acqua, si riscalda e
forma i serbatoi geotermici, dove l’alta temperatura è mantenuta da uno
spesso strato di rocce impermeabili.
Per ottenere energia vengono prodotte artificialmente delle aperture
(“fratture” quando esistono già naturalmente) come i pozzi. Nelle
manifestazioni naturali una diminuzione di pressione e un’immediata
fuoriuscita di acqua calda, sotto forma di vapore dà luogo ai famosi soffioni
boraciferi.
Come Funziona
Le centrali
geotermiche utilizzano il calore delle profondità terrestri. La temperatura
interna del nostro pianeta aumenta a mano a mano che si scende verso il
centro. Questo aumento della temperatura è detto gradiente geotermico ed è di
circa 3°C per ogni cento metri di profondità.
La prima fase consiste nell’individuazione del serbatoio geotermico. Il
sottosuolo viene investigato mediante apposite prospezioni per valutarne le
caratteristiche. Una volta individuato un sito, con un serbatoio geotermico
promettente si passa alla fase di esplorazione profonda. Se i pozzi
esplorativi confermano le indicazioni degli studi geoscientifici, si può
passare alla fase di utilizzo, mediante i pozzi di produzione/reiniezione e
le centrali geotermoelettriche. I limiti di profondità che attualmente è
possibile ed economicamente conveniente raggiungere con la perforazione sono
di circa 5000 metri.
Dai pozzi il vapore, tramite vapordotti (tubazioni in acciaio coibentato),
viene trasportato alla centrale geotermoelettrica per essere immesso nella
turbina (una macchina ruotante che trasforma parte del contenuto energetico
del vapore in energia meccanica). È poi compito del generatore di corrente, o
alternatore, trasformare l’energia meccanica di rotazione della turbina in
energia elettrica.
All’uscita della turbina il vapore passa nel condensatore, dove una pioggia
di acqua fredda proveniente dalle torri di refrigerazione lo raffredda
condensandolo. Una frazione del fluido così ottenuto viene reintrodotta nel
sottosuolo mediante appositi pozzi di reiniezione. Il rimanente evapora nelle
torri di refrigerazione ed è immesso nell’atmosfera.
La reiniezione permette di mantenere in equilibrio l’ecosistema grazie
alla restituzione di parte delle sostanze estratte; inoltre, restituendo
parte del fluido, si riesce a prolungare l’efficienza del serbatoio. Dalla
centrale geotermoelettrica escono quindi gli acquedotti che portano i fluidi
al sistema di reiniezione ed i conduttori elettrici che portano
l’elettricità alla stazione di trasformazione.
Come certificare la Energia Pulita
Il ricorso
all’energia pulita è una necessità per abbattere le immissioni di CO². Sono
stati creati appositi strumenti per produrre energia da fonti rinnovabili
(certificati verdi e RECS). Vediamo come in Italia sia possibile scegliere
l’energia pulita nel pieno rispetto dell’ambiente.
Per "energia pulita" si intende l’energia prodotta da impianti
alimentati da fonti rinnovabili (sole, vento, risorse irdiche e geotermiche,
maree, moto ondoso, biogas e biomasse). l’energia così prodotta ha un
valore intrinseco superiore a quella prodotta attraverso l’utilizzo di
combustibili fossili (metano, petrolio e carbone) poiché, a differenza di
questi ultimi, è prodotta senza immettere nell’ambiente gas responsabili
dell’effetto serra né altre emissioni nocive e, inoltre, la sua
disponibilità si rinnova grazie ai cicli naturali.
Per questo il protocollo di Kyoto incentiva e riconosce quest’energia
come fondamentale per lo sviluppo sostenibile, che unisce il progresso con la
salvaguardia dell’ambiente.
Per stimolare la produzione di energia da fonti rinnovabili sono stati creati
anche appositi “strumenti economici”. Un tempo, prima della
liberalizzazione del mercato elettrico, vi era la tariffa “Cip6”, ovvero
un compenso per chilowattora [KWh] riconosciuto dallo Stato ai produttori di
energia rinnovabile. Oggi esistono invece dei veri e propri strumenti di
mercato, i “certificati verdi”, statali e obbligatori.
Con la liberalizzazione, infatti, tutti i produttori di energia elettrica
devono avere in portafoglio almeno il 2.35% di energia rinnovabile rispetto
alla quota prodotta o importata l’anno precedente. Chi non ne produce,
secondo l’obbligo di legge, deve comprare i certificati corrispondenti.
Chi ne produce di più può invece vendere la sua quota eccedente sotto forma
di certificato. Più in dettaglio, il decreto Bersani dice che chi produce
energia da fonti rinnovabili ha diritto a titoli (uno ogni 50 megawattora
[MWh] di energia) emessi dal Gestore di rete (Grnt).
Esiste anche un altro sistema di certificati per sostenere il mercato delle
rinnovabili, quello dei certificati RECS. Il progetto del RECS
(Renewable Energy Certificate System) è nato in ambito europeo per favorire
lo sviluppo, sulla base di una certificazione standard, di un mercato
volontario e internazionale (Unione Europea, Australia, Nuova Zelanda e
Giappone) di Green certificate. I certificati RECS attestano la produzione di
energia elettrica verde di uno specifico impianto per un quantitativo minimo
di un megawattora.
Ad ogni certificato è attribuito un valore economico che viene corrisposto al
produttore e che rappresenta un mezzo di incentivazione alla produzione di
energia elettrica da fonte rinnovabile per quegli impianti che, altrimenti,
non sarebbero in grado di produrre energia pulita a un costo competitivo
rispetto a quello delle fonti tradizionali. Il sistema RECS coinvolge più di
90 membri tra produttori, trader e società di certificazione del settore
elettrico appartenenti a 17 paesi. Edison è una delle società italiane che ha
aderito al sistema RECS e offre ai suoi clienti la possibilità di acquistare
energia "pulita certificata". Il sistema dei certificati verdi italiani e
quello dei certificati internazionali RECS non sono sovrapponibili.
l’energia pulita non può infatti essere riconosciuta dal sistema di
certificati verdi e al tempo stesso dal sistema RECS, uno esclude
l’altro, questo per evitare che la stessa energia venga sovvenzionata al
tempo stesso due volte con i due diversi meccanismi.
Da uno sguardo attento ai paesi europei, si nota che l’acquisto
d’energia da fonti rinnovabili è molto diffuso non solo presso i
produttori ma anche presso le aziende e le famiglie e che solo in
quest’ultimo anno, in Italia si sta avendo un incremento in tal senso
accompagnato anche da una maggiore sensibilità per le tematiche
ambientali.
Infatti, sempre più aziende decidono di utilizzare l’energia pulita
avviando così un ciclo virtuoso che aiuta la salvaguardia
dell’ambiente.
Edison Energia, da sempre attenta alle tematiche di tutela ambientale e
di risparmio energetico, per soddisfare maggiormente le esigenze dei
suoi
clienti, ha lanciato sul mercato nuove opportunità per scegliere una
fornitura di energia proveniente da fonti rinnovabili. Questo con un
duplice obiettivo:
• valorizzare l’attenzione e la sensibilità ambientale del cliente
stesso conferendogli contestualmente un vantaggio competitivo
rispetto alle imprese concorrenti;
• fornire alle imprese uno strumento che evidenzia e certifica la
loro scelta di rispetto dell’ambiente attraverso l’uso di energia
elettrica da fonti rinnovabili.
Per questo Edison propone per le piccole e medie imprese "Edison Idea Verde", un’offerta interamente
dedicata all’energia proveniente da fonti rinnovabili ed ha
perfezionato
l’opzione "Green" associata alle offerte studiate per le grandi aziende.
Entrambe le opportunità consentono di acquistare energia pulita
certificata RECS e in più offrono alle imprese la possibilità di dare
visibilità alla loro scelta, attraverso l’utilizzo del marchio ECODOC,
su
tutta la loro comunicazione aziendale e sui loro prodotti/servizi.
Ma scopriamo le caratteristiche del nuovo marchio ECODOC che firma i
prodotti Edison dedicati all’energia da fonti rinnovabili. Lanciato l’11
maggio 2005 il marchio "ECODOC - Energia elettrica dalla natura" nasce con
il desiderio di trasmettere ai clienti tre concetti importanti legati
all’energia pulita: quello di produzione di energia elettrica utilizzando
solo ed esclusivamente le fonti rinnovabili presenti in natura (acqua e
vento); quello di rispetto dell’ambiente e perciò di ECOlogia ed infine
quello di certificazione controllata della produzione DOC da parte di un
ente garante terzo (Recs International Association).
Edison Energia ha voluto dedicare molta attenzione alla parte creativa
del logo creando un'immagine grafica che potesse essere semplice,
immediata e allo stesso tempo originale: il disegno realizzato rappresenta
un albero stilizzato, simbolo della natura, del verde, il cui tronco e
chioma ricordano la tradizionale lampadina, simbolo oramai consolidato
dell’energia elettrica.
Tutti i clienti Edison che acquistano energia elettrica prodotta da
fonti rinnovabili potranno utilizzare, per tutta la durata del contratto
di fornitura, il marchio ECODOC sui propri prodotti e/o materiale
riguardante la resa dei propri servizi, su tutto il materiale cartaceo
pubblicitario e commerciale attinente all’attività aziendale (carta da
lettere, fatture, bollettari, ecc.). Una bella sfida quella di Edison che
vuole offrire ai propri clienti una scelta "verde" anche per la loro
fornitura energetica.
Edison Energia, da sempre attenta alle tematiche ambientali, per promuovere
l’uso di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, propone sul
mercato libero una nuova offerta: "Edison Idea Verde" per le piccole imprese e
un'opzione "Green" abbinata ad alcune offerte Edison dedicate
alle aziende medio-grandi; questo permette alle aziende di acquistare i
certificati RECS, legati al consumo di elettricità, e favorire così lo
sviluppo di quel mercato volontario e internazionale per la produzione di
energia pulita.
Inoltre le aziende che decidono di utilizzare l’energia pulita di Edison,
potranno utilizzare il marchio "ECODOC - Energia elettrica dalla natura" per tutta
la durata del contratto, sia sul materiale pubblicitario aziendale che sul
packaging dei propri prodotti. l’azienda, così facendo, non solo sceglie
l’energia pulita per la propria produzione ma ha anche la possibilità di
comunicare chiaramente alla propria clientela la scelta fatta, dandole
massimo risalto e visibilità. Una nuova offerta Edison quindi, disegnata,
ancora una volta, per essere accanto al cliente, in questo caso un cliente
che intende distinguersi per l’attenzione data alla salvaguardia
dell’ambiente. Condividendo con la sua scelta non solo le sue necessità
economiche ma anche i suoi valori di responsabilità sociale e contribuendo
così allo sviluppo di un nuovo, promettente mercato di energia certificata
verde.
Il mercato libero
dell’energia consente di migliorare la propria gestione energetica,
attraverso una scelta oculata del fornitore e delle opportunità contrattuali,
consentendo di modulare nel tempo la propria fornitura. Contrariamente a
quanto accade nel mercato vincolato, infatti, si può variare l’assetto
contrattuale della propria fornitura e chiedere al fornitore servizi
accessori per accedere ai propri dati ed ottimizzare nel tempo i propri
consumi. Identificare gli strumenti necessari per il monitoraggio delle
forniture e le analisi più utili che si possono fare, direttamente o con
l’aiuto di consulenti specializzati, per migliorarle. Se in passato, infatti,
solo poche, grandi aziende potevano permettersi le competenze di uno
specialista che facesse "quadrare i conti" dei consumi aziendali, oggi,
grazie allo sviluppo dei servizi Internet ed ai servizi di consulenza offerti
dalle aziende energetiche, anche i singoli cittadini, le piccole e le medie
imprese possono migliorare l’efficienza dei propri processi e garantirsi
risparmi considerevoli.
Risparmiare energia? Accendiamo il PC!
Da dove partire?
Il punto di partenza è senz’altro l’acquisizione delle informazioni! Anche
questa è una novità del mercato libero. Sul mercato vincolato, il contatore
dell’elettricità è sempre stato un "oggetto misterioso", che difficilmente
viene utilizzato come fonte di dati utili alla gestione aziendale o
familiare. I dati che presenta non sono del tutto completi. E' per questo
motivo che molti fornitori offrono oggi servizi di telemetering che, in
seguito all’installazione di apposite apparecchiature di rilevamento,
consentono di accedere via web ai propri dati di consumo.
I servizi presenti sul mercato hanno diversa qualità. Alcuni sono offerti a
pagamento, altri sono gratuiti. Varia anche il dettaglio dei dati forniti
(mensile, settimanale o addirittura per quarto d'ora) e l’integrazione
con altre informazioni o servizi (ad esempio l’accesso diretto ai dati
di fatturazione o la possibilità di intervenire direttamente online sulle
previsioni contrattuali).
Analizzare i dati per risparmiare energia
Una volta ottenuti i dati via web, bisogna passare all’esame delle tabelle che
indicano tutti i prelievi effettuati in un certo periodo di
tempo. È qui che rischiamo subito di perderci tra molte informazioni nuove e
non necessariamente facili da decifrare. I dati "base" dei vostri consumi,
devono indicare i valori di "Energia" (ovvero il consumo totale, espresso in
chilowattora - kWh) e di "Potenza" (ovvero il "livello di prelievo", espresso
per ogni quarto d'ora in chilowatt - kW). Questi valori indicheranno i vostri
consumi effettivi e vi consentiranno di identificare gli scostamenti rispetto
alle previsioni che avete formulato. Ed eccoci alla prima grande opportunità
di risparmio, offerta da un'attenta analisi dei consumi: ridurre il rischio
di costi imprevisti, attraverso una migliore programmazione.
Per comprendere davvero le opportunità di risparmio, è importante assicurarsi,
quindi, di ottenere i dati in un formato utile all’analisi della propria
situazione contrattuale specifica. Ad esempio, un'azienda fornita con una
tariffa "monoraria" (ovvero priva di variazioni nei diversi momenti della
giornata) avrà bisogno di controllare esclusivamente il totale
dell’energia prelevata e della potenza impegnata, ma tutti coloro che
hanno stipulato un contratto a tariffa "multioraria" (ovvero con i prezzi
modulati per fasce orarie) avranno invece bisogno di un dettaglio diverso che
li aiuti a capire (quarto d'ora per quarto d'ora) qual e' il livello di
consumo effettivo. È importante anche, che venga evidenziata l’energia
reattiva, la quota di energia assorbita direttamente dagli impianti per poter
funzionare, che può generare rilevanti costi aggiuntivi.
Ci sono molti aspetti di una fornitura energetica che, se non conosciuti e
gestiti correttamente, possono generare costi aggiuntivi rilevanti,
soprattutto alle imprese che per seguire "in corsa" i cambiamenti dei propri
mercati hanno poca possibilità di programmare le proprie produzioni con largo
anticipo.
A questo punto per l’impresa è necessario analizzare l’andamento dei
prelievi e verificare quali miglioramenti si possano apportare, ottimizzando
la fornitura di energia elettrica o, addirittura, intervenendo sui processi
produttivi per ridurne eventuali inefficienze.
Scopriamo come si
calcola il prezzo dell’energia, quali sono le componenti che ne influenzano
l’andamento, quali sono gli attori coinvolti e come valutare le opportunità
di ottimizzazione e risparmio. Cominciamo col dire che è difficile parlare di
"prezzo". Quello che l’uetente finale paga, infatti, e' la somma di tante componenti diverse,
spesso regolate da un'autorità' pubblica. Anche per quel che riguarda il mercato
libero, le esigenze di chiarezza e trasparenza verso il cliente, hanno indotto
molti fornitori ad utilizzare le tariffe del mercato vincolato come riferimento
su cui applicare poi vantaggi e sconti. Nel mercato vincolato, in buona
sostanza, quello che chiamiamo per brevità "prezzo" e' la somma di "tariffe",
"componenti indicizzate", "oneri" e "imposte": un mix molto diverso dai prezzi
di listino cui siamo abituati per altri prodotti.
Le componenti fondamentali del prezzo dell’energia
Il prezzo
finale, come abbiamo detto, e' composito. Cominciamo da una componente che
e' costante, per tutti i prodotti che acquistiamo abitualmente: le
imposte. Anche sull’energia paghiamo IVA, imposte erariali e l’addizionale
provinciale. C'e' da segnalare subito, però, che nel caso delle forniture
energetiche per le imprese, i trattamenti fiscali sono diversi da settore
a settore e da provincia a provincia. Oltre a questo ci sono gli oneri,
ovvero una serie di importi accessori che si sono accumulati nel tempo,
allo scopo di remunerare alcuni doveri specifici dell’ex- monopolista, dal
servizio universale alla dismissione degli impianti termonucleari a
seguito del referendum del 1987. Poi, i costi di trasporto, che remunerano
i servizi erogati dal distributore locale cui la vostra azienda e'
allacciata. Infine, il vero "costo dell’energia”, il “prodotto”. Esso è
remunerato in bolletta attraverso una componente denominata CCA
(Componente Costo d’Acquisto), i cui valori sono stabiliti dall’Autorità
per l’energia e il gas ogni tre mesi (potete consultarne i valori sul sito
www.autorita.energia.it). Quando sentiamo al telegiornale che le tariffe
elettriche rischiano di aumentare dopo un aumento del prezzo del petrolio,
e' proprio in virtù di questa componente: essa varia infatti
periodicamente in relazione all’andamento dei mercati internazionali dei
combustibili, il cui riferimento fondamentale è proprio il petrolio. Una
volta composto il prezzo finale del mercato vincolato, entrano in gioco le
potenzialità di risparmio offerte dal mercato libero: sconti, bonus a
volume, bonus di buona programmazione o tutto quello che il fornitore di
energia propone ai propri clienti.
Il funzionamento della CCA, il prezzo dell’energia e dei
combustibili
Quando paghiamo l’energia elettrica sul mercato
vincolato, ci confrontiamo con l’intero "sistema energetico" nazionale,
indipendentemente dalla centrale che ci ha fisicamente fornito il prodotto
che abbiamo scaricato. In Italia, gli impianti di generazione utilizzano
diversi tipi di combustibile per alimentare le turbine che producono
energia: oltre alle fonti rinnovabili (aria, sole, vento, biomasse, etc.),
che evidentemente non vengono acquistate, i chilowattora che consumiamo
sono prodotti soprattutto attraverso olio minerale, gas e carbone, ecc.
Tutto questo compone un "paniere" dei combustibili tarato sui consumi
dell’intero parco macchine nazionale; un peso particolare ha evidentemente
il valore del BRENT, ovvero del prezzo del petrolio trattato sui mercati
internazionali. Ogni tre mesi l’Autorità' per l’energia elettrica e il gas
valuta l’andamento dei prezzi del paniere e aggiorna il valore di questa
componente attraverso una delibera periodica, attesissima da tutti gli
operatori. Cosa sta succedendo adesso? Tutti gli occhi sono puntati sulla
situazione internazionale e sulle trattative tra i paesi produttori di
petrolio. Per monitorare costantemente l’andamento dei mercati
internazionali dei combustibili, Edison Energia vi mette a disposizione un
dettagliato rapporto mensile scritto da esperti che raccontano quel che
succede ai prezzi del petrolio con uno sguardo "dietro le quinte". Potete
registrarvi gratuitamente al sito www.edisonenergia.it e accedere al centro servizi
online. Le prossime tappe nell’analisi del prezzo dell’energia, saranno il
trasporto, gli oneri e proveremo a quantificare il peso delle diverse
componenti sul costo finale del chilowattora.
Energia
Guida al prezzo dell’energia elettrica - II parte
"Energie per fare
impresa", ha iniziato per voi un viaggio alla scoperta del
prezzo dell’energia elettrica per aiutarvi ad entrare nei meccanismi che lo
compongono: tante componenti diverse, che remunerano i costi ed i servizi di
diversi operatori della filiera e che variano seguendo logiche differenti.
Abbiamo cominciato introducendo il concetto di “CCA” (Componente Costo
d’Acquisto), ovvero la componente che stabilisce il costo dell’energia e che
varia periodicamente in base all’andamento dei mercati internazionali dei
combustibili. Adesso cerchiamo di capire quali sono le altre componenti che
incidono sulla bolletta finale. Sicuramente vedremo il trasporto, un po' come
per tutti i prodotti che acquistiamo in azienda, poi naturalmente ci sono le
imposte e infine una voce di costo peculiare del mercato elettrico gli oneri,
che remunerano alcune attività tipiche retaggio di investimenti e
disinvestimenti passati, relativi all’intero sistema elettrico nazionale.
Cominciamo ad approfondire la questione del trasporto.
"Trasportare" l’energia… sì ma come si paga?
Prima di tutto, è opportuno chiarire a cosa si riferisce il termine
trasporto e di quale servizio effettivamente si tratta. Quando la vostra
azienda stipula un contratto di fornitura di energia, il vostro nuovo
fornitore si impegna a immettere in rete dalle sue fonti di energia, tanta
elettricità quanta voi ne consumate in quel preciso istante. Oltre al
prezzo della “pura energia” fissato dal vostro fornitore, la vostra
azienda dovrà sostenere anche dei costi legati al fatto che il sistema
elettrico italiano “consegni” l’energia ai vostri impianti. Queste voci di
costo aggiuntive compongono il corrispettivo dovuto dalla vostra azienda
al Distributore Locale per il cosiddetto “servizio di trasporto”. Esistono
tre tipi di costi: quelli per il trasporto dell’energia elettrica sulla
rete di trasmissione nazionale; quelli per il trasporto dell’energia sulla
rete di distribuzione del vostro Distributore Locale e quelli di
installazione e manutenzione del vostro misuratore (contatore), che
comprendono anche la lettura dei dati da parte del personale incaricato
dal Distributore. Dove sono definiti i prezzi relativi a queste componenti
e da chi? Per la parte relativa alla Distribuzione, sono definiti nelle
cosiddette “opzioni tariffarie” proposte da ciascun Distributore Locale ed
approvate dall’Autorità. Sono tariffe imposte dall’Autorità, invece,
quelle relative a trasmissione e misura. C'è da aggiungere che il
corrispettivo di trasporto non dipende in nessun modo dalla distanza tra
la centrale cui siete allacciati ed il vostro punto di riconsegna, ma
viene calcolato in base all’effettiva energia elettrica prelevata e alla
potenza. Nel costo del trasporto, peraltro, è inclusa anche la
remunerazione dell’energia reattiva, ovvero dell’energia elettrica che i
vostri impianti (se non rifasati) assorbono in aggiunta a quella attiva
utilizzata per i vostri processi produttivi.Perché anche questa componente
viene pagata al Distributore? Perché in presenza di un elevato valore di
energia reattiva (superiore al 50% del valore di energia attiva
prelevata), il distributore locale che vi fornisce deve sostenere
rilevanti costi aggiuntivi per servire la vostra azienda. Diventa quindi
un fattore importantissimo di risparmio l’ottimizzazione dei consumi sulle
forniture energetiche. Uniformare i prelievi ed eliminare picchi di
potenza aiuta a ridurre i costi di trasporto in misura molto rilevante. I
corrispettivi di prezzo, infatti, sono determinati dai distributori locali
ed approvati dall’Autorità (non quindi dal vostro fornitore di energia)
sul totale dell’energia prelevata, attraverso un complesso sistema di
calcolo basato sul picco massimo di potenza. Abbattere i picchi inutili,
quindi, consente di ridurre (e non di poco) l’ammontare finale della
fattura.
"Trasportare" l’energia… sì ma come si paga?
Prima di tutto, è opportuno chiarire a cosa si riferisce il termine
trasporto e di quale servizio effettivamente si tratta. Quando la vostra
azienda stipula un contratto di fornitura di energia, il vostro nuovo
fornitore si impegna a immettere in rete dalle sue fonti di energia, tanta
elettricità quanta voi ne consumate in quel preciso istante. Oltre al
prezzo della “pura energia” fissato dal vostro fornitore, la vostra
azienda dovrà sostenere anche dei costi legati al fatto che il sistema
elettrico italiano “consegni” l’energia ai vostri impianti. Queste voci di
costo aggiuntive compongono il corrispettivo dovuto dalla vostra azienda
al Distributore Locale per il cosiddetto “servizio di trasporto”. Esistono
tre tipi di costi: quelli per il trasporto dell’energia elettrica sulla
rete di trasmissione nazionale; quelli per il trasporto dell’energia sulla
rete di distribuzione del vostro Distributore Locale e quelli di
installazione e manutenzione del vostro misuratore (contatore), che
comprendono anche la lettura dei dati da parte del personale incaricato
dal Distributore. Dove sono definiti i prezzi relativi a queste componenti
e da chi? Per la parte relativa alla Distribuzione, sono definiti nelle
cosiddette “opzioni tariffarie” proposte da ciascun Distributore Locale ed
approvate dall’Autorità. Sono tariffe imposte dall’Autorità, invece,
quelle relative a trasmissione e misura. C'è da aggiungere che il
corrispettivo di trasporto non dipende in nessun modo dalla distanza tra
la centrale cui siete allacciati ed il vostro punto di riconsegna, ma
viene calcolato in base all’effettiva energia elettrica prelevata e alla
potenza. Nel costo del trasporto, peraltro, è inclusa anche la
remunerazione dell’energia reattiva, ovvero dell’energia elettrica che i
vostri impianti (se non rifasati) assorbono in aggiunta a quella attiva
utilizzata per i vostri processi produttivi.Perché anche questa componente
viene pagata al Distributore? Perché in presenza di un elevato valore di
energia reattiva (superiore al 50% del valore di energia attiva
prelevata), il distributore locale che vi fornisce deve sostenere
rilevanti costi aggiuntivi per servire la vostra azienda. Diventa quindi
un fattore importantissimo di risparmio l’ottimizzazione dei consumi sulle
forniture energetiche. Uniformare i prelievi ed eliminare picchi di
potenza aiuta a ridurre i costi di trasporto in misura molto rilevante. I
corrispettivi di prezzo, infatti, sono determinati dai distributori locali
ed approvati dall’Autorità (non quindi dal vostro fornitore di energia)
sul totale dell’energia prelevata, attraverso un complesso sistema di
calcolo basato sul picco massimo di potenza. Abbattere i picchi inutili,
quindi, consente di ridurre (e non di poco) l’ammontare finale della
fattura.
Le altre componenti: Oneri e imposte A questo punto ci restano
solo le ultime due componenti della fattura. Vediamo gli oneri,
innanzitutto. Essi vanno a copertura di diversi costi di sistema, ovvero
dei costi &lsquo,strutturali’ che l’ex-monopolista ha dovuto sostenere per
seguire l’evoluzione del sistema energetico nazionale: lo sviluppo delle
fonti rinnovabili, i regimi tariffari speciali, lo smantellamento del
nucleare, il servizio universale a tutte le utenze italiane, ecc. Queste
sono le “componenti A” del contratto. Hanno una componente fissa annuale
euro/cliente ed una che varia in proporzione al consumo di energia. Sono
tutte fissate dall’Autorità per l’energia e il gas. Per quanto riguarda
invece le imposte, come accade per tutti i prodotti anche l’energia
elettrica è soggetta ad IVA, a tale imposta poi si aggiungono altre
imposte specifiche, come le imposte erariali e le addizionali provinciali
e comunali.A questo punto, il quadro generale del prezzo dell’energia
elettrica è completato, abbiamo ben chiaro che non si tratta di un costo
unico, ma di un insieme di varie componenti spesso regolate dall’Autorità
o da altri soggetti, diversi dal vostro fornitore “di prodotto”, anche
quando il cliente passa sul mercato libero. Diventa quindi fondamentale
conoscere il mercato energetico, comprenderne i concetti chiave e dotarsi
di tutti gli strumenti per analizzare le proprie forniture. Un po’ come
“Energie per fare impresa” vi aiuta a fare.
Gas
Dal 1° gennaio 2003 il mercato del gas naturale in Italia è
stato completamente liberalizzato, portando a compimento il processo di
apertura iniziato nel 1999. Tutti i clienti hanno la possibilità di scegliere
il proprio fornitore.
Produzione,
distribuzione, vendita: questa la ripartizione del mercato del gas
all’indomani dell’approvazione del decreto Letta (D.L. 23 maggio 2000 n. 164)
che ha liberalizzato l’importazione, l’esportazione, il trasporto, il
dispacciamento, la distribuzione e la vendita del gas naturale.
A partire dal 1° gennaio 2003, quindi, tutti gli utenti sono liberi di
acquistare il gas da fornitori direttamente selezionati sul mercato. In
pratica il mercato del gas, prima gestito in regime di monopolio, con la
liberalizzazione di alcuni settori, come la vendita, si sepra che si sia
avviato a divenire concorrenziale. Più operatori sul territorio vendono gas
proponendo offerte diverse, in regime, quindi, di concorrenza.
Come già avvenuto per il settore elettrico, il Decreto Letta ha istituito la
figura del cliente idoneo, ossia la persona fisica o giuridica che ha la
capacità di stipulare contratti di fornitura di energia elettrica con
qualsiasi produttore, distributore e grossista sia in Italia, sia
all’estero.
Una importante opportunità per l’ottimizzazione delle forniture energetiche
nelle aziende e per tutti i consumatori. Vediamo gli aspetti principali
dell’attività di distributori e venditori.
Il distributore, che opera sul territorio in regime di monopolio legale
(ovvero ottiene la concessione dall’ente locale di riferimento), gestisce la
rete di distribuzione e provvede, per conto del cliente finale o del
venditore, ad allacciare il cliente alla rete del gas, e a fare per conto del
cliente o del venditore tutte le operazioni connesse alla gestione
dell’impianto del gas, fino al contatore.
Il distributore ha anche la possibilità di rifiutare l’allacciamento al
cliente nel caso in cui il suo impianto interno (la parte di impianto che
collega il contatore con le apparecchiature di utilizzo del cliente) non sia
in regola con le norme di sicurezza. Il distributore è anche responsabile di
posa, manutenzione, verifica e lettura periodica del contatore del
cliente.
Il venditore compra il gas all’ingrosso e lo vende al cliente finale.
Per far giungere il gas acquistato al cliente finale, il venditore ha la
necessità di farlo trasportare sulle reti di trasporto nazionale, regionali e
locali. Il venditore oltre a sostenere il costo di acquisto del gas, paga al
gestore delle reti di trasporto l’uso della rete e delle altre
infrastrutture, secondo una tariffa che è fissata dall’Autorità per
l’Energia Elettrica e il Gas. Il venditore è colui che si proporrà al
cliente per fornirgli il gas, ed è il soggetto con cui il cliente stipula il
contratto per l’acquisto di gas.
Stato di Evoluzione del Processo di Liberalizzazione
Questa è la
situazione sulla carta. In realtà, allo stato attuale, non si può ancora dire
che il processo di liberalizzazione sia completo. Diversi operatori, sia
pubblici che privati, non hanno ancora portato a termine la separazione
obbligatoria delle attività di distribuzione da quelle di vendita, secondo
quanto previsto dal decreto stesso. Il Ministero delle Attività
Produttive ha infatti concesso un periodo transitorio per quelle società
che all’inizio del 2003 non erano in linea con le indicazioni normative e, di
fatto, operano ancor oggi in un regime integrato, seppure con alcune
limitazioni.
Esiste inoltre un’elevata complessità nel processo di approvvigionamento da
parte dei nuovi operatori. Tutto ciò avviene perché i mercati del gas hanno
tempi operativi lunghi e questo ha contribuito in Italia al mantenimento
delle posizioni di vantaggio consolidate in passato.
Ciò detto va sottolineato anche che ciascun processo di liberalizzazione
richiede un periodo di rodaggio in cui tutti i componenti della filiera, dai
produttori agli utilizzatori finali, sono chiamati a compiere uno sforzo di
comprensione e adeguamento ai nuovi meccanismi.
Nel complesso quindi, i vantaggi concreti, in termini di efficienza e di
risparmio, sono davvero a portata di mano, ma saranno possibili solo per
quegli utilizzatori finali che avranno la capacità di valutare le nuove
opportunità, di ottimizzare nel tempo le proprie forniture e di dialogare in
modo innovativo con i nuovi operatori di mercato.
Componenti del costo del gas
Viaggio alla scoperta
del prezzo del gas naturale per scoprire insieme a voi quali sono i fattori
che concorrono alla sua formazione, quali sono le variabili che possono
provocare delle oscillazioni, quali sono gli attori (economici e non) che
interagiscono nel mercato e in che modo è possibile ottimizzare il
funzionamento della filiera al fine di garantire trasparenza, efficienza e
stabilità.
Come per l’elettricità, anche per il gas naturale non è semplice parlare di
"prezzo". Infatti quello che il consumatore paga è la somma di più
componenti, in gran parte regolate dalle decisioni e dai vincoli di
un’autorità pubblica. Il mercato del gas, è peraltro completamente
liberalizzato dal 1° gennaio 2003 a differenza di quello dell’elettricità.
Ciò significa che già oggi tutti i consumatori sono liberi di scegliere il
proprio fornitore di gas naturale.
Le tariffe di un mercato libero
In questa prima fase
del mercato liberalizzato, non si è effettivamente generato un contesto
concorrenziale. Ad oggi infatti restano ancora forti alcuni vincoli
(soprattutto legati al monopolio di fatto della distribuzione) che
impediscono la nascita di condizioni economiche favorevoli al cambio di
fornitore.
Veniamo però alla tariffa di vendita e scopriamo cosa comprende. Innanzitutto
il costo della materia prima (la cui variazione periodica è indicizzata ogni
tre mesi in base alle quotazioni dei prodotti petroliferi), il costo del
servizio e il costo del servizio di vendita. La tariffa di distribuzione (di
competenza dell’impresa che gestisce la rete di distribuzione), divisa in una
quota fissa (in euro/anno) e in una quota variabile, fissata, invece, in euro
a metro cubo di consumo, con valori decrescenti al crescere del
consumo.
l’assegnazione del cliente a uno scaglione di quota fissa si basa in genere
sui dati di consumo dell’anno termico precedente, oppure sulle previsioni di
consumo.
Componenti Fondamentali del Costo del Gas
Basta leggere con
attenzione una bolletta per scoprire che il prezzo finale del gas naturale è
composto da numerose voci. Tra l’altro bisogna ricordare che il costo del gas
in Italia è molto diverso dalle altre località, infatti attualmente non è
liberamente determinato tra chi lo vende, chi lo distribuisce e il compratore
(quindi determinato dal mercato come prezzo), ma vengono fissate
dall’Autorità dell’Energia e del gas delle tariffe in funzione dell’utilizzo
finale. Inoltre, nel medesimo ambito territoriale, in funzione dell’utilizzo,
si avranno prezzi finali diversi. Le componenti che compongono la tariffa
finale sono di valore diverso in funzione della categoria di utilizzo.
La struttura delle tariffe attualmente in vigore si suddivide in tre distinte
categorie. La prima, la tariffa T1, è quella che il gestore applica a chi
utilizza il gas metano distribuito per la cottura dei cibi e per l’acqua
calda, la T2, è la tariffa per l’utilizzo ai fini del riscaldamento degli
ambienti e, infine, la T3, quella per gli utilizzi industriali e
artigianali.
Un’altra voce è quella delle imposte. Fra di esse ci sono l’imposta di consumo
e l’addizionale regionale. Inoltre c’è da considerare che sulle numerose voci
fiscali, come di consueto, si applica l’Iva.
Formazione del Prezzo del Gas
Oltre
all’approvvigionamento di materia prima e alle imposte, che sono le voci
principali, il cliente trova in fattura anche numerosi servizi necessari
affinché il gas arrivi a destinazione. Il gas, infatti, deve essere
trasportato fino al cliente, utilizzando le grandi condotte nazionali in alta
pressione e, per i clienti medio-piccoli, anche le reti locali di
distribuzione. Tra le altre voci ci sono anche quelle dell’ingrosso e della
commercializzazione oltre al servizio di stoccaggio, fondamentale per
l’ottimizzazione del sistema del gas.
Sul prezzo finale del gas naturale concorrono molte componenti che non possono essere controllate dal cliente e dal suo
fornitore diretto, come il fisco, le componenti tariffarie regolata
dall’Autorità e l’andamento dei mercati internazionali dei combustibili. Per
il cliente, tuttavia, è possibile prevedere in futuro una più elevata
possibilità di scelta tra fornitori diversi. Questo porterà, come è già
avvenuto per l’energia elettrica, ad una maggiore capacità negoziale sia
sulla fornitura sia sui servizi aggiuntivi che consentono una migliore
ottimizzazione dei costi dei propri profili.
Dalle tariffe ai prezzi
I clienti
professionali, nella maggior parte dei casi, hanno soluzioni negoziali più
flessibili rispetto a quelle, più rigide legate alla vecchia tariffa dei
consumatori domestici. I contratti di fornitura durano in genere un anno
termico, cioè il periodo di dodici mesi che va dal primo luglio al 30 giugno
dell’anno successivo, e vengono espressi in metri cubi standard oppure in
Sm³, un’unità di misura convenzionale pari al gas alla pressione atmosferica
e alla temperatura di 15 gradi. Inoltre, in alcuni casi può essere
considerato anche il potere calorifico superiore, o pcs, che sta a indicare
la quantità di calore prodotta dalla combustione completa dell’unità di
volume oppure di massa del gas, poiché l’energia prodotta dalla combustione
varia in funzione della composizione e della qualità del gas.
Il prezzo è composto da quattro elementi essenziali. Una componente riflette i
costi di approvvigionamento della materia prima (il costo del gas e il costo
del trasporto dal giacimento sino all’utilizzatore, connesso anche alla
localizzazione del cliente), i costi logistici di trasporto su rete primaria,
dispacciamento e stoccaggio, i costi della distribuzione locale su rete
secondaria e la copertura dell’attività di vendita e di fatturazione.
Per assicurare lo sviluppo della concorrenza, gli operatori che garantiscono
il servizio di trasporto e dispacciamento del gas e chi gestisce lo
stoccaggio sono obbligati ad assicurare a chiunque lo chieda l’accesso alle
reti oppure agli stoccaggi, a parità di condizioni; poiché chi possiede le
condotte o impianti di stoccaggio opera in condizioni di monopolio naturale,
queste attività sono remunerate con tariffe determinate dall’Autorità
dell’energia. Sono separate anche le attività di distribuzione (cioè gestione
del servizio di consegna locale del gas attraverso la rete di condotte
minori, attività data in concessione dai Comuni e remunerata a tariffa
fissata dall’Autorità) e di vendita (la commercializzazione), quest’ultima è
completamente aperta alla concorrenza.
Le Imposte
Sul costo del gas
naturale possono ricadere molte imposte. Le principali sono l’imposta di consumo,
l’addizionale regionale, il prezzo della materia prima, l’Iva.
l’imposta di consumo varia in funzione delle zone e della tipologia di
cliente, e incide sulla tariffa finale in maniera molto diversa fino a
superare anche il 30% del costo finale.
l’addizionale regionale sul gas è variabile ma non può mai essere superiore
alla metà dell’imposta di consumo. È pari a zero in Valle d’Aosta,
Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Sicilia. È
particolarmente severa in Emilia-Romagna. Infine c’è l’Iva che cambia secondo
la destinazione d’uso del gas. Alcuni clienti possono beneficiare di
agevolazioni fiscali.
Le tipologie contrattuali
In un contesto
fortemente concorrenziale, l’azienda dovrebbe offre ai clienti nuovi elementi
di competitività. Ne conseguirebbero soluzioni contrattuali strutturate in
modo da garantire opportunità strategiche per i consumatori.
Per esempio c’è la possibilità di una tariffa a consumo, con un prezzo del gas
indicizzato a un paniere di combustibili aggiornato ogni mese. Per i clienti
che vogliono gestire separatamente tutte le voci di costo, un’altra soluzione
prevede un prezzo suddiviso in un termine energetico, indicizzato a un
paniere mensile di combustibili, riferito al costo della sola commodity (il
gas naturale) e in un termine fisso che riassume tutti gli altri costi legati
alla fornitura. Altri servizi aggiuntivi non sono percepibili direttamente
nel costo del gas. È il caso del monitoraggio e dell’ottimizzazione delle
forniture, che consentono di tenere sotto controllo tutti i diversi aspetti
che incidono sulla spesa.
Il prezzo del gas è costituto da un insieme di varie componenti spesso
regolate dall’Autorità o da altri soggetti e che per questo diventa
fondamentale conoscere il mercato energetico, comprenderne i concetti chiave
e dotarsi di tutti gli strumenti per analizzare le proprie forniture.
l’EFFICIENZA ENERGETICA NELLE ABITAZIONI
Secondo recenti
studi una famiglia media italiana potrebbe, senza fare rinunce, risparmiare
tra il 30% e il 90% delle spese per il riscaldamento e dal 5% al 20% di
quelle per gli elettrodomestici semplicemente usando meglio l’energia.
La legge 10/91 ha dettato criteri per il contenimento dei consumi energetici
delle nuove costruzioni e per la riqualificazione energetica delle abitazioni
esistenti e ha istituito la “certificazione energetica degli edifici”, un
certificato che attesta la qualità energetica di un edificio o di un singolo
alloggio. Fino al 31 dicembre 2005 gli interventi rivolti a migliorare
l’utilizzo dell’energia nelle abitazioni hanno potuto beneficiare della
detrazione del 36% sull’imposta IRPEF (legge n°449 del 27 Dicembre 1997). Vi
rientrano interventi come: l’isolamento termico, l’installazione di impianti
termici a più alta efficienza, l’installazione di sistemi di regolazione
della temperatura, e l’installazione di impianti che utilizzano fonti
energetiche alternative.
Vediamo quali sono gli interventi più convenienti sia dal punto di vista
economico che etico e morale.
l’isolamento termico degli edifici
Di tutta
l’energia utilizzata per riscaldare un edificio durante la stagione
invernale, una buona parte viene dispersa dalle pareti, dal tetto, dalle
finestre e una parte dalla caldaia.
Eseguendo interventi di isolamento termico possiamo ridurre il consumo di
combustibile per il riscaldamento delle abitazioni, contribuire allo sforzo
nazionale di riduzione delle emissioni di gas inquinanti e,
contemporaneamente, potremo arrivare a risparmiare fino al 90% sulle spese di
riscaldamento.
Ecco alcuni suggerimenti.
• Isolare il tetto posizionando dell’isolante all’esterno sotto i coppi o le
tegole, oppure all’interno nel sottotetto.
• Isolare le pareti dall’interno applicando pannelli di materiale isolante,
dall’esterno applicando sulla facciata un “cappotto”, cioè uno strato di
materiale isolante protetto da uno strato superficiale di finitura.
• Isolare i cassonetti degli avvolgibili installando pannelli isolanti dietro
i termosifoni.
• Montare guarnizioni nuove sui serramenti e doppi vetri alle finestre.
• Coibentare i solai dall’esterno con uno strato di materiale isolante
impermeabilizzato e protetto dalla pavimentazione, dall’interno applicando
pannelli isolanti al soffitto dell’ultimo piano.
La regolazione dell’impianto di riscaldamento
Il riscaldamento è
dopo il traffico la maggior causa di inquinamento delle nostre città. Ogni
famiglia italiana spende in media più di 600 euro all’anno per
riscaldarsi. Una cifra non indifferente. Per contenere i consumi di energia
negli impianti di riscaldamento, è stato emanato il DPR 412/93. Il decreto ha
dettato le norme per la progettazione, installazione, esercizio e
manutenzione degli impianti di riscaldamento degli edifici, affidando a
Comuni e Province i controlli sullo stato di manutenzione ed efficienza degli
impianti. Seguendo tale normativa, alla quale tutti dobbiamo attenerci, si
riducono i consumi di energia e si migliora la sicurezza e l’efficienza
dell’impianto. Diminuiranno così anche i gas inquinanti emessi dall’impianto
e le spese di combustibile.
In casa, di giorno, manteniamo la temperatura a circa 20°C, che è poi la
temperatura che si ha normalmente durante una bella giornata
primaverile. Teniamo presente poi che per ogni grado in meno risparmieremo
circa il 7% sulle spese di riscaldamento.
Isoliamo le tubazioni che dalla caldaia portano l’acqua ai radiatori,
specialmente nei tratti che attraversano locali non riscaldati.
Rispettiamo l’obbligo di far fare la manutenzione della caldaia almeno una
volta l’anno, e di far controllare e analizzare i fumi che fuoriescono dalla
caldaia, almeno ogni due anni, per capire se consuma ed inquina più di quanto
dovrebbe.
Se necessario, sostituiamo la caldaia e il bruciatore con modelli recenti e
con rendimenti più elevati.
Installiamo valvole termostatiche che, in base alla temperatura impostata,
aprono e chiudono l’afflusso di acqua al termosifone. Con questo sistema
possiamo risparmiare fino al 20% di energia.
Per chi vive in un condominio e ha l’impianto di riscaldamento centralizzato,
è possibile chiedere di installare un sistema di contabilizzazione del
calore. Si tratta di installare un sistema di apparecchiature che misurano
(contabilizzano) la quantità di calore effettivamente consumata in ogni
appartamento. In questo modo avremo la libertà di scegliere le temperature e
gli orari di accensione che più ci soddisfano, riuscendo a risparmiare anche
il 30% delle spese annuali. Per un appartamento con 8-10 radiatori, il costo
dell’installazione di un sistema di contabilizzazione si aggira intorno ai
1,550.00 Euro.
Durante la notte regoliamo il termostato a 16°C.
Caratterizzazione caldaie
Servizi offerti
Presso il Centro
Ricerche Casaccia è disponibile l’impianto
BEST (Boiler Experimental Studies) per la determinazione del
rendimento termico delle caldaie a gas per usi civili, aventi una potenza
massima di 35 kW.
l’impianto e la relativa strumentazione sono predisposti per la
verifica sperimentale dell’efficienza e dell’affidabilità
di vari dispositivi di sicurezza, con particolare riguardo a quelli relativi
alla segnalazione del pericolo di fughe di CO in ambienti abitativi.
Utenti
Per l’alta precisione della strumentazione di processo, l’impianto
BEST è in grado di fornire un utile supporto a quanti - organismi
privati, verificatori tecnici ed enti locali - sono preposti alla verifica
della corretta applicazione della normativa relativa al controllo degli
impianti termici.
Attrezzature, laboratori e impianti
l’impianto BEST è in grado di riprodurre differenti condizioni
anomale di funzionamento (quali: ostruzione della canna fumaria, ridotta
ventilazione del locale caldaia ed inversione del flusso del camino),
con studio delle fenomenologie associate e dei dispositivi idonei alla
loro risoluzione.
RELAZIONE TECNICA
Insieme alla denuncia di inizio lavori di costruzione
dell’edificio o di ristrutturazione dell’impianto, il proprietario deve depositare presso il Comune una relazione che
contenga:
• il
progetto dell’impianto termico;
• il
calcolo del fabbisogno energetico per il riscaldamento, cioè la quantità di
energia richiesta dall’edificio e dall’impianto per mantenere la temperatura
ambiente a 20 °C per l’intera stagione di riscaldamento;
• il
calcolo del rendimento stagionale, cioè dell’efficienza dell’intero sistema che
comprende l’involucro edilizio, la caldaia, la rete di distribuzione, i termosifoni ed i
sistemi di regolazione.
Quindi l’insieme delle parti che compongono l’impianto
termico:
• la
caldaia, che trasforma l’energia del combustibile in energia
termica;
• la rete
di distribuzione dell’acqua o dell’aria calda;
• i
termosifoni, che trasferiscono l’energia termica all’ambiente
interno;
• i
sistemi di regolazione (termostati, valvole ecc..), che ne gestiscono il
funzionamento devono essere scelti e progettati insieme all’edificio e non, come spesso
avveniva prima, in una fase successiva.
DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ
Per garantire che l’impianto termico sia realizzato a regola
d’arte, secondo le prescrizioni del progettista e nel rispetto di tutte le norme di sicurezza,
l’installazione deve essere effettuata da una ditta specializzata in p 1990. A lavori ultimati, la ditta deve obbligatoriamente rilasciare al
proprietario una dichiarazione di confor br mità dell’impianto necessaria, anche,
per ottenere il certificato di
abitabilità dell’immobile.
La dichiarazione di conformità dovrà essere completa degli
allegati obbligatori:
1 progetto nei casi previsti;
2 sempre la relazione con tipologia dei materiali utilizzati;
3 lo schema di impianto realizzato;
4 il riferimento a dichiarazioni di conformità precedenti;
5 la copia del certificato di riconoscimento dei requisiti
tecnico-professionali rilasciato dalla C.C.I.A.A.
LA CALDAIA COM’È FATTA
È il cuore dell’impianto, dove il combustibile viene bruciato per
scaldare l’acqua o l’aria (fluido termovettore) che circolerà poi nell’impianto.
È composta, in generale, da un bruciatore che miscela l’aria con
il combustibile e alimenta una camera di combustione (il focolare), da una serie di tubi
attraverso i quali i fumi caldi prodotti dalla combustione scaldano il fluido termovettore e da un
involucro esterno di materiale isolante protetto da una lamiera (mantello
isolante).
POTENZA
Ogni caldaia è caratterizzata da:
• una
potenza termica del focolare, che indica la quantità di energia che il
combustibile sviluppa in un’ora nella camera di combustione;
• una
potenza termica utile, cioè l’energia effettivamente trasferita, per ogni ora,
al fluido termovettore.
3
PERCHÉ QUESTO OPUSCOLO ?
Ogni anno, in Italia, per riscaldare le nostre abitazioni bruciamo
circa 14 miliardi di metri cubi di gas, 4,2 miliardi di chilogrammi di gasolio, oltre a 2,4
milioni di tonnellate di combustibili solidi, soprattutto legna e un po’ di carbone. Così facendo si
riversano nell’ aria circa 380.000 tonnellate di sostanze inquinanti come ossidi di zolfo e di azoto,
monossido di carbonio, ecc….
Oltre alle sostanze propriamente dette inquinanti, si riversano
nell’atmosfera anche più di 40 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO²): questa, come è noto, contribuisce al formarsi del così detto "effetto serra" causando l’innalzamento della
temperatura media del nostro pianeta.
Il riscaldamento è, dopo il traffico, la maggiore causa
dell’inquinamento delle nostre città.
In termini economici, il nostro Paese deve spendere globalmente
oltre 12 milioni di Euro per l’acquisto all’estero dell’energia, ed ogni famiglia italiana
spende, in media oltre 500,00 Euro l’anno per riscaldarsi.
Le cifre si commentano da sole. Tuttavia si può fare molto per
migliorare la situazione, senza sacrifici e senza rinunciare al comfort a cui siamo abituati.
l’ENEA con questo opuscolo si rivolge a tutti coloro che
vogliono:
• avere una casa sicura, calda e confortevole;
• vivere in un ambiente più pulito;
• risparmiare energia;
• pagare meno per il riscaldamento;
• saperne di più sulle nuove normative.
Indipendentemente dal tipo di impianto installato (individuale o
centralizzato), dal combustibile usato (gasolio, metano, G.P.L.), "Risparmio Energetico con gli
impianti di riscaldamento" fornisce utili indicazioni per la gestione dell’impianto di
riscaldamento e aiuta a compiere le scelte migliori nel caso di cambiamenti o
innovazioni.
Tutta la normativa che riguarda la progettazione, l’installazione,
l’esercizio e la manutenzione degli impianti di riscaldamento è stata modificata con l’obiettivo
di contenere i consumi di energia, ridurre le emissioni inquinanti ed aumentare la
sicurezza.
La legge n. 10 del 1991 e i successivi decreti di attuazione, in
particolare il D.P.R. n. 412 del 26 agosto 1993 ed il recente D.P.R. 551 del 21 dicembre 1999
(pubblicato sulla GU n. 81 del 6 aprile 2000), hanno trasformato i più recenti criteri
tecnici per l’uso razionale dell’energia in disposizioni alle quali tutti devono
attenersi.
EDIFICIO E IMPIANTO TERMICO: UN UNICO SISTEMA
EDIFICI NUOVI E RISTRUTTURAZIONI
Gli edifici nuovi, per i quali siano stati iniziati i lavori di
costruzione dopo il 1° agosto 1994, devono essere progettati e realizzati in modo da rispettare le
nuove normative. Queste considerano l’impianto termico e l’edificio come un unico sistema che deve
essere quanto più possibile efficiente dal punto di vista energetico e,
naturalmente, sicuro.
Lo stesso principio vale anche in caso di:
• ristrutturazione dell’impianto termico, cioè modifica sostanziale dei
sistemi di produzione e di distribuzione del calore, compreso il caso di trasformazione
di un impianto centralizzato in più impianti individuali;
• installazione di un impianto termico in edifici esistenti;
• sostituzione della caldaia.
2
l’energia contenuta nel combustibile viene per la maggior
parte trasferita al fluido termovettore, ed in piccola parte dispersa verso l’esterno dal corpo
stesso della caldaia (attraverso il mantello isolante) e soprattuttto dai fumi che
fuoriescono, ancora caldi, dal camino.
Più vicini sono i valori della potenza al focolare e della
potenza utile, minori sono le perdite di calore e quindi migliore è il rendimento della
caldaia.
La legge prevede, per ciascun tipo di caldaia di nuova
installazione, un valore minimo del rendimento utile sia per il funzionamento a regime che per
il funzionamento al 30% della potenzialità massima.
La seguente tabella mostra, a titolo di esempio per
ciascun tipo di caldaia, alcuni valori per i rendimenti minimi di legge che possono servire da
confronto per valutare le prestazioni di una caldaia.
La scelta della potenza e del tipo di caldaia da
installare dipende dalle caratteristiche dell’edificio, dall’ubicazione e dalla sua destinazione
d’uso.
È una scelta importante che deve essere fatta da un
professionista qualificato e attento ai problemi energetici. Infatti, una caldaia di tipo standard
più grande del necessario spreca energia: specialmente nelle stagioni intermedie, essa
raggiunge rapidamente la temperatura prefissata e quindi ha lunghi e frequenti periodi di
spegnimento durante i quali disperde il calore dal mantello e attraverso il camino. Quindi, se si
considera l’intera stagione di riscaldamento, la sua efficienza globale non è elevata, cioè il suo
rendimento stagionale è basso.
Per rispettare i valori di rendimento imposti dalle nuove
norme, le caldaie più recenti come le "modulanti", quelle a "temperatura scorrevole" e le
caldaie a condensazione permettono di mantenere una buona efficienza anche nelle stagioni
intermedie.
POTENZA MASSIMA
Se la potenza necessaria a scaldare l’edificio supera i
350 kW, è necessario installare due o più caldaie. In questo modo si evita che caldaie molto
grandi lavorino, in particolare nelle stagioni intermedie, a basso regime e quindi con bassi
valori di rendimento.
ACQUA CALDA CENTRALIZZATA
Per produrre anche acqua calda per usi sanitari è
necessaria una caldaia con potenza molto superiore a quella sufficiente al solo riscaldamento. Per
evitare sovradimensionamenti, nelle nuove installazioni, non è più ammessa la produzione di
acqua calda effettuata dalla stessa caldaia destinata al riscaldamento, con l’eccezione degli
impianti individuali.
LOCALE CALDAIA PER IMPIANTI CENTRALIZZATI
Evidenti motivi di sicurezza impongono che ogni caldaia
debba essere installata in un locale idoneo, di dimensioni adeguate e con un ricambio d’aria
sufficiente a reintegrare l’ossigeno consumato dalla combustione. Esistono precise norme per
tutti i locali caldaia e, quando la potenza termica è maggiore di 116 kW (100.000 kcal/h), è
necessario un Certificato di Prevenzione Incendi rilasciato dai Vigili del
Fuoco.
5
Tipo
di caldaia
Potenza utile
kW (kcal/h)
Rendimento a
potenza nominale
% %
Caldaie standard 20
200
86,6
88,6
83,9
86,9
(17.200)
(172.000)
Caldaie a
bassa temperatura
20
200
89,5
91,0
89,5
91,0
(17.200)
(172.000)
Caldaie a gas a
condensazione
20
200
92,3
93,3
98,3
99,3
(17.200)
(172.000)
Rendimento a
carico parziale
4
SONDA DI
TEMPERATURA
SONDA DI
TEMPERATURA
PROGRAMMATORE
VALVOLA
A TRE VIE
IMPIANTO
CENTRALIZZATO
7
IMPIANTO
INDIVIDUALE
PROGRAMMATORE
COLLETTORI DI
DISTRIBUZIONE
CALDAIE INDIVIDUALI
Le caldaie individuali di nuova installazione possono
essere di tipo stagno o atmosferiche (dette anche a fiamma libera). Le caldaie di tipo stagno
sono costruite in modo che l’aria necessaria alla combustione viene presa dall’esterno tramite un tubo
e i fumi vengono evacuati sempre all’esterno; per questo motivo non ci sono
preclusioni sul locale di installazione. Le caldaie atmosferiche, invece, per la combustione
utilizzano l’aria del locale in cui sono poste ed è per questo motivo che il locale deve essere
adeguatamente ventilato e, se poste all’interno dell’abitazione, non possono essere installate in bagno o
in camera da letto.
PRESE D’ARIA
Le caldaie atmosferiche individuali a gas già esistenti
possono rimanere installate all’interno dell’abitazione, purché nella stanza ci siano prese d’aria, non ostruibili,
praticate in una parete esterna o verso locali adiacenti dotati, a loro volta, di prese
d’aria esterna (escluse le camere da letto e i garage). Le dimensioni di queste prese d’aria devono
essere calcolate da un tecnico tenendo conto di tutti gli altri eventuali apparecchi di
combustione installati nel locale. In caso di nuova installazione di caldaie atmosferiche in locali abitati,
dovrà essere realizzata, nelle modalità previste dalle norme tecniche, un’apertura di sezione libera non
inferiore a 0,4 m² (es. 40x100 cm).
SCARICO DEI FUMI
Tutti i combustibili, bruciando, rilasciano nell’aria una
certa quantità di sostanze inquinanti, ed è per questo che le caldaie installate in edifici
plurifamiliari, sia centralizzate che individuali, devono essere collegate ad una canna fumaria che arrivi
fin sopra il colmo del tetto.
Nel caso di impianti individuali è possibile evacuare i
fumi di più caldaie con la stessa stessa canna fumaria, ma questa deve essere adeguatamente
progettata e le caldaie allacciate devono avere caratteristiche simili.
Negli impianti individuali già esistenti e negli edifici
monofamiliari anche nuovi è consentito mantenere lo scarico individuale a parete.
Lo scarico a parete può essere utilizzato nei tre casi
seguenti:
• nella sostituzione di generatori di calore
individuali;
• nelle singole ristrutturazioni di impianti termici
individuali già esistenti, siti in stabili plurifamiliari, qualora nella versione iniziale non dispongano già di
camini o canne fumarie o sistemi di evacuazione dei fumi con sbocco sopra il tetto
dell’edificio;
• nuove installazioni di impianti termici individuali
in edifici "storici", in precedenza mai dotati di alcun tipo di impianto termico, a condizione che
non esista camino, canna fumaria o sistema di evacuazione dei fumi.
Negli ultimi due casi è comunque obbligatorio installare
generatori di calore individuali con basse emissioni inquinanti (norma tecnica UNI EN
297).
LIBRETTO DI USO E MANUTENZIONE
È un documento importante che va conservato con cura. È
diviso in due parti, una per l’utilizzatore, l’altra per l’installatore e il manutentore e fornisce
molte utili indicazioni quali i valori di rendimento della caldaia, le specifiche
elettriche per il collegamento di termostati ambiente, le principali operazioni di manutenzione. È
altresì importante conservare i libretti di uso e manutenzione degli altri componenti l’impianto
termico come ad esempio: cronotermostati, valvole termostatiche, valvole a tre vie motorizzate,
addolcitori ecc….
6
9
IMPIANTO A COLONNE MONTANTI
LA RETE DI DISTRIBUZIONE COS’È
È costituita essenzialmente dall’insieme delle tubazioni
di mandata e di ritorno che collegano la caldaia ai termosifoni. Generalmente, negli impianti di
riscaldamento di edifici civili, l’acqua calda (tra i 50 ed i 90°C) partendo dalla caldaia,
percorre le tubazioni di mandata, riscalda i radiatori e quindi l’ambiente, e ritorna a temperatura
più fredda alla caldaia stessa.
IMPIANTI A COLONNE MONTANTI (A DISTRIBUZIONE VERTICALE)
Gli impianti a colonne montanti sono costituiti da un
anello, formato da una tubazione di mandata e una di ritorno, che percorre la base
dell’edificio. Dall’anello si dipartono delle colonne montanti che alimentano i vari radiatori posti sulla
stessa verticale ai vari piani dell’edificio.
Fino a pochi anni fa tale tipologia era molto diffusa
perchè consentiva di realizzare economie in fase di costruzione; più difficilmente però permette di
ottimizzare la gestione dell’impianto specialmente quando si hanno diverse utilizzazioni delle
varie zone dell’edificio.
IMPIANTI A ZONE (A DISTRIBUZIONE ORIZZONTALE)
Gli impianti a zone sono realizzati in modo che ad ogni
zona dell’edificio, ad ogni piano o ad ogni singolo appartamento è dedicata una parte della
rete di distribuzione. Con questo tipo di impianto è possibile gestire in maniera diversificata
le varie zone, non riscaldando, ad esempio, quelle che in un dato periodo, non sono
occupate.
Per questo tale tipologia impiantistica è consigliabile in
tutti gli edifici nuovi o nelle ristrutturazioni, laddove esistono zone con diverse utilizzazioni come, ad
esempio, nel caso di edifici destinati in parte ad uffici o negozi ed in parte a
residenze.
COIBENTAZIONE
Per limitare le dispersioni, le tubazioni della rete di
distribuzione debbono essere protette da un adeguato strato di materiale isolante, il cui spessore,
fissato dalla normativa, dipende dal diametro della tubazione, dal tipo di isolante, e dalla
parete che attraversa. A titolo di esempio la seguente tabella indica lo spessore minimo di materiale
isolante (in questo caso poliuretano espanso con conduttività termica utile di 0,034 W/m°C) che
deve rivestire le tubazioni di un impianto nei tre casi previsti dalla
normativa:
• tubazioni poste all’esterno o in vani non
riscaldati o in murature esterne non isolate;
• tubazioni verticali poste in murature isolate;
• tubazioni poste in strutture tra ambienti riscaldati.
Sono i terminali dell’impianto, attraverso i quali il
calore contenuto nell’acqua viene ceduto all’ambiente da riscaldare. Sono chiamati comunemente
termosifoni o piastre e costituiscono la parte più visibile ed accessibile
dell’impianto.
Possono essere costruiti in ghisa, in acciaio o in
alluminio. I radiatori in ghisa mantengono più a lungo il calore e continuano ad emetterlo anche
quando, ad esempio, l’impianto è spento; di contro sono più ingombranti e impiegano più
tempo a diventare caldi. Quelli in alluminio e in acciaio hanno il pregio di scaldarsi
rapidamente e di avere un minore ingombro ma tendono a raffreddarsi piuttosto in
fretta.
SUPERFICIE RADIANTE
La caratteristica fondamentale di ogni radiatore è la
superficie di scambio termico con l’ambiente, detta anche impropriamente, superficie radiante: più è
grande, maggiore è la quantità di calore che il radiatore può cedere all’ambiente. I
modelli più recenti sono dotati di alette e di setti interni che ne aumentano la superficie di
scambio. A seconda del tipo, quindi, radiatori con uguali dimensioni esterne possono avere prestazioni
diverse.
CONVETTORI VENTILATI
Nel caso di alloggi abitati saltuariamente, invece dei
radiatori, sono più indicati i convettori ventilati (o ventilconvettori), nei quali l’aria che si
scalda a contatto con le superfici calde viene mossa da un ventilatore azionato elettricamente.
Questo fa si che aumenti la rapidità con la quale si scalda l’aria
ambiente.
VALVOLA TERMOSIFONE, VALVOLA DI SFIATO E
DETENTORE
Quasi tutti i radiatori sono dotati, generalmente nella
parte superiore, di una valvola termosifone e, talvolta, di una valvola per la fuoriuscita
dell’aria.
La valvola termosifone può essere utilizzata per chiudere
il radiatore, e non sprecare energia, quando non si abita una stanza, oppure quando si aprono le
finestre con il riscaldamento acceso.
Se i radiatori non si scaldano può darsi che si sia
formata una bolla d’aria all’interno che non permette all’acqua di circolare. In questo caso basta
aprire la valvola di sfiato dell’aria fino a quando non esce un pò d’acqua.
I modelli più recenti sono dotati di un’altra valvola,
posta normalmente nella parte inferiore in corrispondenza della tubazione di ritorno, chiamata
detentore. Su di essa si agisce quando si vuole equilibrare l’impianto consentendo, ad esempio,
un maggiore afflusso d’acqua calda ai radiatori dei piani più alti.
SUGGERIMENTI
Due semplici consigli per non sprecare
energia:
• qualunque sia il tipo di radiatore è importante non
ostacolare la circolazione dell’aria; è sbagliato quindi mascherare i radiatori con
copritermosifoni o nasconderli dietro le tende;
• se il radiatore è posto su una parete che dà verso
l’esterno, ad esempio nel vano sottofinestra, è consigliabile inserire tra questo e il muro un pannello
di materiale isolante con la faccia riflettente rivolta verso
l’interno.
11 10
IMPIANTO A ZONE
COME AVERE SEMPRE LA GIUSTA TEMPERATURA:
I SISTEMI DI REGOLAZIONE COSA SONO
La progettazione dell’impianto e la scelta della potenza
della caldaia, si basano sul calcolo delle dispersioni termiche dell’edificio, in presenza di
determinate condizioni climatiche e di esposizione.
l’impianto, infatti, deve essere dimensionato per
assicurare il comfort interno anche in presenza di punte eccezionali di freddo e, comunque alle
temperature minime medie della zona.
In pratica queste condizioni climatiche si verificano per
un periodo di tempo relativamente breve durante tutta la stagione di riscaldamento. Se si
continuasse a fornire all’edificio la stessa quantità di calore, indipendentemente dal valore della
temperatura esterna, si avrebbe un surriscaldamento degli ambienti interni e, di conseguenza, un notevole
spreco di energia.
I sistemi di regolazione hanno quindi lo scopo di
mantenere la temperatura all’incirca costante negli ambienti interni, indipendentemente dalle condizioni
climatiche esterne.
La regolazione può essere effettuata in modi diversi, in
relazione al tipo di impianto, al grado di precisione e di automatismo che si vuole
raggiungere.
IMPIANTI CENTRALIZZATI
Generalmente gli impianti centralizzati sono dotati di una
centralina di controllo (programmatore) con la quale:
• vengono impostatati i tempi di accensione dell’impianto;
• viene regolata automaticamente la temperatura di
mandata dell’acqua ai radiatori sulla base della temperatura esterna, rilevata con una sonda di
temperatura. La centralina agisce su una valvola (a 3 o 4 vie) che miscela l’acqua calda di mandata
con quella fredda di ritorno.
In questo modo, al variare della temperatura esterna, si
riesce con una certa approssimazione, a mantenere costante la temperatura dell’edificio (per
esempio a 20°C).
Nel caso di edifici nuovi o di ristrutturazione di
impianti termici, è prescritta l’installazione di centraline che diano la possibilità di regolare la
temperatura ambiente, almeno su due livelli sigillabili nell’arco delle 24 ore (per esempio 20°C di
giorno e 16°C di notte).
La regolazione degli impianti centralizzati, intervenendo
esclusivamente sulla temperatura dell’acqua dei radiatori, non tiene conto che, se
l’impianto non è ben progettato ed equilibrato, nelle diverse zone dell’edificio spesso si stabiliscono
temperature diverse come succede tra il primo piano e l’ultimo, tra le facciate esposte a
sud e quelle a nord, tra gli appartamenti d’angolo e quelli interni, e così via.
Spesso, per assicurare un buon comfort agli alloggi più
freddi si aumenta la temperatura dell’acqua di mandata, con il risultato di surriscaldare quelli più
caldi e di sprecare energia.
IMPIANTI INDIVIDUALI
Negli impianti individuali a servizio di una sola unità
immobiliare è frequente e consigliabile l’installazione di un programmatore che accende e spenge
automaticamente la caldaia:
• in base alla temperatura ambiente scelta (termostato);
• in base alla temperatura ambiente e ad orari prefissati (cronotermostato).
Con questo sistema di regolazione, si realizza, con
migliore approssimazione, l’obiettivo di mantenere la temperatura costante al variare delle condizioni
climatiche esterne. Inoltre, è possibile scegliere orari di accensione più adatti alle esigenze di
chi occupa l’alloggio, sempre nel rispetto degli orari e delle temperature fissate dalla
legge.
Anche negli impianti individuali, negli edifici nuovi o
nel caso di ristrutturazioni, è obbligatorio l’uso di un cronotermostato regolabile su due livelli di
temperatura.
13 12
CENTRALIZZATO, INDIVIDUALE, O… ?
LA CONTABILIZZAZIONE
Negli ultimi anni, anche per la maggiore diffusione del
metano, molti hanno scelto di sostituire l’impianto centralizzato con impianti individuali. Questa
tendenza è stata anche facilitata dalla legge n. 10 del 1991 che ha stabilito che questa
trasformazione, se finalizzata al risparmio energetico, può essere decisa dalla semplice maggioranza
millesimale e non più dalla unanimità dei condomini.
Le ragioni di questa tendenza sono note a tutti: con un
impianto autonomo si ha maggiore libertà nella gestione del riscaldamento, cioè nella scelta dei
tempi e delle temperature. Facendo un pò di attenzione, inoltre, si riesce a risparmiare
sensibilmente.
Ma esistono anche alcuni svantaggi degli impianti
autonomi: non si possono dividere con nessuno le spese obbligatorie di manutenzione annuale; il
rendimento delle caldaie individuali è, in generale, minore di quello di una caldaia
centralizzata, per cui, se la si tiene accesa per lo stesso numero di ore, si consuma di più
combustibile; i lavori di trasformazione sono spesso molto onerosi; ed infine, la sicurezza, che
nel caso di impianti autonomi non dipende solo dalla diligenza del singolo, ma anche da
quella dei suoi vicini….
TRASFORMAZIONE
È bene ricordare che la trasformazione da impianto
centralizzato ad autonomo, anche nel caso di un solo distacco, è considerata, una ristrutturazione
dell’impianto termico e quindi soggetta, al rispetto delle nuove norme e a molti più vincoli che in
passato:
• ogni caldaia individuale deve essere dotata di
canna fumaria con sbocco oltre il colmo del tetto;
• prima della trasformazione va presentato un
progetto ed una relazione tecnica al Comune.
LA CONTABILIZZAZIONE
Queste ragioni rendono sempre più conveniente la scelta di
mantenere l’impianto condominiale centralizzato installando un sistema di contabilizzazione
del calore e applicando la ripartizione delle spese.
Con la contabilizzazione è possibile mantenere i vantaggi
di un impianto centralizzato e contemporaneamente avere la libertà di scegliere le
temperature e gli orari che più soddisfano le esigenze del singolo utente. Si potrà infatti gestire
autonomamente il riscaldamento senza avere la caldaia in casa.
Si tratta di installare un sistema di apparecchiature che
misurano (contabilizzano) la quantità di calore effettivamente consumata in ogni appartamento e
consentono di regolare la parte di impianto che è al servizio di ogni
alloggio.
Oltre ad una quota fissa, stabilita dall’assemblea
condominiale (variabile dal 20 al 50%), ogni utente pagherà solo il calore che realmente avrà
consumato. In questo modo, il condomino che apporterà migliorie all’isolamento termico di pareti e
finestre sarà immediatamente ricompensato: il suo appartamento, infatti, consumerà e
pagherà meno degli altri.
15
VALVOLE TERMOSTATICHE
Sia negli impianti centralizzati che in quelli individuali
si sono fatti grandi passi nella direzione di consumare l’energia solo dove e quando
serve.
Ma si può fare di più.
Si può regolare la temperatura di ogni singolo ambiente
per sfruttare anche gli apporti gratuiti di energia, cioè quelli dovuti, ad esempio, alla presenza
di molte persone, ai raggi del sole attraverso le finestre, agli
elettrodomestici.
Per ogni radiatore, al posto della valvola manuale, si può
installare una valvola termostatica per regolare automaticamente l’afflusso di acqua calda in
base alla temperatura scelta ed impostata su una apposita manopola graduata. La valvola si chiude
mano a mano che la temperatura ambiente, misurata da un sensore, si avvicina a quella
desiderata, consentendo di dirottare ulteriore acqua calda verso gli altri radiatori, ancora
aperti.
In questo modo si può consumare meno energia nelle
giornate più serene, quando il sole è sufficiente per riscaldare alcune stanze, oppure, ad
esempio, impostare una temperatura più bassa nelle stanze da letto e una più alta in bagno o
anche lasciare i radiatori aperti al minimo quando si esce da casa. Le valvole termostatiche,
installate negli impianti centralizzati hanno anche una buona influenza sull’equilibrio termico
delle diverse zone dell’edificio.
Quando i piani più caldi arrivano a 20°C le valvole
chiudono i radiatori consentendo un maggiore afflusso di acqua calda ai piani freddi. Per
l’installazione delle valvole termostatiche è consigliabile rivolgersi ad un professionista o a una
ditta qualificata.
IL RISPARMIO
Il risparmio di energia indotto dall’uso delle valvole
termostatiche può arrivare fino al 20%. Proprio per questa ragione, è spesso obbligatoria l’installazione
negli edifici di nuova costruzione e nelle ristrutturazioni.
I COSTI
Nei modelli più recenti di radiatori, la valvola è già
predisposta per ricevere una "testa" termostatica.
In questo caso l’installazione è più semplice e costa
circa 26,00 Euro a radiatore.
Se invece è necessario sostituire l’intera valvola, il
costo si aggira sulle 62,00 Euro, mano d’opera compresa.
14
12
14
1618
20
22
24
I VARI SISTEMI
Negli impianti a colonne montanti è necessario misurare
quanta energia consumano, singolarmente, tutti i radiatori e quindi installare un contabilizzatore
di calore su ogni radiatore.
Il sistema più semplice per gestire l’impianto secondo le
proprie esigenze e avere anche la possibilità di consumare meno, consiste nel sostituire le
valvole manuali dei radiatori con valvole termostatiche in modo da regolare, stanza per
stanza, la temperatura desiderata.
Con qualche lavoro in casa si possono installare valvole
termostatiche motorizzate sui radiatori ed un interruttore orario (timer). Collegando
elettricamente le valvole al timer si potranno aprire o chiudere i radiatori in base agli orari scelti.
La regolazione delle valvole termostatiche assicurerà poi la temperatura desiderata stanza per
stanza.
La quantità di calore consumata da ogni radiatore e
registrata dai contabilizzatori deve essere letta, periodicamente, da un tecnico incaricato
dall’Amministratore. Tuttavia, alcuni tra i sistemi di contabilizzazione più recenti permettono
di evitare che la lettura dei consumi sia fatta all’interno dell’appartamento, radiatore per
radiatore: ogni contabilizzatore, infatti può trasmettere via radio i dati ad una centralina,
installata ad esempio nell’androne, dalla quale l’incaricato della lettura potrà prelevare i
dati relativi ai consumi di tutti gli appartamenti.
17
CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE
IN UN IMPIANTO A COLONNE MONTANTI
VALVOLA TERMOSTATICA
MOTORIZZATA
CONTABILIZZATORE
TIMER
COLLEGAMENTO
ELETTRICO
I VANTAGGI
I vantaggi della contabilizzazione del calore, dal punto
vista energetico, sono notevoli. È per questo che dal 30 giugno 2000 nei nuovi impianti
centralizzati, realizzati in nuovi edifici, è obbligatorio installare sistemi di contabilizzazione del
calore.
Il tipo di apparecchiature da installare ed i relativi
costi dipendono molto dal sistema di distribuzione dell’impianto e dal grado di automatismo nella gestione
che si vuole realizzare.
Va detto inoltre che, nella maggior parte dei casi, le
ditte che installano i sistemi di contabilizzazione offrono anche il servizio completo di assistenza e di
lettura dei risultati della contabilizzazione fino alla consegna all’Amministratore delle tabelle con la
ripartizione delle spese appartamento per
appartamento.
16
PER ESSERE IN REGOLA…
TEMPERATURA MASSIMA
Durante la stagione di riscaldamento, la temperatura media
degli ambienti delle abitazioni non deve superare i 20°C (con una tolleranza di
2°C).
PERIODO E NUMERO DI ORE
Il periodo dell’anno nel quale è consentito tenere in
funzione gli impianti di riscaldamento e il numero massimo giornaliero di ore di accensione
dipendono dal clima della località dov’è ubicato l’edificio.
l’Italia è stata suddivisa in 5 zone climatiche dalla A,
la più calda, alla F, la più fredda in funzione del numero dei "Gradi Giorno": quanto più alto è
il valore dei Gradi Giorno (GG) tanto più il clima è rigido. Ad esempio: nella zona
climatica A si trovano poche località molto calde, come le isole di Salina e Lampedusa; Palermo
e Reggio Calabria appartengono alla fascia B; Napoli, Bari, Imperia alla C; Roma,
Firenze, Ancona alla D; in fascia E si trovano Milano, Torino, Venezia, l’Aquila; nella F solo
località montane come Cortina D’Ampezzo e Abetone.
Per conoscere con esattezza in quale zona climatica è
situato un immobile, e quindi in quale periodo dell’anno si possono accendere gli impianti di
riscaldamento e per quante ore al giorno, basterà rivolgersi al Comune.
In caso di condizioni atmosferiche eccezionalmente
avverse, si possono accendere gli impianti di riscaldamento, anche al di fuori dei periodi previsti,
per non oltre la metà delle ore massime giornaliere normalmente consentite: non è necessario
richiedere alcuna autorizzazione.
INTERRUZIONE NOTTURNA
l’orario giornaliero di riscaldamento può essere
frazionato in due o più periodi ma, comunemente, l’impianto dev’essere spento, di notte, tra le 23 e le
5.
In alcuni casi è possibile mantenere sempre acceso
l’impianto. Le limitazioni alla durata giornaliera del riscaldamento, spesso causa di disaccordo
tra i condomini, non si applicano, tra gli altri:
1 agli impianti a pannelli radianti (generalmente a
pavimento);
2 agli impianti centralizzati dotati di una sonda di
temperatura esterna e di un programmatore sigillato che regoli la temperatura interna almeno su due
livelli: a 20° nelle ore previste dalla tabella precedente e a 16° per quelle
eccedenti (attenuazione notturna);
3 agli impianti centralizzati in edifici dotati di un sistema di
contabilizzazione del calore e di un programmatore per ogni appartamento mediante il quale si
possa regolare la temperatura interna su almeno due livelli;
4 agli impianti individuali regolati da un programmatore con le
caratteristiche del caso precedente;
5 agli impianti condotti mediante contratti di servizio energia.
Nei casi 2, 3, e 4 inoltre, la caldaia deve avere un buon
rendimento, non inferiore a valori limite prefissati per le caldaie di nuova installazione (vedi pag.
5).
19
Gradi Giorno Periodo Numero di ore di riscaldamento massime giornaliere
A inferiore a 600 1.12 - 15.3 6
B 601 - 900 1.12 - 31.3 8
C 901 - 1400 15.11 - 31.3 10
D 1401 - 2100 1.11 - 15.4 12
E 2101 - 3000 15.10 - 15.4 14
F superiore a 3000 nessuna limitazione nessuna limitazione
Negli impianti a zone, basterà installare un solo
contabilizzatore di calore per ogni appartamento.
Con un cronotermostato (collegato ad una elettrovalvola
sulla tubazione di mandata dell’acqua calda all’appartamento) si potrà poi gestire autonomamente
il calore.
Normalmente sia l’elettrovalvola che il contabilizzatore
vengono installati in una cassetta di distribuzione posta sul pianerottolo (da dove partono e
arrivano i tubi di mandata e di ritorno).
I contabilizzatori calcolano il calore consumato
dall’appartamento misurando la portata e la temperatura dell’acqua di mandata e la
temperatura di quella di ritorno (contabilizzatori entalpici).
COSTI
È bene tenere in considerazione che l’installazione di un
sistema di contabilizzazione del calore, specialmente in edifici esistenti, deve essere affidata a
ditte specializzate che, prima di procedere, devono verificare l’adeguatezza della caldaia dei
radiatori e della rete di distribuzione.
In linea generale si può dire che per un appartamento con
8-10 radiatori, in un immobile di 20 alloggi il costo dell’installazione di un sistema di
contabilizzazione si aggira intorno ai 1.500,00-1.800,00 Euro ad appartamento. Il servizio di
lettura e di ripartizione delle spese costa circa 5,00-6,00 Euro all’anno per ogni
radiatore.
18
CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE
IN UN IMPIANTO A ZONE
CONTABILIZZATORE
ELETTROVALVOLA
CRONOTERMOSTATO
Libretto di centrale o di impianto
• Deve
compilare e conservare il libretto di centrale (per gli impianti di potenza
superiore ai 35 kW), o il libretto di impianto (per quelli di potenza
inferiore), una vera e propria carta di identità dell’impianto che contiene, oltre ai dati del
proprietario, dell’installatore e del responsabile della manutenzione, la descrizione dei
principali componenti dell’impianto, delle operazioni di manutenzione, delle verifiche strumentali e
dei controlli effettuati da parte degli Enti Locali.
21
Questo libretto deve essere compilato inizialmente dall’installatore nel caso di caldaie nuove, mentre nel caso di impianti già esistenti dovrà essere preparato dal responsabile dell’impianto stesso, per esempio fotocopiando il modello pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale o acquistandolo nelle librerie specializzate. Nel caso di impianti individuali,
quando l’occupante lascia l’appartamento, il libretto
deve essere riconsegnato al proprietario o a colui
che subentra nell’alloggio. Il libretto di impianto e
di centrale deve essere conservato presso l’appartamento
o l’edificio in cui è installato l’impianto.
Tabella
• Deve esporre, nel caso di impianto termico centralizzato,
una tabella con l’indicazione del periodo annuale di esercizio dell’impianto, dell’orario
giornaliero di attivazione prescelto, delle
generalità e domicilio del responsabile dell’esercizio
e della manutenzione dell’impianto.
RESPONSABILITÀ
In passato, la gestione degli impianti di riscaldamento
centralizzati era affidata all’Amministratore
del condominio che, a sua volta, incaricava un tecnico o una ditta
di fiducia. Per
gli impianti individuali era il proprietario stesso, o
l’affittuario, a spegnere e accendere, a
regolare temperature ed orari, a decidere se e come fare la
manutenzione.
Dall’entrata in vigore del D.P.R. n. 412 del 1993 la normativa è
diventata molto più precisa
attribuendo la responsabilità dell’esercizio e della manutenzione
dell’impianto ad un unico
soggetto.
Per gli impianti condominiali la responsabilità è
dell’Amministratore; nel caso di impianti individuali, è di chi occupa l’alloggio a qualsiasi titolo, quindi
non solo del proprietario ma, a seconda dei casi, dell’inquilino, dell’usufruttuario
ecc..
Il responsabile deve conoscere quali sono gli adempimenti di
carattere amministrativo e tecnico che regolano gli aspetti della sicurezza e del risparmio
di energia e deve disporre affinché questi vengano rispettati.
GLI ADEMPIMENTI
Cosa deve fare, in concreto, il responsabile di un impianto di
riscaldamento?
Sicurezza
• Deve
accertare che sia stata rilasciata la "dichiarazione di conformità"
dell’impianto chene attesti la rispondenza alle norme di sicurezza. Per gli
impianti costruiti dopo il 13.3.90, questa dichiarazione deve essere stata rilasciata al
proprietario dall’installatore.
Per gli impianti più vecchi è necessario controllare che essi
siano in regola avvalendosi, se necessario, dell’aiuto di un professionista. Questi, o lo
stesso proprietario, compilerà una dichiarazione sostitutiva di conformità. Tutti gli impianti
avrebbero dovuto essere adeguati entro il 31 dicembre 1998.
l’accertamento della rispondenza alle norme di sicurezza deve, tra
l’altro, riguardare l’integrità ed il corretto posizionamento dei tubi di adduzione
del combustibile (metano, gasolio ecc…) e degli eventuali serbatoi, l’esistenza di
un’adeguata apertura per l’ingresso dell’aria, che il camino non sia ostruito,
ecc..
Efficienza
• Deve mantenere la caldaia in buona efficienza per non sprecare energia e
inquinare quanto meno possibile. A tale proposito deve fare in modo che sia
effettuato un intervento di manutenzione almeno una volta all’anno e, con cadenze diverse
in relazione alla potenza, la verifica strumentale delle prestazioni della caldaia
(analisi dei fumi).
20
VERIFICA DEL RENDIMENTO
23
IL TERZO RESPONSABILE
La legge prevede la possibilità di delegare la
responsabilità dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto ad un altro soggetto, il terzo responsabile,
purché questi sia dotato di sufficienti competenze tecniche ed
organizzative.
Il terzo responsabile deve essere, infatti, una ditta che
possieda almeno l’abilitazione, rilasciata dalla Camera di Commercio o dall’Albo delle Imprese
Artigiane, ai sensi della legge n. 46 del 1990.
Per gli impianti individuali, l’occupante dell’alloggio
rimane responsabile del rispetto delle norme relative alle temperature interne dell’alloggio e ai
periodi di accensione dell’impianto, anche se decide di affidare le altre responsabilità ad un
terzo responsabile.
DELEGA
l’Amministratore o l’occupante dell’alloggio può quindi
scegliere tra:
• delegare una ditta (almeno qualificata ai sensi
della legge n. 46 del 1990) nominandola terzo responsabile dell’esercizio e della manutenzione
dell’impianto; in questo caso è obbligatorio redarre e sottoscrivere, da parte del terzo
responsabile, un atto di assunzione delle responsabilità e consegnarne copia
all’amministratore o all’occupante l’alloggio; il terzo responsabile è tenuto a comunicare all’Ente Locale
competente la propria nomina e anche le eventuali revoche o dimissioni
dall’incarico;
• mantenere la responsabilità dell’impianto ed
affidare ad una ditta (almeno qualificata ai sensi della legge n. 46 del 1990) il controllo la
manutenzione e le verifiche strumentali periodiche. In questo caso l’amministratore o l’occupante
dell’alloggio provvederà a riportare sul libretto di centrale (di impianto) i risultati delle
verifiche eseguite dalla ditta.
VERIFICA DEL RENDIMENTO
Le verifiche strumentali che la legge impone di fare
periodicamente consistono nella misura della temperatura dei fumi che fuoriescono dalla caldaia,
del loro contenuto di ossigeno o di anidride carbonica (CO2
22
* Per potenze superiori a 350 kW, il terzo responsabile
deve possedere ulteriori requisiti.
** Salvo indicazioni diverse del costruttore dell’impianto
o dei fabbricanti dei componenti dell’impianto.
Potenza
della caldaia
INDIVIDUALI CENTRALIZZATI
Responsabile
o terzo
responsabile
Controllo e
manutenzione
Verifiche strumentali
del rendimento
di combustione
inferiore
a 35 kW
occupante
ditta abilitata
L. 46/90
ditta abilitata
L. 46/90
una volta
l’anno
ditta abilitata
L. 46/90
ogni
due anni
da 36 kW
a 350 kW
amministratore
ditta abilitata
L. 46/90
ditta abilitata
L. 46/90
una volta
l’anno **
ditta abilitata
L. 46/90
una volta
all’anno
superiore
a 350 kW
amministratore
ditta abilitata
L. 46/90*
ditta abilitata
L. 46/90
una volta
l’anno**
ditta abilitata
L. 46/90
due volte
all’anno
chi può farlo chi può farla quando chi può farle
quando
I valori rilevati servono per calcolare il rendimento di
combustione della caldaia, cioè il suo grado di efficienza.
È evidente che una caldaia poco efficiente spreca energia
ed è per questo che sono stati fissati, in base alla potenza della caldaia, dei limiti minimi di
rendimento.
Se il rendimento della caldaia, misurato con le analisi
strumentali, scende al di sotto di tali limiti si deve intervenire con la manutenzione oppure, in
ultima analisi, si deve procedere alla sostituzione della caldaia stessa.
A titolo di esempio nella tabella seguente sono riportati,
in funzione della potenza della caldaia, i valori minimi del rendimento di
combustione:
Potenza utile
kW (kcal/h)
INDIVIDUALI CENTRALIZZATI
Potenza al focolare
kW (kcal/h)
Caldaia installata
prima del 29/10/93
acqua
calda
aria
calda
acqua
calda
aria
calda
17,44
23,20
31,40
19,30
25,30
34,77
83,5
83,7
84,0
79,5
79,7
80,0
86,5
86,7
87,0
82,5
82,7
83,0
44,19
87,21
208,95
348,95
400,00
49,07
96,86
230,93
383,95
444,40
(15.000)
(19.950)
(27.000)
(16.600)
(21.760)
(29.900)
(38.000)
(75.000)
(179.700)
(300.100)
(344.000)
(42.200)
(83.300)
(198.600)
(330.200)
(512.180)
84,3
84,9
85,4
86,1
86,2
80,3
80,9
81,6
82,1
82,2
87,3
87,9
88,6
89,1
89,2
83,3
83,9
84,6
85,1
85,2
Caldaia installata
dopo del 29/10/93
Per potenze superiori valgono i valori relativi a 400
kW.
24
CONTROLLO E MANUTENZIONE
Per sfruttare al meglio l’energia contenuta nel
combustibile, per garantire la sicurezza e proteggere l’ambiente, l’impianto di riscaldamento deve essere ben
tenuto e correttamente regolato.
Proprio per questo la legge impone che su tutti gli
impianti, almeno una volta all’anno, venga effettuato un intervento di controllo e manutenzione
eseguito secondo quanto richiesto dalle norme UNI e CEI e secondo le indicazioni fornite dal
costruttore nel libretto di uso e manutenzione della caldaia.
REQUISITI
l’incaricato della manutenzione deve avere i requisiti di
legge per poter intervenire sull’impianto e riparare tutti gli eventuali malfunzionamenti. Deve
quindi essere una ditta abilitata ai sensi della legge n. 46 del
1990.
OPERAZIONI
Il manutentore deve eseguire il controllo e la eventuale
manutenzione dell’impianto (e non della sola caldaia) conformemente alle istruzioni tecniche
fornite dal costruttore l’impianto, o in mancanza di queste, secondo le istruzioni dei
fabbricanti i componenti dell’impianto termico e, se anche queste non disponibili, secondo le
prescrizioni delle normative UNI e CEI vigenti.
La nuova normativa (D.P.R. 551/99) fornisce un modulo di
rapporto di controllo tecnico (allegatoH) nel quale sono riportate le principali operazioni che,
almeno una volta l’anno, il manutentore deve compiere in mancanza di specifiche
indicazioni.
Al termine dell’intervento, il manutentore deve compilare
e sottoscrivere un rapporto che anche il responsabile dovrà sottoscrivere per ricevuta e
conservarne copia insieme alla documentazione di impianto.
Nel caso di impianti autonomi questo rapporto di controllo
e manutenzione, si identifica con l’allegato H al D.P.R. 551/99.
I principali riferimenti normativi sulle operazioni di
manutenzione sono i seguenti:
• Impianti autonomi: UNI 7129, UNI 7131, UNI 10436;
• Impianti centralizzati: UNI 9317, UNI 8364, UNI 10435.
25
Le caldaie, che non rispondano ai valori minimi di
rendimento neanche in seguito agli interventi di manutenzione, devono essere sostituite entro 300
giorni.
CHI VERIFICA?
LE PROVINCE
I compiti di verifica sull’osservanza delle norme per il
contenimento dei consumi energetici negli edifici sono stati affidati alle Province dal
decreto legislativo "Bassanini" (D. L. 112/98).
Tuttavia, le leggi regionali attuative del decreto e i
Piani Energetici Regionali, possono disporre diversamente, attribuendo le verifiche anche ai
Comuni (se superano i 40.000 abitanti).
Per questo motivo, per ulteriori informazioni è opportuno
rivolgersi presso l’ufficio competente della propria Provincia o del proprio
Comune.
l’ENEA
Le ditte convenzionate con gli Enti locali ed incaricate
dei controlli non possono, nel contempo svolgere la funzione di responsabili di impianto
e devono essere tecnicamente idonee a svolgere il compito affidato.
l’ENEA svolge corsi di formazione per l’aggiornamento
professionale di tali tecnici, e, su richiesta degli Enti locali ne accerta l’idoneità
tecnica.
DICHIARAZIONE
l’impegno richiesto agli Enti Locali per questi controlli
è sicuramente gravoso.
Pertanto la legge consente che, per gli impianti autonomi,
sia possibile inviare all’ente locale competente il rapporto di controllo tecnico
(allegato H) debitamente compilato.
In questo caso i controlli saranno effettuati con cadenza
biennale solo ad un campione degli impianti corrispondenti ai rapporti di controllo
pervenuti.
Saranno comunque controllati tutti gli impianti
centralizzati e gli impianti autonomi di cui non sia pervenuto il rapporto di controllo
tecnico.
SANZIONI
Le sanzioni a carico del responsabile dell’impianto che
non rispetti il D.P.R. n. 412 del 1993 sono elevate: da 516-2.600,00
Euro.
LA MANUTENZIONE
27 26
PER SAPERNE DI PIÚ… LE UNITÀ DI MISURA
Nel Sistema Internazionale (SI) l’unità di misura
dell’energia è il joule (J); parlando di energia elettrica spesso si usa il kilowattora (kWh).
II joule è una quantità molto piccola, più o meno
l’energia che serve per portare una tazzina di caffè alla bocca. Per questo sono più usati i suoi
multipli, il megajoule (MJ) che corrisponde ad un milione di joule, il gigajoule (GJ) che corrisponde
ad un miliardo di joule.
Trattando di quantità molto grandi di energia come i
consumi di una grande industria, di una città, di una nazione, viene spesso usato il tep
(tonnellata equivalente di petrolio) cioé la quantità di energia ottenibile bruciando 1.000 kg di
petrolio. Ad esempio, in Italia nel 1993 sono stati consumati complessivamente oltre 150 milioni di
tep (Mtep), quasi 3 tep per ogni abitante.
Ogni tep equivale a 41,8 GJ e a 11,6 MWh.
Ogni combustibile è caratterizzato da un "potere
calorifico", cioé dalla quantità di calore che si otterrebbe bruciandone completamente 1 kg oppure 1
m³.
Ad esempio da 1 kg di gasolio si ottengono 42,7 MJ; da 1
m³ di metano 34,54 MJ.
La potenza si misura in watt (W) e nei suoi multipli: il
kilowatt (1 kW = 1.000 W) il megawatt (1 MW = 1.000.000 W). Tuttavia molto spesso, parlando di
potenza termica di caldaie si utilizzano ancora, impropriamente, le kilocalorie/ora
(kcal/h).
Per trasformare le kilocalorie/ora in watt, basta
moltiplicarle per 1,163. Ad esempio, una caldaia da 25.000 kcal/h è una caldaia da 25.000 x 1,163 =
29.000 W, cioè da 29 kW.
28
ENERGIA 1 kWh = 3,6 MJ = 860 kcal
1 tep = 41,8 GJ = 10 Mkcal
POTENZA 1 kW = 1 kJ/sec = 860 kcal/h
1 kcal/h = 41,8 GJ = 10 Mkcal
POTERE CALORIFICO INFERIORE DI ALCUNI
COMBUSTIBILI
Metano 34.535 kJ/m³ 8.250 kcal/m³
Gasolio 42.697 kJ/kg 10.200 kcal/kg
G.P.L. 46.046 kJ/kg 11.000 kcal/kg
Legna 16.744 kJ/kg 4.200 kcal/kg
Petrolio (kerosene) 43.116 kJ/kg 10.300 kcal/kg
l’ENEA pubblica altri opuscoli sulle scelte più convenienti che tutti noi possiamo adottare per risparmiare energia e proteggere
l’ambiente.
Potete richiedere gratuitamente gli opuscoli che vi interessano
a:
ENEA - Unità RES RELPROM
Lungotevere Thaon di Revel, 76 - 000191 Roma
Fax 0636272288
l’USO DELl’ENERGIA IN CASA
Il consumo degli
elettrodomestici in Italia costituisce, insieme con l’illuminazione, circa il
23% dei consumi elettrici nazionali.
Ciò significa che una famiglia di 4 persone spende in media 103.00 Euro a
bimestre, per luce, elettrodomestici grandi e piccoli, computer e
apparecchiature varie collegate alla rete elettrica.
Illuminazione
Click. è la prima
cosa che si fa quando si rientra la sera a casa. la prima e la più diffusa
delle applicazioni elettriche introdotte nella casa sin dal lontano 1880,
anno in cui fu illuminata artificialmente la prima abitazione privata, la
lampadina ne ha fatta di strada, illuminando le nostre notti e anche le
nostre giornate, cambiando il volto delle nostre città, modificando
radicalmente abitudini e bisogni (per noi è difficile rendersene conto, ma il
mondo dei nostri avi era un mondo piuttosto buio).
Il settore dell’illuminazione domestica ha una sua importanza energetica,
anche se non è il settore che più incide sui consumi di elettricità. In
Italia, la quota annua di energia elettrica destinata a tale uso è,
complessivamente, superiore ai 7 miliardi di kilowattora, corrispondenti a
circa il 13.5% del consumo totale di energia elettrica nel settore
residenziale.
Una “famiglia tipo” di 4 persone ha un consumo medio per bimestre di
65-70 kilowattora (kWh) che rappresenta circa l’8-10% delle spese totali di
energia elettrica.
È importante utilizzare nel modo migliore l’energia elettrica usata per questa
applicazione e contenere le relative spese, senza però rinunciare ai comfort
e al benessere a cui ci siamo abituati.
Il nostro obiettivo deve essere la migliore illuminazione con il minore
consumo di energia.
Per far “funzionare meglio” la casa e in questo caso particolare
l’impianto d’illuminazione non c’è bisogno di fare sacrifici o rinunce. Basta
prendere l’abitudine di scegliere gli strumenti più adatti che la tecnica ci
mette a disposizione, in modo da consumare meno energia e risparmiare
denaro.
È possibile ottenere sensibili risparmi nei consumi e quindi nelle spese per
l’illuminazione.
Le lampadine a incandescenza sono ancora le più diffuse, soprattutto in
Italia. Costano poco, diffondono una luce calda e gradevole, hanno
un’accensione immediata, si sostituiscono facilmente. Per queste ragioni sono
ancora le protagoniste indiscusse del mercato dell’illuminazione
artificiale. Hanno però un grosso limite. La maggior parte dell’energia
assorbita si disperde sotto forma di calore e solo il 10% viene trasformato
in luce. Una percentuale che in pratica si inverte nel caso delle lampade
fluorescenti, che trasformano in luce il 90% dell’energia utilizzata.
È stato stimato che in Italia il risparmio annuo conseguibile
nell’illuminazione d’interni, comprendendo sia gli usi domestici che tutti
gli altri, potrebbe essere di circa 5 miliardi di kilowattora.
Questa cifra corrisponde al 20% dei consumi di energia per usi d’illuminazione
ed equivale a più di 1 milione di TEP
(Tonnellate Equivalenti di Petrolio).
In Italia, la quota di energia elettrica destinata all’illuminazione domestica
è superiore ai 6 miliardi di kWh, corrispondente a circa il 13.5% del consumo
totale di energia elettrica nel settore residenziale.
Anche con l’illuminazione è possibile contenere i consumi di energia. Vediamo
come:
• Per illuminare correttamente un ambiente non è necessario aumentare la
potenza delle lampadine, e quindi i consumi, basta scegliere il tipo di
lampada giusta e la posizione più opportuna.
Il lampadario centrale non è una soluzione vantaggiosa in termini energetici:
è meglio distribuire le lampade in funzione delle attività da
svolgere.
• In soggiorno evitiamo i lampadari con molte lampadine. Una lampada da 100
watt fornisce la stessa illuminazione di 6 lampadine da 25 watt, consumando
il 50% in meno.
• Prima di acquistare una lampada, bisogna pensare bene quale è l’ambiente da
illuminare, quali attività vi si svolgono e per quante ore, in media, la
lampada rimarrà accesa.
In generale la soluzione migliore consiste nel creare una luce soffusa in
tutto l’ambiente e intervenire con fonti luminose più intense nelle zone
destinate ad attività precise come pranzare, leggere, studiare.
Le lampade che troviamo in commercio possono essere suddivise, in base alla
modalità con cui viene generata la luce, in due grandi categorie: a
incandescenza e a scarica elettrica in gas.
Le lampade a incandescenza, le comuni lampadine, si suddividono in normali e
alogene. Entrambe sono economiche al momento dell’acquisto, ma più costose
per quello che riguarda i consumi. Le normali hanno una durata media di
1,000 ore, le alogene invece hanno una durata media di 2,000 ore e una
maggiore resa energetica.
Le lampade a scarica elettrica in gas, conosciute come lampade ad alta
efficienza, hanno una durata media, a seconda dei vari modelli, di 10/12,000
ore. Sono molto efficienti: una di queste lampade da 20 watt fornisce la
stessa quantità di luce di una lampadina ad incandescenza da 100 watt. Hanno
un prezzo iniziale elevato, ma consentono di ridurre fortemente i consumi di
energia elettrica, fino a circa il 70% rispetto alle lampadine ad
incandescenza.
Ricordiamo che fino al 31 dicembre 2005 anche le spese sostenute per
l’acquisto di queste lampade beneficiano, della detrazione IRPEF del
36%.
Dalla tabella possiamo notare come cambia la spesa annua per l’illuminazione a
seconda delle lampade che si utilizzano.
l’ACQUISTO
FACCIAMO LUCE, MA QUALE?
Esistono diversi tipi di lampade ma esistono anche diverse necessità di
illuminazione e diverse possibilità di impiego. Prima di scegliere quale
lampada acquistare, bisogna pensare bene a:
• dimensioni e tipo di ambiente da illuminare;
• quali attività vi si svolgono;
• mediamente per quante ore la o le lampade dovranno rimanere accese.
Illuminare significa consumare energia e spendere denaro. A seconda di quale
lampada si sceglie cambiano notevolmente, oltre alla qualità e alla quantità
di luce ottenuta, anche i consumi.
I DIVERSI TIPI DI LAMPADE
Tutte le lampade attualmente in commercio possono essere suddivise, in base
alle modalità con cui viene generata la luce, in due grandi categorie:
• ad incandescenza
• a scarica elettrica in gas
Lampade a Incandescenza
La lampadina a incandescenza è stata inventata da Thomas Edison nel 1879.
Il principio di funzionamento su cui si basava è rimasto pressoché invariato
nel corso degli anni. La luce viene emessa da un filamento metallico,
Edison utilizzò un filamento in fibra di carbonio, oggi si utilizza il
tungsteno, che viene reso incandescente dal passaggio della corrente
elettrica. Il tutto contenuto in un’ampolla di vetro vuota o riempita di gas
inerte.
Le comuni lampadine, le più diffuse nelle nostre case, sono costituite da un
bulbo in vetro dal quale è stata tolta l’aria e successivamente riempito con
un gas inerte. Al suo interno, un filamento di tungsteno attraversato dalla
corrente elettrica diventa incandescente, emettendo una certa quantità di
luce.
In Italia sono ancora le più diffuse nell’ambito dell’illuminazione domestica
e possono essere di varia forma: a goccia, a pera, sferica, tubolare,
ad oliva, a tortiglione, ecc.
Come detto, sono costituite da tre parti essenziali: l’ampolla (o bulbo)
esterna, l’attacco e il filamento.
l’ampolla esterna, in vetro, può essere realizzata in diverse finiture.
Chiara, smerigliata, rivestita internamente con speciali sostanze a base di
silicati (in questo caso si dice opalizzata), colorata, mezzo argentata,
ecc.
l’attacco o virola, è costituito da una ghiera di metallo (ottone o rame)
fissata all’ampolla per mezzo di mastici speciali. La forma e le dimensioni
variano a seconda dell’impiego della lampada. Il tipo più comune, previsto
per i normali impieghi d’illuminazione, è quello a vite tipo “Edison”.
Il filamento di tungsteno è l’elemento più importante della lampada. Da esso
dipendono, in particolare, la qualità e la quantità della luce e la luce
emessa della lampada stessa.
Le lampade ad incandescenza “normali” sono disponibili nelle potenze
da 25 a 200 watt e sono caratterizzate da un’efficienza piuttosto modesta
(circa l2 lumen/watt) e da una durata di vita media1, pari a circa 1.000 ore.
La sua durata è condizionata da numerosi fattori, in particolare dal numero
delle accensioni, dagli sbalzi della tensione di alimentazione e dalla
percentuale di umidità degli ambienti in cui si trova e che ne possono
accorciare ulteriormente la vita. In cucina, per esempio, i fumi e i vapori
tendono a danneggiare il contatto elettrico e quindi a ridurne la
durata.
Una lampadina a incandescenza da 150 watt emette circa 2000 lumen, e cioè
2000/150=13 lumen per ogni watt assorbito.
Questo valore LUMEN/WATT esprime in pratica l’efficienza luminosa di una
lampada ed è molto importante ai fini della scelta della sorgente luminosa
più adatta a risparmiare energia.
Le lampade ad incandescenza, rispetto agli altri tipi di sorgenti luminose
adatte all’illuminazione d’interni, sono caratterizzate da
un’efficienza luminosa modesta.
Ciò perché l’energia elettrica è trasformata in gran parte in calore e solo in
minima parte in luce.
Questo tipo di lampade fornisce istantaneamente il flusso luminoso e, se
spente, si riaccendono immediatamente. Il flusso luminoso da esse emesso può
essere graduato con appositi “variatori”. Le lampade ad incandescenza, grazie
alle loro dimensioni molto contenute e alla forma raccolta si adattano ad
essere montate in apparecchi d’illuminazione molto variati e di linea estetica
particolarmente curata.
Emettono luce di tonalità "calda" e l’indice di resa cromatica (capacità di
distinguere agevolmente i colori) ha il valore massimo: 100. Ciò contribuisce
al "comfort" visivo tipico di queste lampade.
Un altro vantaggio delle comuni lampade ad incandescenza è il loro costo
iniziale: sono infatti le più economiche al momento dell’acquisto. Sono,
però, (e su questo punto importante ritorneremo) le più costose per quello
che riguarda i consumi.
Con l’invecchiamento le lampade emettono sempre meno luce (pur consumando
sempre la stessa quantità di energia) e quindi è bene che, superata la vita
media, vengano sostituite.
Lampade Alogene
Appartengono alla famiglia delle lampade ad incandescenza le lampade alogene,
negli ultimi anni in rapida diffusione, il cui successo è legato ad una
maggiore durata e a una tonalità di luce più bianca.
Le lampade alogene hanno dimensioni molto ridotte e ciò costituisce in
generale una caratteristica positiva ai fini soprattutto della riduzione
dell’ingombro del complesso lampada più riflettore o proiettore. Sono
disponibili in una notevole varietà di forme e di potenze.
Le lampade alogene sono anche particolarmente adatte a essere impiegate in
apparecchi che consentono di orientare con molta precisione il fascio
luminoso nel punto desiderato. Qualora invece vengano utilizzate per
l’illuminazione indiretta, è necessario impiegare potenze più elevate
rispetto a quelle che si avrebbero con l’utilizzo di lampade a incandescenza
o fluorescenza (200 o 300 watt), per cui il consumo di energia è,
conseguentemente, superiore. Nel caso di potenza non molto elevata
(100 watt o meno) e per una illuminazione diretta, le lampade alogene offrono
anche il vantaggio di un minore consumo rispetto a quelle ad
incandescenza normali. Naturalmente l’illuminazione indiretta comporta sempre
una minore efficacia del sistema di illuminazione. Ricordiamo anche che
l’adozione di semplici ed economici regolatori rende possibile la variazione
del flusso luminoso emesso. Ciò permette di ridurre ulteriormente i
consumi. Nelle potenze 60-100-150 watt sono disponibili in versioni con due
attacchi e con l’attacco (a vite tipo Edison).
Ai fini del contenimento dei consumi energetici è bene limitare l’uso delle
lampade alogene di elevata potenza per la sola illuminazione di oggetti
particolari che richiedono alta resa cromatica.
Sono lampade ad incandescenza all’interno delle quali viene
introdotta una miscela di alogeni (essenzialmente bromo), che crea un
processo di rigenerazione del filamento: quando il filamento raggiunge una
determinata temperatura (circa 3.000 gradi Kelvin), gli atomi di tungsteno
che evaporano dal filamento, dopo essersi combinati chimicamente con gli
alogeni, si ridepositano sul filamento per ricominciare un altro ciclo. In
una lampada normale tali atomi si depositano invece sul vetro del bulbo e lo
anneriscono.
Questa caratteristica costituisce soltanto uno dei vantaggi che le lampade
alogene presentano rispetto a quelle ad incandescenza normali.
Ricordiamo gli altri:
• la loro efficienza luminosa (circa 22 lumen/watt) è superiore;
• emettono luce a temperature di colore superiore (cioè 3.000 K anziché 2.700
K), quindi più gradevole perché più "bianca" e sempre con una eccellente resa
dei colori;
• durano il doppio (la durata media è di circa 2.000 ore).
LAMPADE A RIFLETTORE INCORPORATO
In queste lampade una parte dell’ampolla è internamente
ricoperta da uno strato di speciali sostanze che riflettono la luce emessa
dal filamento incandescente.
Sono dunque lampade che uniscono la funzione di emettere luce a
quella di orientare la stessa nella direzione voluta: quest’ultima funzione è
normalmente affidata, nel caso delle lampade tradizionali, agli apparecchi
d’illuminazione. Si suddividono in due grandi famiglie: fabbricate in vetro
soffiato e fabbricate in vetro pressato. La durata di vita media delle
lampade in vetro soffiato è di 1.500 ore, quella delle lampade in vetro
pressato è di 2.000 ore.
Lampadine a Fluorescenza
Se le tradizionali lampadine sono percepite quasi come un prodotto usa e
getta, altrettanto non si può dire per quelle fluorescenti compatte a basso
consumo. Introdotte agli inizi degli anni ottanta, si sono andate via via
perfezionando, ma stentano ancora a conquistare i consumatori italiani. Una
situazione assai diversa rispetto, ad esempio, al nord Europa, dove in media
vengono utilizzate sette lampade fluorescenti compatte per abitazione contro
le due delle case italiane.
La tecnologia utilizzata è la stessa dei neon, con la sostanziale differenza
che l’attacco è a vite (grazie alla miniaturizzazione del reattore di
accensione) ed è quindi possibile installarle nei comuni apparecchi
domestici.
Queste lampade richiede però un investimento iniziale
decisamente più elevato (10-20 euro contro gli 1 o 2 euro di una a
incandescenza), ma il consumo è minore e la vita media si aggira intorno alle
10 mila ore. La differenza in bolletta è immediatamente evidente, basti
pensare che una fluorescente compatta da 20 watt fornisce le stesse
prestazioni di una normale da 100 watt: a parità di resa le fluorescenti
consumano un quinto di quelle tradizionali. Durano poi dieci volte tanto,
quindi il risparmio a medio e lungo termine è assicurato.
La ricerca tecnologica in questo settore è estremamente
agguerrita e le imprese fanno a gara nell’offrire un prodotto sempre più
competitivo. Il peso e le dimensioni diminuiscono di anno in anno e
l’inconveniente dell’accensione ritardata è stato risolto con l’installazione
di un dispositivo elettronico, di cui però non tutte le lampade in commercio
sono dotate.
Scelta delle Lampadine
La lampadina viene comunemente considerata un acquisto banale e non si presta
quasi mai attenzione all’aspetto qualitativo. Eppure non tutte le lampade
presentano gli stessi parametri di qualità in termini di durata, intensità
del flusso luminoso rispetto al variare del numero di watt e di sicurezza. Le
più affidabili rispettano gli standard indicati dal Cei
(Centro elettrotecnico italiano), l’unico organismo che recepisce le
indicazioni valide a livello europeo fissandone tramite norme le
caratteristiche di qualità e sicurezza. Non si tratta comunque di norme
imposte per legge e non tutte le aziende le adottano.
Le lampade a risparmio energetico possono offrire un livello qualitativo fra
i più elevati. Dimensioni ridotte e maggiore compattezza consentita
dall’impiego di tre tubi fluorescenti anziché due. Tonalità di luce
calda, simile a quella delle lampade a incandescenza. Durata superiore o
uguale a 10 mila ore. Reattore elettronico per garantire un’accensione
immediata.
l’assortimento delle lampade a incandescenza è quello classico. Il vetro
può essere trasparente, smerigliato oppure opalino, mentre le forme sono
quelle standard a goccia, sfera, oliva e tortiglione. l’attacco infine è
di diversi tipi. I due principali sono quello grande (Edison 27) e quello
mignon (Edison 14).
Vantaggi sulle lampadine a risparmio energetico. Vantaggi economici
Le lampadine a risparmio energetico (fluorescenti compatte) fanno la stessa
luce delle lampadine tradizionali (ad incandescenza ) anche con un numero
inferiore di watt. Ciò consente di ridurre notevolmente i consumi
elettrici.
Una lampadina tradizionale di 100 watt in cucina accesa in media 4 ore al
giorno tutti i giorni dell’anno, consuma circa € 27 di elettricità l’anno.
Una lampadina a risparmio energetico di classe A da 20 watt fa la stessa luce
per più di 6 anni e consuma meno di € 6 di elettricità all’anno.
Tabella 01:
Lampadina Tradizionale a Incandescenza
Lampadina Alogena
Lampadina a Risparmio Energetico (fluorescente compatta di classe A)
Vita Media
1.000 ore
2.000 ore
10.000 ore
Potenza Elettrica
100 watt
60 watt
20 watt
Una famiglia media di
tre/quattro persone sostituendo le lampadine ad incandescenza tradizionali
con le lampade fluorescenti compatte può risparmiare fino all’80% sui consumi
di luce con il vantaggio di ricevere ogni due mesi una bolletta meno cara di
almeno 15 euro. Le lampade fluorescenti compatte ci fanno risparmiare energia
non solo nelle abitazioni ma anche a livello condominiale (scale, giardino,
negozi, uffici…). Vantaggi ambientali
Usare lampadine a
risparmio energetico significa “fare bene” anche all’ambiente perché si
riducono le emissioni di anidride carbonica (CO2) e degli altri gas
climalteranti, causa principale dei cambiamenti climatici sulla terra.
LE LAMPADE A SCARICA IN GAS
Queste lampade sfruttano il principio per cui se tra due elettrodi
immersi in un gas o in vapori metallici viene applicata una differenza di potenziale opportuna,
tra i due elettrodi si genera una scarica a cui è associata l’emissione di radiazioni
visibili.
Esse richiedono l’impiego di un’apparecchiatura di alimentazione
(reattore) che ha il compito di limitare al giusto valore la corrente di
scarica e, in generale, di un accessorio per facilitare l’innesco della
scarica (starter o accenditore).
In particolare, tra le altre, appartengono alla famiglia delle sorgenti
luminose a scarica le lampade tubolari fluorescenti tradizionali
(dette familiarmente, ma erroneamente "al neon") e quelle "compatte".
Queste lampade hanno un’efficienza luminosa di gran lunga
superiore (da 4 a 10 volte) rispetto a quella delle lampade ad incandescenza,
in quanto è più elevata la quota di energia assorbita trasformata in luce. Le lampade a scarica non
possono, però, essere collegate direttamente alla rete di alimentazione, come avviene
invece per quella ad incandescenza.
4
PER CHI VUOLE SAPERNE DI PIU’
La "qualità" della luce dipende essenzialmente dalla sua
tonalità e dall’indice di resa cromatica.
La tonalità di luce emessa da una lampada è caratterizzata dalla
"temperatura di colore", espressa in gradi Kelvin (K).
Vengono definite:
• a tonalità "calda" le lampade la cui luce abbia temperatura di colore compresa tra 2.000 e 3.000 K;
• a tonalità "bianca" le lampade la cui luce abbia temperatura di colore compresa tra 3.000 e 5.000 K;
• a tonalità "fredda" le sorgenti luminose la cui luce abbia temperatura di colore superiore a 5.000 K.
Nei locali illuminati con lampade a luce "fredda" si devono prevedere valori d’illuminazione
superiori a quelli che sarebbero sufficienti nel caso d’impiego di sorgenti a
luce "bianca" o "calda". In caso contrario l’illuminazione potrebbe infatti
conferire all’ambiente un aspetto poco accogliente.
l’indice di resa cromatica (Ra) definisce in che misura la luce
emessa da una sorgente luminosa consente di apprezzare le sfumature di colore
degli oggetti illuminati. Al riguardo le lampade vengono classificate con un
indice numerico compreso tra 0 e 100: quanto più tale indice si avvicina a
100 tanto più la sorgente luminosa consente l’apprezzamento delle sfumature
di colore.
7
6
LAMPADA
ALOGENA
LAMPADA
A RIFLETTORE INCORPORATO
LAMPADA
ALOGENA
Anche la loro efficienza luminosa, circa 100
lumen/watt, è notevolmente superiore.
Il sistema costituito da lampade ad alta frequenza e reattori
elettronici consente un risparmio globale di energia di circa il 25% rispetto
a lampade e reattori convenzionali.
Altri vantaggi dell’adozione del "sistema"
sono:
• accensione istantanea senza starter;
• assenza di sfarfallamento
• assenza di annerimento alle estremità
• possibilità di un’ottima regolazione del flusso luminoso (dal 10% al 100%)
adottando reattori elettronici in una speciale versione (detta "dimming").
La regolazione del flusso può essere
automatica attraverso fotocellule, o manuale attraverso un potenziometro. In
particolare la regolazione
automatica consente di mantenere nei locali un livello d’illuminamento
prestabilito anche al variare della luce diurna e al progredire
dell’invecchiamento delle lampade.
LAMPADE FLUORESCENTI COMPATTE
E LAMPADE FLUORESCENTI COMPATTE
INTEGRATE ELETTRONICHE
Sono state introdotte all’inizio degli anni ’80 allo
scopo di mettere a disposizione degli utenti sorgenti
luminose che, pur avendo dimensioni e tonalità di luce
simili a quelle delle lampade ad incandescenza,
fossero caratterizzate da un’efficienza luminosa e da
una durata di vita notevolmente
superiori.
Per quanto riguarda i principi di funzionamento sono
comparabili alle lampade tubolari fluorescenti di cui
costituiscono la miniaturizzazione.
Le lampade fluorescenti compatte hanno
un’efficienza luminosa che varia da 40 a 60 lumen/watt a seconda
del tipo e quindi consentono di ridurre fortemente i
consumi d’energia elettrica (circa il 70%) che si
avrebbero impiegando comuni lampade ad incandescenza di equivalente flusso
luminoso: ad esempio, una di queste lampade da 20 watt fornisce la stessa
quantità di lu-
LE LAMPADE A SCARICA IN GAS
Alla famiglia delle lampade a scarica in gas appartengono
le lampade fluorescenti.
Esse sono costituite da un contenitore di vetro, con
elettrodi sigillati all’estremità, all’interno del quale si trovano vapore di
mercurio e un gas con particolari sostanze fluorescenti che trasformano le
radiazioni ultraviolette invisibili, prodotte all’interno del tubo stesso
quando si innesca la scarica nel vapore di mercurio, in radiazioni luminose
visibili.
Possiamo suddividere le lampade fluorescenti in:
• lampade fluorescenti tubolari;
• lampade fluorescenti tubolari ad alta frequenza;
• lampade fluorescenti compatte;
• lampade fluorescenti compatte integrate elettroniche.
LAMPADE TUBOLARI FLUORESCENTI TRADIZIONALI
La "qualità" della luce emessa da queste lampade varia
in base al tipo di sostanza fluorescente utilizzata. Infatti proprio sulla
selezione e composizione delle sostanze fluorescenti usate si basa la vasta
gamma di tonalità di luce con cui vengono oggi prodotte le lampade tubolari
fluorescenti.
Le polveri fluorescenti di qualità inferiore e di minor
costo danno origine a tonalità di luce che "falsano" i colori e li rendono
sgradevoli. Le lampade che hanno questa resa cromatica così poco
soddisfacente vengono denominate "a luce standard".
È evidente che queste lampade non sono adatte per
l’illuminazione domestica o di uffici, negozi ecc.., ma possono trovare
impiego in alcune applicazioni industriali. Negli ultimi anni, invece,
proprio per gli usi domestici e commerciali sono state messe a punto speciali
miscele di polveri di alta qualità che consentono di ottenere tonalità di
luce simile a quella delle lampade ad incandescenza mantenendo tutti i
vantaggi e le caratteristiche del comfort visivo di quest’ultime.
Scegliendo adeguatamente la colorazione della lampada
fluorescente, si potrà ottenere un’illuminazione del tutto simile a quella
delle lampade ad incandescenza.
Le varie tonalità, le diverse forme delle "nuove" lampade,
possono quindi soddisfare le esigenze più disparate.
Dal punto di vista dell’efficienza (il rendimento è di
circa 90 lumen/watt) e dei consumi, le lampade fluorescenti tubolari sono
molto vantaggiose: a parità di luce emessa consumano la quinta parte di una
lampada ad incandescenza. La durata di vita media è di circa 10.000 ore.
(v. tab. 1): molto superiore a quella delle lampade ad incandescenza.
In queste lampade tubolari, come suggerisce il nome
stesso, il contenitore di vetro ha la forma di un tubo.
Attualmente i tipi più diffusi hanno un diametro di 26
millimetri. Le potenze più comuni sono 36 e 58 watt. Sono disponibili nelle
tonalità di luce calda, bianca, fredda o diurna.
Per l’alimentazione di queste lampade è necessario
utilizzare un reattore per limitare il valore della corrente ed uno starter
per facilitare l’innesco della scarica.
LAMPADE TUBOLARI FLUORESCENTI AD ALTA FREQUENZA
Sono ora disponibili sul mercato lampade tubolari
fluorescenti espressamente realizzate per funzionare con alimentazione a mezzo
di reattori elettronici ad alta frequenza: sono denominate appunto lampade ad
alta frequenza. Esse sono caratterizzate da una durata di vita di circa
12.000 ore, notevolmente superiore rispetto a quella delle lampade di tipo
tradizionale.
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LAMPADA
FLUORESCENTE COMPATTA
A GLOBO
LAMPADA
FLUORESCENTE CIRCOLARE
LAMPADA
FLUORESCENTE TUBOLARE
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CARATTERISTICHE DELLE LAMPADE PER USO RESIDENZIALE
TIPO INDICE DURATA RESA CROMATICA TONALITÀ
DI LAMPADE DI EFFICIENZA* MEDIA (ORE) (INDICE) (K°)
AD INCANDESCENZA 1 1.000 100 2.000/3.000
AD ALOGENI:
• con attacco a vite 1,8 2.000 100 3.000
• a doppio attacco 1,8 2.000 100 3.000
• a bassissima tensione (**) 1,8 2.000 100 3.000
FLUORESCENTI
COMPATTE:
• elettroniche integrate 6 10.000 85 2.700/5.000
• convenzionali 5 (***) 10.000 85 2.700/5.000
FLUORESCENTI
TUBOLARI:
• a luce standard 7 10.000 65 a seconda dei tipi
• a luce "extra" 8 10.000 85/95 2.700/6.500
• ad alta frequenza 10 12.000 85 3.000/4.000
(*) Indice di efficienza 1=12 lumen/watt.
(**) Richiede un trasformatore.
(***) Talvolta l’alimentazione può essere separata: in tal caso,
alla potenza della lampada viene aggiunta quella
dell’alimentatore.
I dati riportati sono per lampade con alimentazione
incorporata.
I CONSUMI
CHI PIU’ SPENDE, MENO SPENDE
Da tutto quello che abbiamo detto è possibile constatare che
un maggior costo iniziale per un determinato tipo di lampada, corrisponde un
minor costo di gestione, dovuto a minori consumi e a una vita più
lunga.
Pertanto dobbiamo parlare, più che di consumi, di efficienza,
cioè di quanta luce fornisce una lampada per ogni watt assorbito.
Con l’aiuto della tabella 1, possiamo vedere come, posto uguale a
1 l’indice di efficienza per la lampada ad incandescenza, variano notevolmente l’efficienza
e la vita dei diversi tipi di lampade.
Una lampada fluorescente ha un’efficienza maggiore rispetto ad una
ad incandescenza.
Ma non è tutto. Possiamo anche notare come cambia la spesa annua per
l’illuminazione a seconda delle lampade che si utilizzano.
Nella tabella 2 vengono paragonate,
a titolo di esempio, tre diverse soluzioni per illuminare un ambiente (soggiorno di 20
m2). Viene preso in considerazione un periodo di cinque anni. Il costo del kilowattora
viene calcolato in 0,18 Euro.
Il risparmio ottenibile con alcuni tipi di lampade è evidenziato
nell’ultima colonna.
11
ce di una lampada ad incandescenza da 100 watt.
Inoltre le lampade fluorescenti compatte hanno una durata di
10.000 ore, 10 volte superiori a quella delle lampade ad incandescenza.
Vogliamo comunque ricordare che per la durata delle lampade compatte è
importante il numero di accensioni. Accensioni e spegnimenti molto frequenti,
superiori alle 10 volte nelle 24 ore, possono in effetti ridurne
sensibilmente la durata.
Di queste lampade esistono versioni con attacco a vite E 27 ed
E 14 (comunemente conosciute come "attacco Edison" ed "attacco mignon") nel
quale è incorporato anche il reattore elettronico: pertanto tali lampade
possono essere sostituite direttamente (nel caso di rete a 220 volt) alle
lampade ad incandescenza di cui conservano la leggerezza, le ridotte
dimensioni e la semplicità di attacco.
l’accensione elettronica è molto adatta per gli impieghi che
richiedono una accensione istantanea e ripetuta, riducendo anche il
fastidioso inconveniente dei tempi d’attesa per l’accensione.
La gamma delle potenze disponibili è molto vasta:
4-5-7-9-11-13-15-18-20-23-25 watt.
Queste lampade sono particolarmente indicate laddove
vi è la necessità di un uso prolungato e senza accensioni troppo frequenti,
sia per ambienti interni (cucina, o altri spazi di lavoro, negozi, centri
commerciali, ecc.) sia per ambienti esterni (giardini, portoni d’ingresso,
ecc.).
Le lampade fluorescenti compatte costano di più rispetto alle
lampade ad incandescenza: in media sulle 15,00 Euro, contro circa 1,00 Euro,
ma permettono un sostanziale risparmio nei consumi. Tuttavia è probabile che,
aumentando la diffusione di queste lampade, i prezzi possano
scendere.
LAMPADE AL SODIO
In ultimo vogliamo fare un brevissimo accenno alle lampade al
sodio (che appartengono sempre alla famiglia delle lampade a scarica). In
queste lampade la scarica fra i due elettrodi avviene in una atmosfera di
sodio le cui tipiche radiazioni sono di colore giallo. Esse trovano
normale impiego nell’illuminazione stradale ma, nelle potenze più piccole,
possono prestarsi convenientemente all’illuminazione di terrazze, giardini,
viali d’accesso ecc.., quando si vogliano ridurre i consumi (l’efficienza
delle lampade al sodio è molto alta, circa 10 volte superiore a quelle delle
lampade ad incandescenza) e non abbia importanza la resa cromatica dei colori
(le lampade al sodio emettono luce monocromatica gialla).
LAMPADA
FLUORESCENTE
COMPATTA
LAMPADA
FLUORESCENTE
3 TUBI
TABELLA 1
10
AUMENTO DEL RISPARMIO ANNUO CON l’AUMENTO DELLE ORE
DI
UTILIZZO SOSTITUENDO 3 LAMPADE AD INCANDESCENZA DA 100
W
CON 3 LAMPADE FLUORESCENTI COMPATTE ELETTRONICHE DA 20
W
ORE DI RISPARMIO ANNUO TEMPO DI RECUPERO
UTILIZZO DI ENERGIA ELETTRICA DELl’INVESTIMENTO
(*)
ALl’ANNO EURO ANNI
500 22,00 2,4
1.000 43,00 1,2
1.500 65,00 0,8
2.000 87,00 0,6
(*) Differenza di costo delle lampade / risparmio annuo di
energia elettrica.
ESEMPIO DI UTILIZZO: 2000 ORE/ANNO PER UN PERIODO DI 5
ANNI (*)
TIPO E NUMERO COSTO LAMPADE COSTO ENERGIA COSTO
RISPARMIO
DI LAMPADE (**) (***) ELETTRICA TOTALE TOTALE
(****)
Facciamo attenzione però che la convenienza
diminuisce
se diminuiscono le ore di utilizzo: iniziamo
quindi a sostituire le lampade che rimangono
accese
più a lungo (vedi tabella 3).
Anche a livello condominiale si può risparmiare
energia
elettrica. Scale, cantine, garage sono locali
dove
la luce rimane accesa per lungo tempo: conviene utilizzare
lampade fluorescenti e installare un interruttore a tempo, regolato secondo le esigenze degli
inquilini, che spegne la luce dopo un certo
periodo.
Il costo è molto contenuto ed il risparmio che ne
deriva
molto elevato.
Per meglio orientarsi al momento dell’acquisto la
tabella
4 riporta, a titolo di esempio, l’equivalenza
tra
le più comuni lampade fluorescenti compatte e
le
corrispondenti lampade ad
incandescenza.
LAMPADA
FLUORESCENTE
COMPATTA
LAMPADA
FLUORESCENTE
COMPATTA
EQUIVALENZA TRA LAMPADE
FLUORESCENTI COMPATTE
E LAMPADE AD INCANDESCENZA
FLUORESCENTI COMPATTE INCANDESCENZA
CON ATTACCO E 14 ED E 27
CONVENZIONALE OPALINA
9W 40W
13W 60W
18W 75W
25W 100W
CONVENZIONALE PRISMATICA
9W 40W
13W 60W
18W 75W
25W 100W
ELETTRONICA 6 TUBI
15W 75W
20W 100W
23W 2X60W
ELETTRONICA 4 TUBI
5W 25W
11W 60W
15W 75W
20W 100W
CONVENZIONALE GLOBO
9W 40W
13W 60W
18W 75W
ELETTRONICA GLOBO
15W 75W
20W 100W
23W 2X60W
l’UTILIZZO
DOVE E COME
Abbiamo già sottolineato l’importanza di adattare l’illuminazione
alle diverse esigenze, evitando gli errori più frequenti: cioè una quantità di luce insufficiente allo
svolgimento di determinate attività come cucinare, leggere, cucire ecc. che
richiedono una buona acuità visiva e una errata distribuzione delle fonti luminose che lasciano fastidiose zone
d’ombra o che provocano abbagliamento.
MIGLIORARE l’ILLUMINAZIONE non significa, infatti, semplicemente aumentare la potenza delle
lampadine (e quindi i consumi di elettricità): molto più importante è invece determinare la corretta
distribuzione delle sorgenti luminose e la giusta qualità della
luce.
Come determinare la quantità di luce necessaria in un ambiente? A
questa domanda non si può dare una sola risposta. Cambia a seconda delle funzioni a cui
è destinato l’ambiente.
In ogni ambiente esistono delle attività principali che richiedono
un particolare tipo di luce.
In generale la soluzione migliore, per gli usi domestici, consiste
nel creare una luce soffusa in tutto l’ambiente e intervenire con fonti luminose più intense
nelle zone destinate ad attività precise come pranzare, leggere, studiare.
È importante anche che le luci non abbaglino né direttamente, né per riflessione.
Nel primo caso basta eliminare dal campo visivo le lampadine con
sorgenti di luce concentrata: ciò non vuol dire sempre cambiare la lampada o modificarne la
posizione; spesso basta sostituire la lampadina chiara con una smerigliata o una opalizzata. Nel caso
della riflessione ci sono alcune considerazioni da fare: può dipendere dal tipo di
materiali e oggetti presenti in casa o dal tipo di lampada. Se ci sono superfici riflettenti si
può intervenire sulla sorgente di luce e, ad esempio, sostituire una illuminazione concentrata
con una diffusa. Si può anche intervenire sull’oggetto riflettente, cambiandolo di posto o
modificandone l’orientamento.
Non dimentichiamo inoltre che se vogliamo aumentare la luminosità
e diminuire i consumi della luce artificiale le pareti degli ambienti devono
essere tinteggiate con colori chiari.
ECCO, INFINE, ALCUNI CONSIGLI PRATICI
• Il lampadario centrale per l’illuminazione generale delle stanze
non è una soluzione vantaggiosa in termini energetici, soprattutto quando questo è
provvisto di molte luci: una lampada ad incandescenza da 100 watt fornisce la stessa
illuminazione di 6 lampadine da 25 watt, ma queste ultime consumano il 50% in più di energia
elettrica.
• Dovendo
scegliere un lampadario centrale è meglio utilizzarne uno con una luce sola,
oppure, nel caso di un interruttore doppio si può installarne uno
a due luci, una di potenza debole e una di potenza maggiore.
• l’illuminazione con lampada da terra o da parete, è migliore perché non crea zone
d’ombra e dà una luce diffusa; si possono utilizzare apparecchi a
luce diffusa tipo abatjour oppure apparecchi con lampade alogene.
• Per illuminare sculture, quadri, particolari
oggetti, l’illuminazione più idonea è quella
data dai faretti che creano un fascio di luce diretta.
• Nella zona pranzo è meglio utilizzare una luce sospesa concentrata sul tavolo oppure
una lampada da terra, con braccio curvo, che illumini il tavolo.
• Per le scrivanie sono da preferire le lampade da tavolo con braccio orientabile.
• Nei bagni sono sufficienti plafoniere a soffitto o faretti ad accensione separata, vicino allo
specchio.
• Appliques e plafoniere sono una valida soluzione
anche per i corridoi e per tutti gli ambienti di transito che non richiedono una forte
illuminazione.
• In cucina, oltre all’illuminazione
generale, occorre prevedere luci sotto i pensili, sui piani di lavoro e sul piano di cottura da utilizzare solo dove e quando
servono.
LA SICUREZZA, IL RISPARMIO, IL RISPETTO DELL’AMBIENTE
Al momento dell’acquisto degli apparecchi domestici è bene
prestare attenzione al marchio IMQ (o altri marchi riconosciuti a livello europeo). Se
c’è il marchio significa che l’apparecchio è prodotto in conformità con le norme di legge in materia
di sicurezza.
Dove si trova il marchio di qualità? Il marchio di qualità
può trovarsi sulla confezione, su un’etichetta verde applicata all’apparecchio o sulla
targhetta delle caratteristiche tecniche, oppure, stampato sull’involucro. In ogni caso è un segno
che dice "sicurezza".
Per quanto riguarda l’efficienza energetica, é adesso più
facile scegliere i prodotti migliori in quanto le informazioni disponibili sono
adesso più chiare ed in evidenza. Infatti dal 2002 una direttiva dell’Unione Europea rende
obbligatorio esporre anche sulle lampade un’etichetta ("etichetta energetica") che indica
l’efficienza energetica dei vari tipi di lampade.
Un altro marchio significativo per l’utente
attento è l’Eco-label (ecoetichetta): un marchio europeo che indica un prodotto
"compatibile con l’ambiente" e quindi, generalmente, anche con un minor consumo di energia.
Ha per simbolo la margherita con le stelle come petali e la "E" di Europa al
centro.
MARCHIO IMQ
L’ENEA pubblica altri opuscoli sulle scelte più convenienti che tutti
noi possiamo adottare per risparmiare energia e proteggere l’ambiente.
Potete richiedere gratuitamente gli opuscoli che vi interessano a:
ENEA - Unità RES RELPROM
Lungotevere Thaon di Revel, 76 – 000191 Roma
Fax 0636272288
IL BENESSERE SOSTENIBILE E I CONSUMI DELLE FAMIGLIE ITALIANE
I vincoli derivanti dalla necessità di rispettare i limiti ambientali sono ormai alla
base delle scelte riguardanti la produzione ed il consumo dell’energia pur nel mantenimento
di un adeguato grado di benessere. Il raggiungimento degli obiettivi di
riduzione delle emissioni dei cosiddetti "gas serra", primo fra questi l’anidride carbonica,
la CO2, stabiliti per ciascuno stato dalla Conferenza sui cambiamenti climatici
di Kyoto, è solo uno dei primi passi verso la definizione del "benessere
sostenibile".
Dobbiamo tutti fare qualcosa per ridurre le emissioni inquinanti e per limitare i
consumi energetici di casa nostra e più in generale del nostro paese.
• Scopo della ricerca e dell’innovazione tecnologica è quello di darci
soluzioni nuove e sistemi più efficienti.
• Compiti di chi governa sono quelli di coordinare gli sforzi, indirizzare
le scelte, promuovere l’utilizzo di tali sistemi.
• È impegno di tutti farci parte attiva informandoci e valutando la
possibilità di utilizzare nuove e più convenienti soluzioni per
risparmiare energia.
l’uso razionale delle risorse energetiche comporta un doppio beneficio: il singolo
cittadino pagherà una bolletta energetica meno cara, e la collettività si avvantaggerà
di una maggiore durata delle riserve energetiche, un minore inquinamento e
una minore dipendenza dall’estero del nostro Paese per l’approvvigionamento dell’energia.
Ridurre i consumi di energia elettrica è possibile. Anche in casa nostra possiamo
fare molto adottando una serie di accorgimenti e comportamenti, senza per altro
sacrifici o rinunciare al comfort, ma solo con un po’ d’attenzione, programmazione
e buona volontà.
Le possibilità di risparmio sono tante e spesso sono sotto gli occhi di tutti.
Limitare i consumi irrazionali ed eliminare gli sprechi di energia sin da oggi significa
non solo ridurre le spese (le “bollette delle luce” saranno più leggere e le spese
di gestione familiare più contenute) ma anche contribuire ad un ambiente più pulito,
significa pensare al futuro.
LE ETICHETTE ENERGETICHE
l’Unione Europea ha affrontato concretamente la questione a partire dal 1992,
quando la direttiva 92/75/CEE ha stabilito la necessità di applicare un’etichetta
energetica ai principali elettrodomestici. Nel 1994 è stata emanata la prima direttiva
specifica.
La legislazione europea è stata poi recepita - cioè è entrata a far parte delle leggi
nazionali - in ciascuno dei paesi dell’Unione Europea. Così in Italia nel 1998 è stato
introdotto l’obbligo dell’etichettatura energetica per frigoriferi e congelatori, da
maggio 1999 è stata introdotta l’etichetta per le lavatrici, da giugno 2000 quella per
le lavastoviglie, da luglio 2002 è obbligatoria l’etichetta per le lampade ad uso
domestico e da luglio 2003, infine, sono state introdotte le etichette per i forni elettrici
e i condizionatori.
La finalità dell’etichettatura energetica degli elettrodomestici è quella di informare
gli utenti circa il consumo di energia degli apparecchi, allo scopo di consentire
un impiego più razionale dell’energia e di favorire il risparmio energetico e la
riduzione dell’inquinamento atmosferico.
In più l’etichetta energetica, orientando gli utenti nella scelta al momento dell’acquisto,
favorisce lo sviluppo tecnologico dei prodotti con consumi contenuti. I
progressi già ottenuti sono notevoli.
l’etichetta deve essere posta dal negoziante, ben visibile, davanti o sopra l’apparecchio.
Quando non è possibile per l’utente prendere diretta visione dell’apparecchio
- ad esempio, nelle vendite per corrispondenza - è obbligo del venditore
renderne note le prestazioni energetiche attraverso i cataloghi di offerta al pubblico.
Le varie etichette presentano per una buona
parte la stessa veste grafica: c’è una
serie di frecce di lunghezza crescente,
ognuna di colore diverso. Ad ogni freccia è
associata una lettera dell’alfabeto (dalla A
alla G).
La lunghezza delle frecce è legata ai consumi:
a parità di prestazioni, gli apparecchi
con consumi più bassi hanno la freccia più
corta, quelli con consumi più alti hanno la
freccia più lunga.
Dunque più alta è l’efficienza energetica
dell’apparecchio, più corta è la freccia.
Il significato dei colori e delle lettere è lo stesso della lunghezza:
A parità di prestazioni gli apparecchi che consumano meno sono più efficienti dal
punto di vista energetico. Con una similitudine “semaforica”, si potrebbe dire che
la freccia rossa indica uno stop all’acquisto a causa degli alti consumi, la freccia
verde via libera, la freccia gialla cautela.
Sull’etichetta è inoltre riportato l’avvertimento che una scheda particolareggiata
relativa al prodotto che illustra le caratteristiche tecniche e le prestazioni è allegata
al materiale informativo fornito insieme all’elettrodomestico o al catalogo in
visione nei negozi.
IL PROGRAMMA “ENERGY STAR” PER LE APPARECCHIATURE PER UFFICIO
Nel giugno 2001 è stato introdotto il programma
“Energy Star” per le apparecchiature per
ufficio, il cui simbolo o “logo” contraddistingue
i prodotti che presentano un uso efficiente dell’energia.
Attualmente possono essere etichettati
i seguenti prodotti: computer, monitor, stampanti,
fax, affrancatrici, fotocopiatrici, scanner e
dispositivi multifunzione.
LE SCHEDE INFORMATIVE
In effetti la normativa relativa all’etichetta energetica comporta per i fornitori
anche l’obbligo di fornire e di rendere disponibile al pubblico una scheda informativa
relativa all’apparecchio posto in vendita.
Nelle schede informative dei diversi elettrodomestici sono riportati: il marchio del
costruttore; il nome del modello; la classe di efficienza energetica su una scala da
A (efficienza massima) a G (efficienza minima); il consumo di energia; l’eventuale
assegnazione del marchio comunitario di qualità ecologica (Ecolabel, in questo
caso è pubblicato il relativo simbolo), le principali caratteristiche tecniche del
modello e in particolare quelle che possono incidere sui consumi di energia.
Inoltre ogni tipologia di apparecchio avrà una serie di informazioni aggiuntive.
Come esempio di scheda informativa tipo, riportiamo quella relativa alla lavatrice.
In questa scheda troviamo dunque (con riferimento al ciclo normale di lavaggio del
cotone a 60°C) le seguenti informazioni:
• il marchio del costruttore;
• il nome del modello;
• la classe di efficienza energetica su una scala da A (efficienza
massima) a G (efficienza minima);
• il consumo di energia in kWh per ciclo normale del cotone a 60°C;
• la classe di efficienza del lavaggio su una scala da A (più pulito)
a G (meno pulito);
• l’efficienza di espulsione dell’acqua, definita come percentuale
dell’acqua rimasta dopo la centrifuga in rapporto al peso della
biancheria asciutta;
• la velocità massima di centrifugazione;
• la capacità dell’apparecchio;
• il consumo di acqua;
• la durata del programma;
• le altre informazioni a cura del costruttore e riferite ad altri cicli
di lavaggio;
• il consumo medio annuo di energia e di acqua sulla base di 200
cicli di lavaggio all’anno;
• la rumorosità durante il lavaggio e la centrifugazione.
Possiamo fare ancora degli esempi relativi ad altri tipi di elettrodomestici: così nella
scheda informativa di una lavastoviglie viene riportato, oltre alle informazioni
generali, l’indicazione del ciclo “normale” a cui si riferiscono i dati contenuti nell’etichetta
e nella scheda, la classe di efficacia di lavaggio su una scala da A a G, la
classe di efficacia di asciugatura, la capacità delle lavastoviglie in coperti normali, il
consumo di acqua per ciclo di lavaggio normale, la durata del programma.
Ancora: tra le informazioni caratterizzanti la scheda relativa ai frigoriferi troveremo
il numero di stelle dello scomparto per la conservazione degli alimenti surgelati, la
capacità in litri, ecc; nella scheda relativa ai condizionatori saranno riportati la capacità
di raffreddamento in kW dell’apparecchio e l’indice di efficienza energetica.
In definitiva per l’utente attento e consapevole la scheda informativa si
configura, accanto all’etichetta energetica, come un’ulteriore preziosa fonte di
informazione.
ETICHETTA ENERGETICA DI FRIGORIFERI E CONGELATORI
Ai fini della riduzione dei consumi di energia, l’etichetta energetica è ancora più
importante per gli apparecchi a diffusione elevata (proprio come il frigorifero) a cui
si deve un alto consumo energetico perché sono presenti in tutte le case.
Per esempio i consumi di energia elettrica per frigoriferi e congelatori rappresentano
circa il 22% dell’energia elettrica utilizzata per gli usi domestici, anche se l’efficienza
energetica di questi apparecchi è aumentata di circa il 30% negli ultimi dieci anni.
l’“etichetta energetica”, si trova sugli elettrodomestici del freddo (frigoriferi, congelatori
e frigo-congelatori) per uso casalingo. Grazie a questa etichetta dal 1998
scegliere un nuovo frigorifero o congelatore è più facile: l’etichetta energetica permette
a tutti gli utenti di conoscere le principali caratteristiche e il consumo di
energia, valutando fin dal momento dell’acquisto i possibili costi di esercizio di
ciascun modello.
Devono avere l’etichetta solo gli apparecchi alimentati dalla rete elettrica: un frigorifero
portatile a batteria, ad esempio, non ha l’etichetta energetica.
Essa comprende 5 settori, ed è fatta così:
SETTORE 1
SETTORE 2
SETTORE 3
SETTORE 4
SETTORE 5
SETTORE 1:
dove viene identificato l’elettrodomestico,
riportando il nome o il marchio
del costruttore e il nome del modello.
SETTORE 2:
dove sono riportate le classi di efficienza
energetica e si evidenzia a quale
classe appartiene l’elettrodomestico
in esame. Vi è infatti riportata la serie
di frecce di lunghezza crescente,
ognuna di colore diverso e ognuna
associata a una lettere dell’alfabeto
(dalla A alla G). La lettera A (e la
relativa freccia più corta) indica dunque,
a parità di prestazioni, gli apparecchi
con i consumi più bassi di energia,
le lettere E, F o G (con le relative
frecce più lunghe) indicano gli apparecchi
che hanno i consumi più alti.
In questo spazio può essere anche
riportato il simbolo dell’ECOLABEL, l’ecoetichetta assegnata dalla Unione
Europea che indica un prodotto “più compatibile con l’ambiente”. Ha per simbolo
la margherita con le stelle come petali e la “E” di Europa al centro.
SETTORE 3:
dove è indicato il consumo di energia,
espresso in kWh/anno.
Attenzione però: il consumo che viene
qui indicato è quello che si avrebbe
tenendo l’apparecchio sempre in
funzione a porte chiuse e in condizioni
particolari di laboratorio. Il consumo
reale può differire molto in quanto dipende dal modo nel quale viene utilizzato
e anche dal luogo in cui è installato l’apparecchio.
SETTORE 4:
dove vengono forniti dati sulla capacità
dell’apparecchio:
• volume utile complessivo, in
litri, degli scomparti per conservare cibo fresco, cioè di tutti gli scomparti
“senza stelle”, la cui temperatura di conservazione è superiore a -6°C
• volume utile complessivo, in litri, degli scomparti per conservare cibi surgelati
o per congelare, cioè di tutti gli scomparti “con stelle” o con temperatura
di conservazione uguale o inferiore a -6°C
• tipo di scomparto a bassa temperatura presente nell’apparecchio, secondo il
codice “a stelle”. Infatti gli scomparti a bassa temperatura per conservare e
congelare il cibo sono identificati da un codice internazionale a stelle che si
basa sulla temperatura raggiunta.
SETTORE 5:
dove è indicata la rumorosità dell’apparecchio
(quando prescritto).
LA NUOVA ETICHETTA PER I FRIGORIFERI E I CONGELATORI
A partire da luglio 2004 l’etichetta energetica dei frigoriferi e congelatori cambierà
parzialmente. Infatti due nuove classi di efficienza energetica chiamate A+ ed A++
si affiancheranno alle tradizionali 7 (da A a G)
I CONSUMI
In termini economici, scegliere un elettrodomestico più o meno efficiente, può
comportare un notevole risparmio. Prendiamo come esempio un frigocongelatore
da 300 litri, di cui 200 per cibi freschi e 100 per cibi congelati. Nella seguente
tabella sono paragonati i consumi ed i relativi costi annuali per l’energia elettrica a
seconda che il frigorifero appartenga alla classe A, oppure alla B ecc…
Scegliendo quindi un modello in classe “A” potremo spendere per l’energia elettrica
circa la metà di quanto spenderemmo con un modello di classe “F”.
In termini economici, scegliere un elettrodomestico di classe A+ o A++ può comportare
un ulteriore risparmio rispetto ad un apparecchio dell’attuale classe A.
Prendendo sempre come esempio il nostro frigocongelatore da 300 litri, i consumi
ed i relativi costi annuali per l’energia elettrica divengono
A partire dal 2002 l’Associazione europea dei costruttori di elettrodomestici
CECED ha promosso un accordo volontario, sottoscritto dalle maggiori case
costruttrici, per promuovere il risparmio energetico con i frigoriferi e i congelatori.
Per raggiungere questo risultato si è deciso di non produrre più apparecchi appartenenti
alla classe di efficienza energetica C ed inferiori (con alcune eccezioni) a partire
dal 2004 e di raggiungere un indice di efficienza media pari a 52 nel 2006 per
tutti gli apparecchi prodotti.
In effetti le classi di efficienza energetica indicate dalle lettere, le frecce di lunghezza
diversa e il colore corrispondenti sono state definite in base a un preciso calcolo
di efficienza energetica. Gli elettrodomestici del freddo sono stati divisi in categorie,
in modo da poter calcolare in maniera adeguata i consumi per ogni tipo di
apparecchio:
• frigorifero senza scomparti a bassa temperatura
• frigorifero con scomparto cantina
• frigorifero senza stelle
• frigorifero con scomparto a bassa temperatura ad una stella
• frigorifero con scomparto a bassa temperatura a due stelle
• frigorifero con scomparto a bassa temperatura a tre stelle
• frigo-congelatore, con scomparto a quattro stelle
• congelatore verticale
• congelatore orizzontale
• apparecchi con più porte e altri modelli.
Per ogni categoria di apparecchio è stato ricavato un consumo “standard” medio di
riferimento, calcolato in base al volume dei vari scomparti e ai consumi medi in
Europa, corretto con determinati coefficienti. Questo consumo standard è il livello
di riferimento per calcolare l’indice di efficienza energetica “I”.
Paragonando il consumo dell’apparecchio in esame, rilevato dalle prove di laboratorio
secondo la normativa europea, con quello standard, si ottiene un numero,
maggiore o minore di 100 secondo l’efficienza energetica dell’apparecchio: se
l’apparecchio è più efficiente del riferimento, avrà un indice I minore. Viceversa, se
l’apparecchio è meno efficiente dello standard, avrà un indice I maggiore.
ETICHETTA ENERGETICA DELLE LAVATRICI
Anche i consumi di energia elettrica per le lavatrici sono aumentati negli ultimi 30
anni grazie alla sempre crescente diffusione di questo elettrodomestico nelle famiglie
italiane. Oggi nel nostro paese i consumi energetici delle lavatrici rappresentano
circa il 12% dell’energia elettrica impiegata per usi domestici.
l’“etichetta energetica” che si trova sugli elettrodomestici per il lavaggio e l’asciugatura
della biancheria per uso casalingo è obbligatoria dal 1999.
l’etichetta è obbligatoria solo per gli apparecchi alimentati dalla rete elettrica. Ne
sono esentate anche le lavatrici senza centrifuga e quelle con comparti separati per
il lavaggio e la centrifugazione.
Per questo apparecchio l’etichetta è più complessa e comprende 7 settori:
SETTORE 1:
identifica l’apparecchio con il marchio
del costruttore e il nome del modello.
SETTORE 2:
riporta le classi di efficienza energetica
ed evidenzia a quale classe (per esempio
B) appartiene l’elettrodomestico in
esame. In questo spazio può essere anche
riportato il simbolo dell’Ecolabel.
SETTORE 3:
indica il consumo di energia espresso in
kWh per ciclo di lavaggio. È una misura
di laboratorio calcolata sul ciclo normale
del cotone a 60°C, secondo una procedura
standardizzata e valida per tutta l’Unione Europea, che prevede il confronto con
una macchina campione. Il consumo effettivo dipende dalle modalità con cui
l’apparecchio viene utilizzato, e può discostarsi sensibilmente da quanto misurato.
SETTORE 4:
indica la classe di efficacia del lavaggio
con lettere che vanno da A (efficienza
massima = più pulito) a G (efficienza
minima = meno pulito). Anche qui le prove per valutare l’efficienza di lavaggio sono
condotte in laboratorio, per il ciclo normale del cotone a 60°C, secondo una procedura
standardizzata in base alla quale vengono confrontati i risultati del lavaggio con quelli
offerti da una macchina di riferimento in termini di pulizia e di bianchezza del bucato.
Per l’utente anche la classe di lavaggio è importante perché indica quanto un
certo apparecchio lava bene.
SETTORE 5:
indica la classe di efficacia della
centrifugazione con lettere che vanno da
A (efficienza massima = meno acqua
residua nel bucato) a G (efficienza
minima = più acqua residua nel bucato).
Come nei casi precedenti, le misure sono effettuate in laboratorio, per il ciclo normale
del cotone del a 60°C, secondo la solita procedura standardizzata di confronto con
un apparecchio campione.
SETTORE 6:
indica la capacità di carico della
lavatrice e il consumo d’acqua per ciclo
di lavaggio in caso di ciclo normale
cotone a 60°C e secondo la solita
procedura standardizzata di laboratorio.
SETTORE 7:
indica, infine, la rumorosità dell’apparecchio
durante le fasi di lavaggio e
centrifugazione del ciclo di lavaggio a
60°C.
I CONSUMI
Vediamo cosa significa in termini economici scegliere un apparecchio più o meno
efficiente. Prendiamo come esempio un bucato di 5 kg di biancheria di cotone a
60° e ipotizziamo di fare 5 lavaggi alla settimana.
Nella seguente tabella sono paragonati i consumi medi e i relativi costi annuali per
l’energia elettrica a seconda che la lavatrice appartenga alla classe A, oppure alla
B, ecc.
ASCIUGABIANCHERIA E LAVASCIUGA BIANCHERIA
Anche le asciugabiancheria e le lavasciuga biancheria sono soggette all’obbligo
dell’etichettatura. Anche se questi apparecchi hanno, almeno in Italia, un mercato
minoritario rispetto a quello delle lavatrici, riproduciamo qui, per completezza, le
due relative etichette energetiche.
Le uniche differenze rispetto all’etichetta delle lavatrici riguardano:
• l’assenza dei settori 4 e 5, relativi all’efficienza
di lavaggio e di centrifugazione
• l’aggiunta di un nuovo settore che indica
specificatamente il tipo di macchina:
a evacuazione o a condensazione.
PER LE LAVASCIUGA
• la soppressione del settore 5 (efficienza
di centrifugazione)
• la modifica del settore 3, distinguendo tra
consumo di energia per un ciclo completo
di operazioni (lavaggio, centrifugazione
e asciugatura) e consumo di energia
per solo lavaggio e centrifugazione
• la modifica del settore 6, anche qui distinguendo
tra capacità dell’apparecchio
senza e con la fase di asciugatura.
PER LE ASCIUGABIANCHERIA
ETICHETTA ENERGETICA DELLE LAVASTOVIGLIE
Negli ultimi anni la diffusione delle lavastoviglie presso le famiglie italiane è molto
aumentata. Oggi in Italia i consumi energetici delle lavastoviglie rappresentano il
5% dei consumi di energia elettrica per uso domestico.
l’etichetta per le lavastoviglie è obbligatoria dal giugno del 2000, e riguarda le
lavastoviglie alimentate dalla rete elettrica. Come nel caso delle lavatrici comprende
7 settori:
SETTORE 1:
identifica la lavastoviglie con il marchio
del costruttore e il nome del modello
SETTORE 2:
riporta le classi di efficienza energetica
e mette in evidenza a quale classe
appartiene la lavastoviglie in esame. In
questo spazio può essere anche
riportato il simbolo dell’Ecolabel.
SETTORE 3:
dove è indicato il consumo di energia
espresso in kWh per ciclo di lavaggio.
E’ una misura di laboratorio calcolata
sul ciclo normale di lavaggio con acqua
fredda, secondo una procedura standardizzata
e valida per tutta l’Unione
Europea. Il consumo effettivo, in
realtà, dipende dal modo con cui l’apparecchio viene utilizzato.
Il consumo effettivo dipende dal modo
in cui l’apparecchio viene usato
SETTORE 4:
dove è indicata la classe di efficacia
del lavaggio con lettere che vanno da A
(efficacia massima = più pulito) a G
(efficacia minima = meno pulito).
Anche qui le prove per valutare l’efficienza
di lavaggio sono condotte in
laboratorio su un ciclo normale, secondo
una procedura standardizzata.
SETTORE 5:
dove è indicata la classe di efficacia di
asciugatura con lettere che vanno da A
(efficacia massima = più pulito) a G
(efficacia minima = meno pulito). Come
nei casi precedenti, le misure sono effettuate in laboratorio, per un ciclo normale,
secondo la consueta procedura standardizzata di confronto con un apparecchio
campione.
SETTORE 6:
dove sono indicati il numero di coperti
che la lavastoviglie può lavare e il
consumo d’acqua per ciclo di lavaggio
in caso di ciclo normale, secondo la
procedura standardizzata di laboratorio.
SETTORE 7:
indica la rumorosità dell’apparecchio
durante tutte le fasi di lavaggio del ciclo
normale.
I CONSUMI
Vediamo ora cosa significa, in termini economici, scegliere una lavastoviglie più o
meno efficiente, prendendo come esempio un numero di coperti pari a 12 ed ipotizzando
di fare 220 lavaggi all’anno, pari a circa 4 lavaggi alla settimana.
Scegliendo quindi un modello in classe A potremo spendere per l’energia elettrica
circa la metà di quanto spenderemmo con un modello di classe G.
Come sappiamo, le cifre di questa tabella sono indicative in quanto si riferiscono al
consumo misurato in laboratorio. I valori reali possono essere più elevati in quanto
dipendono dal modo con cui l’apparecchio viene usato, in particolare dalla frequenza
settimanale dei lavaggi e dal programma utilizzato (cioè dalla temperatura
di lavaggio) e dalla durata del ciclo di lavaggio. Facciamo alcuni esempi:
• se la nostra lavastoviglie per 12 coperti viene utilizzata per 7 lavaggi
alla settimana (cioè circa 360 lavaggi all’anno) ed appartiene
alla classe di efficienza energetica A la spesa per l’energia
elettrica sarà inferiore a 69,00 euro, mentre se appartiene alla
classe di efficienza energetica G la spesa per l’energia elettrica
sarà superiore a 133,00 euro;
• se invece la nostra lavastoviglie da 12 coperti viene utilizzata solo
per 3 lavaggi alla settimana (cioè circa 150 lavaggi all’anno)
ed appartiene alla classe di efficienza energetica A la spesa per
l’energia elettrica sarà inferiore a 28,00 euro, mentre se appartiene
alla classe di efficienza G la spesa per l’energia elettrica sarà
superiore a 55,00 euro.
ETICHETTA ENERGETICA DELLE LAMPADE PER USO DOMESTICO
Anche il settore dell’illuminazione domestica ha il suo peso sui consumi energetici:
in Italia la quota annua di energia elettrica destinata a tale uso è, complessivamente,
superiore ai 7 miliardi di kilowattora, corrispondente a circa il 13% del consumo
totale di energia elettrica nel settore domestico.
Dal luglio 2002 anche per le lampade ad uso domestico è stata resa obbligatoria
l’etichettatura energetica. In questo caso particolare l’etichetta energetica viene
stampata sugli imballaggi.
VERSIONE A COLORI
VERSIONE BIANCO E NERO
l’etichetta si applica alle lampade elettriche
per uso domestico alimentate direttamente
dalla rete, incluse le comuni lampadine
ad incandescenza e le fluorescenti
compatte integrali, ed alle lampade fluorescenti
per uso domestico, incluse le fluorescenti
lineari e le fluorescenti compatte non
integrali. Quando un apparecchio può essere
smontato dagli utilizzatori finali si intende
per lampada la parte o le parti che emettono
la luce.
Ne sono invece escluse le lampadine a bassissima
tensione, o dotate di riflettore, le
alogene doppio attacco, per usi speciali, e le
fluorescenti con flusso luminoso elevatissimo,
oltre 6.500 lumen (il lumen è l’unità di
misura del flusso luminoso che corrisponde
al flusso emesso da una sorgente puntiforme
che abbia l’intensità di una candela).
Nel caso l’imballaggio sia di dimensioni
molto ridotte è possibile ridurre l’etichetta
fino al 40% (in lunghezza) delle dimensioni
normali; se l’imballaggio è troppo piccolo
per incollarvi anche l’etichetta ridotta quest’ultima
può essere attaccata alla lampada
o allo stesso imballaggio. Tuttavia se un’etichetta
di formato normale viene esposta
insieme alla lampada (ad esempio sullo
scaffale sul quale è esposta la lampada) la
sua affissione sull’imballaggio è facoltativa.
La classificazione prevede le già note sette classi di efficienza, dalla A (altamente
efficiente) alla G (poco efficiente). Le lampadine a risparmio di energia entrano
nelle classi A e B, le lampade alogene prevalentemente nella classe D e quelle ad
incandescenza nelle classi E e F. Alcune lampadine speciali e decorative entrano
nella classe G.
l’etichetta relativa alle lampade per uso domestico è piuttosto semplice e può essere
scelta liberamente fra 2 versioni, una colorata e una in bianco e nero.
I settori dell’etichetta sono due:
SETTORE 1:
riporta le classi di efficienza energetica, da
A a G. La lettera distintiva della classe
deve trovarsi all’altezza della freccia corrispondente
SETTORE 2:
indica il flusso luminoso della lampada
(cioè della luce emessa) espressa in lumen
e misurato secondo le procedure di prova
delle norme armonizzate. Sempre in
questo secondo settore è indicata la
potenza della lampada che viene espressa
in Watt: per es. le lampade ad incandescenza sono disponibili in particolare nelle
potenze 25, 40, 75, 100, 150 Watt ed anche per le lampade a fluorescenza la
gamma delle potenze disponibili è molto vasta da 4,5 Watt fino a 25 Watt.
(Ricordiamo che una lampada a fluorescenza da 20 Watt fornisce la stessa quantità
di luce di una lampada da 100 Watt.) È qui riportata anche la durata nominale
media1 delle lampadine espressa in ore: per es. nel caso delle lampade ad
incandescenza sarà stampato 1000 o 2000 ore. La durata della lampada può anche
essere omessa se sull’imballaggio non sono riportate altre informazioni relative alla
durata della lampada.
1 La vita media nominale è misurata secondo prove standardizzate ed individua il numero di ore di funzionamento dopo il quale, in un
determinato lotto di lampade, considerando 8 accensioni/spegnimenti durante le 24 ore, il 70% delle lampade presenta un decadimento
del flusso luminoso o cessa di funzionare.
I CONSUMI
Vediamo quanto si risparmia in termini economici (ed energetici) scegliendo
una lampada più efficiente, come le lampade fluorescenti compatte elettroniche
(in classe A o B) o meno efficiente, come le comuni lampade ad incandescenza (in
classe E, F o G).
Ricordiamo anche che una lampada a fluorescenza da 20 Watt fornisce la stessa
quantità di luce di una lampada da 100 Watt.
Nella tabella che segue vengono confrontate a titolo di esempio due diverse soluzioni
per illuminare un ambiente (un soggiorno di 20 m2).
Viene preso in considerazione un periodo di cinque anni, con un utilizzo delle lampade
di 10.000 ore (2.000 ore annue per 5 anni).
ETICHETTA ENERGETICA DEI FORNI ELETTRICI
A partire dal 1° luglio 2003 anche i forni elettrici devono esporre obbligatoriamente
l’etichetta conforme alle norme dell’Unione Europea in cui viene indicata, tra le
varie cose, la loro classe energetica.
l’etichetta energetica si applica soltanto ai forni elettrici per uso domestico alimentati
dalla rete elettrica, compresi i forni integrati in apparecchi più grandi. Sono
esclusi dalla normativa i forni che possono essere alimentati anche da altre forme
di energia (come i forni a gas) e i forni portatili (forni che non superano i 18 kg di
peso, purché non siano inseriti in installazioni componibili).
l’etichetta è composta dai seguenti 6 settori:
SETTORE 1:
identifica il nome e il logo del costruttore, e il
modello del forno elettrico.
SETTORE 2:
riporta le classi di efficienza energetica del forno,
da A a G. Come sempre la lettera A indica
consumi minori. Le lettere dalla B in poi indicano
consumi via via maggiori. È il settore più
importante per l’utente: infatti a parità di
prestazioni, cioè di raggiungimento quanto più
veloce e costante della temperatura richiesta per
la cottura dei cibi, alcuni forni consumano più
di altri; quelli che consumano meno sono più
efficienti dal punto di vista energetico.
SETTORE 3:
è indicato il consumo di energia espresso in
kWh relativo alle funzioni di riscaldamento,
convezione naturale e/o forzata. In altre parole
parliamo di quelli che comunemente vengono
definiti forni elettrici “statici” o “ventilati”. Generalmente i forni ventilati sono più
efficienti, in quanto la circolazione di aria permette la distribuzione uniforme del
calore. Il consumo di energia indicata nell’etichetta è una misura di laboratorio riferita
ad un carico normalizzato, effettuata secondo una procedura standardizzata.
SETTORE 4:
è indicato il volume utile del compartimento
del forno, espresso in litri. Anche qui il volume
è determinato con la stessa procedura standardizzata.
SETTORE 5:
sono riportate le dimensioni del forno, determinate
nel modo seguente: piccolo (con una
capacità fra 12 e 35 litri), medio (con una
capacità compresa tra 35 e 65), grande (oltre 65 litri).
SETTORE 6:
indica infine, a titolo facoltativo, la rumorosità
dell’apparecchio durante l’utilizzo.
In futuro, non appena sarà disponibile la norma di riferimento per la misurazione
delle perdite in posizione di attesa (stand-by), la scheda tecnica dovrà riportare il
consumo di energia del forno quando non è attiva alcuna funzione di riscaldamento
e il forno è impostato sul minor consumo di energia.
I CONSUMI
Vediamo ora cosa significa in termini economici scegliere un forno elettrico più o
meno efficiente, prendendo come esempio 100 cicli di cottura all’anno.
Scegliendo dunque un modello in classe A potremo spendere per l’energia elettrica
molto meno di quanto spenderemmo con un modello di classe E, F o G. Come
sempre tuttavia le cifre sono indicative in quanto si riferiscono ai consumi misurati
in laboratorio in particolari condizioni.
ETICHETTA ENERGETICA DEI CONDIZIONATORI
Dal 1° luglio 2003 l’etichetta energetica è obbligatoria anche per i condizionatori
d’aria con una potenza refrigerante minore o uguale a 12 kW, alimentati dalla rete
elettrica, vale a dire per i condizionatori di piccola potenza, idonei per il condizionamento
dei singoli locali o degli appartamenti.
Essa permette di conoscere e valutare le
principali caratteristiche tecniche, le prestazioni
e il consumo di energia di ciascun
modello. Secondo la prassi consueta l’etichetta
indica la classe di efficienza energetica
che va dalla lettera A (bassi consumi) alla
lettera G (alti consumi).
In questo modo gli utenti finali potranno
orientarsi verso i modelli che consentono
un minor consumo energetico e si prevede
che l’etichettatura energetica possa diventare
nei prossimi anni uno dei più importanti fattori
di scelta in un settore come quello della
climatizzazione domestica2 che è in forte
espansione. Infatti l’esigenza di climatizzare
gli ambienti in estate è attualmente molto
più sentita che in passato, non solo negli
ambienti di lavoro e negli edifici commerciali,
ma anche nelle abitazioni private.
Per quanto riguarda la classificazione energetica
dei condizionatori d’aria è importante
sapere che esistono 2 diverse etichette: la
prima (etichetta di tipo 1) per gli apparecchi
che hanno la sola funzione di raffreddamento
e la seconda (etichetta di tipo 2) per gli
apparecchi che permettono il raffreddamento
e il riscaldamento (le cosiddette “pompe
di calore, in grado sia di refrigerare che di
riscaldare, naturalmente in tempi diversi).
2 Il condizionatore serve per refrigerare i locali e quindi portarli ad
una temperatura inferiore a quella esterna. Un condizionatore d’aria
funziona dunque come un frigorifero: produce freddo. Nondimeno
“climatizzare” non significa solo “raffreddare” un ambiente, ma
anche deumidificarlo.
In ambedue le etichette sono comunque presenti i seguenti settori:
SETTORE 1:
identifica il nome e il logo del costruttore e il
modello del condizionatore d’aria: nel caso di
modelli o sistemi multisplit, cioè costituiti da
una unità esterna di trattamento dell’aria e da
una o più unità interne e che dunque si differenziano dai condizionatori monoblocco,
dove tutti i componenti sono concentrati in un solo blocco, dovrà essere riportata
il modello sia dell’unità esterna che di quella interna.
SETTORE 2:
riporta le sette classi di efficienza energetica
del modello o della combinazione (sistema),
da A a G. La lettera A indica consumi minori.
Le lettere dalla B in poi indicano consumi via
via maggiori. E’ il settore più importante per
l’utente: infatti il condizionatore serve
per refrigerare i locali e a parità di prestazioni,
cioè di quantità di raffreddamento, alcuni condizionatori
consumano più energia elettrica di
altri; quelli che consumano meno sono più
efficienti dal punto di vista energetico.
l’efficienza del condizionatore dipende infatti dal rapporto tra la quantità di energia
elettrica necessaria per farlo funzionare e la quantità di freddo prodotto
(entrambe sono misurate in kW). In questa sezione l’etichetta può anche riportare
una riproduzione del marchio ecologico europeo “Ecolabel”.
SETTORE 3:
è indicato il consumo indicativo annuo di energia
in kWh, riferito ad un utilizzo medio di 500
ore/anno, secondo la modalità raffreddamento
a pieno regime e determinato secondo una
procedura standardizzata. Il consumo effettivo,
in realtà, dipende dal modo con cui l’apparecchio
viene utilizzato e dal clima. La temperatura
esterna incide su questo aspetto: nelle giornate particolarmente calde occorrerà più
energia per mantenere la stessa temperatura confortevole interna.
Ancora in questo terzo settore viene indicata la potenza refrigerante dell’apparecchio
in kW, (cioè la capacità produrre freddo nell’unità di tempo), anch’essa determinata
secondo le procedure di prova delle norme armonizzate.
Infine è qui riportato il relativo indice di efficienza energetica EER (Energy Effi-
ciency Ratio), cioè il rapporto tra il freddo emesso e l’energia consumata dell’apparecchio
in modalità raffreddamento a pieno regime, determinato secondo le procedure
di prova delle norme armonizzate.
SETTORE 4:
viene indicato il tipo di apparecchio: solo raffreddamento
o raffreddamento/riscaldamento
e il tipo di raffreddamento, ad acqua o ad aria.
SETTORE 5:
è prevista solo per gli apparecchi con funzione
riscaldamento (etichetta di tipo 2) e
indica la potenza di riscaldamento - espressa
sempre in kW - a pieno regime, determinata
come di consueto secondo le procedure di
prova delle norme armonizzate.
In questo settore è anche riportata, unicamente per gli apparecchi con funzione
riscaldamento, la classe di efficienza energetica in modalità riscaldamento espressa
sempre con le lettere dalla A alla G, in cui la lettera A indica bassi consumi e le
lettere da B a G consumi energetici progressivamente più alti. In questo caso non ci
sono frecce, ma la lettera che indica la potenza (efficienza) di riscaldamento dell’apparecchio
è stampata con maggior rilievo.
Anche in questo caso la classe di efficienza energetica è determinata secondo le
procedure di prova delle norme armonizzate. Inoltre nel caso in cui la funzione
riscaldamento sia assicurata da una resistenza elettrica, il valore del COP (Coefficient
of Performance o coefficiente di resa) deve essere pari a 1.
SETTORE 6:
infine indica la rumorosità dell’apparecchio
durante l’utilizzo. Anche questo settore è
comunque importante dal punto di vista
dell’acquirente: infatti il rumore prodotto
dalla macchina esterna deve essere il meno
“forte” possibile, così da non disturbare le persone delle abitazioni vicine.
I CONSUMI
Vediamo ora cosa significa in termini economici scegliere un condizionatore d’aria
più o meno efficiente. Sappiamo infatti che l’energia consumata dai condizionatori
d’aria è in crescita nell’Unione Europea. Ridurre i consumi in questo settore è
quindi importante.
unicamente in modalità raffreddamento è la seguente
Sul mercato esistono numerose tipologie di apparecchi con diverse modalità di funzionamento
(solo raffreddamento o anche riscaldamento) e sistemi di raffreddamento
(ad aria o ad acqua). La classificazione per i condizionatori che funzionano
Per quanto riguarda i condizionatori che funzionano in modalità riscaldamento le
diverse tipologie esistenti sono:
Come esempio, si riportano i valori relativi ad un modello medio di condizionatore
split (la tipologia più diffusa) con potere di raffreddamento di 5,7 kW, raffreddato
ad aria, per la sola modalità raffreddamento, utilizzato per 500 ore all’anno.
Scegliendo dunque un modello in classe A potremo spendere per l’energia elettrica
molto meno, quasi la metà, di quanto spenderemmo con un modello di classe E, F
o G e nello stesso tempo.
IL MARCHIO ENERGY STAR:
il programma per l’uso efficiente dell’energia
IN BIANCO E NERO
nelle apparecchiature per ufficio
l’“ENERGY STAR” ARRIVA IN EUROPA
Come abbiamo già accennato, nel
2001 è stato approvato dal Parlamento
Europeo il programma comunitario
“Energy Star” che prevede l’introduzione
di un’etichettatura volontaria
che contraddistingue le apparecchiature
per ufficio con una elevata efficienza
energetica. Infatti queste apparecchiature
rappresentano una quota significativa
del consumo totale di energia
elettrica nel settore domestico e
soprattutto terziario.
Il programma “Energy Star” garantisce
che gli apparecchi etichettati con
lo specifico logo (una stella a cinque
punte) hanno un ridotto consumo
energetico.
Attualmente possono essere etichettati
computer, monitor, stampanti, fax,
affrancatrici, fotocopiatrici, scanner e
dispositivi multifunzione (ad esempio
stampanti e fotocopiatrici insieme).
Il programma “Energy Star” è stato
adottato negli Stati Uniti sin dal 1993
e la diffusione dell’etichettatura in
Europa è stata avviata in seguito
all’accordo tra la Commissione Europea
e l’Agenzia Statunitense per la
Tutela dell’Ambiente (EPA).
Il logo garantisce che
l’apparecchiatura (monitor,
stampante, computer…)
è conforme alle specifiche
energetiche del programma
internazionale Energy Star
CARATTERISTICHE PRINCIPALI DELl’ENERGY STAR
Per poter usare il logo "Energy Star" gli operatori del settore (fabbricanti, assemblatori,
importatori e dettaglianti) devono registrarsi presso gli Organismi nazionali
di gestione dell’etichetta o presso la Commissione Europea.
Il simbolo Energy Star può essere utilizzato dai partecipanti al programma sui singoli
prodotti da essi fabbricati o sui prodotti immessi sul mercato comunitario. Le
apparecchiature che rispondono alle specifiche tecniche ed energetiche definite per
ciascuna tipologia di prodotto possono esporre il marchio "Energy Star" (che probabilmente
alcuni avranno già visto sugli apparecchi di importazione) distinguendosi
così come apparecchi a ridotto consumo di energia, più economici e amici dell’ambiente.
Le specifiche dei prodotti sono periodicamente riviste in base delle indicazioni
dell'European Community Energy Star Board (ECESB), un Comitato composto
dai rappresentanti degli Stati Membri dell’Unione Europea e dalla Commissione
Il logo ufficiale sarà assegnato soltanto nel caso di strumenti che sotto il profilo del
consumo di energia si distinguano nettamente dalla media di mercato e poiché le apparecchiature
interessate sono soggette a cambiamenti tecnici veloci, il programma prevede
cambiamenti sia per le specifiche tecniche, sia per i gruppi di prodotti interessati.
Il programma “Energy Star” promuove la partecipazione dell’industria, permette
la riduzione delle emissioni di CO2 e il risparmio di energia per gli utenti ed
offre agli utenti uno strumento per contribuire ad un uso più sostenibile delle
risorse energetiche. Inoltre, come nel caso dell’etichettatura energetica, l’accordo
negoziato tra il governo degli Stati Uniti d'America e la Comunità Europea sta già
incrementando la ricerca applicata in questo settore.
Il programma dovrà infine essere coordinato con altre disposizioni comunitarie di
etichettatura o certificazione della qualità, come pure con il marchio comunitario
Ecolabel.
I VANTAGGI PER GLI UTILIZZATORI
Energy Star distingue le apparecchiature a basso consumo dalle altre: i prodotti in
commercio, infatti, presentano notevoli differenze (specie nel modo stand-by) e
l’utente non ha la possibilità immediata di cogliere tali differenze.
Acquistare un prodotto Energy Star significherà risparmiare sui costi dell’energia
elettrica e soprattutto contribuire alla tutela dell’ambiente.
Obiettivo del programma di etichettatura è infatti quello di produrre nel 2015,
secondo gli studi condotti dai tecnici dell’ECESB, un risparmio energetico di circa
10 TWh e la riduzione di circa 5 milioni di tonnellate di emissione di CO2 l’anno. Risparmiare energia
e proteggere l’ambiente.
GUIDA AL RISPARMIO ENERGETICO
OCCHIO ALL'ETICHETTA!
Al momento
dell’acquisto degli elettrodomestici e degli apparecchi elettrici ed
elettronici non si dovrebbe prestare attenzione solo al rapporto
prezzo/prestazione, ma anche all’efficienza energetica.
Usando elettrodomestici ad alta efficienza energetica, una famiglia “tipo”,
composta da quattro persone, può arrivare a risparmiare fino a 70 euro in un
anno. Cambiare le lampadine tradizionali con quelle a risparmio energetico fa
risparmiare sui costi perché durano molto più a lungo, fanno la stessa luce
delle lampadine tradizionali e consumano fino a 5 volte di meno.
Ecco perché è importante guardare l’etichetta energetica europea che
oggi tutti gli elettrodomestici e apparecchi elettrici o elettronici devono
recare.
Esistono sette classi che vanno da “A” (molto efficiente) fino a
“G” (non efficiente).
Tabella 02: .
Classe
Descrizione
A
Il più basso consumo energetico.
B
C
D
E
F
G
Il più alto consumo energetico.
l’etichetta consente
una scelta in riguardo al consumo energetico e quindi anche una stima dei
costi d’esercizio. Dal punto di vista energetico ed anche economico conviene
scegliere apparecchi in classe “A”.
Gli elettrodomestici
Le nostre case sono ormai piene di tanti elettrodomestici come frigorifero, lavastoviglie, televisori,
videoregistratori, radio, forni elettrici e a microonde, robot, phon, scope elettriche, ferri
da stiro, di cui non possiamo più fare a meno. Possiamo però utilizzarli in modo più efficiente.
Ridurremo così i consumi di energia e quindi l’impatto con l’ambiente, e nello stesso
tempo risparmieremo anche denaro.
Il primo consiglio valido per tutti gli elettrodomestici, è di preferire i modelli di più recente
produzione, controllando, dove è già presente, l’“etichetta energetica”: l’adesivo colorato che
si trova su frigoriferi, congelatori, lavatrici, lavastoviglie, lampade, forni elettrici e condizionatori,
e che permette di conoscere caratteristiche e consumi di ciascun modello e di valutarne
i costi di esercizio.
È comunque importante leggere con attenzione il libretto delle istruzioni che spesso contiene
importanti indicazioni.
La Direttiva Europea 92/7/CEE ha stabilito la necessità di applicare un’etichetta energetica
ai principali elettrodomestici; nel 1994 è stata emanata la prima direttiva specifica.
Così anche in Italia, come in altri paesi europei, a partire
dal 1998 sono state introdotte le etichettature energetiche
per i frigoriferi e
i congelatori, per le lavatrici,
per le lavastoviglie,
per le lampade
ad uso domestico, per
i forni elettrici e per i
condizionatori.
l’etichetta energetica
permette di conoscere
caratteristiche e consumi
e di valutare fin
dal momento dell’acquisto
i costi di esercizio
di ciascun modello.
l’informazione più importante
riportata dall’etichetta
è relativa all’efficienza
energetica.
Una serie di frecce di
lunghezza crescente,
associate alle lettere
dalla A alla G, permettono
di confrontare
i consumi dei diversi
apparecchi e di scegliere l’elettrodomestico che consuma meno. La lettera A
indica consumi minori. Le lettere dalla B in poi indicano consumi via via
maggiori.
Il frigorifero e il congelatore
Prima di acquistarne uno nuovo confrontiamo i consumi sull’etichetta
energetica. Per esempio scegliendo un modello in classe
“B” potremo in un anno spendere per l’energia elettrica circa la meta
di quanto spenderemmo con un modello di classe “G” (vedi tabella).
Alcuni piccoli consigli:
. Lasciamo almeno 10 centimetri dietro, sopra e sotto l’apparecchio.
. Regoliamo il termostato su una posizione intermedia.
. Non introduciamo mai cibi caldi nel frigo o nel congelatore.
. Teniamo aperto lo sportello il piu brevemente possibile.
. Controlliamo periodicamente la guarnizione dello sportello.
Lo scaldabagno
. Al momento dell’acquisto scegliamo un apparecchio a gas piuttosto che elettrico.
. Regoliamo il termostato a 45°C in estate e a 60°C in inverno,
. Cerchiamo di programmare l’accensione con un timer (quel dispositivo che regola automaticamente accensione e spegnimento).
. Effettuiamo periodicamente la manutenzione (ogni 2-3 anni) per eliminare calcio e incrostazioni.
. Se possiamo installiamo un pannello solare. Oltre ad un minor
inquinamento dell’ambiente risparmieremo energia. Una volta
ammortizzato il costo dell’impianto si disporra di acqua calda
gratuita ed ecologica.
IL CONSUMO DI ACQUA CALDA DI UNA FAMIGLIA DI 4 PERSONE
Un nucleo familiare composto da 4 persone consuma mediamente tra i 50 e i 60
litri di acqua calda al giorno per persona, per un totale di circa 80-100
mila litri l’anno
Il risparmio annuo oscilla tra 230,00 e 360,00 Euro,
ed in 5 anni si ammortizza una spesa di 1.300,00/1.550,00 Euro. Le agevolazioni statali
consentono di detrarre dalle tasse il 41% delle spese di acquisto e di installazione.
Ripagato il costo dell’investimento si disporra di acqua calda gratuita ed ecologica.
La lavatrice
Prima di acquistarne una nuova confrontiamo i consumi sull’etichetta
energetica, divenuta obbligatoria anche per le lavatrici dal maggio
1999.
Ricordiamo che ogni ciclo della lavabiancheria costa in media 0,23
Euro, a cui vanno aggiunti il costo di acqua e detersivo.
Ma con piccoli accorgimenti anche con questo elettrodomestico si
puo risparmiare fino al 30% sui consumi.
. Basta utilizzare la lavatrice solo a pieno carico o con il tasto
. Scegliere i programmi a basse temperature (40-60 gradi).
. Non superare le dosi di detersivo consigliate, con grande vantaggio anche per la tutela dell’ambiente.
. Usare prodotti decalcificanti.
economizzatore.
La lavastoviglie
Far funzionare la lavastoviglie comporta una spesa di energia
e di detersivo fra le 103,00 e i 207,00 Euro all’anno.
Per risparmiare possiamo:
. Scegliere il programma piu adatto alle nostre stoviglie.
Rispetto ai forni a gas, i forni elettrici sono certo piu comodi (mantengono
costante la temperatura al loro interno), ma anche meno economici:
tenendoli accesi 2 ore a settimana con una temperatura di 200
gradi, costano 26,00 Euro all’anno, contro le 13,00 Euro di uno a gas.
In ogni caso anche con un forno elettrico si puo risparmiare:
. Effettuando il preriscaldamento solo quando e strettamente indispensabile.
. Evitando di aprire troppo spesso lo sportello e spegnendo il forno un po’ prima della fine
della cottura.
. Il massimo del risparmio si ottiene con i forni a microonde, che dimezzano i tempi di
cottura rispetto a quelli tradizionali.
l’ACQUISTO
La tecnologia si evolve a ritmo sempre più veloce: anni di studio
e di lavoro hanno portato alla produzione di lavatrici che, rispetto a quelle vecchie, sono in grado di lavare il bucato utilizzando una minore quantità d’acqua, di detersivo e di energia elettrica.
Infatti, fino a pochi anni fa l’unico tipo di lavaggio era quello
dell’"ammollo", in cui la biancheria veniva immersa in acqua con il detersivo e lavata soltanto con un
movimento rotatorio del cestello.
Ora nei nuovi modelli è stato introdotto il lavaggio "a pioggia"
in cui i capi sono posti ad una duplice azione in quanto, oltre all’ammollo, vengono continuamente
spruzzati dall’alto con acqua e detersivo.
Alcune macchine prevedono anche il riutilizzo dell’acqua di
lavaggio che, attraverso un’apposita conduttura, viene riciclata e immessa nuovamente in vasca,
passando attraverso la biancheria ed aumentando così l’eliminazione dello sporco.
3 PERCHÉ QUESTO OPUSCOLO
Come si sceglie una lavatrice?
Qual è il modo migliore per utilizzarla?
Quanto consuma?
Di quale manutenzione ha bisogno?
Sono domande semplici, che ci troviamo ad affrontare spesso, sia
al momento dell’acquisto di una lavatrice, che nel suo uso quotidiano e, soprattutto, quando
dobbiamo pagare qualche riparazione troppo costosa.
Le risposte possono essere altrettanto semplici.
LA LAVATRICE: ISTRUZIONI PER l’USO
La lavatrice può funzionare meglio: non c’è
bisogno di fare sacrifici o rinunce, basta adottare qualche piccolo accorgimento, in modo
da consumare meno energia, risparmiando denaro e salvaguardando anche l’ambiente.
È sufficiente leggere con attenzione questo
opuscolo affinché sia uno strumento di facile consultazione, con
consigli pratici e semplici suggerimenti.
• l’acquisto;
• l’installazione;
• l’utilizzo
• la manutenzione.
della lavatrice vengono trattati con l’intento di evidenziare
quello che bisogna sapere nella vita di tutti i giorni, a contatto diretto con questa "macchina
della casa".
Pensare al futuro significa anche ridurre i consumi irrazionali
sin da oggi.
Possiamo farlo in molti modi, ogni giorno, con un pizzico di
intelligenza, senza per questo rinunciare alla qualità della vita.
I diversi argomenti sono trattati anche attraverso tabelle che
danno la possibilità di valutare i consumi e i costi di esercizio della lavatrice.
Completano l’opuscolo alcune informazioni sui marchi nazionali ed
europei che assicurano la sicurezza, l’efficienza energetica e il rispetto per
l’ambiente.
2 SISTEMA DI LAVAGGIO
A PIOGGIA
CASSETTO
DETERSIVO
ACQUA +
DETERSIVO
SISTEMA A
PIOGGIA
CIRCUITO DI
RIUTILIZZO
ACQUA
SCARICO
DELl’ACQUA
FILTRO
5
Diminuendo la quantità d’acqua è necessaria meno energia per
portarla alla temperatura prescelta per il lavaggio ed è anche sufficiente una minore quantità di
detersivo.
Per queste ragioni, al momento dell’acquisto, è sempre meglio
preferire modelli di recente produzione, che ormai assicurano un consumo d’acqua e detersivo
estremamente contenuti e di cui sono noti sia il consumo di energia che la capacità di
lavare.
MENO CONSUMI… UGUALI RISULTATI
Quali sono gli ingredienti per un buon bucato?
Acqua, detersivo e… naturalmente…
elettricità.
Vediamo ora come si può risparmiare sugli "ingredienti" senza per
questo rinunciare ad un ottimo risultato.
Sappiamo già che, acquistando elettrodomestici di nuova
concezione, è possibile lavare con una minore quantità d’acqua e di detersivo.
A proposito di detersivo: costa di più dell’energia elettrica
usata nel ciclo di lavaggio. Infatti, per un bucato a 60°C si usano tra 1.2 e 1.5 kWh di elettricità per
scaldare l’acqua e si consumano 120-150 grammi di detersivo in polvere; questo significa che
spendiamo circa 0.26 Euro per l’energia elettrica e circa 0.31 Euro per il detersivo. Riducendo
i consumi di detersivo, perché con le nuove lavatrici ne basta una minore quantità, possiamo
ottenere un doppio vantaggio: diminuire le spese e contribuire al rispetto dell’ambiente. Lo
scarico di detersivi nei fiumi e nei mari rappresenta infatti una delle maggiori cause
dell’inquinamento delle acque.
È importante inoltre sapere che un bucato "perfetto" non dipende
tanto dalla quantità di detersivo, quanto dalla "durezza" dell’acqua a cui questo viene
miscelato. La presenza di calcio e magnesio nell’acqua utilizzata influenza in maniera determinante i
risultati del lavaggio: per diminuire la quantità di calcio e magnesio i detersivi contengono
nella loro formulazione particolari ingredienti che sono in grado di bloccare l’azione negativa dei
componenti della durezza dell’acqua. Più alta è la durezza dell’acqua maggiore è la
quantità di questi ingredienti, e quindi di detersivo, che deve essere dosata per ottenere
risultati di lavaggio accettabili dal punto di vista della pulizia e dell’igiene. Quando si usa un’acqua
"dolce" (minore di 15 gradi francesi) è sufficiente una dose di detersivo molto inferiore
rispetto a quando si usa un’acqua "dura" (maggiore di 25 gradi francesi).
Le istruzioni in etichetta riportate sui contenitori dei detersivi
forniscono agli utenti le dosi corrette da utilizzare anche in funzione della durezza
dell’acqua. Per poter seguire tali istruzioni è quindi necessario conoscere il grado di durezza
dell’acqua di cui si dispone.
4
meno acqua meno detersivo più ambiente pulito meno energia
LAVATRICE CONSUMI E COSTI PER CICLO COSTO TOTALE ANNO
ENERGIA DETERSIVO DETERSIVO
kWh Euro g Euro + ENERGIA
MODELLI 1.6 0.30 130 0.26 145.00
A BASSO CONSUMO 2.2 0.40 160 0.32 179.00
MODELLI 2.3 0.41 200 0.40 215.00
TRADIZIONALI 2.8 0.50 240 0.48 260.00
• Alcuni modelli hanno un basso volume d’acqua di lavaggio: 9/12
litri contro i 18/20 litri utilizzati dai modelli tradizionali: i depliants daranno maggiori
informazioni.
• I consumi sono calcolati per un ciclo di lavaggio a 90°C.
• Il consumo di detersivo corrisponde ad un’acqua dura (25°F).
• Il costo totale annuo si riferisce ad un utilizzo medio di 5
cicli alla settimana.
MODELLI A BASSO CONSUMO MODELLI TRADIZIONALI
ACQUA DOLCE ACQUA DURA ACQUA DOLCE ACQUA DURA
ENERGIA 0.36 0.36 0.46 0.46
DETERSIVO 0.17 0.37 0.31 0.48
TOTALE 0.53 0.73 0.77 0.94
• Raffronto costi detersivo ed energia tra modelli a basso consumo
e modelli tradizionali che utilizzano acqua dolce o dura per un ciclo di lavaggio a 90°C.
COSTI MEDI PER CICLO IN EURO
LA DUREZZA DELl’ACQUA
ACQUA DOLCE < 15 gradi francesi
ACQUA DURA > 25 gradi francesi
l’UTILIZZO
Ecco i consigli per far funzionare al meglio la lavatrice.
La durezza dell’acqua può essere misurata per mezzo di
"strisce-test" (si trovano in vendita nei negozi di ferramenta e in quelli di acquari) che, immerse,
permettono una facile lettura.
Per correggere un’acqua troppo dura è bene installare, alle
tubature di adduzione, un "addolcitore" che trattenga il calcare.
In alternativa, buoni risultati si possono ottenere utilizzando,
insieme al detersivo, anche un prodotto anticalcare.
La lavatrice, da sola, è responsabile di una quota cospicua dei
consumi elettrici delle nostre abitazioni; questo consumo è dovuto soprattutto al riscaldamento
dell’acqua per il lavaggio, mentre solo una piccola percentuale serve ad azionare il motore.
Alcune lavatrici possono essere alimentate direttamente con
l’acqua calda: questa soluzione è particolarmente conveniente se è possibile collegare la lavatrice
direttamente ad una fonte di acqua calda non troppo lontana (per esempio uno scaldacqua a gas); in
questo modo si risparmia energia elettrica e i tempi di lavaggio diminuiscono perché non
bisogna aspettare che l’acqua si scaldi nella lavatrice.
6
Scegliere correttamente il programma.
Il programma a 90°C è ormai raramente necessario perché i detersivi di oggi assicurano un bucato "perfetto" a temperature più basse.
Dovrebbe essere utilizzato esclusivamente per un bucato veramente molto sporco e con tessuti resistenti. Oltre
al fatto che consuma molta elettricità per scaldare l’acqua e molto detersivo
(circa il 20% in più perché, generalmente, questo programma prevede anche una fase di prelavaggio) la temperatura
elevata dell’acqua deteriora più rapidamente la biancheria.
Preferire i programmi di lavaggio a temperature non elevate
(40°- 60°C). Come già detto oggi esistono detersivi molto attivi anche a
basse temperature, in grado di garantire ottimi risultati; inoltre i tessuti
durano di più e i colori non sbiadiscono.
7
TEMPERATURA 90°C 60°C 40°C
COSTO DETERSIVO (EURO) 0.31 0.25 0.15
COSTO ENERGIA (EURO) 0.36 0.23 0.16
COSTO TOTALE (EURO) 0.67 0.48 0.31
• Con acqua dura (25°C).
Utilizzare la lavatrice solo a pieno carico oppure servirsi del
tasto "economizzatore o mezzo carico" quando c’è poca biancheria da
lavare.
In questo caso però bisogna ricordarsi che "mezzo carico" non
significa "mezzo consumo".
l’energia e l’acqua consumate per lavare poca biancheria si
riducono ma non così tanto come si è portati a credere.
Controllare la quantità di detersivo in base alla durezza dell’acqua, senza mai esagerare:
ne serve sempre meno di quanto pensiamo;
verifichiamolo con la tabella presente sulle confezioni di
detersivo e in base allo sporco effettivo della biancheria.
Non superare mai le dosi di detersivo consigliate dalle case
produttrici, perché il detersivo incide molto sui costi del bucato e concorre
all’inquinamento dell’ambiente.
Facciamo qualche prova di lavaggio con dosi ridotte: rimarremo
soddisfatti e stupiti dei risultati!
LA MANUTENZIONE
La lavatrice è la regina della casa e, per farla funzionare bene,
bisogna trattarla come tale!
Pulire frequentemente il filtro: le impurità e il calcare accumulato ostacolano lo scarico
dell’acqua.
Usare i prodotti decalcificanti insieme al detersivo: evitano la
formazione di depositi e facilitano le funzioni del detersivo soprattutto con
"acqua dura": aumenterà il costo del lavaggio ma si ridurranno gli interventi
e i costi di manutenzione.
9 8
l’ASCIUGATURA
Con le nuove tecnologie, ormai, il lavaggio di un bucato
in lavatrice è diventato un’operazione estremamente semplice. Ci sono poi
alcuni modelli programmati anche per l’asciugatura. Anzi,
oggi si tende a sostituire questa operazione con macchine asciugatrici
studiate appositamente.
Attenzione però: per riscaldare l’aria necessaria
all’asciugatura occorre molta energia.
Esistono in commercio diversi modelli di asciugatrici per
biancheria che adottano, principalmente, due sistemi: quello con scarico d’aria, adatto a locali
bene aereati e quello con condensazione del vapore per locali non aereati.
Questi sistemi operano in modo analogo, aspirando
dall’esterno l’aria che viene riscaldata e immessa sulla biancheria, per sottrarre umidità. La
differenza nei due tipi sta nel modo di cedere all’ambiente l’umidità sottratta: nel primo caso
riversando l’aria umida nel locale e, nel secondo, raccogliendo i vapori in un apposito contenitore
da svuotare a fine ciclo, o direttamente in uno scarico.
ATTENZIONE PERÒ: per riscaldare l’aria necessaria
all’asciugatura occorre molta energia e anche se con qualche variazione a seconda del sistema
usato, il costo di questa operazione rimane elevato.
Usiamo il sole appena è possibile, è gratis e non inquina
e facciamo funzionare l’asciugatrice o il ciclo di asciugatura della lavatrice solo quando non
possiamo fare altrimenti.
11
Staccare i collegamenti elettrici e idraulici se la lavatrice è destinata a rimanere a
lungo inattiva e mantenere l’oblò leggermente aperto per evitare la formazione di cattivi odori.
Tenere sempre pulito il cassetto del detersivo evitando che si formino
incrostazioni.
Leggere sempre attentamente il libretto di istruzioni allegato al nuovo apparecchio: contiene preziosi suggerimenti per un
migliore utilizzo dell’elettrodomestico.
10
Alti consumi
Bassi consumi
Consumo di energia
kWh/ciclo
(in base ai risultati di prove standard per il ciclo cotone a
60°C)
Il consumo effettivo dipende dal modo in cui l’apparecchio viene usato
Efficacia di lavaggio
Capacità (cotone) in kg
Consumo di acqua in L
Rumorosità
[dB(A) re 1 pW]
A: alta G: bassa
Gli opuscoli illustrativi contengono una scheda particolareggiata
Norma EN 50-56
Direttiva 95/12/CE relativa all’etichettatura delle lavatrici
Lavaggio
Centrifugazione
A B C D E F G
Efficacia di centrifugazione
A: alta G: bassa
Velocità di centrifugazione (gpm) 1100
A B C D E F G
y.z
yx
XY
xyz
Lavatrici
X.YZ
LA SICUREZZA, l’EFFICIENZA ENERGETICA E IL RISPETTO DELl’AMBIENTE
Al momento dell’acquisto degli apparecchi domestici è bene
assicurarsi che ci sia il marchio di qualità IMQ o un altro marchio riconosciuto a livello europeo.
Se c’è significa che l’apparecchio è prodotto in conformità con le norme di legge in materia di
sicurezza. Ecco alcuni dei marchi tra i più diffusi:
Per quanto riguarda l’efficienza energetica è oggi più facile
scegliere i prodotti migliori. Infatti una Direttiva della Comunità Europea rende obbligatorio esporre
sulle lavatrici (e sulle asciugatrici) un’etichetta ("etichetta energetica")
con l’indicazione dei consumi energetici, dell’efficacia di lavaggio
e di altre caratteristiche tecniche dell’apparecchio.
l’informazione più importante riportata dall’etichetta è
relativa all’efficienza energetica. Una serie di frecce di lunghezza crescente associate alle lettere dalla
A alla G, permettono di confrontare i consumi dei diversi apparecchi e di scegliere la lavatrice che consuma
meno. La lunghezza delle frecce è legata ai consumi: a parità di prestazioni gli apparecchi con consumi
più bassi hanno la freccia più corta.
Per avere informazioni più dettagliate, consultate l’opuscolo ENEA "l’etichetta energetica delle lavatrici" che
può essere richiesto ai Centri di Consulenza Energetica Integrata (CCEI), i cui indirizzi sono riportati in fondo all’opuscolo, oppure scrivere a ENEA C.P. 2400 Roma.
Possiamo inoltre anche trovare l’Eco-label (ecoetichetta): un
marchio europeo che indica un prodotto più "compatibile con l’ambiente" e quindi, generalmente, anche con
un minor consumo di energia. Ha per simbolo la margherita con le stelle come petali e
la "E" di Europa al centro.
12
I costi energetici contenuti nell’opuscolo sono stati valutati
assumendo i seguenti valori:
Elettricità 0.18 €/kWh
Detersivo lavatrice 2.00 €/kg
2
1
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16 17
ITALIA
AUSTRIA
BELGIO
CANADA
CECOSLOVACCHIA
1234
5
DANIMARCA
FRANCIA
GERMANIA
GRAN BRETAGNA
IRLANDA
6789
10
NORVEGIA
PAESI BASSI
PORTOGALLO
SPAGNA
SVEZIA
11
12
13
14
15
SVIZZERA
USA
16
17
ETICHETTA
ENERGETICA
ECO-LABEL
l’ENEA pubblica altri opuscoli sulle scelte più convenienti che tutti
noi possiamo adottare per risparmiare energia e proteggere
l’ambiente.
Potete richiedere
gratuitamente gli opuscoli che vi interessano a:
ENEA - Unità RES RELPROM
Lungotevere Thaon di Revel, 76 - 000191 Roma
Fax
0636272288
3
PERCHÉ QUESTO OPUSCOLO
Come si sceglie una lavastoviglie?
Qual è il modo migliore per utilizzarla?
Quanto consuma?
Di quale manutenzione ha bisogno?
Sono domande semplici, che ci troviamo ad affrontare spesso, sia
al momento dell’acquisto di una lavastoviglie, che nel suo uso quotidiano e, soprattutto,
quando dobbiamo pagare qualche riparazione troppo costosa.
Le risposte possono essere altrettanto
semplici.
LA LAVASTOVIGLIE: ISTRUZIONI PER l’USO
La lavastoviglie può funzionare meglio: non c’è bisogno
di fare sacrifici o rinunce, basta adottare qualche piccolo accorgimento, in modo da consumare meno
energia, risparmiando denaro, salvaguardando l’ambiente
e ottenendo… stoviglie pulite.
È sufficiente leggere con attenzione questo opuscolo che l’ENEA ha realizzato affinché sia uno
strumento di facile consultazione, con consigli pratici e semplici suggerimenti.
• l’acquisto;
• l’installazione;
• l’utilizzo;
• la manutenzione.
della lavastoviglie vengono trattati con l’intento di evidenziare
quello che bisogna sapere nella
vita di tutti i giorni, a contatto diretto con questa "macchina
della casa".
Pensare al futuro significa anche ridurre i consumi irrazionali
sin da oggi.
Possiamo farlo in molti modi, ogni giorno, con un pizzico di
intelligenza, senza per questo rinunciare alla qualità della vita.
I diversi argomenti sono trattati anche attraverso tabelle che
danno la possibilità di valutare i consumi e i costi di esercizio della lavastoviglie.
Completano l’opuscolo alcune informazioni sui marchi nazionali ed
europei che assicurano la sicurezza, l’efficienza energetica e il rispetto per
l’ambiente.
2
l’ACQUISTO
La tecnica ha fatto notevoli passi avanti nel campo della
progettazione e della produzione
delle lavastoviglie per uso domestico. Oggi esistono apparecchi in
grado di offrire risultati
migliori rispetto alle vecchie lavastoviglie, con minori consumi
di energia elettrica, di acqua e di detersivo.
Infatti, diminuendo la quantità di acqua necessaria per un ciclo
di lavaggio (in dieci anni si è passati, in media, da 45 a 25 litri) occorre anche meno energia
per portare l’acqua alla giusta temperatura ed è sufficiente una minore quantità di
detersivo.
Le lavastoviglie moderne hanno, inoltre, la possibilità di
effettuare cicli ridotti o "rapidi", che rappresentano un notevole risparmio di tempo (fino al 60%) e
quindi di energia quando i piatti non sono tanto sporchi da costringere all’utilizzo del
ciclo lungo.
In fase di acquisto è, quindi, senz’altro preferibile scegliere i
modelli inseriti più recentemente sul mercato.
È bene informarsi in tal senso, leggere accuratamente le
caratteristiche tecniche di ciascun apparecchio, chiedendo spiegazioni al rivenditore e considerando
che non è tanto importante il valore di massimo assorbimento (espresso in kW), quanto,
soprattutto, il consumo effettivo di energia, espresso in kWh, che ci indica quanta energia
elettrica viene realmente consumata dalla lavastoviglie in un determinato ciclo di
lavaggio.
Un discorso a parte merita la capacità dell’apparecchio, il
cosiddetto numero di coperti, che è riferito al numero di stoviglie che la macchina può
contenere per ciclo di lavaggio. Cercate di scegliere il modello con la capacità che vi serve realmente.
Una lavastoviglie di grande capacità -cioè con un numero di coperti troppo elevato
rispetto alle nostre necessità- verrà spesso utilizzata semivuota, mentre con un apparecchio
troppo piccolo saremo costretti ad aumentare il numero dei cicli di lavaggio settimanali. In
entrambi i casi sprecheremo acqua ed energia.
Oggi poi abbiamo una possibilità in più di scegliere quei modelli
che ci consentono di ridurre i consumi; infatti, dal mese di giugno del 2000 anche sulle
lavastoviglie -come già sui frigoriferi e sulle lavatrici- è applicata l’etichetta energetica, la quale
permette di conoscere fin dal momento dell’acquisto, caratteristiche e consumi di ciascun
modello di lavastoviglie.
Per avere informazioni più dettagliate consultate l’opuscolo ENEA
"Etichetta energetica delle lavastoviglie" che può essere richiesto ai Centri di Consulenza
Energetica Integrata (CCEI) i cui indirizzi sono riportati in fondo all’opuscolo, oppure
scrivere a: ENEA - Unità RES RELPROM, Lungotevere Thaon di Revel, 76 - 000191 Roma, fax 06
36272288.
scegliere i modelli più nuovi e della
giusta capacità attenzione che ci sia il "ciclo rapido" occhio al consumo per ciclo di
lavaggio: controlla l’etichetta energetica
l’UTILIZZO
La lavastoviglie è un elettrodomestico che si usa tutti i giorni o
quasi. Per diminuire i consumi
e risparmiare denaro basta quindi prendere l’abitudine ad usarla
meglio, tutti i giorni.
Ecco i consigli dell’ENEA:
5
I CONSUMI
Abbiamo già visto che
acquistando un apparecchio di recente concezione possiamo
risparmiare notevolmente sui consumi di acqua, elettricità e detersivo.
Ma quanto?
Le lavastoviglie tradizionali per 10-12 coperti consumano, per il
ciclo più lungo, circa 2.5 kWh; i modelli nuovi, invece, tra 1.4 e 1.8 kWh.
I consumi risultano ridotti drasticamente quando si utilizzano i
cicli cosiddetti "rapidi" (circa 0.7 kWh), in quanto diminuiscono i tempi di lavaggio e, di
conseguenza, i consumi di elettricità.
Per un lavaggio completo i modelli più vecchi hanno bisogno di
circa 40 g di detersivo, quelli più moderni solo di 20 g.
Con una tabella mettiamo a confronto modelli a basso consumo,
tecnologicamente più avanzati, con modelli tradizionali, ancora presenti sul mercato,
evidenziando i consumi ed i costi (min. e max.) di energia elettrica e di detersivo per ciclo e per
un anno di utilizzo con 7 cicli di lavaggio alla settimana.
Alcune lavastoviglie possono essere alimentate direttamente con
l’acqua calda: questa soluzione è particolarmente conveniente se è possibile, ad esempio,
collegare l’apparecchio direttamente ad uno scaldacqua a gas non troppo lontano; in questo modo si
risparmia energia elettrica,e i tempi di lavaggio diminuiscono.
Inoltre ogni macchina lavastoviglie è fornita di un impianto di
decalcificazione, costituito da un dispositivo detto "addolcitore" che riduce la durezza
dell’acqua evitando la formazione del calcare che, depositandosi sulle resistenze e sulle parti
meccaniche, provoca un aumento dei consumi e un cattivo funzionamento della macchina. Per mantenere
l’addolcitore sempre efficiente è necessario mettere regolarmente sale nell’apposito
contenitore.
Più alta è la durezza dell’acqua utilizzata e più frequente la
lavastoviglie segnalerà la richiesta
di aggiunta di sale. È da notare che un lavaggio effettuato senza
decalcificazione dà risultati
meno soddisfacenti e le stoviglie appaiono opache. È importante quindi conoscere il grado di
durezza dell’acqua.
Per dare maggiore diffusione e completezza relativamente ai dati
di durezza per i singoli comuni
italiani, Assocasa ha predisposto un sito Web in Internet
all’indirizzo assocasa.federchimica.it dove è possibile trovare il dato
della durezza per circa 6,000 comuni italiani.
4
Disporre le stoviglie correttamente nella
macchina, avendo cura di asportare i residui
più grossi delle pietanze per evitare
il pericolo di intasamento del filtro
con conseguente riduzione dell’efficacia
del lavaggio.
Lavastoviglie Consumi e costi per ciclo Costo totale
anno
ENERGIA DETERSIVO DETERSIVO
kWh Euro g Euro + ENERGIA
MODELLI 1.4 0,25 20 0,05 111,00
A BASSO
CONSUMO 1.8 0.32 30 0.07 147.00
MODELLI 2.5 0.45 40 0.10 202.00
TRADIZIONALI 3 0.54 50 0.12 244.00
• I consumi si riferiscono al ciclo di lavaggio più lungo.
• Il costo totale annuo si riferisce a un utilizzo medio di 7
cicli alla settimana.
LA MANUTENZIONE
Bastano poche attenzioni per allungare la vita della
lavastoviglie. Una buona manutenzione è il presupposto per tanti buoni lavaggi.
7
Utilizzare il ciclo intensivo solo nei casi in cui
sia veramente necessario, quando cioè le stoviglie
sono particolarmente sporche: lava in
tempi molto lunghi, a temperature elevate, e
quindi con grande consumo di energia.
Usare il lavaggio rapido a freddo quando ci
sono poche stoviglie da lavare. Questo ciclo
consentirà di ultimare il carico a fine giornata,
senza cattivi odori ed incrostazioni troppo
dure sui piatti in attesa del lavaggio completo.
Adottare il programma "economico" per
le stoviglie poco sporche. È un ciclo di lavaggio
a temperatura più bassa che, a volte, non
prevede la fase di asciugatura consumando così
meno energia.
Utilizzare esclusivamente detersivi spefici
per lavastoviglie e rispettare le dosi consigliate
dalle case produttrici: una quantità maggiore
di detersivo non lava di più, ma inquina di più!
Far funzionare la lavastoviglie solo a pieno
carico: il consumo di elettricità e di detersivo
è uguale sia con l’apparecchio pieno che
vuoto.
Eliminare l’asciugatura con l’aria calda. La
semplice circolazione dell’aria, aprendo lo sportello
a fine lavaggio, è sufficiente ad asciugare
le stoviglie e consente un risparmio di circa
il 45% di energia, riducendo la durata del
ciclo di almeno 15 minuti.
6
INTENSIVO
ECONOMICO
RAPIDO FREDDO
Pulire sovente e con cura il filtro: le impurità
e i depositi impediscono lo scarico dell’acqua
e non consentono buoni risultati di
lavaggio.
Usare con regolarità il sale apposito, o quello
grosso da cucina, che serve a prevenire la
formazione di incrostazioni calcaree, controllando
che il contenitore sia sempre pieno.
Assicurarsi che i forellini dei bracci rotanti siano liberi:
se sono ostruiti l’acqua non raggiunge
efficacemente tutte le stoviglie.
Staccare i collegamenti elettrici e idrici
in caso di lunghi periodi di inattività della
lavastoviglie.
Leggere sempre molto attentamente il libretto
di istruzioni allegato al nuovo apparecchio:
contiene preziosi suggerimenti per un
migliore utilizzo dell’elettrodomestico.
LA SICUREZZA, IL RISPARMIO, IL RISPETTO DELl’AMBIENTE
Al momento dell’acquisto degli apparecchi domestici è bene
assicurarsi che ci sia il marchio di qualità IMQ o un altro marchio riconosciuto a livello europeo. Se c’è significa
che l’apparecchio è prodotto in conformità con le norme di legge in materia di sicurezza. Ecco alcuni dei marchi tra i più diffusi:
Abbiamo anche parlato dell’etichetta energetica
(vedi pagina 5) che possiamo trovare già applicata sulle lavastoviglie e che
ci permette di scegliere gli apparecchi a più basso consumo di energia.
Infine l’Ecolabel (ecoetichetta): il marchio europeo che indica un prodotto più "compatibile
con l’ambiente" e, quindi, generalmente, anche con un minor consumo di energia.
Ha per simbolo la margherita con le stelle come petali e la "E" di Europa al centro.
I costi energetici contenuti nell’opuscolo sono stati valutati
assumendo i seguenti valori:
Elettricità 0.18 €/kWh
Detersivo lavastoviglie 2.50 €/kg
2
1
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16 17
ITALIA
AUSTRIA
BELGIO
CANADA
CECOSLOVACCHIA
12345
DANIMARCA
FRANCIA
GERMANIA
GRAN BRETAGNA
IRLANDA
6789
10
NORVEGIA
PAESI BASSI
PORTOGALLO
SPAGNA
SVEZIA
11
12
13
14
15
SVIZZERA
USA
16
17
ECO-LABEL
Alti consumi
Bassi consumi
Consumo di energia kWh/ciclo
(in base ai risultati di prove
di cicli normali di lavaggio con acqua fredda)
Il consumo effettivo dipende dal modo
in cui l’apparecchio viene usato
Efficacia di lavaggio
Coperti
Consumo di acqua l/ciclo
Rumorosità
[dB(A) re 1 pW]
A: alta G: bassa
Gli opuscoli illustrativi contengono
una scheda particolareggiata
Norma EN 50242
Direttiva 97/17/CE relativa all’etichettatura delle
lavastoviglie
A B C D E F G
Efficacia di asciugatura
A: alta G: bassa
A B C D E F G
yz
yx
xy
Lavastoviglie
X.YZ
8
ETICHETTA
ENERGETICA
l’ENEpubblica
altri opuscoli sulle scelte più convenienti che tutti
noi possiamo adottare per risparmiare energia e proteggere
l’ambiente.
Potete richiedere
gratuitamente gli opuscoli che vi interessano a:
ENEA - Unità RES RELPROM
Lungotevere Thaon di Revel, 76 - 000191 Roma
Fax 0636272288
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PERCHÉ QUESTO OPUSCOLO
Come si sceglie un frigorifero? E un congelatore?
Qual è il modo migliore per utilizzarli?
Quanto consumano?
Di quale manutenzione hanno bisogno?
Sono domande semplici, che ci troviamo ad affrontare spesso, sia
al momento dell’acquisto, che
nel loro uso quotidiano e, soprattutto, quando dobbiamo pagare
qualche riparazione troppo costosa.
Le risposte possono essere altrettanto
semplici.
IL FRIGORIFERO E IL CONGELATORE: ISTRUZIONI PER l’USO
Frigorifero e congelatore possono funzionare meglio:
non c’è bisogno di fare sacrifici o rinunce, basta
adottare qualche piccolo accorgimento, in modo da
consumare meno energia, risparmiando denaro.
È sufficiente leggere con attenzione questo opuscolo
che l’ENEA ha realizzato affinché sia uno strumento
di facile consultazione, con consigli pratici e
semplici suggerimenti.
• l’acquisto
• l’installazione
• l’utilizzo
• la manutenzione
del frigorifero e del congelatore vengono trattati con l’intento
di evidenziare quello che bisogna
sapere nella vita di tutti i giorni, a contatto diretto con questa
"macchina della casa".
Pensare al futuro significa anche ridurre i consumi irrazionali
sin da oggi.
Possiamo farlo in molti modi, ogni giorno, con un pizzico di
intelligenza.
I diversi argomenti sono trattati anche attraverso tabelle che
danno la possibilità di valutare
consumi e costi di esercizio del frigorifero e del
congelatore.
Completano l’opuscolo alcune informazioni sui marchi che
assicurano la sicurezza, l’efficienza
energetica e il rispetto per l’ambiente.
2
Stelle Congelatore Conservare Temperatura Durata alimenti
surgelati conservazione freschi
****
si si -18°C fino a 1 anno*
*** no si -18°C fino a 1
anno*
** no si -12°C fino a 1 mese
* no si - 6°C fino a 1 settimana
l’ACQUISTO
1, 2, 3 o addirittura 4 porte 3 o 4 stelle? cantina, chiller, no-frost…
Acquistare un frigorifero può rivelarsi più difficile del previsto
per la vasta gamma di soluzioni sia funzionali che estetiche presenti oggi sul mercato.
Facciamo un pò di chiarezza su alcune delle caratteristiche da
considerare al momento di scegliere.
Innanzitutto ricordiamo, con una tabella, il significato del
numero di stelle che troviamo sugli
scomparti a temperatura più bassa:
I frigoriferi monoporta (più precisamente frigoriferi con o senza scomparti per le
basse temperature)
sono adatti soprattutto a chi preferisce acquistare giorno per
giorno gli alimenti freschi ed hanno generalmente - ma non sempre - dimensioni ridotte; spesso
hanno una piccola cella, o un vano separato (anche a quattro stelle) per conservare
alimenti surgelati.
I frigocongelatori a due porte sono dotati di un vano frigorifero e di un vano congelatore (generalmente a quattro stelle) entrambi di discrete dimensioni.
Sono molto pratici in quanto consentono anche di congelare cibi freschi.
Alcuni modelli hanno motori separati e quindi la possibilità di
utilizzare solo una parte del frigorifero, con un buon risparmio di energia.
I frigocongelatori con più di due porte danno la possibilità di scegliere
tra diversi climi quello più adatto ai cibi che si intendono
conservare.
* Vedere la data consigliata sulla confezione.
Gli scomparti a temperature diverse e differenziati livelli di
umidità consentono, infatti, di ritardare notevolmente la degradazione degli alimenti
freschi:
• il vano frigorifero mantiene un
costante grado di umidità ed è destinato a cibi di rapido
consumo e bottiglie;
• il congelatore a quattro stelle, permette di congelare
alimenti freschi e di conservare quelli surgelati;
• il "chiller",
costituisce l’ambiente ideale per conservare pesce e carne. In questo caso,
infatti, gli alimenti non congelano ma il processo di deperimento viene
notevolmente rallentato così che carne e pesce si mantengono freschi fino a 10
giorni.
• A
questi scomparti se ne aggiunge un quarto, generalmente a raffreddamento
indiretto in cui il cibo è conservato a temperatura "cantina" per proteggere
con la giusta umidità frutta e verdura dalla disidratazione, mantenendo così inalterati
freschezza e contenuto vitaminico.
Nonostante la loro complessità, questi modelli permettono di
risparmiare energia in quanto, con l’apertura delle singole porte, la perdita di freddo è ridotta
al minimo. Inoltre, il clima all’interno dei singoli scomparti è controllato elettronicamente in modo che
la temperatura rimane costante, indipendentemente da quella esterna. Esistono anche
apparecchi a sbrinamento automatico, che eliminano la brina dalle pareti fredde senza
necessità di intervento.
Oltre a questi esistono i cosiddetti frigocongelatori "no-frost" (senza brina), i
quali sono dotati di un sistema che integra il normale raffreddamento statico, in
cui l’aria fredda scende lentamente verso il basso dal generatore del freddo, con una speciale
ventilazione forzata: le cirolazione uniforme di aria fredda all’interno del vano evita la formazione
della brina o umidità sulla superficie degli alimenti, integrando lo sbrinamento
automatico. I cibi si mantengono "freschi" più a lungo rispetto ai frigoriferi tradizionali.
Nei vani congelatori "no-frost" la surgelazione è molto più rapida
rispetto al congelatore tradizionale e poiché i cristalli che si formano nella struttura degli alimenti
sono più piccoli, la consistenza, gli odori ed i sapori degli alimenti si mantengono inalterati. Il
consumo degli apparecchi no frost è generalmente più elevato rispetto a quello dei
frigoriferi a freddo statico, ma si tratta comunque di apparecchi con prestazioni diverse, per
quanto riguarda il modo di conservare gli alimenti.
Inoltre lo strato di ghiaccio che spesso ricopre le pareti die
frigoriferi a freddo statico ne aumenta, di fatto, i consumi. Per questo, il maggior consumo dei no-frost,
dovuto all’azione della ventola, è compensato dal fatto che non formandosi ghiaccio sulle pareti le
prestazioni dell’apparecchio rimangono costanti.
I frigoriferi "ecologici" che cominciano ad essere presenti sul mercato, sono, nelle intenzioni
dei costruttori, apparecchi costruiti in modo da risparmiare energia e con materiali e tecnologie
che rispettano l’ambiente.
Alcuni modelli sono forniti, sulle pareti, di un doppio
isolamento; in questo modo disperdono meno il freddo.
5 4
SISTEMA NO-FROST
QUATTRO SCOMPARTI
QUATTRO CLIMI
CONGELATORE
-18°C
FRIGORIFERO
+5°C
CHILLER
+3°C
CANTINA
+8°C +14°C
l’interno dei congelatori verticali o
"ad armadio" è organizzato in pratici
cassetti ed i cibi risultano facilmente accessibili, è spesso presente
un tasto per il cosiddetto "congelamento rapido", a temperatura più bassa. Questa funzione da
utilizzare quando si introducono nell’apparecchio grandi quantità di alimenti freschi, va
disinserita quando il congelamento è completato.
I congelatori verticali occupano meno spazio di quelli
orizzontali ma generalmente, a parità di volume, hanno un costo superiore.
I congelatori orizzontali, o a "pozzo", si aprono verso
l’alto e, generalmente non hanno divisioni interne tranne, in alcuni modelli, un vano per il
congelamento rapido. La loro semplicità permette di risparmiare al momento dell’acquisto ma, di
contro, la ricerca dei cibi risulta meno agevole.
Indipendentemente dal tipo di congelatore, uno dei fattori
che incide maggiormente sui consumi è l’isolamento delle pareti. I modelli più recenti
sono dotati di un superisolamento, cioè di un forte spessore di poliuretano (9-10 cm) alle
pareti.
Anche se questo strato isolante va a diminuire leggermente
lo spazio utile interno, è sempre conveniente scegliere un modello più isolato che uno meno
isolato.
Basterà porre maggiore attenzione al confezionamento e al
posizionamento dei pacchetti con gli alimenti. Inoltre, in caso di black-out della corrente
elettrica, gli apparecchi molto isolati hanno una maggiore autonomia di conservazione (fino a 72
ore).
Anche le abitudini d’uso incidono molto sui consumi di
energia elettrica. Aprire lo sportello di un congelatore significa, nella maggior parte dei casi,
far ripartire il compressore dell’apparecchio, e quindi consumare energia. Ovviamente più si tiene aperto
lo sportello, più si consuma.
Nei congelatori a pozzo ciò avviene meno di frequente che
in quelli ad armadio: nei primi, infatti, l’aria calda, che è più leggera di quella fredda
si accumula verso l’alto del congelatore formando uno strato protettivo che impedisce al freddo,
stratificato in basso, di disperdersi quando si apre lo sportello.
Oggi poi abbiamo una possibilità in più di scegliere quei
modelli che ci consentono di ridurre i consumi: infatti, da qualche tempo sui frigoriferi,
congelatori e frigocongelatori è applicata una etichetta colorata con frecce e altri simboli,
l’etichetta energetica, la quale permette di conoscere caratteristiche e consumi dei frigoriferi,
valutando fin dal momento dell’acquistoil consumo annuo di ciascun modello.
Per avere informazioni più dettagliate, consultate
l’opuscolo ENEA "Etichetta energetica di frigoriferi e congelatori" che può essere richiesto ai
Centri di Consulenza Energetica Integrata (CCEI), i cui indirizzi sono riportati in fondo all’opuscolo, oppure scrivere a: ENEA - Unità RES RELPROM, Lungotevere Thaon di Revel, 76 - 000191 Roma,
fax 06 36272288.
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Spie luminose, segnalazioni acustiche in caso di mancanza
di corrente, sistemi elettronici che indicano la non corretta chiusura di una porta ed
altri accorgimenti per un razionale e completo sfruttamento dello spazio, sono utili optionals
per un elettrodomestico che, però, va scelto valutando correttamente le proprie esigenze e
cercando, soprattutto, di evitare inutili sprechi di energia.
Un elemento fondamentale per questa scelta è la "capacità"
del frigorifero, cioè lo spazio interno effettivamente utilizzabile. A questo proposito
può essere utile la seguente tabella che, in linea di massima, stabilisce un rapporto tra il
numero delle persone e la capacità dell’apparecchio.
Dunque, anche un apparecchio di piccole dimensioni può
essere sufficiente, purché lo spazio interno sia versatile, realizzato razionalmente e
pratico.
In ogni caso, un frigorifero di media capacità (220-280
litri) dotato di un congelatore da 50 litri, consuma mediamente 450 kWh all’anno sia pieno di
alimenti che vuoto, ed i consumi annuali subiscono un aumento di 80-90 kWh per ogni 100
litri di capacità in più.
Inoltre, il frigorifero rimane sempre acceso e, di
conseguenza, una piccola differenza di consumo tra un apparecchio ed un altro diventa, in un
anno, una discreta somma sulla bolletta elettrica.
Al momento di acquistare un frigorifero nuovo, occorre
quindi fare molta attenzione e paragonare fra loro le prestazioni dei diversi modelli.
La congelazione domestica permette, spesso, di
economizzare tempo e denaro. Bisogna però ricordare che è necessario affidarsi ad apparecchi sicuri,
in grado di garantire un gelo profondo e costante, indipendentemente dal clima e dalla
stagione.
Si può scegliere tra congelatori verticali ed orizzontali,
in base alle diverse esigenze funzionali e di spazio.
6
Nucleo familiare Capacità media
consigliata
1 persona 100-150 litri
2-4 persone 220-280 litri
più di 4 persone 300 litri ed oltre
l’UTILIZZO
Alcune piccole attenzioni aiutano ad utilizzare meglio i
frigoriferi ed i congelatori.
Ecco i consigli dell’ENEA:
Posizionare gli apparecchi possibilmente nel punto più fresco
della cucina, lontano dai fornelli, dal termosifone e dalla finestra.
Per il congelatore, una buona collocazione può
essere la cantina o il garage.
Lasciare uno spazio di almeno 10 cm tra la parete e il retro dell’apparecchio e, se
questo è inserito nei mobili della cucina,
assicuratevi che vi sia spazio sia sopra che sotto per una buona ventilazione.
La regolazione del termostato deve avvenire secondo la
temperatura ambiente: dunque varierà secondo le stagioni, seguendo anche
le eventuali indicazioni del costruttore, ma
evitando di raffreddare troppo (posizioni
eccessivamente fredde sono inutili per la conservazione dei cibi, mentre i consumi energetici
aumentano del 10/15%).
9
I CONSUMI
Abbiamo visto come una scelta "fredda" al momento
dell’acquisto è il modo migliore per evitare sprechi, ma poi, quando l’apparecchio è già in casa, ogni
volta che lo apriamo, è un po’ come aprire il portafoglio. Sembra esagerato, ma è così:
gli sprechi nei consumi di energia elettrica derivano in gran parte dalla dispersione degli
sportelli aperti.
Bisogna quindi evitare di aprirli troppo spesso e troppo a
lungo.
Vediamo indicativamente quanto consumano i diversi
modelli, precisando che i valori delle tabelle si riferiscono ai consumi a porte chiuse, e che
questi possono anche raddoppiare in funzione del numero e della durata delle
aperture.
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Frigoriferi Capacità Consumo Costo totale media annuo
Frigoriferi Capacità Consumo Costo totale no-frost media annuo
litri kWh 24 ore kWh anno Euro
Due porte 230-470 1.1-6.2 402-2263 72.00-407.00
****
cm 10
Costo di 1 kWh = € 0.18.
LA MANUTENZIONE
Bastano poche attenzioni per allungare la vita dei
frigoriferi e dei congelatori, mantenendoli in perfetta forma.
11
Posizionare gli alimenti secondo le loro
esigenze di conservazione ricordando che, generalmente, la zona più fredda del frigorifero
è in basso, sopra i cassetti della
verdura.
Evitare di riempire eccessivamente il frigorifero
e, specialmente se non è no-frost,
cercare di lasciare un pò di spazio a ridosso
delle pareti interne per favorire la
circolazione dell’aria.
Non introdurre mai cibi caldi nel
frigorifero o nel congelatore perché contribuiscono alla formazione di ghiaccio sulle
pareti.
Fare attenzione quando si apre il
frigorifero, in modo da prelevare o mettere
dentro velocemente i cibi: per fare prima, basta prendere l’abitudine di tenerli in ordine, sempre
negli stessi scomparti, o in contenitori
separati o in sacchetti con etichetta.
Riportare la manopola del congelatore
in posizione di "conservazione" dopo aver surgelato i cibi alla temperatura più
fredda.
10
Controllare che le guarnizioni di gomma delle porte siano sempre in buono
stato; nel caso siano scollate o deteriorate è bene sostituirle.
Pulire ogni tanto il condensatore (serpentina)
posto sul retro dell’apparecchio, dopo aver staccato l’alimentazione elettrica: lo
strato di polvere che si forma fa aumentare i
consumi in quanto non permette un buon
raffreddamento.
Sbrinare l’apparecchio non appena lo strato di ghiaccio supera i 5 mm di spessore. La
brina sottrae infatti freddo all’apparecchio
in quanto forma uno strato isolante, facendo
aumentare i consumi di energia e riducendo, inoltre, lo spazio utilizzabile.
Leggere sempre molto attentamente il libretto di istruzioni allegato al nuovo apparecchio,
contiene preziosi suggerimenti per un migliore utilizzo.
LA SICUREZZA, IL RISPARMIO, IL RISPETTO DELl’AMBIENTE
Al momento dell’acquisto degli apparecchi domestici è bene
assicurarsi che ci sia il marchio di qualità IMQ o un altro marchio riconosciuto a livello europeo. Se c’è significa
che 1’apparecchio è prodotto in conformità con le norme di legge in
materia di sicurezza. Ecco alcuni dei marchi tra i più diffusi:
Dell’etichetta energetica abbiamo già parlato a pagina 7.
Un altro marchio significativo per l’utente attento è
l’Ecolabel (ecoetichetta): un marchio europeo che indica un prodotto "compatibile con
l’ambiente" e quindi, generalmente, anche con un minor consumo di energia. Ha per simbolo la margherita con le
stelle come petali e la "E" di Europa al centro.
2
1
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16 17
ITALIA
AUSTRIA
BELGIO
CANADA
CECOSLOVACCHIA
1234
5
DANIMARCA
FRANCIA
GERMANIA
GRAN BRETAGNA
IRLANDA
6789
10
NORVEGIA
PAESI BASSI
PORTOGALLO
SPAGNA
SVEZIA
11
12
13
14
15
SVIZZERA
USA
16
17
ECOLABEL
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ETICHETTA
ENERGETICA
l’ENEA pubblica
altri opuscoli sulle scelte più convenienti che tutti
noi possiamo adottare per risparmiare energia e proteggere
l’ambiente.
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Qualificazione degli elettrodomestici
Servizi offerti
Presso il Centro Ricerche di Ispra
(Laboratori certificati ISO 9002) vengono svolte attività di servizio,
oltre che sperimentali e di ricerca, su apparecchi del freddo e di
illuminazione per il settore civile e terziario. In particolare,
i laboratori consentono:
• la determinazione del profilo energetico di sistemi di illuminazione
e componenti in condizioni di lavoro;
• la determinazione dell’influenza delle caratteristiche
dell’ambiente sull’illuminamento;
• l’analisi dei sistemi di regolazione del flusso luminoso;
• la verifica sperimentale di software illuminotecnico;
• la determinazione delle prestazioni di elettrodomestici
del freddo;
• la determinazione del consumo energetico di elettrodomestici
del freddo secondo normativa;
• la determinazione dell’influenza dell’ambiente
e delle abitudini degli utenti sulle prestazioni di elettrodomestici
del freddo;
• studi sperimentali su prototipi innovativi di elettrodomestici
del freddo;
• la determinazione dell’efficienza dei componenti di
elettrodomestici del freddo.
Utenti
I principali utenti
delle attività di qualificazione sono prevalentemente enti pubblici nazionali
ed internazionali, enti locali e industria. Queste attività, svolte sia
direttamente che per loro conto, sono finalizzate a:
• fornire
supporto tecnico qualificato;
• collaborare alla valutazione delle prestazioni energetico-ambientali
dei nuovi prodotti;
• qualificare apparecchiature;
• effettuare attività di vigilanza e di controllo sulla rispondenza degli
apparecchi domestici in commercio alla normativa energetico-ambientale
vigente.
Attrezzature, laboratori e impianti
All’attività di
qualificazione di elettrodomestici sono dedicati due laboratori che operano
in regime di qualità certificato ISO 9002:
• CORVO,
laboratorio di prova per le verifiche energetico - ambientali di sistemi di
illuminazione;
• ICELAB, laboratorio di prova per le
verifiche energetico - ambientali di elettrodomestici del freddo.
Il laboratorio di illuminotecnica CORVO dispone
di:
• cella di prova (con dimensioni 4,5 x 4,5 x 3,2 m), dotata
di sistema di movimentazione elettromeccanico del sensore di misura
sugli assi x-y, che simula un comune locale per uso civile o terziario;
• banco di misura di grandezze elettriche;
• strumentazione portatile per monitoraggi in campo.
Il laboratorio di prova per gli elettrodomestici del
freddo ICELAB è dotato di due camere climatiche (CC1 e CC2),
con il controllo di temperatura, umidità relativa, velocità
dell’aria, con i seguenti range di funzionamento:
• CC1: temperatura 10÷48 °C, umidità relativa
30÷90%
• CC2: temperatura 0÷70 °C, umidità relativa
30÷90%.
Ogni camera climatica può ospitare 3 apparecchi in prova.
I CONDIZIONATORI DELl’ARIA:
raffrescatori e pompe di calore
Considerati fino a qualche anno fa un bene di lusso, i condizionatori dell’aria sono sempre più
diffusi e forse tra qualche anno saranno presenti in tutte le nostre case al pari dei termosifoni.
Ma al miglioramento del confort è associato un aumento dei consumi di energia.
Un’energia che bisogna risparmiare sia per rispettare gli impegni di Kyoto sulla riduzione delle
emissioni di gas serra, sia per ridurre la dipendenza economica dai paesi produttori di petrolio.
Per ridurre al minimo il tempo di accensione del condizionatore
bisogna isolare termicamente l’edificio
dall’ambiente esterno. Quindi, rispettando la normativa
vigente, in fase di costruzione o di ristrutturazione
dell’edificio è importante istallare materiali isolanti
sulle pareti e sul tetto e dotare le finestre di doppi vetri
Per raffrescare l’edificio è anche importante favorire
la ventilazione naturale. Posizionando adeguatamente
porte e finestre si riesce a creare un movimento d’aria tra
i locali o tra i piani dell’edificio che genera una gradevo-
Come possiamo risparmiare energia
senza rinunciare al confort
di avere una casa fresca durante le calde giornate estive?
C U R I O S I T À
e di tapparelle.
Quanto consuma Quanto consuma un condizionatore un condizionatore dell’aria? dell’aria?
Un condizionatore in grado
di rinfrescare una stanza di
circa 20m
, in funzione per
6 ore al giorno per quattro
mesi all’anno, consuma
circa 560kWh ed emette
circa 340kg di CO2
.
La presenza di vegetazione intorno alla casa fornisce ombra e regola la temperatura, quindi dove
è possibile mettiamo alberi e pergolati, e piante rampicanti sulle pareti esposte al sole.
Si riducono, in questo modo, fino al 50% i consumi di energia per il raffrescamento estivo e di
conseguenza, senza rinunciare al confort di avere una casa fresca, si avrà una bolletta elettrica
più leggera e si contribuirà alla salvaguardia dell’ambiente.
Spesso questi accorgimenti bastano a garantire una temperatura adeguata ma se decidiamo di
dotare la nostra abitazione di un condizionatore dell’aria acquistiamo un apparecchio ad alta
efficienza energetica, un condizionatore classe A consuma oltre il 30% di energia in meno di
uno classe C.
Inoltre, molto importante ai fini dei consumi energetici è il corretto dimensionamento dell’impianto.
Ricordiamo che un impianto sotto o sovradimensionato porta o a non avere abbastanza
fresco in casa o ad avere un consumo di energia maggiore del previsto.
Quindi prima dell’acquisto rivolgiamoci ad un tecnico specializzato, magari lo stesso che poi
eseguirà l’installazione.
le sensazione di benessere.
ii I N F O R M A Z I O N I
Il certificato energetico degli edifici
Risparmiare energia nelle abitazioni è diventato un obbligo di legge. Infatti, con il Decreto
Legislativo n.192/2005 anche l’Italia ha recepito la Direttiva Europea 2002/91/CE
che rende obbligatorio dal gennaio 2006 il rilascio del “certificato energetico” per tutte
le nuove costruzioni e le ristrutturazioni di edifici superiori a 1.000m2.
Il certificato è simile all’etichetta energetica degli elettrodomestici, dà informazioni
sull’effettivo consumo energetico dell’edificio, tenendo conto dell’isolamento termico,
del sistema di riscaldamento, del sistema di condizionamento d’aria, della ventilazione
naturale, del riscaldamento passivo, dell’illuminazione, nonché delle emissioni di CO2.
2 I CONDIZIONATORI DELl’ARIA: raffrescatori e pompe di calore
I condizionatori dell’aria si dividono in due grandi famiglie:
> pompe di calore
> raffrescatori
Le pompe di calore sono quegli apparecchi in grado sia di riscaldare che di raffrescare un ambiente.
Mentre i raffrescatori, come dice la parola stessa, sono apparecchi che raffrescano il locale
dove vengono installati. Entrambi vengono comunemente chiamati “condizionatori”.
I condizionatori si differenziano anche per il principio di funzionamento:
> ad assorbimento
> a compressione
Attualmente i condizionatori ad assorbimento, di cui non tratteremo, si trovano in commercio
solo di media e grande taglia, adatti cioè a condizionare l’aria di locali di grandi dimensioni
come ristoranti, fabbriche e centri commerciali.
Mentre i condizionatori a compressione sono quelli che più comunemente troviamo in commercio
e che installiamo nelle nostre case.
ii Come funziona un condizionatore a compressione
I N F O R M A Z I O N I
Il principio di funzionamento di un condizionatore è lo stesso di quell’elettrodomestico
che si trova in tutte le nostre case: il frigorifero.
Sfruttando le proprietà che hanno particolari gas si riesce ad asportare calore da un ambiente,
la cella frigorifera o la nostra camera da letto, per cederlo ad un altro ambiente;
nel caso del frigorifero il calore è ceduto alla cucina e nel caso del condizionatore
all’ambiente esterno.
Il condizionatore è costituito da due parti collegate tra loro da tubi di rame, dove circola
un fluido refrigerante, e da cavi elettrici. La parte che “cede il freddo” è costituita
da uno scambiatore di calore, l’evaporatore, e da un ventilatore. La parte che “genera
il freddo” è costituita da un compressore, uno scambiatore di calore, il condensatore,
e un ventilatore.
Il compressore (A) comprime il fluido refrigerante a circa 20bar (che è una pressione dieci
volte superiore a quella dei pneumatici delle automobili) e gli fa raggiungere la temperatura
di circa 80°C. A questa temperatura il gas arriva al condensatore esterno (B)
e cede parte del suo calore all’aria aiutato dal ventilatore. Il gas, quindi, si raffredda e
diventa liquido e viene costretto a passare attraverso un piccolo foro (C). Attraversato
questo foro il liquido ritorna in parte allo stato gassoso e si raffredda scendendo a circa
5°C. Il gas passa poi all’evaporatore (D) posto all’interno dell’ambiente e aiutato dal suo
ventilatore cede il freddo all’aria. A questo punto il gas tornerà al compressore pronto
a iniziare un nuovo ciclo.
3 I CONDIZIONATORI: MOBILI E FISSI
In commercio troviamo una vasta gamma di condizionatori d’aria.
Possono essere mobili o fissi, e per entrambi troviamo la versione monoblocco o split.
Ma entriamo nel dettaglio.
I CONDIZIONATORI MOBILI
I condizionatori mobili e quindi “portatili” sono sicuramente i più pratici:
anche se costano più dei fissi, non hanno bisogno di essere installati da personale specializzato,
non richiedono interventi di muratura e soprattutto possono essere utilizzati dove se ne sente
l’esigenza, spostandoli da una stanza all’altra o addirittura da un appartamento all’altro.
Nella scelta dei condizionatori portatili ci si può orientare su due tipi diversi di apparecchi, i monoblocco
e gli split.
I monoblocco sono costituiti da una sola unità che racchiude il circuito frigorifero, il compressore
e la ventola. (figura A)
Ne esistono di due tipi: rispettivamente con uno o con due tubi flessibili di circa 10cm di diametro,
che servono a trasportare l’aria e che possono essere posizionati tra i battenti socchiusi
di una finestra.
I primi hanno il grande inconveniente di utilizzare l’aria della stessa stanza condizionata per operare
il raffrescamento. Così facendo si attira altra aria calda dalle stanze circostanti con il risultato
di non riuscire a raggiungere un livello di confort accettabile.
I secondi invece, utilizzando l’aria esterna per il raffreddamento ottengono prestazioni notevolmente
migliori.
I condizionatori portatili sono montati su ruote, sono quindi facilmente trasportabili da un locale
all’altro, e per farli funzionare è sufficiente attaccarli alla presa di corrente. Riescono a refrigerare
locali di piccole dimensioni e hanno lo svantaggio di essere rumorosi in quanto il motore
si trova all’interno del locale.
Gli split hanno invece l’unità interna montata su ruote e un’unità esterna che deve essere
sistemata all’esterno del locale, sul balcone o sotto la finestra fissata con cinghie elastiche.
(figura B)
Anche questi modelli non necessitano di alcuna installazione da parte di tecnici specializzati
perché il collegamento tra le due unità è costituito da un tubo flessibile di circa 5cm di diametro
che contiene i tubi per il gas e i collegamenti elettrici. Questo tubo può essere fatto
passare tra i battenti socchiusi di una finestra. Sono più silenziosi dei monoblocco in quanto
uno dei ventilatori è sistemato all’esterno.
A meno che non vengano praticati fori sul vetro o sulla parete, sia i monoblocco che gli split
hanno lo svantaggio di aver bisogno di una finestra sempre socchiusa per consentire il passaggio
dei tubi, e in questo modo un po’ di aria calda e un po’ di umidità esterni entrano nell’ambiente
climatizzato. Ma restano comunque un’ottima soluzione per chi non vuole fare lavori
di muratura.
I CONDIZIONATORI FISSI
Sono apparecchi che vengono fissati a parete. Possono essere monoblocco se costituiti da una sola
unità (figura C) o split se costituiti da due parti, una esterna e una interna all’abitazione. (figura D)
Sono più efficienti, meno rumorosi e meno costosi di quelli mobili.
l’installazione deve essere effettuata da personale specializzato in quanto sono dotati di tubazioni
che devono essere collegate a regola d’arte per evitare perdite di liquido refrigerante.
Cavi elettrici e tubazioni vengono fatti passare attraverso la parete.
l’unità interna può essere del tipo:
> a parete (figura E)
> a cassetta nella versione installabile a soffitto o a pavimento (figure F1 e F2)
> a canalizzazione (figura G)
Ne esistono anche del tipo multi-split, in cui una sola unità esterna può alimentare due o tre
elementi interni. (figura H)
In commercio troviamo split di potenza uguale o maggiore dei monoblocco, ed è per questo
che nei locali piuttosto ampi generalmente vengono installati i modelli split.
Alcuni condizionatori d’aria hanno una doppia funzione:
azionando un semplice interruttore invertono il
ciclo di funzionamento e d’inverno possono riscaldare
il locale dove vengono installati.
La pompa di calore riesce a trasformare il calore a bassa temperatura
contenuto dell’ambiente esterno in calore ad alta temperatura
da cedere ai locali da riscaldare.
Il calore può essere ceduto all’ambiente attraverso:
C U R I O S I T À
Risparmio energetico
Una pompa di calore consuma
il 67% in meno di energica
elettrica rispetto ad un radiatore
elettrico tradizionale.
Naturalmente se fatta
funzionare in condizioni
ottimali, 7°C di
temperatura esterna
e 20°C di temperatura
interna.
> Ventilconvettori, armadietti che contengono tubazioni nelle quali
circola l’acqua riscaldata dalla pompa di calore, e ventilatori che
inviano l’aria riscaldata nel locale.
> Serpentine inserite nel pavimento, nelle quali circola l’acqua riscaldata
dalla pompa di calore.
> Canalizzazioni, che trasferiscono direttamente il calore prodotto dalla pompa di calore ai diversi
locali mediante aria in circolazione forzata.
La sorgente fredda
Il mezzo esterno da cui la pompa di calore estrae calore è detto “sorgente fredda”.
Le principali sorgenti fredde sono:
> Aria: esterna al locale dove è installata la pompa di calore oppure estratta dal locale stesso.
> Acqua: di falda, di fiume, di lago quando questa è presente in prossimità dei locali da riscaldare
e a profondità ridotta, o accumulata in serbatoi e riscaldata dal sole.
> Terreno nel quale vengono inserite delle apposite tubazioni per lo scambio termico.
I N F O R M A Z I O N I
Il pozzo caldo
l’aria o l’acqua da riscaldare sono detti “pozzo caldo”.
La pompa di calore cede al pozzo caldo sia il calore prelevato dalla sorgente fredda che l’energia
fornita per far funzionare la macchina.
ii Come funziona una pompa di calore
Nell’aria, nell’acqua e nel suolo sono immagazzinate enormi quantità di energia, che si rinnovano
continuamente grazie al calore terrestre, alla radiazione solare e alle precipitazioni
atmosferiche. Con l’aiuto di un compressore, la pompa di calore può portare questa
energia a una temperatura tale da renderla utilizzabile a scopo di riscaldamento.
La pompa di calore è costituita da un circuito chiuso, costituito da un compressore, un condensatore,
una valvola di espansione e un evaporatore, nel quale circola un fluido frigorigeno
come R-134a, R125, R-507, NH3, CO2, ecc.
Il ciclo di funzionamento è esattamente il contrario di quello di un frigorifero.
Con la compressione (A) il fluido aumenta di pressione e temperatura. Il fluido così riscaldato
attraversa uno scambiatore di calore (il condensatore) (B). È in questa fase che
il fluido cede calore al pozzo caldo passando dallo stato vapore a quello liquido. Il fluido
liquefatto e raffreddato attraversa una valvola di espansione (C) da cui ne esce ad una pressione
e temperatura molto più bassa. A questo punto il fluido che si trova a temperature
molto basse è in grado di assorbire il calore dalla sorgente fredda. Questo avviene nell’evaporatore
(D) dove il fluido assorbendo calore passa dallo stato liquido a quello vapore.
A questo punto il fluido è pronto a ricominciare il ciclo passando nel compressore.
APPLICAZIONI DELLA POMPA DI CALORE
La pompa di calore può essere utilizzata sia per climatizzare gli ambienti che per riscaldare l’acqua
sanitaria.
Climatizzazione degli ambienti
l’uso della pompa di calore per climatizzare gli ambienti sia nel settore residenziale che nel
terziario è ormai largamente diffuso. Essa viene utilizzata in alternativa ai sistemi convenzionali
composti da un impianto refrigerante ed uno di riscaldamento.
Riscaldamento dell’acqua sanitaria
La pompa di calore può essere utilizzata anche per riscaldare l’acqua sanitaria. In questo caso
sono però necessari serbatoi di accumulo più grandi di quelli impiegati nei scaldacqua elettrici
o a gas in quanto la temperatura dell’acqua prodotta non supera i 55°C.
LE DIVERSE POMPE DI CALORE
Le pompe di calore si distinguono in base alla sorgente fredda e al pozzo caldo che utilizzano.
Le più diffuse sono quelle Aria-acqua ma ne esistono anche del tipo:
> Aria-aria
> Acqua-acqua
> Terra-acqua
l’aria come sorgente fredda ha il vantaggio
di essere disponibile ovunque;
tuttavia la potenza resa dalla pompa di
calore diminuisce al diminuire della temperatura
della sorgente. Ricordiamo che
al di sotto dei 2°C il rendimento della
pompa di calore è minimo.
Più vantaggioso è l’impiego, come sorgente
fredda, dell’aria interna al locale
da riscaldare in quanto si trova ad una
temperatura più alta di quella esterna.
Inoltre, essendo aria viziata deve essere
comunque rinnovata.
ARIA-ACQUA
ACQUA-ACQUA
l’acqua come sorgente fredda garantisce
le prestazioni della pompa di calore
senza risentire delle condizioni climatiche
esterne; tuttavia richiede un costo
addizionale per le tubazioni.
Il terreno come sorgente fredda ha il
vantaggio di subire minori sbalzi di temperatura
rispetto all’aria.
Le tubazioni, se posizionate orizzontalmente,
vanno interrate ad una profondità
minima da 1m a 1,5m per non risentire
troppo delle variazioni di temperatura
dell’aria esterna, ed è necessaria
una ampia estensione di terreno,
da 2 a 3 volte superiore alla superficie
dei locali da riscaldare.
Se invece le tubazioni vengono posizionate
in modo verticale, bisogna scendere
a profondità di decine di metri. In
entrambi i casi si tratta però di una soluzione
costosa.
TERRA-ACQUA
I N F O R M A Z I O N I
ii Agevolazioni fiscali e DIA
I privati che decidono di installare una pompa di calore possono avvalersi di alcune agevolazioni
fiscali concesse dallo Stato. In particolare della “detrazione IRPEF del 36%”
e dell’IVA agevolata al 10% sulla manodopera e sul pari importo dei beni significativi.
Prima di installare un condizionatore del tipo split, che prevede il montaggio di una
parte esterna al locale da condizionare è obbligatorio presentare la DIA (Denuncia
di
Questo documento preparato con l’aiuto di un tecnico iscritto all’albo (geometra, ingetende
procedere ad una ristrutturazione (anche parziale come è quella di installare una
Il Comune ha tempo un mese per inviare una visita ispettiva di controllo e quindi per pro-
Inizio Attività) al Comune di appartenenza.
gnere, architetto) rappresenta l’atto formale con cui si comunica al Comune che si inpompa
di calore).
nunciarsi in merito.
Vale comunque la regola del silenzio assenso e se dopo un mese nessuno contesta ciò
che si è comunicato attraverso la DIA, si può procedere ai lavori senza ulteriori preoccupazioni.
LE DIVERSE TAGLIE DELLA POMPA DI CALORE
Anche le pompe di calore esistono nei modelli monoblocco e nei modelli split e multisplit. Se
ne trovano di piccola potenza (fino a circa 2kW), media (da 10 a 20kW) e grande potenza (oltre
20kW) in modo da soddisfare ogni tipo di richiesta. Le prime vengono installate in stanze
singole, le seconde riescono a servire più locali, e le ultime sono grossi impianti adatti a servire
più appartamenti, uffici o esercizi commerciali.
EFFICIENZA DELLA POMPA DI CALORE
l’efficienza di una pompa di calore, nel funzionamento a freddo è misurata dall’Indice di Efficienza
Elettrica EER (Energy Efficiency Ratio), mentre nel funzionamento a caldo è misurata
dal Coefficiente di Resa COP (Coefficient Of Performance) che è il rapporto tra l’energia prodotta
(calore ceduto all’ambiente da riscaldare) e l’energia elettrica consumata per far funzionare
la macchina.
Sia l’EER che il COP sono mediamente prossimi al valore 3. Questo significa che per un kWh
di energia elettrica consumato, la pompa di calore cederà 3kWh d’energia termica all’ambiente
da riscaldare; uno di questi è fornito dall’energia elettrica consumata e gli altri due sono prelevati
dall’ambiente esterno. Tenendo conto che l’energia prelevata dall’ambiente esterno è gratuita,
e che l’energia elettrica è prodotta, mediamente, con un rendimento del 36%, possiamo dire che
il rendimento complessivo della pompa di calore è di circa il 110%. Questo valore è sensibilmente
più alto dei migliori impianti a caldaia tradizionale che hanno rendimenti intorno al 90%.
l’EER e il COP saranno tanto maggiori quanto minore è la differenza di temperatura tra l’ambiente
da riscaldare e la sorgente di calore. Essi hanno valori prossimi a 3 quando viene utilizzata
aria esterna a temperature non inferiori ai 7°C. Al di sotto dei 2°C le prestazioni della
pompa di calore decadono significativamente.
5 LA TECNOLOGIA INVERTER
l’inverter è un dispositivo elettronico di cui sono dotati alcuni condizionatori.
Questo dispositivo permette di modulare la potenza erogata dalla macchina in maniera proporzionale
alla effettiva richiesta di ¡°freddo¡± o di ¡°caldo¡±.
Quando nell’ambiente si è raggiunta la temperatura impostata, entra in funzione l’inverter che
anzich¨¦ spegnere la macchina ne riduce la potenza diminuendo il numero di giri del compressore.
In questo modo vengono eliminati i continui ¡°attacca e stacca¡± del motore riuscendo a
mantenere costante la temperatura dell’ambiente che così varierà solo di circa 0,5°C rispetto a
quella impostata, contro i 2°C dei classici condizionatori on/off.
Rispetto a un normale condizionatore, che supponiamo in funzione per otto ore al giorno, il condizionatore
dotato di inverter consuma circa il 30% di energia elettrica in meno.
In alcuni condizionatori dotati di tecnologia inverter troviamo le sigle DC, PAM, e PWM che
stanno a significare:
DC Direct Current
Il climatizzatore funziona completamente a corrente continua. Questo fa sì che l’unità interna
sia pi¨´ silenziosa ed efficiente.
PAM Pulse Amplitude Modulation
¨¨ una funzione che fa sì che la variazione della potenza avvenga velocemente. Consente di
raggiungere la temperatura impostata rapidamente.
PWM Pulse With Modulation
¨¨ una funzione che interviene dopo la PAM e mantiene la temperatura impostata facendo funzionare
il compressore alla minima velocità possibile e in maniera costante.
QUANDO SCEGLIERE LA POMPA DI CALORE
Nella scelta della pompa di calore occorre considerare le caratteristiche climatiche del luogo dove
deve essere installata. Queste hanno importanza soprattutto qualora la sorgente fredda sia l’aria
esterna; infatti, in zone in cui l’inverno è molto freddo non conviene installare una pompa
di calore in quanto, a causa della formazione di brina sull’evaporatore, il rendimento sarebbe
veramente troppo basso.
Inoltre, conviene installare una pompa di calore quando il locale da climatizzare è sufficientemente
piccolo (con un’area fino a circa 50m2) da non richiedere il cambio del contratto di
fornitura elettrica.
LA POMPA DI CALORE
6 ALTRE FUNZIONI DEI CONDIZIONATORI
I condizionatori non solo rinfrescano, ma anche deumidificano e purificano l’ambiente.
LA DEUMIDIFICAZIONE
Come è noto la sensazione di disagio che proviamo in una calda giornata estiva è dovuta soprattutto
al tasso di umidità che limita la traspirazione della pelle.
Il condizionatore svolge anche un’azione di deumidificazione dell’aria.
Infatti, quando l’aria passa attraverso lo scambiatore per raffreddarsi, l’umidità in essa contenuta
si deposita sotto forma di goccioline di condensa.
Queste goccioline cadono nella vaschetta dello scarico della condensa e l’acqua così raccolta
viene allontanata dal locale attraverso un tubo, mentre l’aria esce dallo scambiatore ben
asciutta.
LA PURIFICAZIONE
I moderni condizionatori sono accessoriati di filtri in grado di purificare l’aria da smog, polline
e polvere. Naturalmente bisogna pulirli spesso e sostituirli periodicamente poiché durante il
funzionamento si intasano anche di spore, batteri e muffe che possono provocare allergie e altre
conseguenze. I modelli più recenti hanno filtri anche con un’azione antibatterica.
La quantità d’aria che un apparecchio può trattare è espressa in metricubi di aria per ora (m3/h).
Questo consente di calcolare quante volte l’aria presente in una data stanza viene filtrata e
deumidificata.
Ad esempio, se un apparecchio che ha come portata d’aria 360m3/h viene posizionato in una
stanza da 12m3, l’aria, in un ora, passa 30 volte attraverso l’apparecchio.
Se invece, il condizionatore ha la portata di 240m3/h, l’aria passerà 20 volte in un’ora.
Le macchine più efficienti sono ovviamente quelle nelle quali l’aria viene filtrata il maggior
numero di volte nel giro di un’ora.
C U R I O S I T
Durante le calde giornate
estive il caldo si fa
sentire maggiormente
quando è accompagnato
da alti livelli di
umidità dell’aria. C’è
una differenza tra la
temperatura reale e
quella apparente.
Ad un esempio: se la
temperatura reale è di
33°C e il tasso di umidità
è al 60%, noi percepiamo
una temperatura
di 38°C.
7 LA POTENZA DI UN CONDIZIONATORE DELl’ARIA
La potenza refrigerante di un condizionatore viene espressa in Btu/h (British thermal unit per
hour). Il Btu/h indica la capacità di un apparecchio di cedere o assorbire il calore in un’ora. Questo
è il dato fondamentale da valutare al momento dell’acquisto.
Più un condizionatore è potente, più è efficace. Ma ai fini della resa sono importanti anche l’ampiezza
dei locali, la superficie finestrata e l’esposizione.
Una macchina sottodimensionata può rivelarsi poco conveniente perché per raggiungere la temperatura
desiderata starà continuamente in funzione con la conseguenza di consumi elettrici
elevati e di un più rapido deterioramento.
Al contrario una macchina sovradimensionata è incapace di deumidificare l’ambiente perché
raggiunge la temperatura impostata troppo velocemente senza eliminare tutta l’umidità, con il
risultato di percepire quella sgradevole sensazione di freddo umido sulla pelle che fa spesso
incorrere a raffreddori e mal di gola.
Per gli apparecchi monoblocco la potenza refrigerante è compresa in media tra 7.000 e 9.000Btu/h,
mentre per i mono split si hanno modelli anche di 14.000Btu/h.
La potenza può essere espressa anche in altre unià, il Watt e la chilocaloria all’ora detta anche
chilofrigoria all’ora
= 3,4 Btu/h 1W
1 kcal/h = 4 Btu/h
1 kfrig/h = 4 Btu/h
CALCOLO DELLA POTENZA NECESSARIA
Il calcolo qui descritto è solo un esempio generico, ma indicativo del fabbisogno di “freddo” e
di “caldo” dell’ambiente che avete deciso di climatizzare. Ricordate che ogni camera ha bisogno
di un punto di emissione del freddo, proprio come fanno i termosifoni per il caldo. Inoltre,
più ambienti volete climatizzare in uno stesso appartamento più avete bisogno di potenza rinfrescante
totale e quindi più alta deve essere la potenza elettrica disponibile al contatore, che
generalmente nelle nostre case è di 3kW.
Esempio di calcolo della potenza termica o frigorifera, espressa in W, necessaria per condizionare
una stanza
K x l1 x l2 x h = W
l1 = primo lato della stanza espresso in metri (es. 3,5)
l2 = secondo lato della stanza espresso in metri (es. 5,5)
h = altezza della stanza espresso in metri (es. 2,7)
K = costante
h
l2
Il fattore K per il freddo è uguale a 25 per il caldo è 35. Questi sono valori teorici, quindi se
avete nell’ambiente un solaio o una parete isolata male, oppure una finestra molto grande, aumentate
tale valore di una, due o tre unità.
Il risultato ottenuto, seppure abbastanza verosimile, è da considerarsi solamente indicativo. È
solo l’installatore esperto che, dopo aver fatto un sopralluogo tecnico, può determinare l’effettivo
fabbisogno frigorifero o termico di un ambiente e il miglior tipo di impianto da realizzare.
l1
8 COME SCEGLIERE
Sul mercato troverete un’ampia varietà di marche e modelli disponibili.
Naturalmente vi consigliamo di affidarvi ad un installatore o venditore di fiducia che saprà
certamente consigliarvi l’apparecchio che fa per voi.
Comunque i parametri e le caratteristiche che consentono
di valutare la qualità di un climatizzatore sono:
> Le Classi di efficienza energetica a freddo e in pompa
di calore Indicano il consumo elettrico dell’apparecchio. Sono
riportate sull’etichetta energetica divenuta, per i condizionatori,
obbligatoria dal 2004.
> EER Indice di efficienza elettrica.
> I marchi Più marchi di sicurezza e di qualità ha la macchina
e il produttore che scegliete (Eurovent, ISO9001,
ISO14001, CE, ecc.) e più tendenzialmente costa, ma per voi 9
è una garanzia di qualità.
> La capacità di raffreddamento È espressa in Btu/h o in kW. Più questi valori sono alti,
più l’impianto è potente.
> Il consumo energetico Ad una maggiore capacità di raffreddamento corrisponde un maggiore
consumo energetico. Indicativamente l’utilizzo di uno split fisso porta ad un consumo
annuo di circa 560 kWh.
> La rumorosità I climatizzatori portatili sono più rumorosi di quelli fissi.
> I fluidi refrigeranti Fate attenzione a non acquistare apparecchi che tra qualche anno saranno
fuori legge. Devono contenere solo R134, R407C e R410A.
> La tecnologia inverter Quando l’ambiente raggiunge la temperatura programmata gli apparecchi
dotati di questa funzione non si spengono, ma continuano a funzionare per tenerla
stabile riducendo al minimo la potenza del motore. Lo scopo è risparmiare l’energia elettrica
necessaria alla riaccensione ed evitare variazioni di temperatura nell’ambiente.
> Il timer e termostato digitali Permettono di programmare l’accensione e lo spegnimento
dell’apparecchio anche in orari in cui non siete presenti.
I CONSUMI
Quando decidiamo di climatizzare il nostro appartamento dobbiamo tener conto dei consumi degli
apparecchi e fare in modo di avere la potenza elettrica di cui necessitano.
REGISTERED
In molte abitazioni la potenza elettrica disponibile è di circa 3kW. Mediamente per condizionare
una camera da letto occorre un apparecchio di circa 0,9kW di potenza. Se vogliamo raffrescare
due ambienti il consumo salirà al doppio: circa 1,8kW. Rimane quindi ancora potenza
per l’asciuga capelli, il forno, il ferro da stiro, ecc. Ma se se ne vuole installare un terzo, il contatore
scatterà continuamente e bisognerà provvedere a far aumentare la potenza elettrica disponibile
nella nostra abitazione fino a 4,5kW o più. Il condizionatore inverter limita in parte
questo problema. All’inizio assorbe anch’esso i 0,9kW ma poi una volta raggiunta la temperatura
riesce a mantenerla riducendo la potenza del motore a valori molto inferiori.
Un corretto dimensionamento dell’impianto, la scelta di apparecchi di classe energetica elevata,
una corretta installazione lontano da ostacoli e fonti di calore e una adeguata manutenzione
sono le accortezze necessarie per ridurre al minimo i consumi di energia.
Ricordiamo che anche con questi apparecchi è possibile risparmiare energia.
9 DOVE E COME POSIZIONARE IL CONDIZIONATORE
> Come abbiamo già detto ogni stanza ha bisogno del suo apparecchio.
Non è corretto installare un condizionatore potente nel corridoio nella speranza che rinfreschi
tutte le camere. l’unico risultato sarà quello di prendere colpi di freddo ogni volta che andrete
da una stanza all’altra passando per il corridoio, perché sarà l’unico locale ad essere
rinfrescato.
Per sfruttare al massimo le potenzialità dell’apparecchio che avete acquistato è necessario posizionarlo
in modo adeguato.
C U R I O S I T
Risparmio economico e beneficio ambientale
l’acquisto di un condizionatore di classe energetica alta, comporta sì una maggiore spesa iniziale, ma anche in un risparmio sulla bolletta elettrica e una riduzione delle emissioni di CO2 .
Per esempio, l’acquisto di un condizionatore di efficienza energetica classe A
rispetto a uno di classe C permette di risparmiare circa il 30% annuo sui consumi di elettricità e quindi di ridurre del 30% anche le emissioni di CO2.
Nella tabella, rportiamo per classe di efficienza energetica i consumi di energia elettrica di un condizionatore
split da circa 6
kW, capace di raffreddare 2 o 3 stanze per un totale di 40
m2
, utilizzato per
8 ore al giorno nei tre mesi estivi. I minori consumi di energia elettrica di un modello classe A
rispetto a un modello classe B
fanno recuperare
il maggior costo iniziale in circa tre anni.
> Non esponete l’apparecchio ai raggi diretti del sole. Posizionatelo in modo tale da non
essere investito in modo diretto dai raggi del sole che penetrano dalle finestre.
> Al fine di evitare la “fuga” del fresco evitate di lasciare porte e finestre aperte nei locali
climatizzati.
> l’aria fredda tende ad accumularsi nella parte bassa dell’ambiente, per cui dove è possibile
posizionate il condizionatore nella parte alta della parete.
> Non posizionate l’apparecchio dietro divani o tende poiché costituiscono una barriera alla
diffusione dell’aria.
QUALCHE CONSIGLIO
> Non raffreddate troppo l’ambiente: subire numerosi e forti sbalzi di temperatura non fa bene
alla salutare.
> Spegnete il climatizzatore della stanza da letto prima andare a dormire. Durante la notte
la temperatura si alzerà leggermente seguendo le esigenze fisiologiche di benessere.
> Fate una corretta manutenzione dell’impianto. Ricordatevi che nei filtri si annidano facilmente
muffe e batteri dannosi per la salute. Quindi la loro pulizia deve essere fatta regolarmente,
almeno ogni due settimane. E comunque è importantissimo eseguire questa operazione
ad inizio stagione prima della prima accensione.
Generalmente i filtri sono facilmente raggiungibili. Rimuoveteli, lavateli con del detersivo,
lasciateli asciugare e quindi rimetteteli al loro posto. Quando vi accorgete che si stanno deteriorando
sostituiteli. Una corretta manutenzione dei filtri farà funzionare sempre al meglio
la macchina e vi farà godere di un’aria sempre pulita.
Chiedete di quale manutenzione periodica ha bisogno il climatizzatore che acquistate, e se
non siete in grado di eseguirla da voi chiedete un servizio di manutenzione programmata a
pagamento.
Ricordiamo che il gas circola in un circuito chiuso quindi, in assenza di perdite, l’impianto
non va mai ricaricato.
Per garantire l’assenza di perdite dal circuito del gas refrigerante è necessaria una corretta e
attenta installazione dei tubi che collegano la parte interna con l’unità esterna nei modelli split.
10 I CONDIZIONATORI E l’AMBIENTE
Come per ogni elettrodomestico, anche il funzionamento di un condizionatore dell’aria ha ricadute
sull’ambiente. In particolare, l’utilizzo di un condizionatore contribuisce a danneggiare
lo strato dell’ozono e ad aumentare l’effetto serra del pianeta.
A danneggiare lo strato di ozono stratosferico sono alcune sostanze utilizzate come fluidi refrigeranti,
in particolare i clorofluorocarburi (CFC) e gli idroclorofluorocarburi (HCFC o
R22). Per ovviare a questo inconveniente questi fluidi sono stati sostituiti con liquidi sintetici
di nuova concezione, come R407C e R410A.
C U R I O S I T
Lo strato d’ozono Lo strato d’ozono
E la concentrazione naturale di particelle di ozono nella
stratosfera terrestre (la parte più alta dell’atmosfera). Si parla
di strato poiché questa concentrazione si estende dai 15.000
ai 35.000 metri di altezza dal suolo. La sua presenza è vitale
per la vita sul nostro pianeta poiché ha il ruolo di “filtro”
dei raggi ultravioletti, i quali altrimenti provocherebbero il
surriscaldamento della superficie terrestre.
Il buco dell’ozono
È la riduzione dello strato d’ozono dovuta all’immissione nella
stratosfera di grandi quantità di sostanze che “bruciano”
le particelle di ozono. Questa azione distruttiva impedisce
l’azione di filtro propria dell’ozono stesso.
l’effetto serra l’effetto serra
l’effetto serra è quel fenomeno naturale che garantisce che
sulla superficie della Terra la temperatura mantenga i valori
ottimali per l’evoluzione della vita.
La terra assorbe i raggi del sole e li riemette verso l’alto sotto
forma di energia termica.
Una parte di questa energia termica viene assorbita dalle
molecole di vapore acqueo ed anidride carbonica, che intrappolano
in questo modo, come i vetri di una serra, il
calore proveniente dal sole. Senza l’effetto serra la Terra
sarebbe molto più fredda (avrebbe una temperatura media
di circa 30°C inferiore a quella attuale che è di 15°C).
La quantità di anidride carbonica ottimale è garantita dalla
presenza di piante verdi, in particolare dalle grandi foreste,
e attraverso l’assorbimento da parte degli oceani.
l’uomo con le sue attività ha alterato questo equilibrio. Gli
impianti di produzione di energia e la deforestazione incontrollata
provocano un amento di anidride carbonica in
atmosfera e quindi un conseguente aumento del naturale
effetto serra. l’aumento dell’effetto serra porta ad un
riscaldamento del pianeta e a possibili mutamenti climatici,
con effetti quali la desertificazione, lo scioglimento
dei ghiacciai e l’aumento del livello de mare.
Esistono anche altri gas in grado di aumentare il naturale
effetto serra del pianeta, il metano (CH4 ), il protossido
di azoto (N2
O), i clorofluorocarburi (CFC) e gli halons
provenienti da alcune produzioni industriali, dagli allevamenti,
dalle coltivazioni, dalle discariche, ecc.
Dall’epoca della rivoluzione industriale, il contenuto di
anidride carbonica nell’atmosfera è del 30% più elevato,
il metano del 145%.
Le normative dell’UE hanno vietato
a partire dal gennaio 2004
la produzione di apparecchi che
impiegano il freon R22 come refrigerante,
e a partire dal 2010 la
loro commercializzazione.
Non fatevi quindi attrarre da offerte
speciali applicate a prodotti
che nel giro di pochi anni saranno
fuori legge.
La prima limitazione per i fluidi
da impiegare nei condizionatori risale
al 1995: allora furono abbandonati
i clorofluorocarburi (CFC)
dotati di alto potere di distruzione
dell’ozono, e sostituiti dai
HCFC (R22). Essendo però anche
questi gas dannosi per l’ambiente
sono stati studiati nuovi fluidi refrigeranti,
gas sintetici di produzione
industriale come R407C e
l’uso dei condizionatori contribuisce
all’aumento dell’effetto serra
per due motivi: il primo è che funzionano
alimentati con energia elettrica.
Una larga diffusione di questi
apparecchi richiede un aumento della
produzione di energia elettrica che
come è noto viene prodotta principalmente
a partire da fonti fossili,
quindi, con produzione di gas ad effetto
serra. Consideriamo che ogni
apparecchio in funzione emette circa
17kg di CO2 l’anno per ogni metro
quadrato raffreddato.
Il secondo motivo è che per il loro
principio di funzionamento asportano
calore dal locale da rinfrescare e
lo cedono all’esterno aumentando la
sua temperatura, con il risultato che
“riscaldano l’atmosfera”. Consideriamo
che la temperatura dell’aria in
uscita dall’evaporatore oscilla tra i
13°C e i 15°C, mentre la temperatura
espulsa all’esterno raggiunge i 45°C.
R410A.
11 EFFETTI SULLA SALUTE
Se c’è un luogo comune da sfatare, è quello secondo cui “l’aria condizionata fa male alla salute”.
Per non rischiare raffreddori o torcicollo, i climatizzatori vanno usati correttamente.
Bisogna soprattutto evitare un divario eccessivo tra il caldo fuori e il fresco al chiuso.
In estate una temperatura di 27°C con un grado di umidità relativa compreso tra il 40 e il 60%
è ideale. Questa condizione è perfettamente raggiungibile con i nuovi modelli di condizionatori.
Comunque, è consigliabile che la differenza fra la temperatura esterna e quella interna
non superi i 5-7°C, oltre si rischia.
Inoltre i moderni climatizzatori sono accessoriati di filtri in grado di purificare l’aria da smog,
polline, polvere e quanto altro.
Risparmiare energia
e proteggere l’ambiente.
Glossario Energia
….
Acquirente Unico (AU): Società per azioni,
senza fini di lucro costituita dal
Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN), le cui attività
sono esercitate in osservanza delle direttive impartite dal
Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato. Il suo
compito principale è quello di garantire la disponibilità d'energia
elettrica, in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio,
a tutti i clienti vincolati, ovverosia quei clienti che non hanno la
possibilità di accedere al mercato libero e scegliere liberamente il proprio
fornitore d'energia elettrica.
Alta Tensione (AT): Tensione nominale tra
le fasi superiore a 35 kV e uguale o inferiore a 150 kV.
Autoproduttori: Persone fisiche
o giuridiche che producono energia elettrica e la utilizzano in misura non
inferiore al 70% per la copertura del proprio fabbisogno.
Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas
(AEEG): Organismo indipendente, istituito in Italia con la Legge del
14 novembre 1995 n. 481, con funzioni di regolazione e di controllo dei
servizi pubblici nei settori dell’energia elettrica e del gas. Sito
www.autorità.energia.it. Il Decreto Bersani ha inoltre
attribuito a tale organismo compiti specifici, attinenti l’ambito del mercato
libero, tra cui quello di fissare le condizioni tecnico-economiche di accesso
alla rete di trasmissione nazionale, risolvendo le possibili controversie in
materia di diritto di accesso alla rete.
Bassa tensione: Tensione
nominale tra le fasi non superiore a 1 kV.
Bilanciamento: Attività diretta
a mantenere l’equilibrio tra immissioni e prelievi di energia elettrica sulla
rete.
Certificati verdi (REC -
Renewable Energy Certificates): Sono stati introdotti dal Decreto
Ministeriale 11 novembre 1999 per incentivare il mercato dell’energia da
fonti rinnovabili, rappresentano la "certificazione" che un certo
quantitativo di energia elettrica è prodotto da fonte rinnovabile. Dal 2001
tutti i soggetti che importano o producono energia elettrica da fonti non
rinnovabili dovranno immettere in rete anche una quota prodotta da fonti
rinnovabili. La quota è inizialmente stabilita nel 2% della produzione (o
importazione) di energia eccedente i 100 GWh/anno.
CIP/6: l’acronimo che contraddistingue il
Provvedimento del Comitato Interministeriale Prezzi n. 6 del 1992, che
stabilisce i prezzi con i quali i privati potevano vendere energia elettrica
prodotta da fonte rinnovabile. Il meccanismo del CIP/6 verrà a regime
sostituito dal Sistema dei Certificati Verdi , previsto dal
Decreto Bersani.
Cliente finale: La persona
fisica o giuridica che acquista energia elettrica esclusivamente per uso
proprio.
Cliente grossista: Persona
fisica o giuridica che acquista e vende energia elettrica senza esercitare
attività di produzione, trasmissione o distribuzione nei paesi dell’Unione
Europea.
Cliente idoneo
(Cliente eligibile): Persona fisica o giuridica che ha la capacità,
di stipulare contratti di fornitura con qualsiasi produttore, distributore o
grossista sia in Italia sia all’estero, in riferimento alle soglie di consumo
fissate dal Decreto Bersani.
Cliente vincolato: Persona
fisica o giuridica che, non rientrando nella categoria dei clienti idonei,
può stipulare contratti di fornitura esclusivamente con il distributore che
esercita il servizio nell’area territoriale dove è localizzata l’utenza.
Cogenerazione: Produzione
combinata di energia elettrica e calore.
Commodity: Beni o materie prime
dalle caratteristiche standard e ben identificate.
Comuni contigui: Le aree nelle
quali devono ubicarsi i siti delle singole imprese che compongono una società
consortile. Nella norma tali aree sono comuni con territori confinanti.
Consorzio: gruppo di imprese, anche
operanti in settori diversi ma ubicate nel medesimo comune o in comuni
contigui, che aggregate raggiungono le soglie necessarie per la qualifica di
cliente idoneo. Dal 1 gennaio 2002 la soglia minima di consumo annuale per
entrare in un consorzio è di 1 GWh, mentre la soglia minima complessiva che
configura un consorzio è di 9 Gwh. Le piccole imprese, che da sole non
potrebbero accedere alla qualifica di cliente idoneo, attraverso il consorzio
possono beneficiare del mercato libero, e quindi di condizioni di fornitura
più convenienti, derivanti dalla maggiore capacità del consorzio di
negoziazione nei confronti dei fornitori alternativi e dal miglioramento del
profilo di consumo complessivo.
Contratto bilaterale fornitura: Contratto di
fornitura di energia elettrica e servizi tra un soggetto produttore/grossista
e un cliente idoneo nell’ambito del mercato libero.
Ct: Costo unitario variabile, riconosciuto
per l’energia elettrica prodotta da impianti termoelettrici, che utilizzano
combustibili fossili commerciali, bimestralmente pubblicato dall’Autorità per
l’Energia.
Curve di carico: Serie
temporale dei consumi di energia elettrica del sito del cliente. La
risoluzione può essere su base ora o base quarto d’ora.
Decreto Bersani: Decreto
legislativo n. 79 del 16 marzo 1999, entrato in vigore il 1° aprile 1999 che
ha recito nell’ordinamento nazionale la direttiva Comunitaria 96/92/CE
recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e la
liberalizzazione del mercato dell’elettricità.
Dispacciamento: Attività
diretta ad impartire disposizioni per l’utilizzazione e l’esercizio
coordinato degli impianti di produzione, della rete di trasmissione nazionale
e dei servizi ausiliari, affidata in via esclusiva al Gestore della Rete di
Trasmissione Nazionale (GRTN).
Distributore: Il soggetto che
svolge il servizio di distribuzione di energia elettrica sulla base di
concessioni rilasciate dal Ministero dell’Industria, del Commercio e
dell’Artigianato.
Distribuzione: Il trasporto e la
trasformazione di energia elettrica su reti di distribuzione in media e bassa
tensione per la consegna ai clienti finali.
Fascia oraria: Arco di tempo in
cui si preleva energia, ore di punta (F1), ore di alto carico (F2), ore di
medio carico (F3) e ore vuote (F4). Nel caso delle forniture a grandi utenze
allacciate in alta o media tensione, è possibile accedere ad un sistema,
definito multiorario, che prevede tariffe diverse per le varie ore. La
suddivisione nell’arco giornaliero e settimanale delle cosiddette fasce è
differente per le forniture in media tensione da quelle per tensione
superiore.
Fonti energetiche rinnovabili: Categoria di fonti
energetiche in cui rientrano il sole, il vento, le maree, il moto ondoso,
l’energia idraulica, le risorse geotermiche e la trasformazione di prodotti
vegetali o dei rifiuti organici e inorganici.
Fornitura: Azione esercitata da ogni
entità che venda energia elettrica ai clienti, utilizzando le linee di
trasmissione e/o di distribuzione, di un’azienda elettrica di
distribuzione.
GenCo (Generation Companies): Impianti
di generazione per una potenza istallata complessiva di 15.000 MW, che il
Gruppo Enel è obbligato a dismettere entro il 2002.
Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN):
Società per Azioni, interamente posseduta dal Ministero del Tesoro che è
responsabile, in regime di concessione esclusiva, delle attività di
trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica, nonché della gestione
unificata della rete di trasmissione nazionale, al fine di garantire la
sicurezza del sistema elettrico nazionale e la parità di trattamento per
tutti gli operatori elettrici, indipendentemente dalla proprietà della rete
stessa.
Grossista (operatori grossisti):
Persona fisica o giuridica che acquista e vende energia elettrica senza
esercitare attività di produzione, trasmissione o distribuzione nei paesi
dell’Unione Europea.
kilowattora (kWh): Unità di misura
dell’energia elettrica data dal prodotto di una potenza [kW] per un
tempo in ore [h].
Mercato libero: Ambito in cui
operano in regime di concorrenza produttori e grossisti di energia elettrica
sia nazionali che esteri per fornire energia elettrica ai clienti idonei. E’
da sottolineare che in previsione del progressivo abbassamento delle soglie
di idoneità per l’accesso al mercato libero, previsto dal Decreto Bersani, si
verificherà un conseguente allargamento delle sue dimensioni e degli
operatori attivi al suo interno.
Mercato libero: Ambito in cui
operano in regime di concorrenza produttori e grossisti di energia elettrica
sia nazionali che esteri per fornire energia elettrica ai clienti idonei. E’
da sottolineare che in previsione del progressivo abbassamento delle soglie
di idoneità per l’accesso al mercato libero, previsto dal Decreto Bersani, si
verificherà un conseguente allargamento delle sue dimensioni e degli
operatori attivi al suo interno.
Mercato vincolato: Ambito
del mercato dell’energia elettrica per la fornitura ai clienti finali che,
non rientrando nella categoria dei clienti idonei, possono stipulare
contratti esclusivamente con il distributore che presta il servizio nell’area
territoriale dove è localizzata la loro utenza. Il prezzo di acquisto
dell’energia elettrica, in questo contesto, è unico a livello nazionale ed è
regolamentato dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas.
Opzione tariffaria: Insieme
delle componenti tariffarie definite dagli esercenti (distributori) per la
remunerazione dei servizi di trasporto, acquisto e vendita e misura
dell’energia elettrica.
Produttore: La persona fisica o
giuridica che produce energia elettrica indipendentemente dalla proprietà
dell’impianto di produzione.
Produzione: La generazione di
energia elettrica, comunque essa venga prodotta (fonti fossili, fonti
idriche, fonti rinnovabili, energia nucleare).
Punto di consegna: Il punto
in cui l’energia elettrica vettoriata viene immessa in rete.
Punto di riconsegna: Il
punto in cui l’energia elettrica vettoriata viene prelevata dalla rete.
Rete elettrica: Complesso di
reti di trasmissione e distribuzione collegate mediante uno o più dispositivi
di interconnessione.
Scambio: La modalità di
riconciliazione tra energia elettrica immessa ed energia elettrica prelevata,
nel caso in cui l’immissione e il prelievo non avvengono
simultaneamente.
Sistema elettrico nazionale: Il complesso degli
impianti di produzione, delle reti di distribuzione e trasmissione, nonchè
dei servizi ausiliari e dei dispositivi di interconnessione e dispacciamento
ubicati sul territorio nazionale.
Sito: Insieme dei punti di consegna e/o
riconsegna che insistono su un'area, nella disponibilità di un unico soggetto
(persona fisica o giuridica), che non ha soluzione di continuità, ad
eccezione delle aree separate unicamente da strada, strada ferrata o corsi
d'acqua, o comunque collegate da una linea elettrica nella esclusiva
disponibilità del soggetto medesimo.
Soglia di idoneità:
Parametro che individua l’idoneità di un soggetto sulla base del quantitativo
annuo di consumi elettrici. Il livello minimo di tali consumi è fissato dal
Decreto Bersani.
Tariffa: prezzo massimo unitario del
servizio, al netto delle imposte, ai sensi della legge 14 novembre 1995, n.
481.
Trasmissione: L'attività di
trasporto e trasformazione dell’energia elettrica sulla rete interconnessa ad
altissima e alta tensione ai fini della consegna ai clienti, ai distributori
e ai destinatari dell’energia autoprodotta.
Vettoriamento: l’utilizzo della
Rete di Trasmissione Nazionale e delle reti di distribuzione per il trasporto
dell’energia elettrica da un punto di prelievo.
Telefonia
La telefonia….
Telefonia gratis utilizzando Internet (Skype, Beegle, Voip Stunt…). La
telefonata è solitamente gratuita tra gli utenti e ha tariffe convenienti per
le chiamate verso tutto il mondo o gratis anche ai numeri fissi di tutta
Europa utilizzando Voip Stunt, Tiscali Flat o Parlami.it Europe.
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diverse, magari molto distanti, e per le imprese che hanno molti contatti
internazionali.
Per poterli utilizzare è necessario avere una connessione a Internet, un PC
dotato di scheda audio e relativi diffusori amplificati o cuffie/auricolari e
un microfono….
Collegamento a Internet
Il collegamento ad Internet è oggi indispensabile per
le imprese. Pensate alle applicazioni di Remote Banking, alla gestione del
proprio sito internet, alla possibilità di telefonare gratuitamente, alla
gestione della posta elettronica, ecc..
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Guida al risparmio nella spesa
Alcuni consigli per il risparmio nelle spewse di ogni giorno…
Supermercato
procurarsi i dépliant con l’elenco dei prodotti venduti sottocosto
e delle offerte;
chiedere e utilizzare le "carte fedeltà", che consentono di usufruire di
più sconti;
una lista precisa della spesa evita l’acquisto di prodotti non
necessari;
i prodotti posti meno in evidenza di solito costano meno. In molti
supermercati è anche indicato il "primo prezzo" (il prodotto più conveniente
della categoria);
nei reparti carni sono venduti tagli ricavati dal quarto anteriore
bovino. Costano meno del quarto posteriore ma hanno le stesse proprietà
nutritive;
salumi e formaggi confezionati costano assai più di quelli venduti
a taglio;
leggere sempre il prezzo al chilo o a litro dei prodotti confezionati. Le
confezioni più grandi sono generalmente quelle più convenienti;
i paramedicinali come alcol, cotone idrofilo, cerotti, siringhe,
eccetera, costano meno nei supermercati che nelle farmacie.
Nei mercati rionali
a fine mattinata i prezzi scendono per timore dell’invenduto;
generalmente i “banchi degli ortolani” che vendono i propri
ortofrutticoli nei mercati rionali hanno prezzi più bassi. Si riconoscono
perché non devono rilasciare lo scontrino fiscale.
Mercati Generali
in determinati orari sono aperti anche agli utenti. Si
risparmia molto;
è consigliabile organizzare piccoli gruppi di acquisto con amici e
parenti. Frutta e verdure vengono vendute "a cassette".
Ortofrutta
gli ortofrutticoli di II^ categoria costano meno e hanno la stessa
qualità di quelli di I^ categoria o extra, che dipende soltanto dall’aspetto
esteriore. Anzi, gli ortaggi molto grandi possono essere stati trattati con
sostanze che ne accrescono artificialmente il volume;
frutta e verduta di stagione costano meno;
considerare gli scarti. I fagiolini costano più della bieta o del
cicorione, ma lo scarto è minore.
Hard-discount
si può risparmiare oltre il 30% acquistando prodotti non noti ma
spesso di buona qualità.
Outlet
si può risparmiare oltre il 30% acquistando prodotti noti ma e di
buona qualità.
Saldi
Controllare il prezzo del cartellino….
Segreteria
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Trasporti
I trasporti….
I TRASPORTI: VERSO UNA MOBILITA SOSTENIBILE
La crescente esigenza di mobilita di persone e merci e una caratteristica della societa moderna.
Ciò e dovuto non solo allo sviluppo economico, ma anche all’aumento del tempo libero, al decentramento
delle attivita produttive e delle residenze, a modelli di comportamento che vedono
l’autovettura privata simbolo di liberta e di affermazione individuale.
Questo ha portato in Italia, come anche in altri paesi industrializzati, ad un aumento del volume
del traffico passeggeri che nel 2001 ha raggiunto gli 898 miliardi di passeggeri per chilometro
e a un aumento dei consumi energetici. Tra il 1970 e il 2000 l’Italia ha quasi triplicato
il consumo di energia nel settore trasporti, raggiungendo circa un terzo dei consumi energetici
nazionali. Nel 2002 circolavano quasi 34 milioni di autoveicoli, equivalenti a 57 veicoli ogni
cento abitanti e 106 veicoli ogni chilometro di strada.
l’attuale sistema della mobilita, basato sulla gomma e sul trasporto individuale di persone e
di merci, e tra le principali cause dell’inquinamento acustico e atmosferico (i trasporti sono
responsabili di circa il 28% delle emissioni nazionali di gas inquinanti), di spreco energetico,
e della congestione del traffico che rendono sempre
piu insostenibile la vita nelle nostre citta.
Sono anche aumentati i rischi per la salute conseguenti
sia all’inquinamento acustico che a quello atmosferico.
Secondo il Ministero dell’ambiente oltre il 72%
della popolazione del nostro paese e esposta a livelli
di rumorosita superiori ai limiti massimi previsti. Nelle
citta l’aumento di patologie polmonari oscilla tra il
9 e il 13%. E in aumento anche il numero di incidenti
che coinvolgono pedoni, soprattutto bambini ed anziani,
ciclisti e motociclisti. Ogni anno in Italia 6/7 mila
persone muoiono per incidenti stradali e circa 200
mila rimangono ferite. Senza dimenticare i danni ai
monumenti e l’occupazione di spazio pubblico da parte dei veicoli parcheggiati abusivamente.
Per migliorare la qualita della vita nelle nostre citta e per ridurre i rischi per la nostra salute bisogna
intervenire. Non solo migliorando l’efficienza energetica dei mezzi di trasporto e promuovendo
modi di trasporto a ridotto impatto ambientale, in modo da ridurre l’uso di combustibile
e le emissioni di gas inquinanti, ma anche favorendo una “mobilita sostenibile”.
Diverse sono le iniziative governative che vanno in queste direzioni. Ricordiamo:
. Le disposizioni comunali di limitazione del traffico nelle citta, nei giorni in cui la concentrazione
atmosferica di ossido di carbonio e benzene supera i livelli di attenzione (DM 23 ottobre
1998).
. Il sistema degli incentivi, concessi dal governo italiano, per favorire l’acquisto di auto a bas-
. Il recepimento delle direttive comunitarie euro 1,2,3,4 che stabiliscono i limiti di emissione
. I Decreti Ministeriali che impongono il controllo annuale delle emissioni dei gas di scarico
so consumo, a metano, a GPL e a trazione elettrica;
di gas nocivi per le auto di nuova immatricolazione.
degli autoveicoli in circolazione e che dettano le norme per la revisione dei veicoli a motore
(DM del 5 febbraio 1996, del 30 dicembre 1997 e del 22 aprile 1998).
Altre iniziative mirano a potenziare il trasporto pubblico a rivalutare i percorsi pedonali e ciclabili
in modo da disincentivare l’uso dell’auto privata. Tra queste:
. I Piani Urbani del Traffico (PUT) resi obbligatori per i comuni con piu di 30.000 abitanti che
hanno l’intento di migliorare la circolazione e la sicurezza stradale, ridurre i consumi energetici
e le emissioni acustiche e di gas inquinanti.
. I fondi che le amministrazioni locali potranno utilizzare per finanziare progetti pilota di razionalizzazione
della mobilita urbana che utilizzino mezzi di trasporto pubblici elettrici e veicoli
a due ruote (Decreto 27 marzo 1998 “Mobilita sostenibile nelle aree urbane”).
. l’istituzione della figura del Mobility Manager, responsabile della mobilita aziendale per ot-
. La promozione di forme di uso multiplo delle autovetture, che prevedono il pagamento di
timizzare gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti.
una quota proporzionale al tempo d’uso e ai chilometri percorsi (taxi collettivi, car sharing,
car pooling).
Ma il solo impegno politico non basta. È indispensabile il nostro contributo.
Cosa possiamo fare in questo caso?
• Approfittare naturalmente degli incentivi statali per l’acquisto di nuove macchine a basso
consumo (si può passare da un consumo di 10 litri di benzina ogni 100 km a 5, con proporzionale
riduzione di emissioni di CO2).
• Metterci in regola con le direttive governative sul controllo degli scarichi. Sebbene l’automobile
sia per qualche spostamento insostituibile, possiamo sicuramente integrare il suo uso
con mezzi collettivi di trasporto, quali gli autobus, la metropolitana e il treno.
• Non dimentichiamo i vantaggi di una salutare attività fisica. Una passeggiata giornaliera di
30 minuti a piedi o in bicicletta può ridurre fino al 50% il rischio di contrarre malattie cardiocircolatorie,
fino al 50% il rischio di sviluppare diabete ed obesità e del 30% di sviluppare
ipertensione. È interessante notare che in 30 minuti di camminata si percorrono circa 3 km
di strada, che è la distanza entro cui rientrano il 30-40% dei nostri spostamenti giornalieri.
Quindi quando è possibile, facciamo una passeggiata e lasciamo in garage la macchina. Contribuiremo
sicuramente a migliorare la qualità della vita nelle nostre città, con notevoli benefici
anche per la salute e la sicurezza.
Ricordiamo che il costo annuo di un’auto di media cilindrata che percorre circa 10.000 km è di
circa 2.600,00 Euro. Ma uno stile di guida più attento può contribuire, oltre a far diminuire gli
incidenti, a ridurre questa spesa fino al 20%:
• superare limiti di velocità consigliati non è compatibile nè con la sicurezza nè con il consumo
di carburante che può aumentare anche del 50%;
• la periodica regolazione di accensione e carburazione può far risparmiare fino al 10%;
• una leggera sgonfiatura dei pneumatici provoca un aumento del consumo di carburante del
2 o 3%;
• la disposizione dei carichi incide negativamente sui consumi;
• contrariamente a quello che si crede, è importante evitare di fare girare molto il motore da fermo per riscaldarlo.
I RIFIUTI: COSA SI PUÒ FARE?
I rifiuti possono essere una preziosa fonte di energia e di materie prime che potrebbero essere
in gran parte riutilizzati, riducendo così i costi di smaltimento e il degrado dell’ambiente.
In Italia nel 2002 sono stati prodotti oltre 29 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, di cui
il 50-60% direttamente dalle famiglie. Questo significa che una famiglia di 4 persone produce
ogni giorno, in media, quasi 6 kg di rifiuti.
Il governo, con il “Decreto Ronchi” (Dlgs n. 22/97), ha introdotto la “gestione integrata”
dei rifiuti, che mira ad ottimizzare il loro riutilizzo, riciclo, recupero e smaltimento. Il decreto
intende incentivare il riciclaggio e il recupero energetico attraverso lo sviluppo della
raccolta differenziata, il recupero degli imballaggi e il nuovo sistema di tariffa. È prevista,
infatti, la sostituzione della “tassa per lo smaltimento rifiuti”, oggi calcolata in base ai metri
quadri dell’abitazione, con una “tariffa” che tiene conto della quantità di rifiuti
prodotta. Chi recupererà una parte dei rifiuti e contribuirà alla raccolta differenziata avrà diritto
ad una riduzione proporzionale della tariffa.
Il contributo che noi utenti possiamo dare è quello di cercare di produrre una minore quantità
di rifiuti, soprattutto di imballaggi.
Nel 2002, gli imballaggi consumati in Italia hanno abbondantemente superato 11 milioni di tonnellate,
pari al 35% del totale dei rifiuti solidi urbani prodotti.
Conviene inoltre contribuire ad effettuare la raccolta differenziata.
La separazione dei rifiuti è la condizione essenziale per poter recuperare materiali di buona qualità,
riutilizzabili e vendibili nel mercato del riciclaggio, e per far sì che i rifiuti destinati alla
produzione di energia siano privi di materiali tossici e pericolosi. Nel 2002 solo il 19% dei rifiuti
prodotti è stato raccolto in modo differenziato.
Non dimentichiamo che esistono anche rifiuti tossici e pericolosi per l’ambiente e per l’uomo:
sono le pile elettriche, i medicinali scaduti e gli oli esausti.
Per legge devono essere raccolti negli appositi contenitori. Facciamolo sempre anche noi. Questi
rifiuti, una volta raccolti, vengono resi innocui con speciali procedimenti chimici e fisici.
Autoveicoli
Autoveicoli….
Veicoli ibrido
Obiettivi
Il
progetto specifico, che fa parte di un progetto più generale sull’accumulo
elettrico che vede la partecipazione del Centro Ricerche Fiat e di alcune
Università (Pisa, Roma 3 ed altre), è finalizzato allo sviluppo
di un sistema di trazione denominato "Ibrido Triplo"
generatore + batteria + supercondensatore (SC) per un autoveicolo
per uso urbano, in grado di competere con veicoli alimentati con batterie
al litio e a idruri metallici, di elevate prestazioni ma con alti costi.
Il progetto nasce dalla constatazione dell’interesse connesso alle potenzialità della tecnologia dei veicoli ibridi ai fini della riduzione dei consumi e delle emissioni, senza penalizzare le prestazioni e la guidabilità. Le sue applicazioni vanno dalla vettura per città al fuoristrada e all’autobus, dimostrandosi vantaggiosa tanto per i veicoli tradizionali quanto per quelli con sistemi di trazione alimentati con celle a combustibile.
Le batterie al piombo, tradizionalmente adoperate per l’accumulo elettrico, rimangono le più diffuse ed economiche, ma presentano problemi di durata ed affidabilità nelle condizioni di funzionamento tipiche dei veicoli ibridi, che comportano un numero elevato di cicli, transienti di carica e scarica, esposizione a possibili sovracariche derivanti dal recupero in frenata. Le condizioni operative delle batterie al piombo possono essere notevolmente migliorate inserendo in parallelo dei supercapacitori che costituiscono un buffer di potenza, migliorando sia i rendimenti energetici (miglior recupero in frenata grazie alla resistenza interna più bassa ad elevate potenze) che le prestazioni delle batterie in termini di durata.
Il componente da sviluppare è quindi costituito dal sistema di accumulo "misto", per il quale sono temi di ricerca e sviluppo: scelta della tecnologia di base, dimensionamento, gestione e controllo.
I laboratori interessati da questo progetto sono il Laboratorio prova sistemi
d’accumulo e la Stazione prova sistemi di trazione, ubicati presso
il Centro Ricerche Casaccia.
Fasi
• Progettazione, realizzazione e messa a punto di un prototipo, utile alla sperimentazione in laboratorio ed allo sviluppo delle strategie di controllo. Obiettivo di questa prima fase è la sperimentazione delle strategie di controllo individuate e la verifica della loro validità anche con l’invecchiamento della batteria.
• Progettazione, sulla base dei risultati ottenuti nella sperimentazione, di un sistema di accumulo (batterie e supercapacitori) da utilizzare in una vettura di serie scelta dal Centro Ricerche Fiat. Aspetto importante di tale fase sarà la valutazione delle prestazioni del nuovo sistema rispetto all’alternativa più costosa costituita dalle batterie al litio.
• Realizzazione e sperimentazione in campo del sistema.
Aspetti tecnologici e ricadute industriali
I componenti principali del prototipo sono:
• il generatore, costituito da uno stack di celle a combustibile da 5 kW o, in alternativa, da un motogeneratore di potenza analoga;
• l’interfaccia di potenza, che consente il controllo dei singoli elementi del generatore per sfruttarne in maniera ottimale le caratteristiche;
• le batterie;
• i supercondensatori;
• un motore elettrico da 30 kW.
Le ricadute industriali sono quelle relative ad un sistema
che, una volta messo a punto, può costituire un componente utilizzabile
per la realizzazione di sistemi di trazione ibrida più efficienti
degli attuali, in particolare per la realizzazione di autovetture alimentate
con celle a combustibile.
Sistema diagnostico/previsionale delle criticità indotte dal traffico urbano
Obiettivi
Scopo del progetto è la progettazione e messa a punto di un sistema
integrato (denominato Merlino) costituito da sensori per la misura
di parametri di traffico ed ambientali e strumenti informatici per la
diagnostica e la previsione, in aree urbane, di situazioni critiche del
traffico in un tempo sufficiente ad individuare soluzioni efficaci.
Fasi
Il progetto si articola nelle seguenti fasi:
• sviluppo di moduli s/w per l’integrazione di dati di misura del traffico, di parametri ambientali e meteo;
• sviluppo di modelli per la stima dello stato attuale del traffico sull’intera rete a partire dai dati di flusso misurati in alcune sezioni stradali;
• sviluppo di una serie di modelli predittivi per la stima dello stato del traffico a breve e medio termine, attraverso modelli di vita artificiale che si adattano alla evoluzione del traffico sulla rete cittadina, per il calcolo di consumi ed emissioni prodotti dal traffico (attuale e previsto) e la valutazione dell’evoluzione dello stato della qualità dell’aria;
• sviluppo di sistemi di valutazione previsionale di criticità in termini di congestione (su base oraria) ed ambientale (su base giornaliera) basati sull’analisi caotica delle fenomenologie del traffico;
• realizzazione di un ambiente s/w per la simulazione di interventi alternativi a breve e medio termine sulla domanda ed offerta di trasporto per migliorare le criticità dal punto di vista del traffico e delle emissioni di inquinanti;
• realizzazione di un "laboratorio virtuale" finalizzato alla messa a punto e aggiornamento in campo, mediante collegamento telematico con i sistemi di misura della città pilota, dei modelli di previsione e simulazione (traffico e ambiente).
Aspetti tecnologici e ricadute industriali
Verrà realizzato un sistema informatico che integra dati di misura, dati storici, dati descrittivi della rete urbana del traffico e della domanda ed offerta di trasporto in un data base relazionale, integrato con un GIS (Geographic Information System) per l’interfaccia con l’utente.
Per la valutazione dello stato attuale o dell’assetto futuro, il sistema si avvale di un insieme di modelli che estrapolano nello spazio e nel tempo i dati di traffico (flussi, velocità, densità) acquisiti in continuo dai sensori e dai sottosistemi posti in punti discreti della rete. Informazioni aggiuntive sono ottenute dalla descrizione fisico-funzionale della rete di trasporto e da valori storici dei flussi, dei livelli di inquinamento e delle condizioni meteo.
La struttura dei modelli di previsione è differenziata in relazione al periodo di riferimento. Per un tempo breve (fino ad 1 ora) si utilizzano le reti neurali evolutive, basate su tecniche di vita artificiale, che forniscono scenari che si adattano continuamente al variare della situazione. Per tempi più lunghi (fino a 4 giorni) intervengono i modelli di dinamica caotica che si basano sull’individuazione di attrattori ottenuti dalla composizione del flusso veicolare.
Ottenute le previsioni, le stesse vengono estese, con il supporto dei dati storici dell’area considerata, alla intera rete urbana. Quindi con opportuni codici, che calcolano consumi ed emissioni, e l’integrazione dei dati meteorologici, si ottiene la previsione locale della qualità dell’aria.
Le ricadute riguardano la pianificazione e gestione della mobilità urbana e sono indirizzate prevalentemente ai gestori del traffico ed ai decisori a livello locale. Il sistema di supporto s/w riguarda sia gli aspetti di gestione on line della mobilità e del traffico che la pianificazione di medio periodo.
Viaggi
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viaggi d’affari!
Expedia invece è ottima anche per hotel e autonoleggio….
Una lista di
collegamenti internet contenente i riferimenti sul web dei temi
trattati.
I collegamenti sono ordinati alfabeticamente, hanno, quando presenti, due
riferimenti. Il primo al portale generico…, il secondo specifico sui temi
trattati.
Ogni collegamento si apre in una nuova finestra.
Una lista di
riferimenti a libri, riviste, pubblicazioni, studi, CD-Rom, DVD-Rom, …
contenente i riferimenti sui temi trattati.
I riferimenti sono ordinati alfabeticamente….
“2007 Complete Guide to Hydrogen Energy and Fuel Cells:
Automotive Designs, Production, Safety, Storage, Energy Department, DOD, and
NASA Research (Three CD-ROM Set)”,
U.S. Department of Energy (CD-ROM - Jun 12, 2006)
“Annual Report -
International Atomic Energy Commission”,
Intl Atomic Energy Agency/Iaea - Magazine Subscription -
One issue / 12 months
“Basics of Energy Efficient Living: A Beginner’s Guide
to Alternative Energy and Home Energy Savings”,
Lonnie Wibberding (Paperback - Jul 21, 2006)
“Bp Amoco Statistical Review of World Energy”,
Bp Oil Intl Ltd/Britannic Hse - Magazine Subscription -
One issue / 12 months
“Clima rovente”,
Ross Gelspan,
Baldini e Castaldi
“Consumer Guide to Home Energy Savings:
All New Listings of the Most Efficient Products You Can Buy”,
American Council for an Energy-Efficient Economy,
Jennifer Thorne, John Morrill, and Alex Wilson (Paperback - Nov 2003)
“Fattore 4. Come ridurre l’impatto ambientale
moltiplicando per quattro l’efficienza della produzione”,
Weizsacker Ernst U. von, Lovins Amory B., Hunter Lovins L.,
Edizioni Ambiente
“Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”,
varie edizioni; vari anni; vari numeri
“Il cambiamento climatico”,
Alessandro Lanza,
Il Mulino
“Il clima”,
Antonio Navarra e Andrea Pinchera,
La Terza
“l’Impronta Ecologica”, M. Wackernagel, W. Rees, Edizioni ambiente, Milano
“l’incertezza del clima”,
Robert Kandal,
Einaudi
“Optimizing lighting, thermal performance, and energy
production of building facades by using automated blinds and PV cells --
Dissertation”,
Hussain Hendi, Alzoubi (Paperback - Aug 17, 2006)
“Per un libro verde sullo Sviluppo Sostenibile”, a cura di A. Federico, Enea, Roma 1998
“Residential Energy:
Cost Savings and Comfort for Existing Buildings”,
John T Krigger and Chris Dorsi (Paperback - May 2004)
“Saving Lives & Saving Money”,
Newt Gingrich with Dana Pavey & Anne Woodbury (Paperback - May 2003)
“Sviluppo Sostenibile”, Alessandro Lanza, Il Mulino
“SVILUPPO SOSTENIBILE”, ENEA -
Ente per le Nuove tecnologie e l’Ambiente
RISPARMIO ENERGETICO CON L'ILLUMUNAZIONE
RISPARMIO ENERGETICO CON LA LAVATRICE
RISPARMIO ENERGETICO CON LA LAVASTOVIGLIE
RISPARMIO ENERGETICO CON IL FRIGORIFERO E IL CONGELATORE
RISPARMIO ENERGETICO CON GLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
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CLIMA E CAMBIAMENTI CLIMATICI
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I CONDIZIONATORI DELL'ARIA raffrescatori e pompe di caloreCLIMA E CAMBIAMENTI CLIMATICI
“The Economics of Energy and the Production Process:
An Evolutionary Approach (New Horizons in Institutional and Evolutionary
Economics)”,
Guido Buenstorf (Hardcover - April 2004)
“The Insider’s Guide to Saving Money”,
Michael Ellenbogen (Paperback - Aug 16, 2005)
“Verso un’Europa Sostenibile”, Amici della Terra, Maggioli Editore
Note
La vita media
economica individua il numero di ore di funzionamento dopo il quale, in un
determinato lotto di lampade, considerando 8 accensioni/spegnimenti durante
le 24 ore, il 70% delle lampade presenta un decadimento del flusso luminoso o
cessa di funzionare.
Il lumen e l’unità di
misura della luce emessa da una lampada è il lumen.